L'agente del caos
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L'agente del caos

Giancarlo De Cataldo

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L'agente del caos

Giancarlo De Cataldo

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Dopo la pubblicazione di un breve romanzo ispirato alla vita di Jay Dark, agente provocatore americano la cui missione era inondare di droga i movimenti rivoluzionari degli anni Sessanta-Settanta allo scopo di annullarne lo slancio, uno scrittore romano viene contattato da un avvocato californiano, un certo Flint, che ha letto il libro ed è perplesso. La vera storia di Jay Dark è molto diversa, lui può raccontarla: lui c'era. Come in un classico di Conrad, la narrazione di Flint spalanca all'improvviso uno scenario internazionale stupefacente. Un'autentica camera delle meraviglie che attraversa trent'anni della storia occidentale, tra servizi deviati, ex nazisti, trafficanti, terroristi, poliziotti onesti e poliziotti corrotti, sesso, ideali e concerti rock. Originalissimo, avvincente, ricco di personaggi sopra le righe, L'agente del caos è un libro dove realtà e finzione si intrecciano senza sosta, dando per la prima volta voce, senza alcun moralismo e senza ipocrisia, all'autocoscienza segreta e dionisiaca di un'intera generazione.

- Il suo racconto è privo.

- Ne ho sentite anche di peggio, mi creda.
- Privo perché manca l'elemento essenziale, - riprese, imperterrito, Flint.
- E quale sarebbe questo elemento essenziale? - lo interrogai, sarcastico. Cominciavo a perdere la pazienza. Flint assunse un'aria ispirata.
- Il caos. Manca il caos.
- Io mi sono attenuto alle fonti, - protestai.
- Le fonti! Non deve credere a tutte le notizie che si spacciano ogni giorno. Meglio affidarsi a testimoni piú attendibili, quando si ha la fortuna di incontrarli.
- Sta parlando di lei, per caso?
- Sí.
- E perché dovrei crederle?
Flint allargò le braccia.
- Io c'ero.

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Information

Publisher
EINAUDI
Year
2018
ISBN
9788858428320

Comunione totale

1.

