La fattoria degli animali
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La fattoria degli animali

George Orwell, Michele Mari

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La fattoria degli animali

George Orwell, Michele Mari

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«I particolari concreti della vicenda mi vennero in mente il giorno in cui (allora vivevo in un piccolo villaggio) vidi un bambino sui dieci anni che spingeva per un angusto viottolo un enorme cavallo da tiro, frustandolo ogni volta che cercava di voltarsi. Mi colpì l'idea che se animali come quello riuscissero ad acquistare coscienza della propria forza saremmo impotenti contro di loro, e che gli uomini sfruttano gli animali in modo analogo a come i ricchi sfruttano i proletari. Presi allora ad analizzare la teoria marxista dal punto di vista degli animali.

Per la simmetria del racconto, i vari episodi, pur essendo tratti da fatti reali della Rivoluzione russa, vengono presentati in modo schematico e secondo un diverso ordine cronologico.

Alcuni lettori possono riportare l'impressione che il libro termini con la completa riconciliazione fra i maiali e gli esseri umani. Non intendevo dire questo: al contrario, io volevo che finisse con una stridente nota di discordia, poiché ho scritto quella parte immediatamente dopo la Conferenza di Teheran, che tutti pensavano avesse stabilito le migliori relazioni possibili fra l'URSS e l'Occidente. Personalmente non credevo che tali rapporti sarebbero rimasti buoni a lungo; e, come i fatti hanno poi dimostrato, non sbagliavo di molto.» George Orwell (1945)

