Via del Riscatto
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Via del Riscatto

Imma Tataranni e le incognite del futuro

Mariolina Venezia

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Via del Riscatto

Imma Tataranni e le incognite del futuro

Mariolina Venezia

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Ma cos'ha di eccezionale Imma Tataranni, croce e delizia della Procura di Matera? Semplice! È una donna normale. Questa volta, a far ticchettare il suo tacco dodici sono una femme fatale dal profumo conturbante, due fratelli coltelli e una simpatica vecchia canaglia. Tra le mura di palazzo Sinagra giace il cadavere di un agente immobiliare, Antonello Ribba. Chi l'ha ucciso? Difficile essere sicuri di qualcosa, in un luogo popolato di antichi fantasmi come i Sassi di Matera. Tutto sembra inafferrabile, da quelle parti perfino la speculazione edilizia assume contorni quasi kafkiani. Quel che è certo è che ci sono in ballo sentimenti estremi, nei quali la nostra Piemme si identifica pericolosamente. Ma se il suo tribunale interno la dichiara colpevole, e lei si sente per un attimo un'Anna Karenina in salsa materana... non ha nessuna intenzione di gettarsi sotto un treno! In un palazzo disabitato dalle parti di via del Riscatto, nell'inquietante stanza rossa decorata con i vizi capitali, viene trovato il cadavere di un agente immobiliare. L'indagine questa volta si snoda proprio nel cuore dei Sassi, fra antichi monasteri, madonne bizantine, grotte e mura seicentesche. Al quarto appuntamento, Imma Tataranni è piú insofferente e peggio vestita che mai. Con lei ritroviamo la colorata tribú che sempre l'accompagna. La suocera, che giocherà un ruolo nell'indagine, sperando di conquistare terreno nella Matera bene. La cognata, che sente i fantasmi. E il marito Pietro, che ha tanta pazienza, ma prima o poi la potrebbe perdere. Come in una partita a poker, la Piemme materana in tacco dodici dovrà capire, fra i tanti sospettati, chi è che bluffa. Ma anche tenere a bada il bel maresciallo Calogiuri, che sentendosi trattato come un toy boy le fa imbarazzanti scenate di gelosia. Per non parlare di sua figlia Valentina, che abbraccia ideologie estreme, e potrebbe mettere nei guai anche lei. In una Matera sospesa fra riscatto e speculazione edilizia, c'è chi si abbandona all'autocelebrazione, e chi sviluppa per la stessa un'antipatia tale da poter indurre all'omicidio...

