Il lungo addio
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Il lungo addio

La fine dell'alleanza tra Europa e Stati Uniti

Adriana Castagnoli

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Il lungo addio

La fine dell'alleanza tra Europa e Stati Uniti

Adriana Castagnoli

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Dalla fine della guerra fredda, le frizioni fra USA e Unione europea sono emerse in modo sempre più evidente e le due coste dell'Atlantico si sono progressivamente allontanate, arrivando a mettere a rischio un'alleanza che dura da settant'anni.Fino a quando a Washington e a Bruxelles si è privilegiato un approccio multilaterale, la crescente tensione è stata tenuta in qualche modo sotto controllo. Ma l'aggressivo unilateralismo di Trump sta scavando un solco incolmabile. E l'Europa si trova spinta a rafforzare i rapporti d'interesse con Mosca e Pechino.Per il Vecchio Continente questa frattura ha delle conseguenze di lunga portata e lo costringe a ridefinire la sua identità proprio quando si trova diviso da risorgenti tendenze nazionalistiche, da nuovi contrasti d'interesse e da uno scontro di sistemi di valori.

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Information

Year
2019
ISBN
9788858136836

II.
Euro-dollaro: la fine o l’inizio?

Nel decennio che seguì la fine della guerra fredda le frizioni fra USA e UE, prima mitigate dalla divisione del mondo in blocchi, emersero. Talvolta sottotraccia, talaltra apertamente si erano ormai sviluppati i segni di un antagonismo strutturale. Il mercato unificato e la moneta unica avrebbero creato uno spazio economico europeo abbastanza vasto da competere con gli Stati Uniti, come affermò il presidente della Commissione europea Jacques Delors mettendo in grande allarme Washington.
Con la European Economic Area (EEA), entrata in vigore nel 1994, che associava il mercato unico con l’European Free Trade Association (EFTA)1, l’Europa occidentale era divenuta in termini di produzione la più vasta area del mondo. Gli Stati Uniti, invece di free trade, chiesero fair trade come riconoscimento delle forti relazioni economiche, delle interconnessioni nella politica commerciale e nella cooperazione delle multinazionali fra nuovo e vecchio mondo.
La creazione dell’Unione economica e monetaria, nel 1999, fu un altro campanello d’allarme per i circoli finanziari americani. La supremazia del dollaro, che nonostante le turbolenze valutarie degli anni Settanta cercava di rafforzare la sua posizione come valuta globale primaria, sembrò fortemente minacciata. Gli Stati Uniti percepivano che lo status dell’Europa nella WTO era cambiato rispetto all’epoca del GATT.
I governi del Vecchio Continente che avevano promosso l’unificazione monetaria pensavano di poter dar avvio a una sorta di sistema bipolare in cui l’euro avrebbe avuto lo stesso ruolo del dollaro. Anche Pechino guardava con favore a questa innovazione perché avrebbe limitato lo strapotere del “biglietto verde”2. Ma per competere davvero alla pari con il dollaro come valuta internazionale di riferimento, la moneta unica europea avrebbe dovuto contare su un’entità statale che era tutta da progettare. Si comprende, pertanto, come mai diversi economisti e premi Nobel oltre Atlantico si fossero espressi con scetticismo sulla nascita e sul futuro della moneta unica, dal più illustre esponente del monetarismo Milton Friedman, che aveva previsto un aggravamento delle tensioni fra i paesi europei, a Paul Samuelson che ne osservò l’avvio con palesata sfiducia.
Di fatto, l’Europa della Unione europea era assai diversa dall’Europa della Comunità europea che, nel 1989, era resa incerta dall’ansia generata da una Germania nuova e rafforzata. Ma i timori si erano presto dissipati come risultato di una più profonda integrazione tedesca. L’“onesto baratto” fra Mitterrand e Kohl aveva aperto la strada alla moneta unica quale contropartita per la riunificazione tedesca.
La Germania era il paese con la migliore stabilità di lungo periodo fra i membri dell’Unione europea, perciò non fu una sorpresa che le preoccupazioni in merito alla solidità della futura moneta unica fossero particolarmente diffuse fra i tedeschi. Berlino si trovava in una forte posizione negoziale e i suoi partner dovevano addivenire a un accordo sul ruolo preminente della stabilità finanziaria e monetaria nella nuova Unione europea. I criteri fissati nel Trattato di Maastricht risposero pertanto a queste preoccupazioni tedesche.