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Information

Publisher
Mondadori
Year
2019
ISBN
9788852021701
Subtopic
Classici

VIII

Qualche giorno dopo, scemato il terrore provocato dalle esecuzioni, alcuni animali si ricordarono – o credettero di ricordare – che il Sesto Comandamento diceva: “Nessun animale ucciderà un altro animale”. E benché nessuno ci tenesse a farne parola in presenza dei maiali o dei cani, sentivano che le esecuzioni non si conciliavano con quel principio. Trifoglio chiese a Beniamino di leggerle il Sesto Comandamento, e quando Beniamino, al suo solito, disse che non voleva immischiarsi in tali faccende, si rivolse a Muriel. Muriel le lesse il Comandamento. Diceva: “Nessun animale ucciderà un altro animale senza motivo”. In un modo o nell’altro le ultime due parole erano svanite dalla memoria degli animali. Ma ora essi presero atto che il Comandamento non era stato violato, perché evidentemente c’erano dei buoni motivi per uccidere i traditori alleati a Palla di Neve.
Durante quell’anno gli animali lavorarono ancora più duramente di quanto avessero lavorato l’anno precedente. Ricostruire il mulino a vento, con muri spessi il doppio rispetto a prima, e terminarlo entro la data stabilita, unitamente al regolare lavoro della fattoria, costò una fatica tremenda. C’erano delle volte in cui agli animali sembrava di lavorare più a lungo e di non mangiare più di quanto facessero all’epoca di Jones. La domenica mattina Squillo, tenendo nella zampa una lunga striscia di carta, leggeva loro liste di cifre secondo le quali la produzione di ogni genere alimentare era cresciuta del duecento per cento, del trecento per cento, o a seconda del caso anche del cinquecento per cento. Gli animali non vedevano ragioni per non credergli, tanto più che non ricordavano molto bene come si vivesse prima della Rivoluzione. E tuttavia, c’erano giorni in cui avrebbero preferito avere meno cifre e più cibo.
Ora tutti gli ordini venivano diramati attraverso Squillo o uno degli altri maiali. Napoleone non si faceva vedere in pubblico più di una volta ogni due settimane. Quando compariva era accompagnato non solo dalla sua scorta di cani, ma anche da un galletto nero che marciava davanti a lui e faceva da trombettiere, emettendo un forte “chicchirichì” prima che Napoleone parlasse. Anche nella casa colonica, si diceva, Napoleone abitava in un appartamento separato dagli altri. Mangiava da solo, con due cani che lo servivano, e usava sempre il servizio da tavola Crown Derby che era stato esposto nella credenza del salotto. Fu anche annunciato che ogni anno il fucile avrebbe fatto fuoco nel giorno del compleanno di Napoleone, così come negli altri due anniversari.
Ora non si parlava più di Napoleone semplicemente come di “Napoleone”. Ci si riferiva a lui in stile formale, con espressioni come “il nostro Capo, il Compagno Napoleone”, e ai maiali piaceva inventare per lui titoli come Padre di Tutti gli Animali, Terrore dell’Umanità, Protettore dell’Ovile, Amico degli Anatroccoli, eccetera. Nei suoi discorsi Squillo, con le lacrime che gli rigavano le guance, parlava della saggezza di Napoleone, della sua bontà d’animo, e del profondo amore che aveva per tutti gli animali di ogni dove, anche e specialmente per i miseri animali che vivevano ancora nell’ignoranza e nella schiavitù in altre fattorie.
Si era presa l’abitudine di dare a Napoleone il merito di ogni impresa compiuta con successo e di ogni caso propizio. Si udiva spesso una gallina dire all’altra: «Sotto la guida del nostro Capo, il Compagno Napoleone, ho deposto cinque uova in sei giorni»; o due mucche, mentre si abbeveravano allo stagno, esclamare: «Grazie all’autorità del Compagno Napoleone, quant’è buona quest’acqua!». Il sentimento generale alla fattoria venne espresso in una poesia intitolata Compagno Napoleone; composta da Minimus, recitava così:
Tu grande amico dell’orfanità,
vera fontana di felicità!
Signore del secchio schiumoso,
quando io vedo il tuo occhio imperioso
oh non sai come mi accendono l’alma
la sua forza il suo ardor la sua calma
quali in ciel son d’un sole raggiante,
Napoleone mio gran comandante!
Alla tua gente tu dai con amore
quello che più le sta dentro al cuore:
due volte al giorno lo stomaco pieno
e rotolarsi in tanto bel fieno.
Ogni animale sia grosso o pusillo
nella sua stalla si dorme tranquillo.
Su ogni cosa tu poni il tuo sguardo
Napoleone mio gran baluardo.
E se un lattonzolo poi mi nascesse,
prima che ancor grandicello si fesse
più d’un boccale o di un mattarello,
stampata già avrebbe nel suo cervello
fedeltà a te fin quando egli viva,
e il primo suo strillo suoni ad evviva
per Napoleone, evviva ed evviva!
Napoleone approvò la poesia, e la fece trascrivere sulla parete del grande granaio opposta ai Sette Comandamenti. Era sormontata da un suo ritratto di profilo, eseguito da Squillo con la vernice bianca.
Nel frattempo, grazie alla mediazione di Whymper, Napoleone era in complesse trattative con Frederick e con Pilkington. La catasta di legno doveva ancora essere venduta. Dei due, Frederick era il più impaziente di impossessarsene, ma non offriva un prezzo ragionevole. Al contempo si rinnovarono le voci per cui Frederick e i suoi uomini stessero progettando di attaccare la Fattoria degli Animali e distruggere il mulino, la cui costruzione aveva suscitato in lui una furiosa gelosia. E si sapeva che Palla di Neve era ancora nascosto nella fattoria Pinchfield.
