Diabete e attività fisica
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Diabete e attività fisica

Gian Pasquale Ganzit, Luca Stefanini

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Diabete e attività fisica

Gian Pasquale Ganzit, Luca Stefanini

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Già alla fine del diciannovesimo secolo Apollinaire Bouchardat, primo diabetologo pratico e capostipite di una famiglia di diabetologi, raccomandava ai suoi pazienti "la caccia, la scherma, il remare, il pattinaggio, il gioco della pallacorda". Più di un secolo dopo l'attività fisica continua a essere considerata un elemento primario nella terapia del diabete. L'esercizio praticato con regolarità migliora le alterazioni metaboliche indotte dalla patologia, diminuisce il rischio cardiovascolare e consente di tenere sotto controllo il peso corporeo."Diabete e attività fisica" illustra quali sono gli sport da evitare e quelli consigliati per i pazienti diabetici.

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Information

Year
2008
ISBN
9788889688991
Topic
Medizin
Subtopic
Sportmedizin

1. Introduzione

È ormai noto che, nella gestione del diabete, l’acquisizione di un corretto stile di vita, consistente in un’alimentazione equilibrata e in un esercizio fisico adeguato, rappresenta un supporto fondamentale alla terapia farmacologica: l’esercizio aerobico regolare migliora il compenso glicemico nel diabete mellito non insulino-dipendente e riduce il rischio di complicanze legate alla patologia, quale la mortalità per eventi cardiovascolari. È inoltre evidente che l’aumento dell’incidenza del diabete di tipo II che caratterizza le popolazioni occidentali sia in gran parte associato alla diminuzione di attività fisica, con conseguente incremento della prevalenza dell’obesità.
Ciò nonostante l’attività fisica risulta essere poco praticata: dati della World Health Organization indicano che almeno il 60% della popolazione mondiale non raggiunge la raccomandazione di praticare 30 minuti di attività fisica moderata-intensa al giorno.
Pertanto è importante che sia il medico stesso a promuovere l’esercizio come una componente essenziale della prevenzione e del controllo del diabete: affinché tutti i pazienti possano trarre il dovuto beneficio dall’attività fisica si dovrà da un lato porre enfasi sulla capacità dello sport di migliorare le alterazioni metaboliche indotte dalla patologia, e dall’altro individuare un’attività fisica che sia in accordo con i desideri e gli obiettivi del singolo individuo, in modo tale da incentivarne la pratica costante e continuativa.
Da un punto di vista pratico, quindi, è necessario che il medico valuti con attenzione le caratteristiche di ciascun paziente per determinare il rapporto rischio/beneficio connesso con la pratica dell’attività fisica. Prima di iniziare un programma di esercizio, il paziente che soffre di diabete deve essere sottoposto a un accurato controllo medico che ricerchi in modo approfondito la presenza di complicazioni che possano essere aggravate dalla pratica di uno sport. Ciò permetterà l’elaborazione di un’attività personalizzata che sia in grado di minimizzare il rischio per il paziente. L’individuo giovane con buon controllo dei parametri metabolici potrà sicuramente svolgere senza eccessive restrizioni la maggior parte delle attività sportive. Nel caso di paziente di mezza età o anziano sarà invece necessario tener conto del processo di invecchiamento che porta a una degenerazione dei muscoli, dei legamenti e delle articolazioni e il diabete può esacerbare questi problemi: nonostante ciò anche in questi pazienti l’intraprendere un’attività fisica a impatto lieve o moderato, ma costante, deve essere incentivato.

