II.
Euro-dollaro: la fine o lâinizio?
Nel decennio che seguĂŹ la fine della guerra fredda le frizioni fra USA e UE, prima mitigate dalla divisione del mondo in blocchi, emersero. Talvolta sottotraccia, talaltra apertamente si erano ormai sviluppati i segni di un antagonismo strutturale. Il mercato unificato e la moneta unica avrebbero creato uno spazio economico europeo abbastanza vasto da competere con gli Stati Uniti, come affermĂČ il presidente della Commissione europea Jacques Delors mettendo in grande allarme Washington.
Con la European Economic Area (EEA), entrata in vigore nel 1994, che associava il mercato unico con lâEuropean Free Trade Association (EFTA), lâEuropa occidentale era divenuta in termini di produzione la piĂč vasta area del mondo. Gli Stati Uniti, invece di free trade, chiesero fair trade come riconoscimento delle forti relazioni economiche, delle interconnessioni nella politica commerciale e nella cooperazione delle multinazionali fra nuovo e vecchio mondo.
La creazione dellâUnione economica e monetaria, nel 1999, fu un altro campanello dâallarme per i circoli finanziari americani. La supremazia del dollaro, che nonostante le turbolenze valutarie degli anni Settanta cercava di rafforzare la sua posizione come valuta globale primaria, sembrĂČ fortemente minacciata. Gli Stati Uniti percepivano che lo status dellâEuropa nella WTO era cambiato rispetto allâepoca del GATT.
I governi del Vecchio Continente che avevano promosso lâunificazione monetaria pensavano di poter dar avvio a una sorta di sistema bipolare in cui lâeuro avrebbe avuto lo stesso ruolo del dollaro. Anche Pechino guardava con favore a questa innovazione perchĂ© avrebbe limitato lo strapotere del âbiglietto verdeâ. Ma per competere davvero alla pari con il dollaro come valuta internazionale di riferimento, la moneta unica europea avrebbe dovuto contare su unâentitĂ statale che era tutta da progettare. Si comprende, pertanto, come mai diversi economisti e premi Nobel oltre Atlantico si fossero espressi con scetticismo sulla nascita e sul futuro della moneta unica, dal piĂč illustre esponente del monetarismo Milton Friedman, che aveva previsto un aggravamento delle tensioni fra i paesi europei, a Paul Samuelson che ne osservĂČ lâavvio con palesata sfiducia.
Di fatto, lâEuropa della Unione europea era assai diversa dallâEuropa della ComunitĂ europea che, nel 1989, era resa incerta dallâansia generata da una Germania nuova e rafforzata. Ma i timori si erano presto dissipati come risultato di una piĂč profonda integrazione tedesca. Lââonesto barattoâ fra Mitterrand e Kohl aveva aperto la strada alla moneta unica quale contropartita per la riunificazione tedesca.
La Germania era il paese con la migliore stabilitĂ di lungo periodo fra i membri dellâUnione europea, perciĂČ non fu una sorpresa che le preoccupazioni in merito alla soliditĂ della futura moneta unica fossero particolarmente diffuse fra i tedeschi. Berlino si trovava in una forte posizione negoziale e i suoi partner dovevano addivenire a un accordo sul ruolo preminente della stabilitĂ finanziaria e monetaria nella nuova Unione europea. I criteri fissati nel Trattato di Maastricht risposero pertanto a queste preoccupazioni tedesche.
La politica economica della Unione sarebbe stata condotta secondo i principi di una economia di mercato aperta con competizione libera favorendo una efficiente allocazione delle risorse. La politica monetaria sarebbe stata affidata a una banca centrale forte il cui primo obiettivo avrebbe dovuto essere il controllo dellâinflazione e la stabilitĂ dei prezzi: la Banca centrale europea avrebbe diretto e coordinato la politica monetaria dei paesi che formavano lâUnione monetaria europea. Tutti gli altri (governi, parlamenti, sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro) sarebbero stati ridotti a poteri locali rispetto alla Banca centrale e avrebbero usato il denaro che non avrebbero potuto piĂč creare autonomamente.
In questo quadro le autoritĂ tedesche e le organizzazioni del settore privato avrebbero sostenuto il progetto della moneta unica europea. I tedeschi non apprezzavano tanto i futuri benefici economici in senso stretto che non erano percepiti come essenziali per la Germania, piuttosto erano preoccupati in merito alla duÂrata dei risultati di un mercato comune in Europa. Senza garanzie istituzionali per stabili tassi di cambio si temeva che prima o poi lo spettro della disintegrazione sarebbe riapparso sulla scena europea.
Una larga maggioranza di tedeschi condivideva le preoccupazioni del cancelliere Kohl rispetto al ruolo della Germania riunificata allâinterno di un ordine politico dellâEuropa post-comunista senza che si fosse proceduto a unâeffettiva integrazione politica. La moneta unica costituiva, pertanto, una garanzia e rappresentava un importante passo in avanti in tal senso.
Il 9 dicembre 1991 i capi di Stato e di governo della CEE si trovarono al tavolo dei negoziati a Maastricht per predisporre un trattato sullâunificazione economica e monetaria, che venne ratificato il 7 febbraio 1992. In seguito allâestensione e istituzione del mercato unico per la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali, si procedette a raggruppare la CEE e gli organismi ad essa collegati nellâUnione europea. Il 1° gennaio 1999 nacque lâeuro, valeva 1,16 dollari. Presto perĂČ la moneta europea manifestĂČ segni di debolezza sul âbiglietto verdeâ. A livello di mercati finanziari, fra il 1999 e il 2000, le variazioni del cambio euro-dollaro furono influenzate anche dallâemissione di una gran quantitĂ di obbligazioni in euro da parte delle imprese europee il cui ricavato, in molti casi, fu convertito in dollari per acquisire imprese americane. Questa attivitĂ di fusioni e acquisizioni incise sul cambio dellâeuro rispetto al dollaro (come Ăš confermato nella 70° Relazione annuale della Banca dei regolamenti internazionali pubblicata nel 2000). Di fatto, la debolezza dellâeuro ebbe in contropartita un rafforzamento strutturale della competitivitĂ delle imprese europee sulla scena internazionale e, in particolare, sul mercato americano.
Dopo il crollo dellâURSS e la fine del bipolarismo lâEuropa si trovĂČ nelle condizioni piĂč favorevoli per acquisire uno status piĂč importante. Gli Stati Uniti restavano lâunica superpotenza mondiale ma nei riguardi del Vecchio Continente non avrebbero piĂč potuto esercitare la stessa preminenza che avevano avuto dopo la seconda guerra mondiale.
Il 1° gennaio 2002 la circolazione dellâeuro iniziĂČ ufficialmente nei dodici paesi che avevano adottato la nuova valuta; le sue quotazioni, per quanto oscillanti, da allora avrebbero mostrato un costante saldo positivo sul dollaro. La moneta unica veniva caricata di aspettative quale strumento che avrebbe traghettato la UE verso una nuova fase di unione politica; Joschka Fischer, ministro degli Esteri tedesco, aveva argomentato lâanno prima che la creaÂzione dellâeuro era un âatto profondamente politicoâ. Bruxelles avrebbe dovuto procedere a correggere il deficit di integrazione politica; tuttavia, lâesordio della moneta unica europea avveniva in uno scenario internazionale assai diverso da quello in cui essa era stata concepita, lacerato da nuo...