Troppo freddo per Settembre
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Troppo freddo per Settembre

Maurizio de Giovanni

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Troppo freddo per Settembre

Maurizio de Giovanni

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Cacciarsi nei guai, poi, quando tutto sembra perduto, risolvere la situazione con un colpo di genio e una buona dose di follia: non fa altro Gelsomina Settembre, detta Mina, tanto coscienziosa quanto incantevole - e suo malgrado provocante - assistente sociale presso il Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest (per inciso, del Consultorio Est non c'è traccia). Sempre per una buona causa, però, per correre in aiuto di chi è stato meno fortunato di lei, cresciuta fra gli agi dell'alta borghesia, senza problemi a parte una madre e un fisico «ingombranti». Poco importa se, come accade in questo freddo gennaio, ciò significa mettersi contro una famiglia dal nome pesante, di quelle che nei vicoli della città vecchia decidono ogni cosa. Mina non si tira indietro, anzi, trascina con sé - in una missione di soccorso che corre parallela alle indagini della magistratura, condotte da una sua vecchia conoscenza - le amiche piú care. E due uomini resi temerari solo dall'adorazione che hanno per lei.

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Information

Publisher
EINAUDI
Year
2020
ISBN
9788858434451

XLIV.

Uno scooter nero, a bordo una coppia vestita di scuro con tanto di casco integrale, precedeva le automobili. Giunti sul luogo, gli scooteristi si piazzarono fuori, ai lati della porta.
Dalla prima auto scesero tre uomini. Presero posto a un tavolino all’interno, a poca distanza da quello al quale erano sedute due donne. Non c’erano altri avventori. Il mare sembrava una distesa di cristallo, mentre accoglieva i raggi del sole al tramonto.
Era uno di quei bar-ristorante presi d’assalto d’estate dai pendolari della spiaggia. Ora, col freddo che faceva, era invece deserto, ma abbastanza di passaggio da garantire una relativa sicurezza in caso di escandescenze.
Dalla seconda auto uscirono due figure circospette. Un omone di una certa età, dal colorito rosso e dai capelli candidi; e uno piú giovane e magro, con un cappotto troppo largo dal quale si intravedeva la cravatta e spesse lenti da vista che tendevano ad appannarsi. Ricevuto un cenno di assenso dagli scooteristi di guardia, entrarono e si accomodarono al tavolo delle donne.
Il giovane salutò sbrigativo.
– Non credo sia il caso di mettersi a fare presentazioni, l’importante è che ci conosciamo noi due, collega. Sei d’accordo?
Greta estrasse dall’immancabile borsa in pelle una busta a sacco bianca.
– Sono d’accordo. La mia cliente, qui, pensa di aver chiarito con la corrispondenza degli ultimi due giorni l’incresciosa situazione. E desidera sapere che cosa proponete.
Il viso dell’uomo dai capelli candidi era attraversato da una vistosa cicatrice violacea sul lato sinistro, ma non era quella la cosa piú impressionante. Erano gli occhi a incutere timore: lanciavano lampi di assoluta ferocia.
L’avvocato tossicchiò.
– Collega, il mio cliente non è abituato a cedere a ricatti di nessun tipo. Vuole sapere piuttosto come siete entrati in possesso di… del materiale, e che cosa avete intenzione di farne. Come puoi immaginare, la faccenda deve essere risolta presto. In un modo o nell’altro.
Greta rispose al giovane ma fissava il vecchio.
– Prima di tutto, e per quanto ovvio, spero che tu, collega, abbia spiegato al tuo cliente chi sono io e da quanto tempo faccio, credo abbastanza bene, questo mestiere. Ho difeso in piú processi anche persone legate alla sua famiglia, e con successo. È importante per non perdere tempo in schermaglie, minacce, tentativi di accordi e cosí via. Quando ti ho inviato il materiale chiedendoti questo incontro, non ho affatto detto che si trattava di una vendita o roba del genere. Sarei stata esplicita, nel caso.
L’avvocato restò impassibile, ma le orecchie gli si colorirono.