Nel pieno dell’estate gli animali si allarmarono udendo che tre galline si erano presentate per confessare che, ispirate da Palla di Neve, avevano preso parte a una congiura per uccidere Napoleone. Furono immediatamente giustiziate, e si presero nuove misure per la sicurezza di Napoleone. Di notte quattro cani facevano la guardia al suo letto, uno ad ogni angolo, e un giovane maiale di nome Occhiorosa ricevette l’incarico di assaggiare tutto il suo cibo prima che lo mangiasse lui, a scanso che fosse avvelenato.
Circa nel medesimo periodo risultò che Napoleone si era accordato per vendere la catasta di legno al signor Pilkington; si accingeva anche a entrare in un accordo permanente per lo scambio di certi prodotti fra la Fattoria degli Animali e Foxwood. I rapporti fra Napoleone e Pilkington, sebbene si svolgessero solo per il tramite di Whymper, erano ora quasi amichevoli. Gli animali non si fidavano di Pilkington, in quanto essere umano, ma lo preferivano di gran lunga a Frederick, che temevano e odiavano.
Quando l’estate volgeva al termine, e il mulino si avviava a compimento, le voci di un imminente attacco a tradimento si fecero sempre più forti. Frederick, si diceva, voleva guidare contro di loro venti uomini armati di fucile, e aveva già corrotto i magistrati e la polizia in modo che, una volta impossessatosi dei titoli di proprietà della Fattoria degli Animali, non facessero troppe domande. Perdipiù, fuoriuscivano da Pinchfield storie terribili sulle crudeltà praticate da Frederick sui suoi animali: aveva frustato a morte un cavallo, fatto morir di fame le sue mucche, ucciso un cane gettandolo nella fornace, e la sera si divertiva a far combattere i galli con schegge di lamette fissate ai loro artigli. Il sangue degli animali ribolliva di rabbia all’udire che ai loro compagni venivano fatte queste cose, e a volte chiedevano a gran voce di poter uscire in massa e attaccare la fattoria Pinchfield, cacciarne gli umani e liberare gli animali. Ma Squillo consigliava di evitare azioni avventate e di avere fiducia nella strategia del Compagno Napoleone.
Tuttavia il risentimento contro Frederick rimaneva alto. Una domenica mattina Napoleone apparve nel granaio e spiegò che mai, in nessun momento, aveva pensato di vendere la catasta di legno a Frederick; riteneva al di sotto della sua dignità, disse, avere a che fare con lestofanti di quella risma. Ai piccioni, che venivano ancora inviati a diffondere notizie della Rivoluzione, fu vietato di posarsi su qualsiasi punto di Foxwood; e ricevettero l’ordine di abbandonare il vecchio slogan “Morte all’umanità” per sostituirlo con “Morte a Frederick”.
Sul finire dell’estate fu smascherata un’altra macchinazione di Palla di Neve. Tutto il raccolto era pieno di erbacce, e si appurò che in una delle sue visite notturne Palla di Neve aveva mischiato ai semi di frumento semi di gramigna. Un papero coinvolto nella congiura aveva confessato il suo crimine a Squillo, dopodiché si suicidò immediatamente ingoiando delle bacche velenose di belladonna. Gli animali appresero anche che Palla di Neve non aveva mai ricevuto (come molti di loro avevano creduto fino a quel momento) l’ordine di Eroe Animale di Prima Classe: era solo una leggenda diffusa dallo stesso Palla di Neve poco dopo la Battaglia della Stalla. Anzi: ben lungi dal ricevere una decorazione, era stato biasimato per essersi mostrato un codardo in battaglia. Ancora una volta alcuni animali udirono ciò con un certo smarrimento, ma Squillo riuscì presto a convincerli che la loro memoria aveva preso un abbaglio.
In autunno, grazie a un tremendo ed estenuante sforzo – poiché quasi contemporaneamente bisognava fare il raccolto – il mulino a vento fu terminato. I macchinari dovevano ancora essere installati, e Whymper ne stava trattando l’acquisto, ma la struttura era completata. A dispetto di ogni difficoltà, dell’inesperienza, degli strumenti rudimentali, della cattiva sorte e del tradimento di Palla di Neve, l’opera era stata compiuta puntualmente nel giorno stabilito. Stremati ma orgogliosi, gli animali camminavano tutt’intorno al loro capolavoro, che ai loro occhi sembrava ancora più bello di quando era stato edificato la prima volta. Perdipiù, i muri erano spessi il doppio di prima. Questa volta nulla, fuorché l’esplosivo, li avrebbe abbattuti! E quando pensarono a come avevano lavorato, a quanti scoramenti avevano superato, e all’enorme differenza che ci sarebbe stata nella loro vita quando le pale si fossero messe a girare e le dinamo a funzionare – quando pensarono a tutto questo la stanchezza li abbandonò e si misero a saltare tutt’attorno al mulino lanciando grida di trionfo. Seguito dai suoi cani e dal suo galletto, Napoleone venne a osservare l’opera compiuta; si congratulò personalmente con gli animali per la loro impresa, e annunciò che il mulino si sarebbe chiamato Mulino Napoleone.
