Dizionario dei simboli
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Dizionario dei simboli

Mircea Eliade

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Dizionario dei simboli

Mircea Eliade

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L'uomo fu sin dalla preistoria un creatore di simboli, i quali costituiscono un ponte rispetto alle proprie origini, al cosmo e al destino. Le voci di questo Dizionario, selezionate dall'amplissimo repertorio in 17 volumi dell' Enciclopedia delle Religioni diretta da Mircea Eliade in collaborazione con Ioan P. Couliano e curate da massimi esperti internazionali, sottolineano l'emergere e il persistere di tale creatività, non solo in solenni circostanze, ma soprattutto nelle osservazioni, nei gesti e negli oggetti quotidiani. Per secoli i simboli sono stati vissuti come portatori di un significato capace di sfondare gli orizzonti del limite umano per proiettarsi in una presenza che si poneva come «altra».
Si scopre così che anche gli oggetti più usuali - una chiave, un tessuto, uno specchio, un gioiello - o i gesti più comuni come mangiare, dormire, offrire un dono, giocare, non sono aspetti scontati della nostra vita: nella storia dell'umanità, infatti, sono stati caricati di un senso che noi possiamo aver scordato, ma che attesta come la ricerca di un significato sia impressa nelle profondità del desiderio umano.
Le grandi articolazioni di questa ricerca sono tratteggiate nel saggio dello storico delle religioni Jacques Vidal che introduce la nuova edizione.

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Information

Publisher
Jaca Book
Year
2020
ISBN
9788816800359

DIZIONARIO DEI SIMBOLI

A

ACQUA

L’immagine dell’acqua assume molti aspetti diversi nelle narrazioni mitiche in cui è frequentemente impiegata. Questo articolo cercherà di classificare le sue apparizioni e tenterà di capire come sono ordinate le diverse funzioni che essa svolge.

