Alla ricerca del tempo perduto
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Alla ricerca del tempo perduto

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Marcel Proust, Maria Teresa Nessi Somaini

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Marcel Proust, Maria Teresa Nessi Somaini

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Alla ricerca del tempo perduto (A la recherche du temps perdu, 1913-1927) - monumentale ciclo di sette romanzi (Dalla parte di Swann, All'ombra delle fanciulle in fiore, I Guermantes, Sodoma e Gomorra, La prigioniera, La fuggitiva e Il tempo ritrovato) al quale Proust lavorò sino agli ultimi giorni di vita - è la ricostruzione di una vita, intesa come scoperta graduale del significato della realtà attraverso i ricordi. Tutto scaturisce da un evento minimo e casuale, una madeleine che il protagonista riassapora per la prima volta dopo gli anni dell'infanzia e che gli riporta alla mente un intero periodo della sua vita, e che sarà il punto di partenza per un grandioso affresco della società francese agli inizi del secolo, rappresentata nei suoi molteplici e contraddittori aspetti e livelli.Dal potere delle passioni al fascino illusorio della vita di società, fino alla tensione tra il desiderio di protezione e l'attrazione dell'ignoto: Proust ci offre pagine straordinarie e grandi ritratti di figure divenute indimenticabili, accompagnandoci alla riscoperta di quel mondo interiore costruito sul filo della memoria.

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Information

Publisher
BUR
Year
2018
ISBN
9788858692677
Subtopic
Classici

I GUERMANTES

.............................
Marcel Proust
TRADUZIONE DI MARIA TERESA NESSI SOMAINI
PREMESSA AL TESTO DI GIOVANNI BOGLIOLO
Logo grafico BUR grandi classici bur