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Information

Publisher
EINAUDI
Year
2019
ISBN
9788858432211

Capitolo ventesimo

Al Re.Ge., dove la Tataranni si affacciò di lí a poco, Maria Moliterni stava tutta presa dietro al computer, dal quale fece capolino appena sentí il ticchettío dei tacchi, per quanto Imma si stesse sforzando di assumere l’andatura felpata di quelle pantere che puntano le gazzelle nei documentari. Ciò nonostante, ci metteva la mano sul fuoco, la signora fece in tempo a cambiare schermata.
“Dottoressa, vi vedo spesso da queste parti ultimamente”, la interpellò sorniona, mentre con gli occhi valutava i capi di abbigliamento che indossava il Sostituto Procuratore: maglioncino azzurro e nero con decorazioni di strass comprato sulle bancarelle, euro due. Pantacollant rossi attillati di quando faceva ancora l’università, non pervenuto. Stivaletti a tronchetto marroni con tacco alto quadrato e il davanti con inserto di vacchetta sormontato da fibbia dorata… beh, per quelli avrebbero dovuto pagarla loro.
“A che dobbiamo l’onore? Mi devo preoccupare?”, lanciò la signora.
“Lo sapete voi. Disturbo? Che stavate facendo?”
“Archiviazione. Serviva qualcosa?”
“Se non vi dispiace. Il maresciallo Calogiuri l’altro giorno mi ha mostrato un fascicolo inerente una società chiamata Multiprojet. Volevo sapere se nel tempo ne sono stati aperti altri. Sempre che non si siano persi, naturalmente”.
“Speriamo di no. Sapete dirmi qualcosa in piú?”
“Cerco una notizia di reato legata alla speculazione immobiliare. Risale a sei sette mesi fa”.
“Ora vediamo, se avete pazienza di aspettare un attimo”.
La signora si accinse con indolenza al compito, e mentre consultava il registro informatico le diede da parlare.
“Ho saputo che siete passata da Anna Cecere. Dice che avete comprato anche un foulard. Non sarà per voi, immagino. Non è il vostro stile, non per altro”.
Imma non rispose. La signora non se ne diede pena.
“Antonello Ribba lo conoscevo anch’io, comunque. Anzi, in un certo ambiente lo conoscevamo tutti. Ho sentito al telegiornale che hanno trovato il bossolo della pallottola con la quale è stato ucciso. Volete sapere cosa ne penso?”
La dottoressa attrezzò la faccia a cortina di ferro. Darle soddisfazione, neanche morta. Ma la signora non la vide, o se ne fregò altamente.
“Quand’erano ragazzi, – proseguí, – con Guido Sinagra erano inseparabili…” Si toccò il naso, significativamente.
“Voi che ne sapete?”
“Certe cose si sanno. Antonello ha continuato, secondo me. Era la sua carta da visita, gli apriva molte porte”.
“Se siete a conoscenza di qualcosa di specifico la legge impone di venire a deporre”.
“Per carità. Sto riferendo faccende note a tutti”.
Imma non volle darle troppa corda.
“Insomma, con Guido Sinagra erano pappa e ciccia”, disse solo.
“Per un periodo”, ribadí la Moliterni.
Imma non commentò. Si limitò a prendere il fascicolo che nel frattempo, miracolosamente, la signora era riuscita a rintracciare in archivio e se ne stava andando, dopo un minimale cenno con la testa, che voleva significare piú che altro: oh, è andata di culo oggi! Era già di spalle che la Moliterni aggiunse qualcosa.
“Comunque ho sentito Anna Cecere, prima. Dice che ha novità per voi, se volete passare”.
Imma si fermò di colpo.
“Non è permesso utilizzare il telefono per motivi personali durante le ore di ufficio, – puntualizzò senza voltarsi. – Ve lo ricordo per evitarvi spiacevoli inconvenienti”.
“Grazie del pensiero, dottoressa. Con tutto quello che avete da fare non vi dimenticate mai di nessuno. Vi dovremo ricambiare, prima o poi”.
“Non c’è di che, piacere mio”.
Imma si avviò nel corridoio scorrendo i documenti con gli occhi, tanto che oltrepassò Calogiuri senza nemmeno vederlo. Dovette chiamarla. Anche lui aveva qualcosa per lei.
Si confrontarono nel suo ufficio. La lista delle telefonate di Domenico Paradiso rivelava che l’ex agente immobiliare era in contatto con Guido Sinagra. I loro scambi risalivano a poco tempo prima, quando Domenico già non lavorava piú da un pezzo con l’agenzia. Ma non era tutto.
In precedenza, Paradiso aveva avuto, e continuava ad avere, contatti anche con la Multiprojet, come risultava dai tabulati allegati al fascicolo che Imma aveva appena preso al Re.Ge., riguardante un’indagine sulla società di servizi, che non era approdata a nulla. E adesso, potevano procedere a interrogare l’ultima persona informata sui fatti della giornata. Che Diana introdusse di lí a poco.
Guido Sinagra appariva piú calmo di com’era la prima volta, quando Imma lo aveva incontrato nella stanza rossa, durante il sopralluogo sul cadavere di Antonello Ribba. Seduto davanti a lei, ora parlava in maniera pacata e ragionevole. Almeno inizialmente.
