Letteratura cinese
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Letteratura cinese

Sabina Knight

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Letteratura cinese

Sabina Knight

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Questa breve storia della letteratura cinese dall'antichità a oggi si concentra sul ruolo fondamentale svolto dalla cultura letteraria nella promozione di istanze sociali e politiche. Facendo propria la tradizionale concezione cinese della letteratura, che abbraccia la storia e la filosofia, oltre alla poesia, alla critica letteraria, alla narrazione orale, al teatro e al romanzo, il volume riflette sui fondamenti filosofici e sulla capacità della letteratura di affrontare i traumi della storia e coltivare le passioni, etiche e sensuali. Spaziando dalle più antiche testimonianze scritte fino all'epoca della modernizzazione e poi della globalizzazione, l'autrice trae spunto da vividi esempi per illustrare il ruolo del mecenatismo delle élite cinesi, le modalità con le quali la letteratura ha servito gli interessi di specifici gruppi e le questioni della definizione del canone, della lingua, della comprensione interculturale e della costruzione dello stato.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2021
ISBN
9788836005680

1

Fondamenti: etica, parabole e pesci

Nella letteratura cinese, le vie che portano alla conoscenza possono a volte sorprendere. I lettori inclini alla comprensione intuitiva troveranno stimolante la raccolta che porta il nome del leggendario saggio Zhuangzi 莊子1 (lett. il “Maestro Zhuang”, ca. 369-286 a.e.c.). Quella che segue è la conversazione di Zhuangzi con il maestro di logica Huizi, mentre i due passeggiano lungo il fiume Hao:
“I pesci guizzano e nuotano con agio: questa è la loro gioia.”
“Voi non siete un pesce”, disse Huizi, “come fate a sapere quale sia la gioia dei pesci?”
“E voi noi siete me. Come fate a sapere che io non so quale sia la gioia dei pesci?”
“Io non sono voi, e di certo non posso conoscervi [appieno]. Voi di certo non siete un pesce, [quindi] di certo non potete sapere quale sia la gioia dei pesci.”
“Vi prego di riprendere dall’inizio”, disse Zhuangzi: “Voi, chiedendomi come io potessi sapere quale sia la gioia dei pesci, di fatto già sapevate che io lo so, per questo mi avete fatto questa domanda. E io lo so perché mi trovo sul fiume Hao.”2
All’inizio Zhuangzi affronta la logica di Huizi, ma poi propone un’altra via verso la sapienza: così come Huizi poteva sapere che Zhuangzi sapeva, pur essendo in disaccordo con lui, allo stesso modo Zhuangzi sentiva che i pesci erano felici. Per il logico la lingua è l’unico mezzo di comunicazione; per Zhuangzi, poiché i pesci fanno parte del suo stesso universo, egli può entrare in sintonia con i pesci. Questo entrare in sintonia significa ampliare continuamente la propria prospettiva, come apprende anche il Signore del Fiume in un altro aneddoto attribuito a Zhuangzi: dopo aver viaggiato verso l’oceano, il Signore del Fiume realizza di non aver visto che una parte del tutto. Il Signore del Mare settentrionale commenta: “Non si può parlare del mare a una rana che vive in un pozzo.”
L’aspirazione a una prospettiva più ampia, comune a tutte le maggiori scuole del pensiero cinese, è espressa in modo memorabile da uno dei più amati poeti della Cina, l’uomo di stato Su Shi 蘇軾 (1037-1101). Nella Prima rapsodia sulla Roccia rossa3 (Qian Chibi fu 前赤壁賦), egli descrive un’escursione in barca sul Fiume Azzurro. I gitanti, che bevono allegri, si intristiscono quando raggiungono il luogo di una famosa battaglia che aveva di fatto sancito l’imminente caduta della dinastia Han. La visita ispira quindi un dialogo sulle questioni del mutamento e della continuità. Che senso attribuire al crollo dei regni del passato? Uno dei partecipanti a un certo punto così lamenta l’irrilevanza dell’esistenza umana:
Vaghiamo tra cielo e terra come fragili effimere,
insignificanti come grani di miglio nel mare turchese.4
Per mitigare l’ansia dell’amico, Su Shi, più ottimista, richiama la luna che cresce e cala e i fiumi che scorrono incessantemente senza mai scomparire. Ricordando la costanza della natura, invita ad adottare un atteggiamento più filosofico nei confronti del cambiamento:
Se osservi ciò che in essi muta
allora cielo e terra non possono durare neanche un attimo;
se osservi ciò che in essi non muta
allora ogni cosa e io siamo infiniti.5
Le riflessioni di Su Shi, nell’XI secolo, sulla caducità e sulla continuità toccano un tema portante dell’immaginario letterario cinese: come reagire alla natura transitoria della vita umana? La preoccupazione per lo scorrere del tempo rese pressanti le questioni del beneficio e del danno, imperative per l’attività di governo, l’aspirazione all’amicizia, alla famiglia e ad altre realizzazioni umane. La cultura letteraria ha aiutato le persone a perseguire questi obiettivi e queste aspirazioni, accompagnandole nell’affrontare i mutamenti provocati dal tempo. Il Commentario di Zuo (Zuo zhuan 佐傳) del tardo IV secolo a.e.c. documenta questa fiducia nelle parole come uno dei tre modi per “perire ma non svanire”:6 il primo è realizzare la virtù, il secondo è compiere buone azioni, il terzo è dare il giusto senso alle parole.

