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Poesie (1974-1992)
Patrizia Cavalli
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Poesie (1974-1992)
Patrizia Cavalli
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Questo libro riunisce i due precdenti volumetti di Patrizia Cavalli ( Le mie poesie non cambieranno il mondo, 1974, e Il cielo, 1981) ai quali si aggiunge una nuova, più ampia raccolta intitolata L'io singolare proprio mio. Autrice lodevolmente parca, Patrizia Cavalli, dunque, rende conto della sua poesia una volta per decennio evitando l'inflazione dello sfogo lirico. Anche se così distanziate nel tempo, o forse proprio per questo, queste tre sillogi testimoniano un'esperienza poetica di ampia portata, segnata da un forte filo di continuità e da un marchio di stile inconfondibile, fatto di ironia e di musicalità, ma anche di velocissima concetrazione di pensiero e di arguzia epigrammatica.
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Topic
LittératureSubtopic
PoésieIl cielo
A Okapi Bandierina
Tu non sei stata mai sentimentale
e io per amore voglio assomigliarti.
e io per amore voglio assomigliarti.
Quella nuvola bianca nella sua differenzainsegue l’azzurro sempre uguale:lentamente si straccia nella trasparenzama per un po’ mi consola del vuoto universale.E quando cammino per le stradee vedo in ogni passo una partenzavorrei accanto a me un bel viso naturale.
Ti ho sfidato con una parolaccia,tu mi hai risposto illesamente dama.
Per simulare il bruciore del cuore, l’umiliazionedei visceri, per fuggire maledettae maledicendo, per serbare castitàe per piangerla, per escludere la mia boccadal sapore pericoloso di altre bocchee spingerla insaziata a saziarsi dei veleni del cibonell’apoteosi delle cene quando il ventregià gonfio continua a gonfiarsi;per toccare solitudini irraggiungibili e líai piedi di un letto di una sediao di una scala recitare l’addioper poterti escludere dalla mia fantasiae ricoprirti di una nuvolaglia qualunqueperché la tua luce non stingesse il mio sentiero,non scompigliasse il mio cerchio oltre il qualeti rimando, tu stella involontaria,passaggio inaspettato che mi ricordi la morte.Per tutto questo io ti ho chiesto un bacioe tu, complice gentile e innocente, non me lo hai dato.
Ti odio perché non ti amo piú,perché non posso perdonartidi non riuscire piú ad amarti.
Ah sí, per tua disgrazia,invece di partiresono rimasta a letto.Io sola padrona della casaho chiuso la portaho tirato le tende.E fuori i quattro canariniingabbiati sembravano quattro forestee le quattromila voci dei risvegliconfuse dal ritorno della luce.Ma al di là della portanei corridoi bui, nelle stanzequasi vuote che catturanoi suoni piú lontanii passi miserabili di languidi ritornia casa, si accendevano nascitee pericoli, si consumavanomorti losche e indifferenti.E cosa credi che io non t’abbia vistomorire dietro un angolocon il bicchiere che ti cadeva dalle maniil collo rosso e gonfiovergognandoti un pocoper essere stata sorpresaancora una voltadopo tanto temponella stessa posizione nella stessa condizionepallida tremante piena di scuse?Ma se poi penso veramente alla tua mortein quale letto d’ospedale o casa o albergo,in quale strada, magari in ariao in una galleria; ai tuoi occhi che cedonosotto l’invasione, all’estrema terribile bugiacon la quale vorrai respingere l’attaccoo l’infiltrazione, al tuo sangue pulsare indecisoe forsennato nell’ultima immensa visionedi un insetto di passaggio, di una piega di lenzuolo,di un sasso o di una ruotache ti sopravviveranno,allora come faccio a lasciarti andar via?
O mio bel paesaggiostanco e addormentato, come sei grandee come ti ingrandisci! Ma la boccala bocca la svanisci.
Ora che sei partitache sei sicuramente andatalo devo riconoscerenon sono mutilata.Farò una passeggiatafino a via delle Grotte.
Ma sí, sono sincera,non fingo i sentimenti,ma cosa posso farcise in due minutidiventano tradimenti?
Sarebbe certo andato tutto bene,una passeggiata un caffè, al cinemaqualche volta insieme, le cenea casa o al ristorante; sarebbe statoinsomma tutto regolarese all’improvviso togliendosi gli occhialinon si fosse seduta sorridendocon un’aria leggermente impauritae i capelli un po’ spettinatiche la facevano sembrare appena uscitada un sonno o da una corsa.
Ti ho appena toccato e ti ho già tradito.Non incolpare me, incolpa il mio vestito.
«La bella vita bisogna coltivarla».I prati quasi praterie e tu distesaal sole fino al suo declino. La casaabbandonata in mezzo al bosco, i cavalliche mangiano liberi o sellati;la lettura di un libro, i pantaloni strappati,qualche segno che si aggiunge alle braccia al visoe alle tue mani – le fiaccature scure degli ingressi –per te le prove del tuo avanzarecontro le perdite contro i cedimenti, per mei piccoli canali dell’ombra e della luce,la geografia amorosa del riposo.Circondata di grazie e bellezze naturalipersino i disastri del sangue sulla tua pelleesplodono come cespuglietti di erbe stravagantiche tolgono piattezza al prato. Cosí creando in teil tuo capolavoro, chiedi visite per fare propagandaal paradiso. Ma in tanto concentrato di splendorequale estasi o scompiglio potrebbe mai portarela mia mano? Sarebbe come un bacioche cade in mezzo al sole.
Del vero amore e del falso amorespargi notizie: «Io amo tu non amiegli ama». La salute ti riluce addossoportandoti a esempio irritato, maestoso,e tutto quello che per natura accadee non accade diventa la tua coroncina– o cupa corona di spine! o bianco cespuglio d’angioli! –verso il sicuro futuro frutteto d’amore.Non scrivermi piú lettere.
Ma come può accadere che tuper smania di poterestia vicino a unacon lo sguardo smozzicatopronta a lanciarsi sugli avanzidi qualunque sesso e provenienzache mangiucchia con quella sua boccucciache non ha nemmeno un disegno?
Lontano dai regnicome è ferma la stanza!Vieni, respirami vicino,che io scopra la dolcezzadi molte imperfezioni, qualche dentein meno qualche ruga in piú e il corpoappena estenuato dalla noncuranza.
Per questo sono nata, per scendereda una macchina dopo una corsain una strada qualunque e trafficatae guidata dagli angeli piegarmiattraverso il finestrinosopra quei capelli e in silenziosentire l’odore di quel visodove poco prima avevo vistocome la bocca e gli occhisi passavano un sorriso che non si apriva maie correndo veloce scomparivain un attimo e tornava.
La polvere a mezzo maggio diventa insopportabile.Il primo caldo si assiepa, frantuma e fa cadaveri.La polvere sale a mezzo metro e non ricade.Il caldo si sparge e produce lontananze.Ai tavoli si parla già delle vacanze.«E Susanna non vien!...»
Che tu ci sia o non ci siaormai è la stessa cosa,comunque sia io ho la nostalgia.
Che orrore immaginare due corpiche fanno l’a...