I GUERMANTES

Se il secondo volume della Ricerca, All’ombra delle fanciulle in fiore, nacque dalla fusione tra alcuni capitoli tolti dal primo per esigenze di spazio, e alcuni sviluppi narrativi accordati all’accresciuta importanza del personaggio di Albertine, il terzo volume della serie, I Guermantes, appartiene invece al nucleo primitivo dell’opera: tracce degli episodi mondani che vi compaiono si possono trovare già in Jean Santeuil (dove quelli che diventeranno i Guermantes si chiamano ancora Réveillon) e nel Contro Sainte-Beuve. Al momento dell’uscita di Dalla parte di Swann, nel 1913, l’intera Ricerca del tempo perduto avrebbe dovuto comprendere tre volumi, intitolati appunto Dalla parte di Swann, Dalla parte di Guermantes e Il tempo ritrovato. Fin dalla lettura dei titoli appare evidente la simmetria in base alla quale l’opera si sarebbe dovuta strutturare. All’origine di tutto, sono le due diverse passeggiate che si possono intraprendere da Combray, e che introducono, agli occhi di Marcel bambino, in due mondi misteriosi e sconosciuti, infinitamente fantasticati; la parte di Méséglise (detta anche di Swann, perché qui si trova la villa di costui, Tansonville) e la parte di Guermantes (dove si trovava il castello della nobile famiglia, un tempo feudataria di Combray). Le due passeggiate simboleggiano i due diversi mondi in cui Marcel penetrerà una volta uscito dall’infanzia: l’alta società borghese, che è anche quella cui appartengono i suoi genitori, e il mondo dell’aristocrazia. L’opposizione tra queste due «parti» era destinata a cadere nel terzo volume, che avrebbe così assolto la funzione di una sintesi, simboleggiata dal personaggio della signorina di Saint-Loup, nata dal matrimonio tra Robert di Saint-Loup, nipote dei duchi di Guermantes, e Gilberte, la figlia di Swann e Odette.
La purezza di tale schema, che aveva semmai il difetto di fondarsi troppo esclusivamente su un’opposizione di natura sociologica (la rivalità fra l’alta borghesia e l’aristocrazia di sangue, con la finale fusione delle due classi), fu turbata, ma non completamente soppressa, dalle enormi aggiunte che Proust durante la guerra portò alla propria opera, e che si raccolgono principalmente attorno al tema metafisico dell’amore infelice (di Marcel per Albertine, ma anche di Charlus per Morel).
Il piano della Ricerca, annunciato nel 1913 sul risvolto di copertina di Dalla parte di Swann, ci permette anche di valutare con precisione l’entità delle aggiunte fatte da Proust a I Guermantes. Questo infatti avrebbe dovuto in un primo momento comprendere le seguenti sezioni: A casa della signora Swann, Nomi di paesi: il paese, Primi schizzi del barone di Charlus e di Robert di Saint-Loup (tutta questa parte confluì in All’ombra delle fanciulle in fiore), Nomi di persone: la duchessa di Guermantes, Il salotto della signora di Villeparisis. L’editore Grasset, allo scoppio della guerra, aveva già fatto stampare le prime bozze del volume, la cui pubblicazione era prevista per l’ottobre 1914.
In seguito, Proust trasportò nei Guermantes l’episodio concernente la malattia e la morte della nonna, che nel progetto iniziale avrebbe dovuto trovar posto nel Tempo ritrovato. Le motivazioni di tale scelta sembrano essere state sostanzialmente queste: Proust si rese conto che nell’ultimo volume questo episodio si sarebbe trovato troppo vicino a quello della passione per Albertine (con l’effetto di confondere nell’animo del protagonista due dolori molto diversi l’uno dall’altro), e troppo lontano da certi avvenimenti (la fotografia sulla spiaggia) che lo preparano, ancora oscuramente, all’epoca del primo soggiorno a Balbec (simmetricamente, il secondo soggiorno nella località normanna vedrà il riacutizzarsi del dolore di Marcel per la scomparsa della nonna, la cui fine, da questa nuova posizione centrale, può dunque irraggiarsi sia verso il passato che verso il futuro dell’opera).
Proust volle inoltre introdurre nei Guermantes un elemento che contrastasse con la frivolezza della vita mondana, che ne smascherasse la superficialità e l’aridità; anzi, a questo scopo non gli bastò la morte della nonna, ma volle anche annunciare, alla fine del volume, la prossima morte di Swann, in una sorta di doppio contrappunto funebre alle eleganze dei salotti.
Altri episodi aggiunti concernono la visita che Albertine fa a Marcel a Parigi, e la breve infatuazione di questi per la signora di Stermaria, la quale, annullando all’ultimo istante un appuntamento con lui al Bois de Boulogne, imprime senza saperlo una svolta nella vita del protagonista, che avrebbe potuto innamorarsi di lei invece che di Albertine (poesia delle occasioni mancate, sulla quale l’autore insiste non senza qualche ipocrisia, se è vero che si ama un solo tipo di donna, incarnato successivamente in persone differenti).
Nonostante questi arricchimenti, la descrizione della vita sociale e mondana rimane l’argomento principale del libro, il quale è costruito con tutta evidenza attorno a due grandi scene di ricevimento, che ne costituiscono la vera ossatura: la matinée Villeparisis e la soirée Guermantes.
La marchesa di Villeparisis è una Guermantes, ma il suo salotto «misto» gode di un prestigio mondano incomparabilmente minore di quello della nipote Oriane, vera meta dello snobismo di chi frequenta la marchesa. Il modello cui questo episodio si conforma, è stato osservato, è quello dell’entrata in scena dei clowns nel circo: ogni ospite, appena introdotto, recita il suo breve numero, consentendo a un Proust qui particolarmente spietato e divertito di far brillare le sue qualità di osservazione; l’uno dopo l’altro sfilano i protagonisti della commedia mondana, in un vero e proprio balletto delle ambizioni inappagate. Si può dunque affermare che questo episodio ha, nel senso pieno del termine, una funzione di introduzione rispetto al successivo.
La cena a cui la duchessa di Guermantes inaspettatamente invita Marcel, cena che è reputata riunire un ristretto numero di eletti, la crema del Faubourg Saint-Germain, rappresenta invece la demistificazione dello snobismo, la delusione provocata dall’appagamento delle ambizioni: «Ogni invitato di quel pranzo, rivestendo il nome misterioso sotto il quale l’avevo conosciuto e sognato soltanto a distanza, di un corpo e di un’intelligenza pari o inferiore a quelle di tutte le persone che conoscevo, mi aveva dato l’impressione di piatta volgarità che può dare l’entrata nel porto danese di Elsinore a un esaltato lettore di Amleto». Pl. II, 532. Marcel si scontra qui con l’impossibilità, dolorosamente denunciata nel corso di tutta la Ricerca, di incarnare in un oggetto il proprio desiderio. Sede di questa impossibilità, di questa perpetua frustrazione, è il Nome. Come i nomi di città sui quali a Combray rimuginava instancabilmente, i nomi dei membri dell’aristocrazia sono per Marcel carichi di una poesia inevitabilmente smentita dalle persone che li portano. Resta allora, come superstite consolazione, il piacere procurato dalle genealogie, piacere non dissimile dal diletto che più tardi in un episodio di Sodoma e Gomorra il narratore proverà per le etimologie che gli illustra Brichot. Eppure, proprio alla letteratura, all’arte di nominare il creato, verrà affidato alla fine il compito di conciliare la realtà e il desiderio, di accordare il mondo esteriore al mondo interiore…