Wholly Communion fu una serata eccezionale. Una pietra miliare nella costruzione della carriera di Jay Dark.
La chiamata alle armi era stata spontanea. Quei ragazzi non aspettavano altro che di abbeverarsi alla fonte dei loro poeti. Volevano immergersi in quel torrente di parole perché si riconoscevano in una lingua comune. E quella lingua era nata di là e oltre le intenzioni di chiunque. Era lo spirito del tempo. Era Dioniso che scendeva fra i mortali e faceva scoccare la scintilla da cui nasceva l’incendio. E Dioniso, pensò Jay Dark, altro non era che il caos di Kirk.
Jay Dark distribuiva acidi. Brandon aveva garantito per lui. I ragazzi facevano la fila per una dose.
E Jay Dark si godeva lo spettacolo.
Ginsberg, ubriaco perso, cantò un mantra, accompagnandosi con le bacchette. Il povero Fainlight, la lingua impastata dall’anfetamina, fu accompagnato giú dal palco da un premuroso Trocchi: mentre cercava di leggere, Vinkenoog, piú fatto di lui, l’aveva interrotto urlando «Love love». Piú tardi, Jay Dark rivide Vinkenoog: stava spiegando a una ragazza, una bionda in estasi con sigaretta fra le dita, che quando sentiva di essere in punto di morte si rifugiava in un cinema e si faceva una sega. La star della serata fu Adrian Mitchell, un inglese alto ed elegante, in completo bianco coloniale e cravatta. Lesse una poesia contro la guerra del Vietnam che sarebbe diventata famosa (e che non avrebbe mancato di aggiornare, nella sua lunga vita, sostituendo alla parola Vietnam quella del Paese periferico di volta in volta oggetto dell’aggressione imperialista di turno): «Cosí foderatemi le orecchie di burro | riempitemi gli occhi d’argento | imprigionate le mie gambe nel gesso | ditemi bugie sul Vietnam»1. O sull’Iraq, sull’Afghanistan, e via dicendo. Alexander Trocchi, alto, dinoccolato, due bellissimi occhi ardenti, voce profonda e impostata, faceva da maestro di cerimonia. Lui e Jay Dark diventarono amici. Fu grazie a Trocchi che Jay riuscí a entrare in contatto, un paio d’anni dopo, con Debord e i situazionisti parigini. Trocchi piaceva a Jay. Era mezzo scozzese e mezzo italiano, discendente di cardinali della Santa Romana Chiesa. Si era consegnato mani e piedi alla droga da anni, un pioniere. Si raccontavano sue imprese leggendarie, tipo spararsi una dose in vena sdraiato sul Lincoln Memorial. Quasi certamente era una balla, originata da una poesia di Leonard Cohen, Alexander Trocchi, tossico conclamato, priez pour nous. Non fosse stato per la vena autodistruttiva che sempre piú spesso lo paralizzava, Trocchi avrebbe meritato il Nobel. Era un ragazzo con una sua dolcezza disperata, ricco di amore e di follia, qualità che Jay, in fondo, gli invidiava. Trocchi regalò a Jay una poesia autografa:
£SD
(AMORE, SESSO, MORTE,
STERLINE, SCELLINI, PENCE,
ACIDO LISERGICO)
Luccicano foglie di ferro,
quando irrompe il vento,
rosso marciume nella pioggia
la mia morte è piombo,
spaccato da una lenta,
tagliente di radio pinna di squalo.
Nel mio morbido tronco d’albero
sanguina perla,
si spande la traccia
di piscio, non famelico,
frenetico topo di campagna.
Una fine al blu e al verde
e melodia;
non piú delizia
nell’antro oscuro
della tua notte femminina.
Esile si spande
il povero limo dei miei anni…
dopo che sarò morto «Margarina»
diranno
«che scambiava per burro».
Una fine al sole,
luna, cielo,
non piú giovane donna mentirà
nel suo top bollente
sulla gravidanza.
… giovani streghe,
vecchie zoccole,
argentata resilienza
di cosce luminose
calde, roche grida,
occhi di mascara,
tutti i modi di essere fatto,
atrocemente artificiali.
Poche virtú,
logora attribuzione…
indizi: tristezza
rimorchiare
debiti insoluti;
Platone scaricato
come una patata bollente;
non poteva funzionare:
hashish turco…
C’era una porta fra
sé e sé stesso.
Fuori, come il sacco da pugni
dopo il colpo,
il limite teso,
piedi sprofondati nel cemento,
viaggiò oltre sé stesso,
un cardine serrato;
sé stesso qualcosa che non poteva tenere sotto controllo.
Trocchi era una persona intelligente. Aveva colto il punto. Il fatto che Jay fosse sempre perfettamente capace di tenere tutto sotto controllo e invidiasse quelli come lui: il «qualcosa che non si poteva tenere sotto controllo».
Va detto, peraltro, che la poesia interessava Jay Dark sino a un certo punto. Il fatto è che quella sera, e precisamente dopo circa quaranta minuti dall’inizio delle performance, prese ufficialmente l’avvio la sua carriera di spacciatore di droga. Cominciò tutto con un paio di ragazzi di Liverpool, in trasferta a Londra. Un lui e una lei, giovanissimi e imbarazzatissimi.
– Sei tu quello che ha la roba? L’Americano?
– Certo, ragazzi.
– E… quanto la metti? Una dose, dico?
– Che vuoi dire?
– Questi bastano?
Jay rimase e non rimase sorpreso. Sapeva benissimo, lo sapeva sin da prima di diventare Jay Dark, che la droga era (è, e sempre sarà) una merce come tutte le altre. Qualcuno dispone di qualcosa che altri desiderano, e per soddisfare quel desiderio sono pronti a pagare. Una normale compravendita. Solo che non si era mai immaginato nella parte del venditore. Osservò le banconote, perfettamente ordinate, che i ragazzi gli porgevano. Non era ancora abbastanza pratico della moneta inglese, ma a occhio e croce, valutò, dovevano essere una ventina di sterline. Non aveva la piú pallida idea di quanto potesse valere, sul mercato, una dose di Lsd. Ma sapeva, per averlo appreso da Brandon, che in giro si trovava solo robaccia scadente. Il vero problema era un altro. Sino a quel momento Jay aveva dapprima consumato la roba di Mickey l’Irlandese, e poi, sempre seguendo le istruzioni di Kirk, aveva cominciato a distribuirla. Ma non ne aveva ricavato mai un utile personale. Mk-ultra non era una branca della Mafia s.p.a., non era un clan di spacciatori. Jay sapeva che avrebbe quanto meno dovuto consultarsi con Kirk. Ma Kirk era lontano. I ragazzi erano lí, a due passi da lui, e stavano perdendo la pazienza. La voce dell’istinto, la voce della strada, gli diceva: ma sí, fallo, abbandona gli scrupoli, fallo, e stiamo a vedere che succede. E c’era dell’altro. Tutti erano cosí felici, cosí appagati nel loro sballo. E lui restava l’eterno escluso. Beh, se non poteva condividere, se la comunione totale non era cosa per lui, almeno avrebbe raggranellato un po’ di quattrini. Le cose in America erano incerte, Kirk esortava alla prudenza. Ma Kirk era lontano. La droga diventava una carta da giocare nell’esclusivo interesse di Jay Dark. Cosí, si può dire meccanicamente, e di certo senza rendersi conto delle implicazioni che quel passo comportava, intascò le banconote e passò loro due dosi. I ragazzi ringraziarono con un cenno del capo e si allontanarono. Ma evidentemente, parlarono con qualcuno, e questo qualcuno parlò con qualcun altro, e mentre il tedesco Ernst Jandl dissezionava un suo poemetto, trascinando la folla in una sorta di jam-session orgiastica, davanti a Jay si era già formata una fila di acquirenti.
A fine serata, quando si ritrovarono nel loft che i ricchi genitori divorziati avevano attrezzato per Brandon nella zona di Camden Town, nelle sue tasche ballavano cinquecento sterline.
I primi soldi guadagnati dai tempi dei furti a Manhattan.
Una buona base di partenza.
1. I versi sono una traduzione della poesia di Adrian Mitchell To Whom It May Concern (Tell Me Lies About Vietnam).