– Ah. Allora avevo capito male, ti chiedo scusa. Ma sai, non dirmi chi rappresenti lasciava un po’ il dubbio. Se volessi ragguagliarci…
Greta indicò la quarantenne tarchiata seduta al proprio fianco. Enormi occhiali neri le coprivano metà del volto lasciando scoperte la mandibola volitiva e le labbra strette a filo. Portava un cappello in feltro con la tesa, quasi maschile, e i capelli scuri raccolti in una coda. Se ne stava a gambe accavallate e braccia conserte, e non aveva mai cambiato posizione.
– La mia cliente non desidera dire a quale famiglia appartiene. La persona che c’è qui, – picchiettò sulla busta con l’unghia curatissima, – anzi, a essere precisi una delle persone che ci sono qui, appartiene a lei.
– Apparteneva, – disse la donna.
La singola parola, pronunciata con un lugubre accento flegreo, rimbombò nel locale e fece tremare la lastra di una finestra. I guardaspalle che sedevano vicino alla porta trasalirono.
L’uomo dai capelli candidi la fissò, inquieto: era abituato a riconoscere subito l’attitudine al comando, e quella era di sicuro una donna abituata a dare ordini e ricevere rispetto. L’inflessione peraltro qualificava un territorio nel quale non aveva molti amici, governato da clan forti e spietati.
Il giovane avvocato, che aveva incassato la testa nelle spalle come una testuggine, riemerse dal bavero del cappotto.
– E tuttavia, collega, capisci bene che si tratta di cosa assai delicata, per via… per via dell’altro soggetto. Quindi, dobbiamo essere sicuri che…
Greta si inserí, cordiale.
– La natura del problema, credimi, è nota alla mia cliente. E la discrezione è di primaria importanza anche per noi. Per questo abbiamo voluto l’incontro, e ci dispiace se il tuo cliente si è dovuto scomodare di persona. Abbiamo considerazione del suo tempo.
Il vecchio si voltò verso i guardaspalle e schioccò le dita, indicando la porta col mento. I tre si alzarono e si aggregarono agli scooteristi all’esterno. Poi il vecchio parlò, con pacatezza ma risultando comunque minaccioso.
– Avvoca’, vediamo questo materiale. Ho visto soltanto quell’immagine che avete mandato sul telefonino all’avvocato mio, e siete troppo in gamba per non sapere che devo controllare tutto. Tutto.
Greta non ne fu impressionata.
– Certo, don Pasquale. Ma dev’essere chiaro, e a questo punto spero lo sia, che non siamo qui per ricattare nessuno.
Aprí la busta e tirò fuori la stampa cartacea di sei fotografie. Le immagini erano nitide: una donna su un letto, a gambe spalancate, e un uomo in diverse inequivocabili posizioni, come inequivocabili erano le espressioni di lei. Parevano scattate da un punto defilato, come dall’esterno della stanza, ma sufficientemente vicino.
Il viso dell’uomo non compariva mai. Se ne vedevano le spalle, le gambe e le mani, si intuiva un fisico longilineo, atletico, la chioma castana. Della donna, invece, il volto era fin troppo evidente, tanto da strappare all’anziano un gemito sordo.
Greta fu impietosa.
– Riconosce i mobili, i quadri, gli oggetti, vero, don Pasquale?
L’uomo annuí. La cicatrice era diventata ancora piú viola. Il giovane avvocato aveva distolto lo sguardo e fissava il mare, come se solo posare gli occhi su quegli scatti potesse renderlo cadavere. E magari, pensò Greta, era proprio cosí.
Il vecchio ripose le stampe nella busta. La mano gli tremava leggermente. Poi si rivolse a Greta.
– Che volete, avvoca’?
Greta fece per rispondere, ma l’altra l’anticipò.
– Non lei. Io. Che voglio io. Perché quello che è successo scotta a me. Non a lei. A me.
La voce tonante, la rabbia che vibrava, l’accento che riempiva di dittonghi persino le parole che ne erano prive fecero di nuovo sussultare tutti.
– E allora spiegatevi, signo’. Cosí fate capire pure a me.
La donna fece cenno a Greta di intervenire.
– Dunque, don Pasquale, la situazione è molto semplice. C’è stata questa relazione, non sappiamo di quanti incontri, fra il compagno della mia cliente e sua figlia. L’incontro documentato in queste fotografie, scattate da un… un addetto della mia cliente, è avvenuto a casa di lei, e credo si riconosca l’ambiente come mi ha confermato.
