Diritto e conflitti
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Diritto e conflitti

Lezioni di diritto costituzionale

Gaetano Azzariti

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Diritto e conflitti

Lezioni di diritto costituzionale

Gaetano Azzariti

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«Non ci si può limitare alla descrizione del diritto costituzionale. Si tratta invece di valutarlo, criticarlo, costituirlo. Non mi soffermerò più dello stretto necessario sui dati (normativi o strettamente tecnici della materia), bensì mi sforzerò di fornire elementi e stimoli per poter poi valutare criticamente il complesso degli istituti, dei fatti, delle regole che vengono a comporre il diritto costituzionale».Gaetano Azzariti propone un'originale ricostruzione sistematica che riflette l'esigenza di collegare l'analisi giuridica alle trasformazioni politiche, storiche e culturali per comprendere la vera dinamica del diritto costituzionale. Emerge con chiarezza come il carattere essenziale degli ordinamenti giuridici e costituzionali sia definito dal modo in cui viene data soluzione ai conflitti sociali.

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Information

Year
2016
ISBN
9788858124192
Topic
Droit

1.
Questioni di teoria e questioni
di metodo nel diritto costituzionale

1. Questioni di teoria: la centralità della costituzione e del «suo» diritto

Lo studio del diritto costituzionale non solo si è progressivamente arricchito (si pensi allo sviluppo e all’estensione che ha raggiunto la giurisprudenza costituzionale) e ha ampliato la propria sfera di interessi (si considerino tutte le questioni collegate al diffondersi, di là dal tradizionale e chiuso ambito nazionale, delle tematiche costituzionalistiche: dalla garanzia dei diritti fondamentali oltre lo Stato, all’organizzazione dei poteri sovranazionali), ma ha anche assunto una sua centralità per comprendere il fenomeno giuridico nel suo complesso. Non c’è branca del diritto che può sottrarsi al confronto con i profili di costituzionalità, non c’è questione giuridica che non abbia un necessario risvolto di diritto costituzionale da prendere in esame.
Secondo una nota metafora il diritto costituzionale rappresenterebbe il «tronco», mentre le altre branche del diritto i «rami» che da esso si distaccano e che da esso traggono linfa vitale1. Senza per ora volere approfondire ulteriormente, può dirsi che il diritto costituzionale registra, soprattutto nell’epoca più recente, una sua naturale vocazione alla pervasività, al porsi – e a volte all’imporsi – come snodo decisivo per la comprensione delle problematiche giuridiche, anche le più distanti tra loro.
Una sola considerazione – tra le tante possibili – può essere sufficiente per mostrare la forza d’attrazione che esercita il diritto costituzionale in qualsiasi ambito giuridico e per tutte le analisi dei giuristi, quale che sia il campo specifico professato. Esso rappresenta negli ordinamenti giuridici statali il diritto «più alto», quel diritto, cioè, non solo posto al vertice del «sistema» delle fonti, ma cui è espressamente attribuito il compito di dare fondamento legittimante a ogni altra disposizione normativa all’interno del proprio ordinamento. Private della legittimazione derivante da quelle specifiche norme che sono inscritte in quei particolari testi di rango costituzionale (le costituzioni, ma non solo), le norme giuridiche opererebbero nel vuoto, senza sapere dove poggiare e come giustificare la propria forza; «forza» che permette a una comunità politica e sociale di non sottostare ai meri rapporti di potere che di volta in volta si affermano nelle relazioni tra le persone. Solo la possibilità di ricondurre ogni norma ai principi «costitutivi» (sul piano storico-politico, prim’ancora che su quello giuridico-formale) dell’intero ordinamento può garantire razionalità, nonché condivisibilità (o almeno accettazione) del sistema giuridico nel suo complesso.
La costituzione (intesa in senso lato, comprensiva di tutti gli atti o i fatti di rango costituzionale) rappresenta, dunque, la fonte legittimante ogni altra norma, che si pone alla base di qualsiasi rapporto giuridico.
