Anna Karenina
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Anna Karenina

Lev Tolstoj

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Anna Karenina

Lev Tolstoj

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Insieme a Madame Bovary ed Effi Briest, Anna Karenina è l'adultera più famosa della letteratura mondiale. Sposata con Alexis Karénin, alto ufficiale dell'amministrazione imperiale dal carattere austero e orgoglioso, l'affascinante, intelligente e sensibile Anna si innamora di Vronsky, un ufficiale brillante ma frivolo. Quella che sembrava essere l'avventura vertiginosa di una notte, presto si trasforma in un amore irresistibile, a cui Anna sarà disposta a sacrificare ogni cosa. Opera tra le principali del XIX secolo, capolavoro assoluto della letteratura russa e mondiale, Anna Karénina è uno straordinario affresco sociale in cui l'autore esplora con meravigliosa maestria la tragica psicologia dell'amore colpevole.

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Information

Publisher
Nemo Editrice
Year
2019
ISBN
9788898790760

PARTE SECONDA

I

Alla fine dell’inverno si tenne un consulto in casa Šcerbackij per accertare quali fossero le condizioni di salute di Kitty e decidere cosa fare per ristabilirne le forze sempre più deboli. Il medico curante le aveva prescritto l’olio di fegato di merluzzo, poi il ferro, poi il nitrato di argento; ma poiché né questo, né quello, né l’altro avevano giovato ed egli consigliava di condurla all’estero, nella primavera fu fatto venire un medico di grido. Costui, bell’uomo ancor giovane, volle visitare l’ammalata. Insisteva con particolare compiacimento sul fatto che il pudore verginale è solo un residuo di barbarie, e che non vi è nulla di sconveniente che un medico, se pur non del tutto vecchio, visiti una ragazza tastandone il corpo svestito. Gli pareva del tutto naturale, gli capitava ogni giorno, e non sentiva e non pensava che potesse esservi nulla di male: e perciò considerava il pudore di una fanciulla non solo un residuo di barbarie, ma un’offesa alla propria persona.
Era necessario piegarvisi, perché, sebbene anche gli altri medici avessero frequentato la stessa scuola e studiato sugli stessi libri e tutti fossero in possesso di una stessa scienza, e pur avendo costui presso alcuni fama di medico inetto, tuttavia nella casa della principessa e nella sua cerchia, chi sa perché, si riteneva che solo questo medico famoso sapesse qualcosa di speciale e solo lui potesse salvare Kitty. Dopo aver visitato e tastato attentamente l’ammalata, smarrita e stordita per la vergogna, il medico famoso, lavatesi accuratamente le mani, rimase in piedi nel salotto a parlare col principe. Il principe aggrottava le sopracciglia e tossiva nell’ascoltarlo. Come uomo vissuto, non sciocco e di sana costituzione, non credeva alla medicina e nell’animo suo si irritava contro tutta quella commedia, tanto più che egli era forse il solo a capire in pieno la causa del malanno di Kitty. “Eccolo, lo spadellatore!” pensava, adattando nel pensiero il termine venatorio al medico di grido e ascoltandone le dissertazioni sui sintomi della malattia della figlia. Il medico, da parte sua, tratteneva a stento un’espressione di dispregio verso il vecchio gentiluomo e si abbassava con degnazione al livello dell’intelligenza di lui. Capiva che col vecchio non c’era nulla da fare e che in quella casa il capo era la madre. Dinanzi a costei si proponeva quindi di profondere le sue millanterie. In quel momento la principessa entrò in salotto col medico curante. Il principe si allontanò, cercando di non far notare quanto per lui fosse ridicola tutta quella commedia. La principessa era smarrita e non sapeva cosa fare. Si sentiva colpevole di fronte a Kitty.
– Ebbene, dottore, decidete la nostra sorte – disse la principessa. – Ditemi tutto. – E voleva dire: “C’è speranza?”, ma le labbra le tremarono, e non poté pronunciare la domanda. – Dunque, dottore? –
– Subito, principessa; conferirò con il mio collega e poi avrò l’onore di dirvi la mia opinione.
– Allora vi dobbiamo lasciare?
– Come volete.
La principessa, dopo aver sospirato, uscì.