– Andate avanti, avvoca’.
– Sua figlia, come sappiamo bene, è sposata. È stata sola per molto tempo a causa della… vacanza del marito, per cui una debolezza è consentita. La mia cliente crede sia stato il suo compagno a corteggiarla e irretirla, pare sia un suo modus agendi, per dire cosí. Quindi non se la sente di dare giudizi morali su di lei, e se possibile vorrebbe che nemmeno lei…
Il vecchio mosse una mano a taglio, nell’aria.
– Queste sono cose mie, avvoca’. Andate avanti.
– Certo. Mi scusi. La cosa va comunque sistemata, e con la massima discrezione. Nessuno, in nessun caso, deve sapere niente.
– Nessuno, – tuonò l’altra donna, e perfino don Pasquale sobbalzò per la sorpresa.
Il giovane avvocato si intromise, come per giustificare la sua presenza.
– Quindi, per avere queste immagini, voi chiedete…
La donna tarchiata esplose in una risata macabra che fece venire la pelle d’oca ai presenti. Greta la guardò accigliata, e quella smise.
– Non mi sono spiegata, collega. La mia cliente ha una situazione economica piú solida di quella di tutti noi messi insieme, incluso don Pasquale. La sua famiglia governa… lasciamo perdere. Non sono certo i soldi a interessarle.
– Proprio non mi interessano, – soggiunse l’altra in puteolano stretto.
Don Pasquale provo a capirne di piú.
– Allora quali sarebbero i termini dell’accordo, avvoca’?
– La mia cliente vorrebbe che la signora, il marito e il figlio, si allontanassero dalla città. Meglio se dalla regione. Meglio se dal Meridione. Ci risulta che il marito, suo genero, non sappia nulla e nulla deve sapere, la mia cliente ci tiene a non rovinare una famiglia, conoscendo quanto il compagno sia stato scorretto e fedifrago. Ma la presenza su piazza della signora la metterebbe in difficoltà. Siamo convinte che lei, don Pasquale, capisca. Suo genero si è laureato, a quanto sappiamo: perché non lo fa andare al Nord, dove ha studiato? Potrebbe esercitare la professione, sarebbe ignaro di ogni cosa e saremmo tutti piú contenti.
– E se non lo faccio? Se lascio tutto come sta, faccio una faccia di paccheri a mia figlia e li tengo qua?
– In quel caso, don Pasquale, non ci potremmo assumere responsabilità sul fatto che Rosario Contini possa prima o poi venire in possesso di queste immagini i cui originali sono depositati fra cassette di sicurezza e archivi notarili. È un rischio che non correrei. Cosí le consiglierei, fossi il suo avvocato. Ma non lo sono. Non in questa circostanza, almeno.
Sentendosi chiamato in causa, il giovane avvocato bofonchiò:
– Be’, certo è un pericolo. La collega non ha torto.
Don Pasquale domandò:
– E come si fa con… col signore che sta in queste fotografie? Pure lui è un rischio.
Greta non fece in tempo a rispondere. La donna tarchiata si produsse in un sorriso agghiacciante, che scoprí denti bianchi e forti simili a quelli di una belva feroce.
– Guardate quant’è bello il mare, don Pasqua’. Azzurro, grande, freddo. E accogliente. Se lo volete, andatevelo a cercare.
Il vecchio le restituí un ghigno sghembo.
– Va bene. Avete la mia parola. Entro tre giorni risolviamo la situazione, a patto che l’onore del mio nome non venga sporcato e che soprattutto mio genero, che è astuto come una volpe e determinato come una tigre, non sappia mai niente –. Si alzò e si rivolse alla donna tarchiata, ammirato. – Complimenti, signo’. Siete meravigliosa, mi dispiace di non essere piú tanto giovane: femmine cosí non ne nascono piú. Il vostro defunto compagno doveva essere un deficiente.
Uscirono, dando il via a una coreografia di guardaspalle che salivano sui veicoli. Macchine e scooter si allontanarono sgommando. Greta si voltò verso la donna tarchiata e proruppe con aria di rimprovero:
– Il mare azzurro, grande, freddo e accogliente? Andatevelo a cercare?
Delfina Fontana Solimena dei baroni Brancaccio di Francofonte tolse occhiali e cappello e urlò, preoccupata:
– Dici che mi sono fatta prendere la mano?

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