La politica economica della Unione sarebbe stata condotta secondo i principi di una economia di mercato aperta con competizione libera favorendo una efficiente allocazione delle risorse. La politica monetaria sarebbe stata affidata a una banca centrale forte il cui primo obiettivo avrebbe dovuto essere il controllo dell’inflazione e la stabilità dei prezzi: la Banca centrale europea avrebbe diretto e coordinato la politica monetaria dei paesi che formavano l’Unione monetaria europea. Tutti gli altri (governi, parlamenti, sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro) sarebbero stati ridotti a poteri locali rispetto alla Banca centrale e avrebbero usato il denaro che non avrebbero potuto più creare autonomamente.
In questo quadro le autorità tedesche e le organizzazioni del settore privato avrebbero sostenuto il progetto della moneta unica europea. I tedeschi non apprezzavano tanto i futuri benefici economici in senso stretto che non erano percepiti come essenziali per la Germania, piuttosto erano preoccupati in merito alla du­rata dei risultati di un mercato comune in Europa. Senza garanzie istituzionali per stabili tassi di cambio si temeva che prima o poi lo spettro della disintegrazione sarebbe riapparso sulla scena europea.
Una larga maggioranza di tedeschi condivideva le preoccupazioni del cancelliere Kohl rispetto al ruolo della Germania riunificata all’interno di un ordine politico dell’Europa post-comunista senza che si fosse proceduto a un’effettiva integrazione politica. La moneta unica costituiva, pertanto, una garanzia e rappresentava un importante passo in avanti in tal senso.
Il 9 dicembre 1991 i capi di Stato e di governo della CEE si trovarono al tavolo dei negoziati a Maastricht per predisporre un trattato sull’unificazione economica e monetaria, che venne ratificato il 7 febbraio 1992. In seguito all’estensione e istituzione del mercato unico per la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali, si procedette a raggruppare la CEE e gli organismi ad essa collegati nell’Unione europea. Il 1° gennaio 1999 nacque l’euro, valeva 1,16 dollari. Presto però la moneta europea manifestò segni di debolezza sul “biglietto verde”. A livello di mercati finanziari, fra il 1999 e il 2000, le variazioni del cambio euro-dollaro furono influenzate anche dall’emissione di una gran quantità di obbligazioni in euro da parte delle imprese europee il cui ricavato, in molti casi, fu convertito in dollari per acquisire imprese americane. Questa attività di fusioni e acquisizioni incise sul cambio dell’euro rispetto al dollaro (come è confermato nella 70° Relazione annuale della Banca dei regolamenti internazionali pubblicata nel 2000). Di fatto, la debolezza dell’euro ebbe in contropartita un rafforzamento strutturale della competitività delle imprese europee sulla scena internazionale e, in particolare, sul mercato americano.
Dopo il crollo dell’URSS e la fine del bipolarismo l’Europa si trovò nelle condizioni più favorevoli per acquisire uno status più importante. Gli Stati Uniti restavano l’unica superpotenza mondiale ma nei riguardi del Vecchio Continente non avrebbero più potuto esercitare la stessa preminenza che avevano avuto dopo la seconda guerra mondiale.
Il 1° gennaio 2002 la circolazione dell’euro iniziò ufficialmente nei dodici paesi che avevano adottato la nuova valuta; le sue quotazioni, per quanto oscillanti, da allora avrebbero mostrato un costante saldo positivo sul dollaro. La moneta unica veniva caricata di aspettative quale strumento che avrebbe traghettato la UE verso una nuova fase di unione politica; Joschka Fischer, ministro degli Esteri tedesco, aveva argomentato l’anno prima che la crea­zione dell’euro era un “atto profondamente politico”. Bruxelles avrebbe dovuto procedere a correggere il deficit di integrazione politica; tuttavia, l’esordio della moneta unica europea avveniva in uno scenario internazionale assai diverso da quello in cui essa era stata concepita, lacerato da nuo...

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