Quando i dottori rimasero soli, il medico curante cominciò timidamente a sottoporre la sua opinione che consisteva nell’ammettere un principio di processo tubercolare, ma... e via di seguito. Il medico famoso lo ascoltava e, nel mezzo del discorso, guardò l’orologio d’oro massiccio.
– Già, – disse – ma...
Il medico curante tacque rispettosamente, a metà discorso.
– Come voi sapete, un principio di processo tubercolare noi non possiamo diagnosticarlo; fino alla comparsa delle caverne non vi è nulla di positivo. Possiamo fare solamente delle ipotesi. E sintomi ce ne sono: denutrizione, eccitamento nervoso, ecc. La questione si pone in questi termini: supposto un processo tubercolare, che cosa bisogna fare per sostenere la nutrizione?
– Ma voi sapete, del resto, come in questi casi si nascondano sempre ragioni morali, spirituali – si permise di far presente, con un sorriso delicato, il medico curante.
– Già, s’intende – rispose il medico famoso, dopo aver guardato di nuovo l’orologio. – Ditemi, vi prego, è stato rimesso il ponte Jauzskij o bisogna ancora fare il giro? – chiese. – Ah, è a posto. Allora potrò trovarmi là in venti minuti. Dunque, dicevamo, la questione si pone in questi termini: sostenere la nutrizione e sistemare i nervi. L’una cosa è legata all’altra; bisogna battere sulle due parti del cerchio.
– E il viaggio all’estero? – chiese il medico curante.
– Io son nemico dei viaggi all’estero. E guardate un po’: se c’è un principio di processo tubercolare, cosa che non possiamo sapere, il viaggio all’estero non aiuta. È indispensabile un mezzo che sostenga la nutrizione senza far danno.
Il medico curante ascoltava attento e deferente.
– Ma in favore del viaggio all’estero io farei notare il cambiamento di abitudini, l’allontanamento da quanto può suscitare ricordi. E poi la madre lo desidera – disse.
– Ah, allora, in tal caso, che vadano pure; badino, però, che quei ciarlatani di tedeschi non abbiano a nuocere loro. Che si attengano... Ma che vadano pure.
E guardò di nuovo l’orologio.
– Oh, è già ora – e andò verso la porta.
Il medico famoso annunciò alla principessa (un senso di convenienza glielo suggeriva) che aveva bisogno di visitare ancora una volta l’ammalata.
– Come, osservarla ancora una volta? – esclamò la madre spaventata.
– Oh, no, mi occorrono alcuni particolari principessa.
– Prego, favorisca.
E la madre, seguita dal dottore, entrò nel salottino di Kitty.
Smagrita e arrossata, con un particolare luccichio negli occhi pel suo pudore violato, Kitty stava al centro della stanza. Quando il dottore entrò, avvampò tutta e gli occhi le si empirono di lacrime. La malattia e le cure le sembravano una così sciocca e risibile cosa! La cura poi le sembrava ridicola tanto quanto la ricomposizione di un vaso rotto. Il suo cuore era spezzato. Perché la volevano curare con polverine e pillole? Ma non si poteva dispiacere la mamma che del suo malessere si considerava colpevole.
– Abbiate la compiacenza di sedervi, principessina – disse il medico famoso.
Sedette di fronte a lei, con un sorriso le prese il polso e di nuovo cominciò a far domande oziose. Ella gli rispondeva, ma a un tratto, indispettita, si alzò.
– Scusatemi, dottore, ma tutto questo è davvero inconcludente. Per tre volte mi avete chiesto la stessa cosa.
Il medico famoso non si offese.
– Irritazione morbosa – disse alla principessa quando Kitty fu uscita. – Del resto, ho finito...
E il dottore, come a una donna eccezionalmente intelligente, definì alla madre in termini scientifici lo stato della principessina, e concluse col prescrivere quelle acque che non erano necessarie. Alla domanda se si dovesse andare o no all’estero, si sprofondò in meditazioni, come se dovesse decidere una questione difficile. La decisione infine venne fuori: andare e non prestar fede ai ciarlatani, e rivolgersi per tutto a lui.
Andato via il dottore, si ebbe la sensazione che fosse successo qualcosa di piacevole. La madre si mise di buon umore nel rientrare nella stanza della figlia, e Kitty finse di essere allegra. Le accadeva ormai spesso, anzi quasi sempre, di fingere.
– Sto bene, maman, davvero. Ma se voi volete andare, andiamo – disse e, cercando di prendere interesse al prossimo viaggio, cominciò a parlare dei preparativi per la partenza.