AL TEMPO DELLE ORIGINI

Molti popoli narrano come il mondo, già creato in tempi antichi, fu trasformato e divenne ciò che è ora. Secondo certe tradizioni australiane, la terra era originariamente circondata dall’acqua e in essa vi erano molti spiriti. Attraverso l’azione di uno di questi spiriti, la terra si riscaldò e gli uomini sorsero da essa. Secondo gli Indiani Zuni, un complesso reticolo di corsi d’acqua scorre circolarmente sotto la superficie terrestre; i primi Zuni nacquero qui, al livello più basso. Una coppia di gemelli creati dal sole li fece poi uscire alla superficie. Uno stagno indica il luogo dove essi videro finalmente la luce del sole. Un mito dell’Australia settentrionale narra la storia di una divinità dema (originaria). Dopo che uno dei suoi figli l’ebbe colpita con una lancia, essa si lanciò nel mare; qui un altro dei suoi figli le estrasse la lancia dalla carne in cui era rimasta conficcata. Durante il viaggio che il dio poi intraprese, apparve una fonte dovunque egli sostasse. Infine egli si immerse nel fiume Vittoria, le cui acque continuò ad agitare finché esse non formarono ramificazioni nella foresta; quindi sparì sotto una roccia. Di tanto in tanto il dio ritorna in superficie e causa tempeste. Secondo tali resoconti, egli occupa anche la regione dell’arcobaleno, quando si forma la pioggia.
Miti di questo tipo ci indicano l’acqua presente nel mondo fin dai tempi più antichi, anche se essi la collocano in molte circostanze diverse. Qualora sia periferica rispetto alla terraferma o sotterranea, l’acqua è in primo luogo un elemento significativo nell’ordine universale. Talvolta appare semplicemente come una caratteristica geografica – il mare o un fiume che definiscono la forma di una regione. Tuttavia c’è qualcosa in più da notare. L’acqua può essere passiva di fronte a uno spirito da essa indipendente che prende l’iniziativa esclusiva nell’atto della trasformazione. E in più l’acqua è misteriosamente legata alla nascita dei primi uomini o al destino di un dio che, dopo essere scomparso nelle sue profondità, rimane collegato alle tempeste o alla pioggia. La portata di queste differenze diventa chiara quando consideriamo resoconti più lunghi.
Alla ricerca delle origini di tutte le cose, molti popoli riferiscono come l’acqua sia apparsa nel corso di eventi cosmogonici. Queste spiegazioni si collocano in tre principali sistemi mitici. Secondo il primo sistema, il mondo è creato da un dio che rimane in gran misura trascendente rispetto ad esso. In questo caso l’acqua, come il mondo intero, è un prodotto dell’azione divina. Secondo i Desána dell’America meridionale, «il sole creò l’universo… creò la terra, le sue foreste e i suoi fiumi… Creò anche gli spiriti e i demoni dell’acqua» (G. Reichel-Dolmatoff, Desana. Simbolismo de los Indios Tukano del Vaùpès, Bogotá 1968, pp. 48s.). Un lamento africano evoca «il solo dio eterno, il creatore dell’oceano e della terra asciutta, dei pesci nel mare e delle bestie nelle foreste» (L.V. Thomas, Les religions d’Afrique noire, Paris 1969, p. 218).
Nel secondo contesto mitico, la cosmogonia assume l’aspetto di una genealogia. Il primo antenato è una entità i cui attributi ad un tempo cosmici e divini appaiono nella proliferazione della sua discendenza. Le acque che sono poi nate da tutte le generazioni sono allora esse stesse generatrici. Nel sistema greco la Terra primordiale partorisce il Cielo e il Ponto, il regno del mare, costituito da acqua salata.
La Terra poi si congiunge con entrambi questi principi maschili. Il primo dei figli che essa concepisce con il Cielo è Oceano, un fiume di acqua fresca, con profondi vortici; egli diventa il padre di tutte le fonti e dei fiumi. Così la divinità che oltrepassa il mondo rimane immanente in esso: in un certo modo, è presente nelle acque.
Infine, lo spirito può essere presentato come uno degli agenti primari della formazione del mondo. Si prenda ad esempio questo mito dei Bambara: dal vuoto e dal moto originari provengono una forza e poi uno spirito. Mentre i principi delle cose si stanno ordinando, cade una massa e fa nascere la terra. Tuttavia una parte di spirito si innalza: è Faro, che costituisce il cielo. Faro poi cade sulla terra in forma di acqua, dandole così vita. Dispensatrice di vita, l’acqua è una manifestazione dello stesso spirito divino.
È tuttavia in un altro tipo di cosmogonia che l’ampiezza e la diversità delle funzioni dell’acqua diventano più comprensibili. Qui l’acqua simboleggia ciò che esisteva prima del dispiegarsi del processo cosmogonico, oppure lo stato del mondo nelle prime fasi della sua storia. Troviamo numerose variazioni su questo tema.
1. Nella sua fluidità e inafferrabilità l’acqua può suggerire l’assenza di forma, l’incorporeità e il disordine dal quale emergerà il mondo. Inerte, l’acqua non ha potere; un dio o altri esseri indipendenti dall’acqua saranno i soli agenti della creazione. Per esempio, nelle isole dell’Ammiragliato si narrava il racconto seguente. All’inizio, non c’era null’altro che un immenso mare; in esso nuotava un gran serpente. Cercando un luogo dove potersi fermare, egli disse: «Sorga uno scoglio». Sorse allora uno scoglio dall’acqua e diventò terraferma.
