Capitolo 1
Il âcaso Italiaâ e la demografia mondiale
âĂ accaduto in Italia per la prima volta. Correva lâanno 1995â. Inizia con queste parole il recente saggio intitolato âLo storico capovolgimento delle popolazioniâ, firmato da Joseph Chamie, uno dei piĂš illustri demografi dei nostri giorni e giĂ direttore della Divisione per la Popolazione delle Nazioni Unite. Lo âstorico capovolgimentoâ di cui Chamie rintraccia le origini nel nostro Paese è il âpunto di svolta demografico in corrispondenza del quale i ragazzi di una certa popolazione diventano meno numerosi degli anzianiâ. Tale svolta nella storia della societĂ umana si è verificata per la prima volta in Italia, alla metĂ degli anni 90 del secolo scorso. Cinque anni dopo, toccò ad altri sei Paesi â Bulgaria, Germania, Grecia, Giappone, Portogallo e Spagna â, poi ad altri ventitrĂŠ Paesi fino al 2015. Per avere unâidea della radicalitĂ del mutamento in corso, si osservi che ancora 50 anni fa la popolazione mondiale contava 3,3 miliardi di persone, con una proporzione di oltre 7 ragazzi al di sotto dei 15 anni di etĂ per ogni persona con piĂš di 65 anni di etĂ . Oggi, su 7,5 miliardi di persone che popolano il pianeta, la proporzione si è dimezzata: ci sono 3 ragazzi per ogni anziano. In Italia la medesima proporzione si è prima capovolta e poi ingigantita, al punto che oggi ci sono 0,6 ragazzi per ogni anziano (in altri termini, per ogni 3 ragazzi ci sono 5 anziani).
Che quello italiano potesse essere uno snodo chiave per capire gli andamenti demografici del pianeta lo avevano intuito allâinizio degli anni Ottanta anche gli studiosi di una delle piĂš prestigiose riviste scientifiche del settore, la francese âPopulation et SocietĂŠsâ, che investigavano sulla natalitĂ . âQue se passe-t-il en Italie?â (âCosa succede in Italia?â) è il titolo di un saggio pubblicato nel 1983, nel quale â dati alla mano â si esortava il lettore ad abbandonare lo stereotipo dellâItalia âsorella latinaâ della Francia, dalle tradizioni familiari vive e dalla prolificitĂ accentuata. Il calo delle nascite, osservavano gli autori, stava infatti diventando rapidissimo: âHa portato alcune regioni del Nord-ovest ai livelli di natalitĂ piĂš bassi dâEuropa. Nel 1979, quando il tasso di feconditĂ italiano era di 1,74 figli per donna, lo stesso indicatore si fermava a 1,45 in Piemonte, 1,40 in Toscana, 1,28 in Emilia Romagna e 1,17 in Liguria!â. Con tanto di punto esclamativo, fatto piĂš unico che raro negli studi accademici. Dâaltronde la denatalitĂ italiana era effettivamente sorprendente. Alla metĂ degli anni 90 toccò quello che allâepoca fu il record minimo mondiale: 1,19 figli per donna. Iniziava allora una tendenza che ha portato di recente a un altro record negativo della nostra storia: il piĂš basso numero di nascite mai registrato, con 458mila nati nel 2017 (furono 576mila nel 2008 e piĂš di 1 milione nel 1964). Nel frattempo altri Paesi ci hanno superato in quanto a bassa natalitĂ : la Corea del Sud nel 2018 è arrivata a 0,96 figli per donna. Ma gli storici in futuro potranno dire di nuovo: âĂ accaduto in Italia per la prima voltaâ.