II

Dopo il dottore giunse Dolly. Sapeva che in quel giorno si sarebbe tenuto il consulto e, pur avendo di recente lasciato il letto (aveva dato alla luce una bambina alla fine dell’inverno), pur avendo molte pene e affanni da parte sua, lasciata la neonata e una bambina che si era ammalata, era venuta per sapere della sorte di Kitty che in quel giorno si decideva.
– E allora? – chiese, entrando nel salotto e togliendosi il cappello. – Siete tutti di buon umore. Probabilmente, va bene?
Provarono a riferirle quello che aveva detto il dottore, ma si accorsero che, sebbene il dottore avesse parlato diffusamente e a lungo, in nessun modo si riusciva a ripetere quello che aveva detto. Risultava chiaro solo il fatto che era stato deciso di andare all’estero.
Dolly sospirò involontariamente. La sua amica migliore, la sorella, partiva. E la sua vita non era allegra. I rapporti con Stepan Arkad’ic, dopo la riconciliazione, erano divenuti umilianti. La saldatura fatta da Anna era risultata precaria, e l’accordo familiare si era spezzato di nuovo nello stesso preciso punto. Non v’era nulla di concreto, ma Stepan Arkad’ic non era mai in casa; e quasi mai c’era denaro, e i sospetti delle infedeltà tormentavano continuamente Dolly, ed ella li allontanava, temendo le pene già provate della gelosia. Il primo accesso di gelosia, una volta superato, non poteva più ripetersi, e anche la scoperta di un’altra infedeltà non avrebbe prodotto su di lei lo stesso effetto della prima. Una scoperta di questo genere avrebbe soltanto sconvolto le sue abitudini familiari, e perciò si lasciava ingannare, disprezzando lui e più di tutto se stessa per la propria debolezza. Oltre a questo, le cure di una famiglia numerosa la tormentavano incessantemente: ora l’allattamento della neonata non andava bene, ora la balia si licenziava, ora infine, come in quel momento, s’ammalava uno dei bambini.
– Be’, come stanno i tuoi? – chiese la madre.
– Ah, maman, di pena da noi ce n’è sempre tanta. Lily s’è ammalata e io temo che sia scarlattina. Sono venuta solo ad informarmi, ma poi mi chiuderò in casa senza più uscire se, Dio ne liberi, dovesse essere scarlattina.
Il vecchio principe, dopo che il dottore se ne era andato, era uscito anche lui dal suo studio e, dopo aver offerta la guancia a Dolly e aver parlato con lei, si era rivolto alla moglie:
– Cosa è stato deciso, allora, andate? Be’, e di me che ne volete fare?
– Io ritengo che tu debba restare, Aleksandr – disse la moglie.
Maman, e perché papà non può venire con noi? – disse Kitty. – E per lui e per noi sarà più piacevole.
Il vecchio principe si alzò e carezzò con la mano i capelli di Kitty. Ella aveva sollevato il viso e, sorridendo forzatamente, lo guardava. Le sembrava sempre ch’egli la capisse meglio degli altri in famiglia, benché parlasse poco con lei. Come ultima figlia era la preferita del padre, e a lei sembrava che quel grande affetto lo rendesse perspicace. E quando il suo sguardo incontrò quei suoi buoni occhi azzurri che la guardavano fissi, le sembrò ch’egli la vedesse da parte a parte e che capisse tutto il tormento che avveniva in lei. Arrossendo si protese verso di lui, aspettando un bacio, ma egli le batté soltanto sui capelli e disse:
– Questi stupidi chignons! Non carezzi i capelli di tua figlia, ma quelli di femmine già morte. Be’, Dolin’ka, che fa il tuo bel tomo?
– Nulla, papà – rispose Dolly, comprendendo che l’allusione si riferiva al marito. – È sempre fuori e non lo vedo quasi – aggiunse con un sorriso ironico.
– E che, non è ancora partito per la campagna a vendere il legname?
– No, si prepara sempre.
– Ecco – disse il principe. – Così allora anch’io devo prepararmi? Ai vostri ordini, signora – disse alla moglie, sedendosi. – E tu, ecco cosa devi fare, Katja – aggiunse, rivolgendosi alla figlia minore: – un bel mattino, quando parrà a te, svegliati e di’ a te stessa: ecco io sto perfettamente bene e sono di ottimo umore; andiamo di nuovo con papà a spasso sul ghiaccio di buon’ora. Eh?
Sembrava molto semplice quello che diceva il padre, ma Kitty a queste parole si confuse e si smarrì, come un delinquente colto in fallo. “Sì, egli sa tutto, capisce tutto e con queste parole mi dice che, per quanto sia vergognoso quello che mi è accaduto, tuttavia bisogna sopravvivere alla propria vergogna”. Non riuscì a riprendersi per rispondere qualcosa. Stava incominciando quando improvvisamente scoppiò a piangere e scappò via dalla stanza.
– Ecco, tu con i tuoi scherzi – disse la principessa, investendo il marito. – Sei sempre... – e cominciò a rimproverarlo.
Il principe ascoltò a lungo le recriminazioni della principessa e tacque, ma il viso gli si faceva sempre più scuro.
– Fa tanta pena, la poveretta, tanta pena, e tu non ti accorgi che le fa male ogni accenno a quello che ne è la causa. Ah, sbagliarsi così sul conto della gente! – disse la principessa e, dal cambiamento di tono, Dolly e il principe capirono che alludeva a Vronskij. – Non capisco come non vi siano delle leggi contro esseri così disgustosi e ignobili.
– Ah, se aveste dato retta a me! – esclamò cupo il principe, alzandosi dalla poltrona e desiderando andarsene; ma, fermandosi poi sulla porta: – Le leggi! ci sono, ...

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