2.

Nei sei mesi che seguirono Wholly Communion, grazie allo spaccio, Jay aveva accumulato abbastanza da potersi permettere un appartamentino di tre stanze nel quartiere popolare di Hackney: una zona calda, ma lui si era guadagnato un certo rispetto allungando qualche dose ai capetti della mafia giamaicana che controllava i commerci della strada. La mostra di Brandon aveva avuto un grande successo. L’inglesino della Cornovaglia si avviava a diventare l’artista del momento. La droga, che assumeva regolarmente, faceva esplodere la sua creatività. Vendeva disegni, quadri, sculture, che produceva a un ritmo impressionante, e cominciava a pensare a un edificio, una sorta di tempio da edificare secondo i principî della controcultura.
– Ti costerà uno sproposito, amico mio.
– Troverò i finanziamenti, ne sono certo!
La sua casa era frequentata dalla crema dei musicisti e dei poeti. Si organizzava una festa dopo l’altra, e l’immancabile finale a base di sesso consegnava puntualmente Jay Dark a un indomani gaio, colorato e, sí, osava persino dirlo, felice. Jay stava con due ragazze, May e Flo. Le quali stavano fra di loro. Avevano lunghi capelli, unghie laccate, e il triangolo amoroso funzionava a perfezione, senza né gelosia né senso di esasperato possesso. I rumori dell’America erano un’eco lontana. A Londra si creava, si inventava, si faceva musica, e si progettava una rivoluzione per la quale erano tutti perfettamente consapevoli che nessuno di loro avrebbe versato una sola goccia di sangue. Erano ribaldi, benestanti, qualcuno decisamente ricco. Propugnavano una sovversione teorica e tutto sommato innocua. Jay era considerato uno dei loro. La sua abilità nel farsi benvolere, persino amare, aveva toccato vette di altissima raffinatezza. La roba che dispensava ne faceva il motore primo degli eventi mondani.
Quando le scorte cominciarono ad assottigliarsi, chiese aiuto a Brandon, e lui gli presentò Jerry Brown, un giovane chimico. Jerry conosceva il ciclo di produzione dell’Lsd e garantí a Jay che, con il poco sale tartrato che gli aveva fornito, sarebbe stato in grado di produrre, in breve tempo, una buona quantità di roba eccellente. Ma Jerry Brown non era un semplice chimico. Jerry Brown era un genio della chimica. Molto, molto piú avanti di chiunque nella ricerca.
– Sto lavorando a una nuova sostanza. Se riuscirò a risolvere l’ultima equazione, e, ti giuro, Jay, sono a un passo dalla soluzione… avremo qualcosa di sbalorditivo. Una droga perfetta. Il veicolo finale per l’allargamento dell’area della coscienza. Dio non avrà piú segreti per noi. Noi saremo Dio!
Kirk, intanto, continuava a esortare alla calma: si stava adoperando per rimettere le cose a posto, e presto, sperava, avrebbe avuto buone notizie. E poi concludeva ogni conversazione con brevi cenni sull’ordinata vita dello Schloss: Lotte invecchiava, ma Fidelio era in età fertile, ed era incinta. Presto Lotte avrebbe avuto una nipotina, o un nipotino. Kirk e...

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