Tra pronunciata denatalitĂ e conseguente rapido invecchiamento, il nostro Paese attraversa oggi â ancora una volta a moâ di apripista â una delicatissima fase di transizione. Una fase nel corso della quale i singoli individui, la societĂ nel suo complesso e la macchina statale faticano ad adattarsi a squilibri repentini e crescenti della popolazione, a volte fallendo miseramente e pericolosamente. Esempi di tali difficoltĂ non mancano: lâimpatto dellâinvecchiamento sullâinnovazione e sullâimprenditorialitĂ ; il progressivo ridimensionamento della forza lavoro; il rischio di insostenibilitĂ per previdenza e pensioni pubbliche in un Paese giĂ gravato da un indebitamento record; le incognite legate ai flussi migratori in entrata soprattutto dal Sud del mondo e il depauperamento del capitale umano causato dalla nuova emigrazione; i mutamenti sociali e culturali che da tutto ciò discendono; i contraccolpi politici e lâindebolimento geopolitico; lâequilibrio mutevole tra diritti e doveri di ogni individuo. Quelle elencate sono soltanto alcune delle principali sfide che un Paese come il nostro, caratterizzato da scompensi demografici tanto originali quanto gravi, si trova a fronteggiare. A livello globale sta accadendo qualcosa di simile. Come illustrato da Scipione Guarracino nel suo libro âAllarme demograficoâ, âper tre secoli e piĂš il pendolo delle paure demografiche ha oscillato fra i due poli, il deserto e il formicaio: lâinvecchiamento, lo spopolamento e lâestinzione da una parte, le folle di affamati dallâaltra. Si direbbe che ora non sappia piĂš da che parte dirigersi, oppure che voglia toccare contemporaneamente entrambe le estremitĂ â. Oggi, e sempre di piĂš nei prossimi anni, la sfida non sarĂ tanto quella posta dallo spopolamento che il pensatore francese Montesquieu registrava nelle sue âLettere Persianeâ del 1721 e riconduceva tra lâaltro al dispotismo dominante in Europa, nĂŠ quella opposta della crescita eccessiva della popolazione che il biologo americano Paul Ehrlich prevedeva nel suo bestseller âThe Population Bombâ del 1968. La sfida contemporanea â come dimostra il âcaso Italiaâ â è piuttosto quella incarnata dai rapidi squilibri demografici che si manifestano allâinterno di singoli Paesi o dagli andamenti opposti ma simultanei che investono aree geografiche diverse. Di conseguenza lo stesso âcaso Italiaâ non può essere compreso fino in fondo se non è collocato allâinterno del piĂš vasto e contemporaneo âscontro delle demografieâ oggi in corso sul pianeta.
1.1 Lo âscontro delle demografieâ
Nabi Tajima, nata il 4 agosto del 1900, è morta il 21 aprile del 2018 allâetĂ di 117 anni: era lâultima persona ancora vivente a essere stata registrata allâanagrafe nel XIX secolo. Al momento della sua nascita, la signora Tajima aveva intorno a sĂŠ 1 miliardo e 650 milioni di persone, quante ne popolavano la Terra a quellâepoca. Al suo cinquantesimo compleanno, gli abitanti della Terra erano aumentati di circa 1 miliardo di unitĂ , diventando 2 miliardi e 536 milioni. DopodichĂŠ Tajima ha dovuto aspettare soltanto 15 anni per vedersi circondata da un altro miliardo di abitanti. Quando poi è entrata nellâesclusivo club dei centenari â correva lâanno 2000 â la popolazione della Terra superava i 6 miliardi di unitĂ . Nel 2018, al momento del decesso, la signora Tajima ha lasciato dietro di sĂŠ quasi 7 miliardi e mezzo di persone. In definitiva, nel corso della sua sola â seppur lunghissima â vita, la popolazione del pianeta è cresciuta di 6 miliardi di unitĂ .
Questo strabiliante aumento è stato un successo o una catastrofe per lâumanitĂ ? Direi che è stato un successo. Si è offerta infatti a un numero crescente di persone la possibilitĂ di vivere. Dâaltronde le nostre opportunitĂ di fioritura personale e sociale non esisterebbero affatto se, prima di tutto, non esistessimo noi come persone. Da abitante del pianeta che ha avuto la fortuna di beneficiare di questa crescita spettacolare della popolazione, dunque, direi che quello cui abbiamo assistito in campo demografico è stato un successo. Da demografo, però, mi sento in dovere di aggiungere che si è trattato di un successo in buona parte casuale e, soprattutto, temporaneo. Non è detto dunque che esso debba ripetersi in futuro.
In estrema sintesi, il XX secolo che ci lasciamo alle spalle è stato il âsecolo della bomba demograficaâ della quale però siamo riusciti a contenere gli effetti piĂš distruttivi. Addirittura in alcuni Paesi, come lâItalia, la diminuzione delle nascite â che è seguita al loro boom â è un fenomeno talmente radicale da obbligarci a ribadire lâovvio: la demografia si occupa di popolazioni, ma la popolazione è anche elemento costitutivo e fondante di una societĂ ; e se scompare una popolazione, scompare anche la societĂ legata a quella popolazione. Il XXI secolo che ci troviamo davanti, invece, ha iniziato a caratterizzarsi come il âsecolo dellâinvecchiamento demograficoâ di cui ancora non siamo in grado di prevedere tutte le conseguenze, siano esse negative o positive.