Occorre precisare però che esistono diversi tipi di norme che pongono in essere rapporti giuridici legittimati in base a distinti presupposti di fatto e di diritto. Ci sono – come vedremo analiticamente in seguito – interi ordinamenti giuridici che non presuppongono una legittimazione costituzionale delle proprie norme. In prima approssimazione può affermarsi che tra i diversi ordinamenti sono quelli politici che espressamente necessitano di una costituzione, per dare forma e senso alla convivenza, per permettere di passare dallo stato di natura alla convivenza civile, sottoponendo le mere regole giuridiche a principi di valore condivisi e assunti a fondamento del vivere comune.
Analizzeremo in seguito i caratteri degli ordinamenti costituzionali e le condizioni per la loro esistenza, per ora limitiamoci a osservare che il rapporto tra i diversi ordinamenti è il più vario: si passa dai più lineari e meno problematici ordinamenti giuridici cosiddetti «derivati» e «minori» rispetto a quello statale (in tali casi non è difficile dimostrare che anche la legittimazione «ultima» di questi ordinamenti dipenda in fondo da quella «originaria» dello Stato e dunque dalla sua costituzione), a quei diversi tipi di ordinamenti che, rispetto a quello statale, si pongono in una posizione di «autonomia». Alcuni di questi ordinamenti «autonomi» risultano essere sostanzialmente – anche se mai completamente – «indipendenti», per altri invece la «interdipendenza» rispetto a quelli costituzionali e statali appare caratterizzare le relazioni reciproche, riuscendo persino a imporre legittimamente le proprie norme agli ordinamenti giuridici statali: regole, principi o fatti concludenti che possono affermarsi entro un ordinamento statale a prescindere da ogni considerazione di compatibilità costituzionale. In quest’ultimo caso, essendo ordinamenti «autonomi», per quanto tra loro integrati o collegati, non potrà dirsi che le fonti di questi ordinamenti siano gerarchicamente sovraordinate a quelle nazionali, imponendosi dunque meccanicamente alle costituzioni, ma non ci si potrà neppure limitare ad affermare che sia sufficiente il fondamento costituzionale degli ordinamenti statali a legittimare e a fondare l’agire di quelli «autonomi». È questo il caso degli ordinamenti sovranazionali, non solo di quelli più sofisticati come l’Unione Europea, ma di ogni ordinamento che opera a livello internazionale (regionale o mondiale), ponendo in essere decisioni sovrane che operano vincolando politicamente e spesso anche giuridicamente gli Stati, i soggetti politicamente responsabili, nonché gli organi preposti alla produzione e applicazione normativa e al controllo della legalità entro i diversi ordinamenti nazionali.
Pertanto il diritto «più alto» (come si è poc’anzi definito il diritto costituzionale) non deve essere inteso solo come il diritto «supremo». Di fatto può accadere che – sul piano sostanziale, se non su quello formale – la sua supremazia sia limitata, disattesa o persino violata. Anche in questi casi però la «forza d’attrazione» del diritto costituzionale non viene meno. È indubbio, infatti, che l’imporsi di una norma a-costituzionale entro un ordinamento costituzionale determina un conflitto normativo, nonché di principio e di valore, che solleva problemi giuridici di essenziale rilievo, oltre che contrasti politici, sociali e culturali di intensità tale che difficilmente un giurista consapevole può ritenerli estranei alla sua conoscenza. Un esempio drammaticamente attuale è quello delle guerre e delle diverse operazioni militari in cui gli Stati (quello italiano nel nostro caso) sono periodicamente coinvolti in un tempo instabile e che appare dimentico degli orrori che avevano portato a scolpire nel nostro testo costituzionale (ma anche in dichiarazioni universali sottoscritte da pressoché tutti i paesi del globo) una lapidaria enunciazione che afferma il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali2. Se e quando – come è avvenuto in più casi – istituzioni e ordinamenti sovranazionali (l’Onu, la Nato, i singoli Stati alleati) hanno deciso interventi che prevedevano l’uso della forza armata, la discussione giuridica ha coinvolto direttamente e spesso in modo drammatico il piano propriamente costituzionale. Dal diritto costituzionale, dunque, nessuno – meno che mai il giurista – può prescindere.