La cosmogonia biblica illustra il significato dell’acqua in miti di questo genere. La Bibbia mette in relazione vari simboli, tra i quali il deserto, il vuoto e l’oscurità, l’abisso e la massa d’acqua che l’abisso contiene e sopra il quale si libra il respiro di Dio. Solo questo soffio divino ha un significato reale. Le altre immagini hanno un significato negativo, che evoca l’idea della non esistenza; i teologi vedranno in esse un simbolo del nulla. Il linguaggio vedico può andare anche oltre:
Né il non-essere né l’essere allora esistevano.
Né l’aria né il firmamento lassù esistevano.
Che cosa si stava muovendo con tale forza? Dove? A causa di chi?
Era l’acqua profonda e impenetrabile?
(Ṛgveda 10,121,1)
In questa domanda, l’immagine dell’acqua allude allo stato delle cose precedente alla distinzione tra essere e non essere. Ci troviamo prima ancora dello stesso nulla.
2. L’acqua non ha forma di per sé, ma i fiumi hanno un letto e il mare un fondale. Questo semplice fatto ispira parecchi miti. Ecco un esempio siberiano:
All’inizio, l’acqua era dovunque. Doh, il primo sciamano, volava sull’oceano primordiale in compagnia di alcuni uccelli. Non trovando nessun luogo su cui posarsi, chiese al tuffolo pettirosso di immergersi nell’oceano e di riportare in superficie dal fondo un po’ di terra. L’uccello lo fece e, al terzo tentativo, riuscì a far emergere, portandolo nel becco, del fango. Doh con esso fece un’isola sull’oceano originario, che divenne la terra.
Troviamo racconti simili in numerose regioni. In due tradizioni induiste, Viṣnu in persona scese sul fondo delle acque primordiali in forma di verro, con lo scopo di riportare in superficie della terra.
L’oceano originario può così coprire qualche elemento solido. In più, a dispetto della sua fluidità, l’acqua stessa ha una sostanza; è essa stessa materia, e può contenere materia in sospensione. In alcuni miti gli dei catturano questa materia o la condensano. Così nell’Atharvaveda (12,1) leggiamo: «La Terra era originariamente un flutto nel centro dell’oceano; i saggi andarono a cercarla con la loro magia». Un mito della Guinea ci narra come Ha fece un mare immenso di fango e poi, solidificando la melma, creò la terra. Secondo il giapponese Kojiki, Izanagi e Izanami conficcarono una lancia nel mare che si estendeva sotto di loro. Quando la levarono, le gocce salate che caddero da essa si solidificarono e formarono la prima terra: l’isola di Onogoro. Un commentatore greco del mito di Proteo si esprime in termini più astratti:
Ci fu un tempo in cui tutto ciò che esisteva era senza forma e torbido… non c’era nulla eccetto la materia che era stata sparsa. Regnò una inerzia informe finché l’artefice di tutte le cose, avendo attratto ordine con ordine per proteggere la vita, impose la sua impronta sul mondo. Egli distaccò i cieli dalla terra, separò il continente dal mare, e ognuno dei quattro elementi… assunse la propria forma.
(Eraclito, Allegorie omeriche 64ss.)
In questo tipo di mito, l’acqua non significa più il nulla; possiede una vera esistenza. Gli dei la usano, ma essa rimane inerte; essi soli sono attivi.
3. Molti racconti simili, o anche varianti dello stesso mito, tuttavia, conferiscono all’acqua una certa spontaneità. È questo il caso di una storia narrata dai Muskogee dell’America settentrionale. Prima della creazione, dicono, una vasta estensione d’acqua era la sola cosa visibile, e due colombi volavano sulle onde. A un certo punto essi notarono un filo d’erba che cresceva sulla superficie delle onde. Da quest’erba gradualmente prese forma la terra e alla fine le isole e i continenti acquistarono il loro aspetto attuale. Possiamo anche far riferimento a una cosmogonia orfico-greca, secondo la quale l’acqua primordiale sembrava essere stata melmosa. La materia che conteneva fu condensata per diventare terra, e poi dall’acqua e dalla terra nacque finalmente il dio misterioso che avrebbe generato l’uovo cosmico. A dispetto dei loro stili molto differenti, entrambi questi miti condividono una caratteristica: accade qualcosa nelle acque primordiali, senza l’intervento esterno di alcun potere estraneo alle acque stesse. Esse posseggono perciò un certo potere intrinseco. Altri miti procedono a spiegare la natura di questo potere.
4. Nelle cosmogonie induiste, le acque sono spesso presentate come un ricettacolo dell’uovo o del seme divino, che cresce nelle acque, portando il dio pieno di attività. Ma esse non danno vita a ciò che portano. «All’inizio, egli creò solo le acque, e poi nelle acque depose il suo seme. E questo diventò un uovo d’oro… In questo uovo nacque da sé Brahmā, l’antenato di tutte le cose viventi» (Mānava Dharmaśāstra 1,8-9). Propizie per lo sviluppo dell’embrione divino, tali acque svolgono una funzione quasi amniotica. La mitologia egizia ha un personaggio simile fatto di acqua, conosciuto come Nun. L’acqua primordiale è considerata divina. Essa sceglie il suo stesso nome e assume attributi umani. Può parlare, e può formare una coppia con il suo doppio femminile, la dea Naunet. Nella tradizione eliopolita è in Nun che il dio solare autogenerantesi è nato e poi rimane. Qui egli inizia la sua attività creatrice e generatrice, e qui, forse, i primi dei iniziano la loro esistenza.