La funzione del tema della mondanità, all’interno della «ricerca» del protagonista, è di mettere impietosamente a nudo la soggettività, per non dire l’arbitrarietà, delle rappresentazioni del mondo forgiate dal nostro desiderio, di mostrare quanto sia frustrante e ridicolo tentar di dare loro un fondamento reale: dell’arbitrarietà del desiderio applicato alle relazioni mondane è un perfetto esempio, più ancora che la specularità di snobismo tra aristocratici e intellettuali, osservata dall’autore a proposito dei Guermantes e dei loro ospiti, lo snobismo «discendente» di uno Charlus, il quale, per nascita e doti personali posto al vertice della gerarchia mondana, non può che ricercare avidamente i favori di individui delle classi più basse, che sono dotati ai suoi occhi di un prestigio quasi mitico.
Come in parte si è già visto, i due episodi cardine del libro – i due ricevimenti – sono preceduti e seguiti da episodi di diverso argomento, a ulteriore conferma della struttura «sinfonica» della Ricerca, in cui nessun tema è mai abbandonato del tutto, ma accompagna in sordina, o in contrappunto, il tema principale. Così il tema dell’arte, da cui Marcel si allontana nelle sue frequentazioni mondane, precede ogni volta tali frequentazioni: la serata all’Opera, in cui la Berma recita Fedra (e in cui compare la meravigliosa immagine del teatro-acquario) precede la matinée Villeparisis, come la contemplazione assorta dei quadri di Elstir precede – una volta che Marcel è stato introdotto nel per lui mitico appartamento dei Guermantes – la cena e l’arrivo degli altri invitati.
Entrambe precedute dal tema dell’arte, di cui costituiscono l’appariscente negazione, le due grandi scene mondane sono entrambe seguite dal tema dell’omosessualità (cui invece sono sottilmente apparentate): l’enigmatico, inquietante Charlus attende Marcel all’uscita dei salotti sia della marchesa di Villeparisis che della duchessa di Guermantes. L’omosessualità e lo snobismo sono per Proust due desideri accomunati dalla perversità e dalla lancinante illusorietà del loro oggetto. L’omosessuale come lo snob cerca nella realtà l’equivalente di un fantasma che si è forgiato da solo nella propria mente, e che lo tormenta senza speranza; entrambi simboleggiano in forma estrema una condizione comune a tutti gli uomini.
Altri accordi, altre armonie risveglia l’episodio di Doncières, dove il protagonista va a visitare l’amico Saint-Loup che vi presta il servizio militare (Marcel Proust aveva trascorso il periodo di leva ad Orléans); l’insistenza con la quale il narratore ricorre, per descrivere l’atmosfera di Doncières, ad immagini di benessere fisico (la stanza confortevole e ben riscaldata, i pasti abbondanti e ghiotti), ad immagini di protezione (l’atteggiamento dei camerati di Saint-Loup nei suoi confronti), ci mostrano quanto quest’atmosfera sia vicina a quella dell’infanzia, quasi una sopravvivenza o una resurrezione del mondo ovattato di Combray. Se è vero che I Guermantes descrivono l’ingresso di Marcel nell’età adulta, non ci stupiremo di questo modo obliquo, indiretto, di accennare all’infanzia, né del fatto che proprio al ritorno da Doncières il protagonista riceva la prima sconvolgente rivelazione dell’invecchiamento e della malattia della nonna.
Le due morti di questo volume, quella minuziosamente descritta della nonna – che come si sa si ispira in realtà alla morte della madre di Proust, avvenimento capitale nella vita dello scrittore (il quale solo dopo tale morte riuscì a cominciare a portare a termine la propria opera) – e quella soltanto annunciata di Swann, hanno la funzione di illuminare per contrasto la meschinità dei riti mondani e dei loro grandi sacerdoti. In particolare la confessione di essere condannato dai medici che Swann fa ai suoi vecchi amici il duca e la duchessa di Guermantes, si scontra con la rivoltante insensibilità di questi due personaggi (che tra l’altro si stanno affrettando ad una festa per non essere raggiunti dalla notizia dell’avvenuto decesso di un prossimo parente, che versa in gravissime condizioni). In questa scena, che conclude il volume, Proust sembra essersi accanito a rendere odiosi i due aristocratici, oggetto in questo medesimo volume (soprattutto la duchessa) di pagine e pagine di attonita ammirazione: nuovo esempio di quegli aspetti contraddittori della vita che il romanzo si compiace di registrare con didattico zelo. Un brano della corrispondenza di Proust, in cui parla della contessa di Chévigné, uno dei modelli di Oriane («A parte il fatto che la duchessa di Guermantes, lei, è virtuosa, assomiglia un po’ alla gallina coriacea che presi un tempo per un uccello del paradiso e che come un pappagallo non sapeva che rispondermi: Fitz-James mi aspetta, quando cercavo di catturarla sotto gli alberi dell’avenue Gabriel. Avendo fatto di lei un possente avvoltoio, ho almeno impedito che la si prendesse per una vecchia cornacchia.»), lascia del resto pochi dubbi sull’ambivalenza che anche nella realtà lo scrittore provava nei confronti dei nobili tanto ricercati.
I Guermantes venne pubblicato nell’edizione della «Nouvelle Revue Française» in due parti (la seconda insieme all’inizio di Sodoma e Gomorra), rispettivamente il 25 ottobre 1920 e il 2 maggio 1921. Proust era ormai uno scrittore abbastanza noto, grazie soprattutto al premio Goncourt vinto l’anno prima; il nuovo volume ricevette dunque una buona accoglienza dalla critica, anche se non mancò chi mosse all’autore l’accusa di essere uno snob (anche all’uscita di Sodoma e Gomorra l’accusa di pederastia trapelò in più di una recensione). Proust poté replicare che, all’opposto di ciò che avrebbe fatto uno scrittore veramente snob, nel suo romanzo egli cercava di descrivere obiettivamente (ma dall’interno) lo snobismo, di scoprirne le motivazioni e di illuminarne i più nascosti riflessi; che c’era molto più snobismo inconfessato – e frustrato – in certe sbrigative, moralistiche condanne della vita mondana piuttosto che nel suo sforzo di comprenderla e di notarne le leggi.
Che Proust fosse stato, in altri momenti della sua vita, ciò che chiameremmo un arrampicatore sociale, è assai possibile, se non addirittura certo. Ancora una volta il romanzo si rivelava superiore alla vita, la cui esperienza decantava in un superiore ordine di conoscenza, in un’ansia di trovare soluzione ai traviamenti e alle contraddizioni della biografia. Tutto quanto compare nei volumi di Alla ricerca del tempo perduto tende alla scoperta del Tempo ritrovato.