Quanto detto in via di prima approssimazione implica problematiche e solleva questioni altamente complesse: il problema del rapporto tra ordinamenti in generale e quello tra ordinamento nazionale e istituzioni sovranazionali in particolare3, nonché, sullo sfondo e in prospettiva, la questione – tanto dibattuta in ambito europeo, di recente con particolare intensità e forza – della ricerca di un fondamento «costituzionale» per ordinamenti diversi dagli Stati, che operano entro spazi aperti. Ci si chiede – con sempre maggiore insistenza – se non sia necessario un diritto costituzionale anche con riferimento a quegli ordinamenti che operano oltre la dimensione chiusa della nazione, dettando regole che operano su regioni vaste del pianeta (includendo a volte interi continenti), se non sull’intero globo terrestre, ponendo in essere decisioni che condizionano la vita e regolano l’esistenza di migliaia di persone appartenenti a comunità politiche, sociali, economiche e culturali, nonché a realtà costituzionali nazionali le più disparate. Lasceremo per ora impregiudicata la delicata questione se anche ordinamenti «più vasti» di quelli statali debbano trovare un loro fondamento costituzionale, limitandoci a osservare che il giurista non può accontentarsi di fornire risposte semplici o meramente «ideologiche».
Non basta cioè aspirare a un «costituzionalismo cosmopolitico», così come hanno proposto con forti e apprezzabili argomenti tanti pensatori (Immanuel Kant prima d’ogni altro4) e anche qualche giurista (Hans Kelsen meglio di ogni altro5). Necessario è anche dimostrare che un diritto costituzionale può in concreto operare in un ambito ordinamentale diverso da quello in cui la tradizione e la storia moderna l’ha conosciuto e visto agire, che è stato fino a ora lo spazio chiuso delle nazioni. Solo l’analisi degli ordinamenti giuridici concreti e della loro effettiva realtà normativa può rassicurarci sul punto. Il «fondamento costituzionale» non è il Santo Graal, bensì un concreto modo d’essere degli ordinamenti giuridici, un modo d’essere che a un certo punto della storia dell’uomo s’è imposto in alcuni ordinamenti, legittimandoli6. Nessuno è in grado di prevedere se questo fondamento può nell’epoca attuale estendersi e attecchire, facendo partecipi anche ordinamenti sovranazionali, se non in base a un’analisi della realtà dei concreti ordinamenti presi in considerazione. D’altronde è vera anche la reciproca: nessuno può attualmente affermare con sicurezza che non ci sia il pericolo che il fondamento costituzionale non finisca per ridursi e rinsecchire, esaurendo la propria forza e capacità di legittimazione degli ordinamenti statali.
Ciò che si vuole sostenere in fondo è semplice: la qualificazione «costituzionale» non è un dato presupposto o ontologico di alcuni o di tutti gli ordinamenti, bensì è un carattere specifico che può ottenersi, ma anche perdersi, nel flusso continuo dei corsi e dei ricorsi storici. Per chi ritiene che sia anche un valore di civiltà e una conquista storica, oltre che una garanzia di democraticità di alcuni ordinamenti politici, il fondamento costituzionale può rappresentare un valore storico e politico da affermare e per cui lottare (la «lotta per la costituzione» rappresenta una pagina importante della storia della modernità, mentre il «costituzionalismo» ha costituito uno specifico movimento politico e culturale di fondamentale rilievo per la nascita e poi l’affermarsi degli Stati moderni e contemporanei). Ciò nondimeno la spinta ideale verso il costituzionalismo e le sue «buone» ragioni non può negare la complessa realtà, che è sempre apparsa ben più ostile a queste stesse ragioni, rendendo tortuosa e incerta la strada all’effettivo affermarsi del diritto delle costituzioni. Il diritto costituzionale è sempre in bilico; torneremo a parlare del suo futuro nel corso di queste Lezioni.
Si deve però sin d’ora rilevare un aspetto decisivo. Gli ordinamenti costituzionali contemporanei non solo sono i principali e più progrediti tra i diversi ordinamenti giuridici, ma rappresentano anche quel particolare tipo di ordinamento che fornisce alle comunità politiche e sociali una loro specifica legittimazione, tale da permettere di rivendicare una superiorità rispetto a tutti gli altri ordinamenti (genericamente «non costituzionali»), pretendendo di assoggettare pertanto a essi ogni tipo di norma in ogni caso posta in essere. In tal senso dunque si può affermare una «superiorità in grado» della costituzione rispetto al diritto in generale, comunque posto in essere, una «centralità assiologica» degli ordinamenti costituzionali rispetto a ogni altro ordinamento privo di tale qualificazione. Una centralità peraltro non necessaria, che può essere perduta ovvero conquistata, a seconda delle fasi storiche e delle condizioni date.
Alla costituzione (per ora intesa nella sua più ampia accezione) deve ricondursi, dunque, l’intera attività del diritto. Tanto p...

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