Tuttavia anche una simile definizione sarebbe riduttiva: lâinvecchiamento, nella percezione di molti, è dotato di una confortevole linearitĂ che normalmente associamo allâallungamento della vita media. Lâevoluzione demografica in corso nel pianeta, al contrario, è tuttâaltro che lineare se considerata nel suo assieme. A mettere a rischio la complessiva stabilitĂ geopolitica, economica e sociale del mondo è la natura differenziata â per tempo di insorgenza e velocitĂ del processo â degli sviluppi demografici che determinano la diversa etĂ dei popoli. Questa asincronia si traduce in una presenza altrettanto differenziata di giovani, adulti, anziani, vecchi che possono diventare rivali tanto allâinterno di un singolo Paese, quanto a livello internazionale. Sulla rivalitĂ interna, si è giĂ accennato per esempio allâaggravarsi della âquestione generazionaleâ in Italia, con tutte le sue conseguenze in termini economici, welfaristici e politici. Quanto allâagone internazionale, si può immaginare la portata ideologica, economica e militare di una competizione tra un Paese o un gruppo di Paesi in uno stadio molto avanzato dello sviluppo demografico, quindi Paesi âanzianiâ, e altri Paesi invece molto âgiovaniâ. Confronti tra Stati e aree a demografia divergente sono sempre piĂš frequenti allâepoca della globalizzazione e dellâannesso restringimento delle distanze spazio-temporali. Non a caso il politologo americano Samuel Huntington, nel suo libro âLo scontro delle civiltĂ â pubblicato nel 1996, dedicava ampie riflessioni al tema:
Dal punto di vista quantitativo, gli occidentali rappresentano una minoranza sempre piĂš esigua della popolazione mondiale. Anche dal punto di vista qualitativo, tuttavia, gli equilibri tra lâOccidente e le altre popolazioni stanno mutando. I popoli dei Paesi non occidentali stanno diventando piĂš agiati, piĂš urbanizzati, piĂš alfabetizzati, meglio istruiti. (âŚ) Questi mutamenti nei livelli di alfabetizzazione, istruzione e urbanizzazione hanno creato popolazioni socialmente mobili con maggiori capacitĂ e aspettative, le quali possono essere mobilitate a fini politici in modi impensabili ai tempi dei contadini analfabeti. Una nazione con un alto tasso di mobilitĂ sociale è piĂš potente. Nel 1953, quando in Iran la percentuale di alfabetizzazione era inferiore al 15% e la popolazione urbana non raggiungeva il 17%, Kermit Roosevelt e un gruppetto di funzionari della CIA soppressero con relativa facilitĂ unâinsurrezione scoppiata in quel paese e reinsediarono lo Shah sul trono. Nel 1979, quando il 50% degli iraniani era istruito e il 47% viveva in cittĂ , nessun dispiego di potenza militare americana avrebbe potuto mantenere lo Shah sul trono. Un significativo divario separa ancora oggi cinesi, indiani, arabi e africani da occidentali, giapponesi e russi. Esso tuttavia si sta rapidamente colmando. Al tempo stesso, un nuovo e diverso tipo di divario sta oggi prendendo forma. LâetĂ media di occidentali, giapponesi e russi si mantiene costantemente stabile, e la maggior percentuale di popolazione che ha smesso di lavorare impone un onere sempre piĂš gravoso sulla parte produttiva della popolazione. Altre civiltĂ sono oberate da un gran numero di bambini, ma i bambini sono futuri lavoratori e soldati.
Da tutti questi fattori discende la comprensibile percezione della demografia come di una forza che, specie in prospettiva, può sconvolgere gli equilibri, spesso assai precari, fra diversi popoli e aree del mondo, rischiando di mettere in moto una catena di reazioni pericolose, se non addirittura distruttive. Ă proprio lungo le linee di faglia che dividono le popolazioni sulla base dei rispettivi ritmi di cambiamento demografico â linee che possono correre a volte dentro e a volte fuori dei confini nazionali â che si verificano alcuni dei fenomeni piĂš problematici della nostra epoca: dagli squilibri numerici della forza lavoro alla crisi dello Stato sociale, dallâimmigrazione allâurbanizzazione, passando per le tensioni geopolitiche. Per analizzare tali fenomeni compiutamente, torna utile la cassetta degli attrezzi del demografo, ed è imprescindibile cimentarsi con questo sviluppo dinamico â tuttâaltro che sincronizzato â che riguarda le popolazioni del pianeta.