5. L’immagine di un’acqua vivificatrice che favorisce la nascita di un dio o la crescita di un embrione è in effetti molto legata a quella di un’acqua feconda e procreatrice. Alcuni testi egizi danno l’impressione che lo stesso Nun abbia generato il dio solare, che egli chiamò «mio figlio». Nun è stato così chiamato il «padre degli dei». Per un esempio più chiaro e puntuale di un’immagine di acqua procreatrice, tuttavia, possiamo riferirci ai Babilonesi. I Babilonesi riconoscevano due esseri, Apsu e Tiamat, che esistevano anteriormente alla formazione del cielo e della terra. Essi erano delle acque, le cui correnti all’inizio del tempo si erano mescolate in una singola massa, e contemporaneamente erano due divinità personificate, una maschile e una femminile. La loro unione produce un’altra coppia divina, che a sua volta avrà la propria discendenza, cosicché Apsu e Tiamat diventano gli antenati di tutte le creature e, in questo senso, i primi autori del processo cosmogonico. La Grecia aveva un sistema simile, che Omero ha conservato. Simultaneamente correnti d’acqua e divinità antropomorfiche, Oceano e Teti si accoppiano e partoriscono; i loro discendenti includeranno tutti gli esseri che costituiranno, domineranno o popoleranno l’universo.
Essenziale per la vita delle piante, degli animali e similmente degli uomini, l’acqua può essere identificata con le forze che danno la vita e con la stessa fecondità. La natura rigeneratrice può apparire in un modo meno biologico. Leggiamo nel Śatapatha Brāhmaṇa (11,1,6,1): «All’inizio, le acque e l’oceano esistevano da soli. Le acque ebbero un desiderio: “Come procreeremo?”. Esse fecero uno sforzo. Misero in atto un calore ascetico (tapas) e avvenne così che apparve un uovo d’oro». Quest’uovo conteneva Prajāpati. Così non solo si attribuisce all’acqua il desiderio di procreazione (kāma), ma essa è anche capace di uno sforzo davvero creativo e di un calore ascetico (tapas).
Quando consideriamo il ruolo che l’acqua svolge nelle ultime fasi della creazione del mondo, vediamo confermate queste osservazioni. All’interno di questo stesso sistema cosmogonico, le acque possono successivamente assumere degli attributi che ci permettono di distinguere differenti sistemi nelle fasi più antiche. Per esempio, abbiamo visto che l’embrione di Prajāpati si sviluppò nelle acque primordiali. Ma poi lo stesso Prajāpati intraprese la creazione delle acque. Nel Śatapatha Brāhmapa (11,1,6,16-19), Paramestin, figlio e ipostasi di Prajāpati, volle diventare tutte le cose sulla terra. Così divenne acqua. Similmente Prajāpati diventerà respiro e Indra il mondo. Queste nozioni non sono contraddittorie. Esse rappresentano differenti stadi della creazione. Qualunque siano le loro qualità amniotiche, le acque primordiali sono informi e non particolarmente dotate di realtà, finché Prajāpati rimane ancora un embrione al loro interno. Dopo la sua nascita, tuttavia, il dio crea acque più definite e concrete al di fuori di sé. In questo modo il testo mostra che la divinità si diffonde nelle acque proprio come si diffonde nell’intero universo.
Altre narrazioni compiono distinzioni più semplici fra i successivi stati dell’acqua. Se le acque primordiali sono una massa inerte, sarebbe logico che esse, durante il corso della creazione, fossero influenzate dall’azione degli dei che le governano. Nella Bibbia, Dio crea uno spazio nel centro delle acque originarie, dividendole in due masse, le acque superiori e quelle inferiori. Dopo aver creato una massa solida, egli però separa quest’ultima dalle acque inferiori, formando con ciò il mare e la terraferma. Le acque si sottomettono anche all’azione demiurgica in resoconti più ambigui. Ecco un mito fali (africano): uno dei primi animali, la tartaruga, diede al mondo la sua prima struttura disegnando sulle acque un solco. Dopo la prima crisi, quando la pioggia minacciò di sommergere ogni cosa, il rospo – un altro dei primi animali – completò la struttura. Egli separò l’acqua stagnante dall’acqua corrente e aprì un secondo sentiero per le acque facendo un taglio attraverso il primitivo solco. Cosi divise il mondo in quattro parti.
Le acque passive possono essere anche semplici strumenti nelle mani di coloro che si affrontano nel corso delle grandi battaglie cosmogoniche. Nella mitologia induista, il demone Vṛtra trattiene le acque e impedisce loro di irrigare la terra. Indra, che sta combattendo una difficile guerra contro di lui, è finalmente vittorioso e dà vita al mondo liberando le acque. I miti mesopotamici sono più complessi. Quando il dio Enlil decide di distruggere l’umanità, egli prima trattiene le piogge e impedisce alle acque sotterranee di raggiungere la superficie. Poi, con un...

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