Conflitti pratici
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Conflitti pratici

Quando il diritto diventa immorale

Damiano Canale

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Conflitti pratici

Quando il diritto diventa immorale

Damiano Canale

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Cosa succede quando il diritto esige un certo comportamento, o nega una certa opportunità, ma questo appare inaccettabile ai cittadini perché in conflitto con le ragioni ultime che giustificano le loro azioni? In queste situazioni, il diritto diventa immorale. Sono conflitti che investono tipicamente la sfera personale degli individui: il governo del corpo, l'immagine di sé, le relazioni affettive primarie, i progetti di vita. In taluni casi diventano così rilevanti da mobilitare l'opinione pubblica, fino a scatenare delle vere e proprie battaglie civili combattute da chi rivendica una pretesa che il diritto nega, o contesta un obbligo che esso impone. Attraverso l'analisi della struttura dei conflitti tra diritto e morale e l'esemplificazione di casi paradigmatici – ad esempio l'eutanasia, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, la pena di morte – il libro consente al lettore di costruire un proprio punto di vista sulle questioni in gioco.

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Information

Year
2017
ISBN
9788858130469

VI.
Matrimonio omosessuale

1. Enrico e Lorenzo vogliono sposarsi

Enrico Oliari e Lorenzo Longhi hanno da tempo una relazione stabile; convivono a Trento dove conducono una vita come quella di tante altre coppie omosessuali. Hanno deciso di trasferirsi da Merano in questa città per usufruire dei contributi pubblici per l’acquisto della prima casa, non riconosciuti alle coppie gay nella provincia di Bolzano1. Nel luglio del 2008 Enrico e Lorenzo si recano all’ufficio di stato civile per dichiarare la loro intenzione di unirsi in matrimonio: vogliono poter godere dei diritti civili e sociali garantiti alle persone sposate. Chiedono dunque all’ufficiale di stato civile di procedere alla pubblicazione di matrimonio, così come previsto dalla legge. Il 25 luglio dello stesso mese la richiesta viene tuttavia respinta. Una circolare ministeriale dell’anno precedente precisava infatti che «il nostro ordinamento non ammette il matrimonio omosessuale»2. Enrico e Lorenzo decidono di impugnare il provvedimento dinanzi al Tribunale di Trento: a loro avviso la legislazione italiana non vieta espressamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso; se così fosse, inoltre, tale divieto sarebbe discriminatorio nei confronti degli omosessuali e dunque in conflitto col principio costituzionale di eguaglianza. Con una decisione del 24 febbraio 2009 il Tribunale di Trento respinge tuttavia il ricorso. A detta dei giudici trentini, il codice civile prevede che l’unione matrimoniale possa avvenire soltanto tra persone di sesso diverso, né questa limitazione può essere giudicata discriminatoria poiché essa vale per tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Enrico e Lorenzo, convinti delle loro ragioni, adiscono a questo punto alla Corte d’Appello di Trento per rivendicare i loro diritti. I giudici d’appello ribadiscono tuttavia che, «sebbene non esista [nell’ordinamento italiano] una norma che vieti espressamente il matrimonio tra omosessuali, dall’esame della disciplina complessiva dell’istituto matrimoniale [...] si evince che il matrimonio è stato concepito e configurato al fine di regolamentare l’unione tra individui di sesso diverso»3. Nondimeno, la corte ritiene rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità presentata dai ricorrenti. I giudici, in particolare, fanno propri gli argomenti formulati pochi mesi prima dal Tribunale di Venezia con riguardo al caso di Galliano Mariani e Sergio Gallozzi, una coppia omosessuale alla quale era stata parimenti rifiutata la richiesta di matrimonio. Secondo i giudici veneziani, il codice civile, nelle parti in cui non permette il matrimonio omosessuale, è in conflitto con i principi di libertà ed eguaglianza garantiti dalla costituzione. La questione fu portata così all’attenzione della Corte costituzionale, la quale si pronunciò su questo e altri casi analoghi il 14 aprile 20104. Secondo i giudici costituzionali, non vi è alcun conflitto tra il divieto di matrimonio omosessuale, implicitamente previsto dal codice civile, e la carta costituzionale. In forza del principio di libertà personale, va certo garantita alle coppie omosessuali una tutela giuridica equivalente a quella garantita dal matrimonio. Tuttavia, in nessuna sua disposizione la costituzione impone al legislatore di permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Né il mancato accesso al matrimonio comporta alcuna forma di discriminazione, dal momento che le unioni omosessuali e il matrimonio – afferma la Corte – sono realtà disomogenee tra di loro. Esaurite tutte le forme di tutela giudiziaria messe a disposizione dall’ordinamento italiano, il 10 giugno 2011 Enrico e Lorenzo decisero di presentare ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), lamentando che la legislazione italiana non permetteva loro di sposarsi né li tutelava in altro modo, discriminandoli così per il loro orientamento sessuale. Una discriminazione che violava la Convenzione europea dei diritti umani ove questa garantisce il rispetto della vita privata e familiare (art. 8), il diritto al matrimonio (art. 12) e il divieto di discriminazioni basate sul sesso (art. 14). Contro ogni aspettativa dei ricorrenti, la Cedu accolse il ricorso, ritenendo che la legislazione italiana non forniva sufficienti tutele alle coppie omosessuali. Pur non riconoscendo a Enrico e Lorenzo il diritto di sposarsi, la decisione della Cedu stimolò il legislatore italiano a intervenire in materia. Il 20 maggio 2016 venne infatti promulgata la legge italiana sulle unioni civili, la quale riconosce tutela giuridica alle unioni tra persone dello stesso sesso nella forma del nuovo istituto dell’unione civile, che implica l’esclusione delle coppie dello stesso sesso dal matrimonio5.
Prima di proseguire oltre, una domanda sorge spontanea: perché Enrico e Lorenzo chiesero di sposarsi, sebbene fossero consapevoli che la legislazione italiana, nella sua interpretazione vigente, non lo consentiva? La questione merita di essere chiarita. Prima del 2016 le coppie omosessuali non godevano nel nostro paese di alcuno specifico riconoscimento. Ciò era fonte di innumerevoli problemi pratici. Osservava Enrico Oliari in un’intervista: «Le faccio un esempio: tra pochi giorni il mio compagno sarà operato agli occhi e non ci vedrà per un po’, circa tre o quattro giorni. Io non posso neppure prendere il congedo parentale sul lavoro, capisce?». Oltre a questo, i partner di una coppia omosessuale non godevano del diritto di succedere nel patrimonio del compagno defunto, del diritto di visita in caso di malattia, delle detrazioni fiscali per il partner a carico, della pensione di reversibilità, del diritto di partecipare agli utili dell’impresa familiare, e molto altro ancora. Ma la richiesta di Enrico e Lorenzo ha una portata più ampia: il loro fu un atto di lotta civile contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali, compiuta nella forma della strategic litigation promossa con l’aiuto di associazioni no-profit di avvocati e sostenitori della causa6. Si tratta di una discriminazione che in Italia aveva assunto, in anni recenti, la forma della «tolleranza repressiva»7: non disciplinando in alcun modo le unioni tra persone dello stesso sesso, per un verso il legislatore dimostrava un atteggiamento tollerante nei loro confronti, per altro verso negava ad esse qualsiasi tipo di soggettività giuridica. In questo modo, la coppia omosessuale veniva relegata in una sorta di limbo socio-economico che la discriminava rispetto alla coppia eterosessuale, intesa come modello esclusivo di unione familiare. Di fronte all’inerzia del legislatore, la richiesta di Enrico e Lorenzo rappresentò un appello affinché fossero i giudici a intervenire, tutelando la loro unione alla luce dei principi costituzionali.
È il caso di ricordare che il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali costituisce una tappa del lungo percorso teso a rimuovere le forme di discriminazione che affliggono gay e lesbiche nel mondo contemporaneo. La prima tappa di questo percorso è costituita dal superamento dell’idea che l’omosessualità sia una forma di malattia psichiatrica, suscettibile di essere curata restituendo il «malato» alla sua primigenia eterosessualità; la seconda è rappresentata dal venir meno delle forme di criminalizzazione dei rapporti omosessuali, intesi come un crimen carnis contra naturam; la terza dalla liberalizzazione delle manifestazioni pubbliche dell’omosessualità, in modo che queste non giustifichino discriminazioni in campo sociale e lavorativo; la quarta dal riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, di cui la battaglia di Enrico e Lorenzo costituisce un esempio; mentre la quinta tappa – ancora assai controversa in Italia – riguarda la possibilità per la famiglia omosessuale di adottare un bambino oppure di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita o alla cosiddetta surrogazione di maternità. Questioni, queste ultime, che esulano dai nostri scopi e che quindi non affronteremo.