Mostrare la Via: il potere delle forme

Per gli standard occidentali, l’antichità dei primi testi cinesi è sorprendente. Anche se il cinese moderno differisce molto da quello arcaico, forse più dell’italiano dal latino, oggi gli esperti sono ancora in grado di leggere le iscrizioni cinesi sui gusci di tartaruga e sulle scapole di bovino risalenti alla dinastia Shang (1600-1046 a.e.c.). Queste iscrizioni ossee oracolari, utilizzate nella divinazione, riportano domande composte da caratteri singoli (zi ); le risposte a queste domande erano divinate attraverso l’interpretazione delle screpolature che si formavano sulle ossa quando vi venivano accostati oggetti roventi.
Questi caratteri sono diventati il fondamento della cultura cinese. Nonostante le forme grafiche e i significati si siano evoluti nel tempo, il cinese moderno utilizza tuttora caratteri dei testi antichi e la continuità del sistema di scrittura è stata fondamentale per consentire la coesione delle principali tradizioni della Cina. L’uniformità del sistema di scrittura ha inoltre reso possibile la comunicazione su tutto il territorio, nonostante grandi differenze nel parlato delle varie regioni. Molte di queste lingue regionali, spesso chiamate “dialetti”, ma che è più corretto definire “topoletti” (lingue dei luoghi), sono fra loro differenti oralmente quanto l’inglese dal tedesco.
È possibile che la sopravvivenza della Cina per oltre tremila anni debba più alle proprie tradizioni letterarie che alle vicende politiche. A differenza dell’Impero romano, la Cina è stata più volte riunificata politicamente anche grazie alla fiducia nel potere della scrittura (wen ) e il cinese scritto ha svolto un ruolo chiave nel preservare una civiltà percorsa da tensioni, ma comunque resiliente. Controparte pacifica del dominio militare, la scrittura era considerata la radice della vita civica, uno strumento indispensabile per promuovere l’armonia culturale. La conclusione della Rapsodia sulla scrittura7 (Wenfu 文賦) di Lu Ji 陸機, nel III secolo elogia il potere della scrittura di gettare un ponte nel tempo: “Volgendosi in avanti, è modello per le generazioni a venire; indietro rimirando, contempla le immagini degli antichi.”8
Ben più che mero specchio di un mondo già esistente o di forme ideali, la letteratura era intesa come uno strumento tangibile attraverso il quale il mondo prende forma. Le forme della scrittura erano considerate manifestazioni concrete del principio (li ) delle strutture naturali; la scrittura svolgeva dunque un ruolo chiave nella trasmissione della Via naturale e morale (Dao ).
Una scrittura accurata promuoveva la fiducia in un universo ordinato e morale. Il potere di questo ideale, in seguito condensato nell’espressione “la scrittura serve a veicolare la Via” (wen yi zai dao 文以載道), spiega il fondamentale ruolo accordato ai testi scritti e agli studiosi che li hanno commentati. Il saggio Confucio esortava i propri allievi a studiare i testi ogni qual volta rimanesse loro un po’ di forza dopo aver assolto i doveri morali; questo studio era considerato fondamentale per la formazione agli incarichi governativi.
Images
FIGURA 1. Antichi caratteri cinesi (ca. 1300-1050 a.e.c.) visibili su un’“iscrizione ossea oracolare” incisa su un piastrone ventrale di tartaruga.
Nonostante l’espressione “studio della scrittura” (wenxue 文學) sia più tardi diventata il termine cinese che indica la letteratura, il carattere wen si riferisce etimologicamente a una forma o “motivo”, come nella trama di un tessuto. Avvicinandosi all’idea delle arti liberali, wen può riferirsi a qualsiasi forma d’arte basata su un ordine o motivo; parlare di “scrittura accuratamente ordinata” ben descrive l’ampio ambito della letteratura nella Cina antica. Se il mondo greco-romano antico considerava le arti liberali come la formazione appropriata di ogni uomo libero, gli studiosi confuciani consideravano lo studio della scrittura come essenziale per coltivare l’umanità nell’individuo. Per accedere all’ordine intrinseco dell’universo non erano necessari sacerdoti o altri intermediari; bisognava avvalersi di insegnanti e testi.