BIBLIOGRAFIA

Le côté de Guermantes I esce presso Gallimard nell’ottobre 1920; Le côté de Guermantes II sarà in libreria l’anno successivo, nel maggio 1921, contemporaneamente alla prima parte di Sodome et Gomorrhe.
La prima edizione italiana de I Guermantes esce presso Einaudi nel 1949, con la traduzione di Mario Bonfantini.
Studi critici
Barois, E., Les Conversations dans “Côté de Guermantes», in Bulletin Marcel Proust, n° 21, 1971.
Beretta Anguissola, A., note esplicative, storico-critiche a: M. Proust, La parte di Guermantes, Milano, Mondadori, I Meridiani, vol. 2, 2006.
Bibesco, M., La duchesse de Guermantes: Laure de Sade, comtesse de Chevigné, Paris, Plon, 1950.
Bouillaguet, A., Marcel Proust devant l’Affaire Dreyfus, in Bulletin Marcel Proust, n° 48, 1998.
Chelet-Hester, C., La Galerie des Guermantes ou la leçon de vérité d’Elstir, in Bulletin d’Informations Proustiennes, n° 22, 1991.
Cittadini Ciprì, A. M., Proust e la Francia dell’“affaire Dreyfus», Palermo, G. B. Palumbo, 1977.
Eells, E., Whistler et “Le côté de Guermantes”, in Bulletin d’Informations Proustiennes, n° 22, 1991.
Fraisse, L., L’Hôtel des Réservoir et la métaphore de l’intermittence, in Bulletin d’Informations Proustiennes, nº 20, 1989.
Ishiki, T., Doncières, ville du Nord, in Bulletin d’Informations Proustiennes, nº 20, 1989.
Lachgar, L., Madame de Guermantes est sortie à pied, Mortemart, Rougerie, 1986.
Laget, T., prefazione a: M. Proust, Le côté de Guermantes, Paris, Gallimard, collection Folio, 1994.
Mauriac Dyer, N., Nouvelles corrections de Marcel Proust au “Côté de Guermantes” et à «Sodome et Gomorrhe», in Bulletin Marcel Proust, n° 38, 1988.
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Willemart, P., L’éducation sentimentale chez Proust: lecture du “Côté de Guermantes”; suivie d’un essai sur les divers inconscients qui circulent dans le texte, Paris, l’Harmattan, 2003.
I GUERMANTES
À LÉON DAUDET
l’autore
del Voyage de Shakespeare,
del Partage de l’Enfant,
dell’Astre noir,
di Fantômes e Vivants,
del Monde des Images,
di tanti capolavori.
All’incomparabile amico
in segno di gratitudine
e ammirazione.
M. P.