2. Sesso biologico, orientamento sessuale e identità di genere

Il caso di Enrico Oliari e Lorenzo Longhi costituisce un esempio emblematico del secondo tipo di conflitti tra diritto e morale a cui è dedicato questo libro: si tratta dei conflitti che investono la sfera degli affetti familiari e le forme di responsabilità che questi possono comportare, tanto sotto il profilo morale quanto sotto il profilo giuridico. Il matrimonio costituisce, tradizionalmente, l’istituto cardine che presiede alla tutela giuridica della famiglia, facendo sorgere un fascio di diritti e doveri che si estendono a tutti gli aspetti personali, sociali ed economici dell’unione di coppia. Prima di esaminare le ragioni pro e contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono tuttavia opportuni alcuni chiarimenti concettuali per orientarsi nella discussione.
Il primo concerne la distinzione tra sesso biologico e orientamento sessuale. Per sesso biologico si intende l’appartenenza di un essere umano al sesso maschile, al sesso femminile, oppure ad entrambi (come nel caso dell’intersessualità), un’appartenenza che dipende dal patrimonio genetico di ciascun essere umano. I cromosomi sessuali determinano una serie di differenze anatomiche e biologiche tra gli individui che coinvolgono i loro livelli ormonali, la conformazione degli organi sessuali interni ed esterni, la capacità riproduttiva. L’essere maschio o femmina non dipende dunque dalle scelte individuali né da condizionamenti sociali: si tratta di una distinzione biologica indisponibile per l’uomo. Per orientamento sessuale si intende invece il modo in cui è indirizzata l’attrazione sessuale e affettiva nei confronti di altre persone8. Si suole distinguere, sotto questo profilo, tra eterosessualità, omosessualità e bisessualità: è eterosessuale l’individuo che è attratto da persone dell’altro sesso, omosessuale chi prova attrazione per persone dello stesso sesso, e bisessuale chi è attratto da persone di entrambi i sessi. Ora, non sussiste una relazione biunivoca tra sesso biologico e orientamento sessuale: si tratta di due fenomeni distinti. Sebbene le cause dell’orientamento sessuale siano assai controverse nella letteratura scientifica, vi è accordo nel ritenere che si tratti di un fenomeno indipendente dal patrimonio genetico di un individuo come pure dalla sua volontà9. Si tratta di una caratteristica personale indisponibile che tende ad essere stabile nel tempo, sebbene possa non essere consapevolmente perc...

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