2. Effetti dell’attività fisica sull’organismo umano

Effetti positivi

Gli effetti dell’attività fisica sull’organismo umano sono in relazione alla risposta funzionale immediata e all’adattamento nel tempo in rapporto all’intensità e alla ripetizione dello stimolo. Entrambe sono in relazione al tipo di stimolo e all’impegno dell’apparato neuromuscolare, cardiocircolatorio e metabolico.
L’attività di tipo aerobico comporta l’intervento progressivo dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio e l’adattamento a lungo termine si evidenzia fondamentalmente nell’aumento del massimo consumo di ossigeno, espressione dell’efficienza fisica globale di un soggetto. Tale aumento avviene a qualsiasi età, ma quantitativamente varia in funzione delle caratteristiche genetiche dei soggetti, della situazione di sedentarietà iniziale e del tipo di allenamento intrapreso.
La funzionalità respiratoria normalmente non è un limite all’adattamento all’esercizio aerobico e non si verificano variazioni delle capacità di ossigenazione; più importanti sono invece gli adattamenti cardiocircolatori. I più evidenti sono gli aspetti funzionali con una riduzione della frequenza cardiaca sia a riposo che per un dato carico di lavoro: ciò significa un aumento della gittata sistolica e, tenuto conto che la frequenza cardiaca massima non varia, un aumento della portata cardiaca massima. L’incremento della gittata sistolica è determinato dalla crescita delle dimensioni cardiache ma soprattutto da effetti riflessi dei muscoli allenati con aumento del volume telediastolico e riduzione del volume telesistolico. L’incremento di prestazioni è superiore all’eventuale ingrandimento di dimensioni del cuore, il che significa un aumento delle capacità contrattili.
Il maggiore flusso ematico si traduce soprattutto in un aumento del flusso a livello muscolare in rapporto all’aumento del letto vascolare per aumento delle dimensioni dei vasi e del numero di capillari pervi. La capillarizzazione muscolare è uno degli effetti principali dell’allenamento aerobico. La modificazione acuta connessa all’esercizio è rappresentata dall’incremento del flusso ematico muscolare 50-100 volte il valore di riposo. In fase immediatamente iniziale è la pompa muscolare, individuata nei muscoli che si contraggono e si rilasciano, a incrementare il flusso ematico. Con il prosieguo dell’esercizio sono i metaboliti con effetto vasodilatatore liberati nel fluido interstiziale ad agire sulle arteriole terminali. Queste sostanze vasoattive sono costituite da ioni potassio, da adenosina e da ossido di azoto (NO). Quest’ultimo è liberato dai muscoli attivi e trasportato legato all’emoglobina. La vasodilatazione sembra iniziare dai microvasi e trasmettersi progressivamente ai vasi prossimali di dimensioni maggiori. L’aumento del flusso determina uno stress sulla parete dei vasi che stimola la produzione di NO e induce un’ulteriore vasodilatazione. In caso di alterazione della funzionalità endoteliale la produzione di NO si riduce. L’esercizio fisico, tramite lo stress sulle pareti dei vasi determinato dal flusso laminare, concorre a ridurre o normalizzare la disfunzione endoteliale, responsabile dei fenomeni di aterosclerosi.
Nel contempo l’allenamento produce un aumento delle capacità ossidative per crescita del numero di mitocondri e degli enzimi del metabolismo aerobico associato a modificazioni della mobilizzazione, immagazzinamento e trasporto di carboidrati, lipidi e proteine.
L’allenamento con carichi superiori al 30% della forza volontaria massima di un muscolo determina invece un incremento della forza e della massa muscolare per ipertrofia delle fibre senza adattamenti significativi dell’apparato cardiocircolatorio. Esso è solitamente più marcato dell’aumento di massa perché migliorano le capacità di reclutamento delle unità motorie e quindi della capacità di coordinazione neuro-muscolare.
Questa migliore capacità di muoversi può essere importante in ogni fase della vita ma in particolare negli anziani e nelle patologie disabilitanti.
L’esercizio di tipo anaerobico non necessita di un intervento diretto del sistema cardiocircolatorio, ma non può prescindere da esso e, determinando un aumento delle resistenze periferiche per l’elevata tensione muscolare, richiede un brusco e intenso incremento dell’attività cardiaca.