“Ho proposto a mia sorella di comprarle la sua parte del palazzo di famiglia, – spiegò, – non c’è niente di male, mi sembra. Avevo un affare in vista, e mi sono sbilanciato. Sono stato un po’ imprudente, lo riconosco, perché poi non se ne è fatto nulla. Gente corretta se ne incontra poca, di questi tempi. Scommetto che se gliel’andate a chiedere negheranno pure di essersi impegnati. Comunque, è una cosa che ho buttato lí, visto che la casa non si vendeva e Carolina era in difficoltà. Volevo darle una mano”.
Le sue giustificazioni erano tutto sommato plausibili, dall’affare saltato alla sommetta che aveva da parte, utilizzata per la caparra dei locali adiacenti a palazzo Sinagra.
Anche il resto del discorso non faceva una piega: poiché lo stabile non si vendeva, preferiva acquisirlo lui, intraprendendo la via dei finanziamenti per ristrutturarlo. Quanto ai suoi contatti telefonici con Domenico Paradiso, Sinagra Junior raccontò che l’ex agente immobiliare l’aveva chiamato per proporgli degli acquisti, perché cercava di mettersi in proprio. Lui ne aveva valutati alcuni per pura curiosità, non avendo altra disponibilità di denaro. Tutto abbastanza sensato. Non la convinceva, però.
“Con il morto… in che relazioni eravate?”
“Gliel’ho già detto. Di nessun genere, oltre alla faccenda della vendita. L’ho frequentato brevemente una vita fa”.
“Come mai brevemente?”
“Eravamo ragazzi, poi lui andò a Roma…”
“Quanto tempo è durata, piú o meno, questa breve frequentazione?”
“E chi si ricorda, mi scusi! Qualche mese, credo. Giocavamo a calcetto”.
“A calcetto. Nient’altro?”
“Anche a tennis, qualche volta”.
“Altri hobby, se possiamo chiamarli cosí? Qualche vizio, magari…”
“Non capisco”.
“Avremo tempo di approfondire. Cosa facevate il pomeriggio della sua morte?”
Guido Sinagra si ravviò i capelli. Aveva una cicatrice all’attaccatura, notò Imma.
“Sono andato al cinema. Nella multisala di Altamura”.
“C’era qualcuno con voi?”
“Ero da solo. Però…” Si frugò nelle tasche del giaccone e tirò fuori un biglietto spiegazzato, che lisciò e le porse.
“Notte prima degli esami – Oggi!”, esclamò la dottoressa con leggera ironia. “Era bello?”
“Rilassante”, sorrise il Sinagra.
“Come mai l’avete conservato?”
“Era rimasto in tasca, e allora l’ho portato. Ho pensato che poteva essere utile”.
Imma osservò ancora il biglietto, poi glielo restituí.
“Io resto affezionata ai vecchi cinema. La gente non si guarda piú in faccia, nelle multisale. Scommetto che non vi ha notato nessuno. Fra poco vi libero, signor Sinagra…”
“Per carità. Chiedetemi pure tutto quello che può servire, non voglio darvi l’impressione di uno che non collabora. È solo che già stiamo avendo tanti problemi con la proprietà. Adesso è sequestrata, come sapete. Il danno è notevole”.
“Avete parlato con vostra sorella?” Imma cambiò discorso. “L’avete avvertita di quello che è successo?”
“Non saprei dove rintracciarla. Quando va in India si rende irreperibile”.
“In che rapporti siete?”
“Normali”.
“Cioè?”
“Carolina ha sei anni piú di me. È andata via che ero ancora un ragazzino…”
“Mi risulta che ha messo un avvocato, per seguire la vendita della casa”.
Fece buon viso. “Infatti. Barbara De Luca, una sua amica. Mia sorella non è il massimo per gli affari. Preferisce delegare”.
“Vostra madre è morta nell’89, giusto?”
“Avevo ventitre anni, – sospirò. – Ci ha lasciati troppo presto”.
“Qualcuno parlò di suicidio”. Mentre pronunciava quelle parole, Imma pensò alla suocera con sincera gratitudine. Chi gliel’avrebbe detto, solo una settimana prima?
“Morí di infarto, – si inalberò Guido, – ci fu un regolare certificato medico. Mamma prendeva delle pillole per dormire, niente di piú normale. Le malelingue si attaccarono a questo”.
“Pare che vedesse i fantasmi. È un’altra voce che circola…” E quando una voce circolava, nessuno piú della signora De Ruggeri era specializzato a intercettarla.
“Aveva una sensibilità particolare”. Guido Sinagra si fermò un attimo, sembrava indeciso. “Ha mai sentito parlare di Ca’ Dario, a Venezia?, – disse infine. – Raul Gardini l’aveva acquistata prima di suicidarsi. E prima di lui, quelli che l’hanno posseduta, dal manager degli Who al tenore Mario Del Monaco, oltre a uomini d’affari, artisti, nobili, hanno fatto tutti una brutta fine”.
Imma non sembrò particolarmente impressionata. Guido, dopo essersi asciugato la fronte, riprese.
“Anche sul nostro palazzo, purtroppo, grava una maledizione. In passato apparteneva ai Berangeri. Nel Cinquecento il capofamiglia lo perse al gioco e si impiccò nella stanza rossa. Pare che prima di morire abbia lanciato un anatema contro tutti i futuri proprietari. Io sono sempre stato scettico, ma alla luce degli ultimi avvenimenti, non posso fare a meno di prendere in considerazione l’esistenza di qualcosa che va al di là… insomma…”
Imma lo considerò per qualche istante.
“A parte vostra madre, questo fantasma lo vide mai nessuno?”, gli chiese poi.
Guido si mise a giocherellare con un tagliacarte che stava sulla scrivania. “Devo dire la verità… a volte ho avvertito delle strane...

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