Due giorni dopo gli animali furono convocati per un’assemblea straordinaria nel granaio. Rimasero senza parole dallo stupore quando Napoleone annunciò che aveva venduto la catasta di legno a Frederick: il giorno dopo sarebbero arrivati i suoi carri e avrebbero incominciato il trasporto. Durante tutto il periodo della sua apparente amicizia con Pilkington, Napoleone aveva in realtà condotto trattative segrete con Frederick. Ogni rapporto con Foxwood era stato interrotto, e si erano mandati a Pilkington dei messaggi offensivi. Ai piccioni era stato detto di evitare la fattoria Pinchfield e di cambiare il loro slogan da “Morte a Frederick” in “Morte a Pilkington”.
Allo stesso tempo Napoleone assicurò gli animali che le storie di un imminente attacco alla loro fattoria erano del tutto prive di fondamento, e che i racconti sulla crudeltà di Frederick verso i propri animali erano stati di molto ingigantiti. Probabilmente tutte quelle voci erano state diffuse da Palla di Neve e dai suoi agenti. Era ora evidente che Palla di Neve, dopo tutto, non era nascosto alla fattoria Pinchfield, anzi che di fatto non ci era mai stato in vita sua: da diversi anni viveva invece – in un notevole lusso, si diceva – a Foxwood, ospite di Pilkington.
I maiali erano entusiasti dell’astuzia di Napoleone: simulando amicizia con Pilkington aveva costretto Frederick ad alzare la sua offerta di dodici sterline! Ma la qualità superiore della mente di Napoleone, diceva Squillo, era dimostrata dal fatto che non si fidasse di nessuno, nemmeno di Frederick. Questi aveva preteso di pagare il legname con una cosa chiamata assegno, che sembrava essere un pezzo di carta con una promessa di pagamento scritta sopra. Ma Napoleone era troppo intelligente per lui: aveva preteso un pagamento in vere banconote da cinque sterline, da consegnarsi prima che il legno fosse spostato. Frederick aveva già pagato; e la somma versata era appunto sufficiente ad acquistare i macchinari per il mulino. Intanto il legname venne portato via di gran carriera. Terminata l’operazione, ci fu una speciale assemblea nel granaio in modo che gli animali potessero vedere le banconote di Frederick con i propri occhi.
Con un sorriso beato, ed esibendo entrambe le sue onorificenze, Napoleone se ne stava sopra una lettiera di paglia sulla piattaforma, con il denaro al suo fianco, accuratamente posato su un piatto di porcellana proveniente dalla cucina della casa colonica. Gli animali sfilarono lentamente, e ognuno poté osservare a suo agio. Gondrano protese il naso per annusare le banconote, e quelle cose bianche e fragili ondeggiarono e frusciarono sotto il suo fiato.
Tre giorni dopo ci fu un tremendo strepito. Whymper, mortalmente pallido in volto, venne su per il sentiero correndo sulla sua bicicletta, la gettò a terra nell’aia e si precipitò alla casa colonica. Un attimo dopo, dall’appartamento di Napoleone, risuonò un ruggito soffocato. La notizia di cos’era successo si sparse per la fattoria come un incendio: le banconote erano false! Frederick si era preso il legno senza pagare!
Subito Napoleone radunò gli animali, e con una voce spaventosa pronunciò la sentenza di morte per Frederick. Una volta catturato, disse, Frederick doveva essere bollito vivo. Allo stesso tempo garantì che dopo quell’azione sleale ci si doveva attendere il peggio, perché Frederick e i suoi uomini potevano effettuare in qualsiasi momenti l’attacco atteso da tempo. A tutti gli accessi alla fattoria vennero piazzate delle sentinelle. In aggiunta, vennero inviati quattro piccioni a Foxwood con un messaggio conciliante, che si sperava potesse ristabilire buoni rapporti con Pilkington.
Proprio il mattino seguente ci fu l’attacco. Gli animali stavano facendo colazione quando arrivarono di corsa le vedette riferendo che Frederick e i suoi seguaci avevano già varcato il cancello. Con non poco coraggio gli animali si slanciarono in avanti per affrontarli, ma questa volta non riportarono una vittoria così facile come quella della Battaglia della Stalla. C’erano quindici uomini, con una mezza dozzina di fucili fra tutti, e appena furono a una distanza di cinquanta iarde aprirono il fuoco. Gli animali non poterono far fronte alle terribili esplosioni e ai pallini brucianti, e nonostante gli sforzi di Napoleone e di Gondrano per mantenere le fila furono presto respinti. Molti di loro erano già feriti. Si rifugiarono nei fabbricati della fattoria e sbirciarono prudentemente dalle fessure e dagli spiragli nel legno.
Tutto il grande pascolo, compreso il mulino, era nelle mani del nemico. Per il momento nemmeno Napoleone sembrava saper cosa fare: camminava su e giù senza parlare, con la coda rigida che si muoveva a scatti. Sguardi di desiderio furono indirizzati alla volta di Foxwood: se Pilkington e i suoi uomini fossero venuti ad aiutarli, la battaglia poteva ancora essere vinta. Ma proprio in quel momento i quattro piccioni inviati il giorno prima fecero ritorno: uno di loro portava un pezzo di carta da parte di Pilkington; sopra c’erano scritte le parole “Ben vi sta!”.
Nel frattempo Frederick e i suoi uomini si erano fermati attorno al mulino. Gli animali li osservavano, e un mormorio di costernazione corse fra di loro. Due uomini avevano tirato fuori un palanchino e una mazza: si accingevano ad abbattere il mulino a vento.
«Impossibile!» esclamò Napoleone. «Abbiamo costruito muri troppo spessi perché ci ries...

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