Il metabolismo da esercizio fisico comporta l’intervento del sistema ormonale ai fini di regolare l’afflusso ai muscoli delle sorgenti energetiche più importanti, ossia glucosio e acidi grassi liberi. Si avrà quindi una risposta immediata ma anche un adattamento cronico. Gli ormoni più importanti da questo punto di vista sono l’insulina e gli ormoni della controregolazione: glucagone, catecolamine e cortisolo. L’aspetto più interessante è che l’esercizio fisico aumenta la sensibilità dei recettori periferici dell’insulina, diminuendone la secrezione a parità di stimolo. Questa maggiore sensibilità all’insulina è però di breve durata: una settimana di mancanza di attività fisica riporta la sensibilità a livello di quella dei soggetti non allenati. La risposta pancreatica a uno stesso valore di glicemia rimane invece ancora ridotta negli allenati per un periodo più lungo di tempo.
Livelli più bassi di insulina facilitano poi la mobilizzazione dei grassi di deposito. L’allenamento fisico aumenta la capacità di idrolizzare i trigliceridi e il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo ma soprattutto incrementa la capacità del muscolo di rimuovere acidi grassi dal circolo ematico e di utilizzarli come sorgente di energia potenziando la beta-ossidazione.
Una conseguenza di questo fatto può essere la riduzione dei trigliceridi ematici, la riduzione del colesterolo LDL, l’aumento del colesterolo HDL con valori invariati del colesterolo totale nei soggetti allenati rispetto ai sedentari, già a partire dall’età giovanile.
L’utilizzazione di grassi insieme all’aumento del dispendio energetico favoriscono il controllo del peso corporeo, stante l’apporto calorico oculato, poiché il peso corporeo è il risultato di un bilancio energetico. L’esercizio fisico determina la secrezione di catecolamine che aumenta con l’intensità dell’esercizio e si riduce con la durata.
L’allenamento tende a ridurre la liberazione di catecolamine a parità di intensità di esercizio. Le catecolamine stimolano la lipolisi e l’aumento degli acidi grassi liberi nel sangue: quando questo incremento non avviene grazie a uno stimolo indotto dall’esercizio fisico ma a causa di una situazione di stress può avere effetti metabolici negativi per mancata utilizzazione energetica degli FFA (acidi grassi liberi). L’aumento delle catecolamine può inoltre avere un effetto aritmogeno a livello miocardico. Lo stress da competizione può accentuare i valori di catecolamine circolanti e dei loro effetti negativi.
Il movimento e la contrazione muscolare hanno importanti effetti su tessuto connettivo, ossa, cartilagine, tendini e legamenti. Le forze applicate e la liberazione di ormoni anabolizzanti, testosterone e GH, durante e dopo un esercizio intenso determinano una crescita del tessuto connettivo nei tendini, nei legamenti e nelle fasce. Si verificano vari adattamenti che vanno dall’aumento del diametro delle fibre di collagene all’aumento del numero delle fibre e della densità dei fasci di fibre. In particolare è stato osservato l’incremento della resistenza della giunzione fra il tendine e la superficie ossea. Quando l’esercizio è di entità moderata si osserva invece soltanto un aumento del metabolismo del collagene sufficiente a sostituire le fibrille danneggiate senza un incremento netto della quantità di collagene. La risposta della cartilagine articolare all’esercizio è meno chiara. Il fatto che la cartilagine riceva il suo supporto nutritivo dal liquido sinoviale lega strettamente la salute dell’articolazione al movimento. Negli animali è stato osservato che l’esercizio su ergometro trasportatore aumenta lo spessore della cartilagine e il numero di cellule. Inoltre è evidente nell’articolazione del ginocchio che le aree sottoposte al carico del peso corporeo presentano uno spessore maggiore delle altre zone.
Il carico e la forza muscolare determinano un aumento e decremento del tessuto osseo. Esiste una correlazione positiva fra la forza muscolare e la densità minerale delle ossa su cui i muscoli si inseriscono. Le attività che comportano un aumento della massa e della forza determinano uno stimolo di crescita sul tessuto osseo nel senso di un aumento della quantità di minerali depositati nella matrice di collagene.
Questa azione è specifica nel senso che le ossa interessate sono quelle specificamente stimolate dalla contrazione muscolare. Esiste un carico minimo essenziale per determinare la formazione di nuovo osso, al di sotto del quale non vi sono modificazion...

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