PARTE PRIMA

Il cinguettio mattutino degli uccelli sembrava insipido a Françoise. Ogni parola delle «donne» la faceva trasalire, i loro passi la irritavano e suscitavano la sua curiosità; il fatto è che avevamo traslocato. Certo i domestici del sesto piano della nostra vecchia casa non erano meno turbolenti di questi, ma quelli lei li conosceva; i loro andirivieni le erano divenuti famigliari. Ora prestava un’attenzione dolorosa perfino al silenzio. E siccome il nostro nuovo quartiere appariva quieto quanto il viale sul quale si affacciava la nostra casa di prima era rumoroso, la canzone (percepita anche da lontano, quando è flebile come un motivo d’orchestra) di qualcuno che passava faceva salire le lacrime agli occhi di Françoise in esilio. Inoltre, se mi ero preso gioco di lei che, desolata di dover abbandonare un palazzo dove eravamo «così ben stimati dappertutto», aveva fatto i bagagli piangendo secondo il rituale di Combray, e dichiarando la migliore delle case esistenti quella che era stata la nostra, in compenso, io che assimilavo con tanta difficoltà le cose nuove quanto con facilità abbandonavo le vecchie, mi riavvicinai alla nostra anziana domestica quando mi accorsi che per lei insediarsi in una casa dove non aveva ricevuto dal portiere che ancora non ci conosceva gli attestati di considerazione necessari alla sua buona nutrizione morale, l’aveva gettata in uno stato prossimo al deperimento. Era l’unica che poteva capirmi. Non ci sarebbe certo riuscito quel suo giovane aiutante; per lui che era tanto poco di Combray, traslocare, andare ad abitare in un altro quartiere era come prendersi una vacanza dove ogni novità era riposante quanto un viaggio; credeva di essere in campagna; e un raffreddore di testa gli diede, come un colpo d’aria preso in treno dove un finestrino non chiuda bene, l’impressione deliziosa di aver visto un po’ di mondo; ad ogni starnuto si rallegrava di aver trovato un posto tanto chic, avendo sempre desiderato dei padroni che viaggiassero molto. Così, senza curarmi di lui, andai direttamente da Françoise; siccome avevo riso delle sue lacrime a una partenza che m’aveva lasciato indifferente, lei si mostrò gelida davanti alla mia tristezza perché la condivideva. L’egoismo dei nervosi cresce con la loro pretesa sensibilità; non possono sopportare da parte degli altri l’esibizione di malesseri ai quali prestano, quando si tratta di loro stessi, la massima attenzione. Françoise, che non lasciava passare il più lieve di quelli che lei provava, se ero io a soffrire voltava la testa perché non avessi la soddisfazione di vedere la mia sofferenza compatita, nemmeno notata. Si comportò allo stesso modo quando volli parlarle della nostra nuova casa. Del resto, in capo a due giorni, avendo dovuto andare a cercare degli indumenti dimenticati nell’appartamento che avevamo appena lasciato, mentre io, in seguito al trasloco, avevo ancora un po’ di «temperatura» e, simile a un grosso serpente che avesse inghiottito un bue, mi sentivo penosamente ammaccato a causa di un’enorme cassapanca che la mia vista doveva «digerire», Françoise, con l’infedeltà tipica delle donne, ritornò dicendo che le era sembrato di soffocare sul nostro viale di prima, che per recarvisi si era trovata tutta «fuori strada», che mai aveva visto scale più scomode, e che non sarebbe ritornata ad abitare là «nemmeno se le avessero offerto un impero o dei milioni» – ipotesi gratuite – e che tutto (vale a dire ciò che concerneva la cucina e i corridoi) era molto meglio «arrangiato» qui, nella nostra nuova casa. Ora, è tempo di dire che questa – e noi ci eravamo venuti ad abitare perché la nonna che non stava troppo bene aveva bisogno di aria più pura, ragione che ci eravamo ben guardati dal dirle – era un appartamento che faceva parte del palazzo dei Guermantes.
All’epoca in cui i Nomi, dandoci l’immagine dell’inconoscibile che in essi abbiamo riversato, nel momento stesso in cui designano per noi anche un luogo reale, ci obbligano a identificare l’uno co...

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