1.2 I numeri della âbombaâ
Nella sua lunga vita, durata 118 anni, la signora Nabi Tajima è stata testimone â magari inconsapevole â di uno dei fenomeni piĂš importanti della storia dellâuomo. Il progressivo affollarsi della terra attorno a lei, lâaggiungersi al pianeta di 6 miliardi di persone nellâarco di una singola vita, è la dimostrazione lampante di quello che ho definito il âsuccessoâ demografico nel XX secolo. Lo stesso fenomeno, secondo altri osservatori, ancora negli anni 70, costituiva invece un rischio esiziale per lâumanitĂ . Mi riferisco a studiosi come Ehrlich, professore allâUniversitĂ di Stanford, autore nel 1968 del successo editoriale âThe Population Bombâ. Il testo si spingeva fino a prospettare carestie imminenti, ovunque nel mondo, da addebitare alla sovrappopolazione.
Figura 1 - Andamento della popolazione mondiale negli ultimi 12.000 anni (in miliardi)
Si possono dunque avere giudizi di valore diversi su quanto avvenuto, ma la metafora dellâordigno bellico di tipo esplosivo, effettivamente, si presta bene per descrivere lâandamento della popolazione umana a partire dalla Rivoluzione industriale e in particolare per gran parte del secolo scorso. Ricordo infatti che probabilmente lâuomo è comparso sulla Terra circa quattro milioni di anni fa, nella forma di ominide eretto dotato di una piccola massa cerebrale. Si valuta che dopo un lunghissimo periodo di tempo, in corrispondenza della nascita di Cristo, tutta la terra fosse popolata da 300 milioni di esseri umani, poi diventati 550 nel 1650. Ă solo dopo la rivoluzione industriale, cioè a partire dal XVIII secolo, che la popolazione ha iniziato ad aumentare con continuitĂ , dapprima lentamente e poi molto rapidamente. Per arrivare al traguardo del primo miliardo di abitanti, che si stima sia stato raggiunto nel 1804, sono occorsi quindi centinaia di migliaia di anni; per passare dal primo al secondo miliardo sono bastati 123 anni; poi dal quinto al sesto miliardo, cosĂŹ come dal sesto al settimo, di anni ne sono stati sufficienti 12. Unâesplosione, insomma, come si evince dal grafico e dalla tabella (vedi Figura 1 e Tabella 1). Solo piĂš avanti in questo XXI secolo, i tempi, per ogni miliardo aggiuntivo di persone, torneranno, sia pur lentamente, a dilatarsi.
Restringendo il campo di osservazione al solo XX secolo, si può affermare che lââesplosioneâ si è manifestata in tutto il mondo, ma in modo non omogeneo nel tempo e nello spazio. Il tasso di accrescimento della popolazione mondiale, debole nei primi decenni, è aumentato fino a toccare il suo massimo nel quinquennio 1965-1970, con un valore pari a 2,05%; se questo ritmo fosse perdurato nel tempo, avrebbe comportato un raddoppio della popolazione in soli 35 anni. Nel quinquennio 2010-2015, il tasso di accrescimento della popolazione mondiale è sceso a 1,19%; con questo ritmo, per avere un raddoppio della popolazione, di anni ne servirebbero 63. Per lâattuale quinquennio, 2015-2020, il tasso di crescita della popolazione atteso è 1,09%. In termini assoluti, oggi la popolazione mondiale aumenta di 84,5 milioni di persone allâanno, come se ogni 365 giorni si aggiungesse sul nostro pianeta un Paese con lo stesso numero di abitanti della Germania; trentâanni fa aumentava di 87,3 milioni di persone allâanno.
Il tasso di crescita della popolazione è stato, e continua a essere, molto differenziato anche dal punto di vista territoriale. Secondo le stime piĂš aggiornate delle Nazioni Unite, tra il 2010 e il 2015, meno di un quinto dellâumanitĂ (i Paesi ricchi e industrializzati del mondo: Europa, America del Nord, Australia/Nuova Zelanda e Giappone), ovvero i...