I letterati

Forse in nessun altro luogo del mondo la letteratura è stata un’impresa collettiva tanto consapevole quanto in Cina. La lettura e la scrittura rendevano gli individui parte integrante di una comunità umana e i membri della classe dei letterati-funzionari accettavano il loro privilegio come una grande responsabilità. Si riteneva che la Via della natura e della condotta morale si manifestasse in forme e motivi ricorrenti e l’importanza attribuita al riconoscere tali motivi ha favorito una forte consapevolezza storica.
L’importanza della riflessione storica aumentò con il progressivo declino della dinastia Zhou (1045-256 a.e.c.). Durante il periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.e.c.), quando lo sviluppo delle tecniche di lavorazione del ferro rivoluzionò le strategie belliche, stati feudali bene armati annessero quelli confinanti, fino a che lo stato nord-occidentale di Qin unificò il territorio fondando il primo impero dinastico (221-207 a.e.c.). La parola “Cina” deriva infatti da Qin.
Una chiave del successo dei Qin fu lo sviluppo di una burocrazia di abili letterati, ai quali furono assegnate posizioni governative. Poiché questa nuova élite di eruditi aspirava a esercitare un’influenza politica, i Qin crearono un legame fra la cultura scritta e la politica che sarebbe durato fino al XX secolo. Per la maggior parte dei tredici secoli intercorsi dal 605 al 1905, i governi rafforzarono questo legame reclutando i funzionari tramite un sistema d’esami basato sullo studio dei testi classici.
La difficoltà del cinese classico limitò l’accesso alla scrittura a questa classe elitaria di letterati-funzionari: per imparare a leggere e scrivere erano necessari insegnamenti, tempo e libri che erano economicamente accessibili soltanto a un gruppo molto ristretto. Fino alla dinastia Song (960-1279), quando la stampa consentì una più ampia diffusione della capacità di leggere e scrivere, la maggior parte degli autori faceva parte della burocrazia governativa. Questi letterati leggevano un corpus di opere piuttosto definito e la loro formazione condivisa rese la classe dei letterati-funzionari più coesa e potente di qualunque analogo gruppo sociale di qualsiasi altro paese. I letterati dipendevano dal mecenatismo dei governanti e i governanti si servivano dei commentari dei letterati ai classici per rafforzare la legittimità del proprio regno.

I classici

Nonostante il “bibliocausto” con il quale il primo imperatore della dinastia Qin (r. 221-210 a.e.c.) diede alle fiamme i libri che non erano scritti giuridici o essenziali per le professioni, molti testi della letteratura pre-Qin sono sopravvissuti, grazie anche alla loro preservazione all’interno di quelle opere storiche che furono risparmiate dal rogo. La designazione a “classici” (jing ) di una selezione di testi favorì il prestigio di questi antichi scritti. Essi conobbero un’evoluzione attraverso la progressiva stratificazione di commentari, la maggior parte dei quali erano interpretazioni di testi antichi che avevano lo scopo di legittimare determinati governanti o orientamenti politici.
A partire dalla dinastia Han (206 a.e.c.-220 e.c.) l’espressione “Cinque classici” (Wujing 五經) include: un manuale di divinazione, il Classico dei mutamenti (Yijing 易經); la più antica antologia poetica, il Classico delle poesie (Shijing 詩經); una raccolta di discorsi e decreti, il Classico dei documenti (Shujing 書經); una cronaca annalistica intitolata Primavere e autunni (Chunqiu 春秋) e tre manuali di regole di comportamento denominati Riti (Li ). Con l’invenzione della carta nel II secolo a.e.c. questi classici venner...

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