1. Biopolitica. Genesi di una categoria molto fortunata
1. Una nuova dimensione dellâesercizio del potere
Prima di iniziare la ricostruzione delle tappe principali del liberalismo contemporaneo nellâanalisi di Foucault, bisogna fare luce sui motivi che lo hanno spinto a interessarsi al liberalismo e a leggerne i contenuti come una parte di quel piĂč ampio panorama concettuale costituito dalla biopolitica.{16} Il fatto che il tema del liberalismo venga affrontato in uno soltanto dei suoi Cours al CollĂšge de France, e non venga poi mai piĂč ripreso, non deve trarre in inganno: il liberalismo, come anticipato, non Ăš soltanto un interesse passeggero in cui Foucault si imbatte per caso ma, piuttosto, unâesperienza che gli Ăš servita per definire meglio le sue ricerche sul potere e sulla questione del governo dellâindividuo.
Le ragioni di fondo che lo hanno condotto su questa strada sono inizialmente legate alla continuitĂ di quel percorso sul potere che egli aveva intrapreso durante gli anni Settanta. Foucault si distingueva chiaramente da molti altri intellettuali e da molti filosofi politici del periodo per lâapproccio atipico, originale ed eversivo, talvolta anche irriverente, che lo conduce a rifuggire da ogni forma di sapere costruito sullâevidenza, e che, come lo stesso Foucault riconosce in una delle sue ultime testimonianze, riguarda essenzialmente «il suo modo di approcciarsi ai problemi della politica».{17}
La sua analitica del potere apparve sicuramente provocatoria agli occhi degli studiosi dellâepoca, poichĂ© cercava chiaramente di destituire tale concetto da quella sorta di aura attraverso la quale Ăš stato sempre pensato, per riportare lo sguardo sulle dinamiche individuali in cui esso si esercita, mediante lo scambio e lâinterazione reciproca, denunciandone i meccanismi di funzionamento e mettendone a nudo le dinamiche e gli effetti. Il potere per Foucault Ăš qualcosa di tangibile che si pratica in ogni istante nelle relazioni tra individui ancor prima di essere lâespressione âgiuridico-discorsivaâ di una legge o lâimposizione arbitraria della volontĂ di qualche sovrano.
Le figure utilizzate da Foucault per descrivere le relazioni di potere sono molto chiare e Ăš proprio per questo che sono diventate tanto celebri: il potere «non Ăš una struttura, non Ăš una certa potenza di cui alcuni sarebbero dotati»; il potere Ăš dappertutto, non perchĂ© «avrebbe il privilegio di raggruppare tutto sotto la sua invincibile unità », ma perchĂ© «si produce in ogni istante, in ogni punto, o piuttosto in ogni relazione fra un punto e un altro».{18} Il potere non puĂČ mai essere considerato «un principio in sĂ© nĂ© come un valore esplicativo destinato a funzionare come tale fin dallâinizio»:{19} la sua individuazione globale, lo spesso tessuto che attraversa gli apparati e le istituzioni, prima di essere una decisione «di coloro che governano, dei gruppi che controllano gli apparati dello Stato o di quelli che prendono le decisioni economiche piĂč importanti»,{20} Ăš lâeffetto di un insieme di forze che lo producono senza mai localizzarlo esattamente.
Il quadro delineato da Foucault durante la metĂ degli anni Settanta appare dunque molto chiaro, ma egli non sembra mai volerlo considerare definitivo. Dopo la pubblicazione di La volontĂ© de savoir (il primo volume di un ampio progetto che, come noto, egli non riuscĂŹ mai a completare nella sua interezza, lâHistorie de la sexualitĂ©) si assiste a un silenzio editoriale che dura diversi anni e che impedisce al filosofo francese di lavorare ai rimanenti volumi.{21} In questi anni egli inizia a pensare la questione del potere non piĂč a partire dalla natura âbellico-repressivaâ, in cui esso Ăš ancora caratterizzato dallâanalisi dellâimportanza della coercizione e del conflitto, ma dalla piĂč ampia questione del âgovernoâ e delle implicazioni suscitate da questâultimo, in quanto tecniche di gestione e regolazione della vita degli individui allâinterno delle forme politiche.
Questo passaggio viene tuttavia compiuto con una certa gradualitĂ . Il corso Il faut dĂ©fendre la sociĂ©tĂ©, tenuto nel 1975-76 al CollĂšge de France, Ăš ancora in parte caratterizzato dallâanalisi dellâimportanza del conflitto, in cui il potere viene descritto come duplice meccanismo di repressione e di guerra. Se nel primo caso si ha a che fare con la trasposizione giuridica del binomio contratto/oppressione, e dunque sulla distinzione tra legale e illegale, nel secondo si ha una tensione radicata nel legame guerra/repressione, in cui le basi del potere si reggono sul rapporto tra lotta e oppressione. Lâelemento âoppressivoâ del potere incarnato nei rapporti disciplinari che descrivono nel complesso la societĂ viene affiancato a una dimensione âgiuridicaâ che per Foucault caratterizza sia la concezione marxista sia la concezione giuridica liberale, intendendo questâultima come quella dei philosophes del XVIII secolo.
In base allâimpostazione giuridica il potere viene «considerato come un diritto di cui si sarebbe possessori alla maniera di un bene e che si potrebbe di conseguenza trasferire o alienare»,{22} e proprio a partire da un atto di cessione del potere si arriva alla teoria della sovranitĂ , ciĂČ che rappresentava il punto critico da cui egli era partito per costruire la sua âanaliticaâ del potere. Ma una volta operata questa distinzione Foucault manifesta unâinsoddisfazione sia per lo schema contrattualistico sia per lo schema repressivo: egli Ăš ormai convinto che la nozione di repressione non sia sufficiente per descrivere e comprendere appieno i meccanismi del potere, cosĂŹ come non lo Ăš quella di una sovranitĂ che cala dallâalto sui soggetti sui quali viene esercitata.
Secondo Foucault il paradigma riguardante ciĂČ che egli aveva definito âsocietĂ disciplinareâ era, infatti, insufficiente per comprendere fenomeni sociali e politici che andavano delineandosi a partire dal XVIII secolo in avanti. Lâimpasse teorica di cui Ăš vittima Foucault nel pensare i rapporti di potere si risolve, allora, nello studio della sua natura in quanto pratica di governo.{23} Tale questione risulta, tuttavia, molto interessante nellâensemble del pensiero foucaultiano poichĂ©, come Ăš piĂč volte stato messo in evidenza, permette al filosofo francese di aprirsi la strada verso una concettualizzazione del potere diversa e, forse, anche piĂč interessante: il problema del governo Ăš infatti lo snodo concettuale che permette di articolare la dimensione del potere con quella del soggetto. Questo perchĂ©, da questo momento, si ha un passaggio da una genealogia del soggetto e dei poteri esercitati su di esso, a una genealogia delle pratiche e delle riflessioni che interessano il modo in cui si Ăš potuto stabilire, allâinterno della forma Stato, lâesercizio di una nuova dimensione del potere. CiĂČ che consente di collegare entrambi gli aspetti Ăš la dimensione del governo e il quadro generale costituito dalla biopolitica.
Lâanalisi delle tecnologie di potere non rimane cosĂŹ piĂč vincolata esclusivamente al funzionamento della logica disciplinare, che Foucault aveva descritto fino a quel momento attraverso la sua indefinita capacitĂ di far presa e di esercitare un controllo costante sullâesistenza individuale, ma si estende anche a una diversa logica in grado di farsi carico del governo della vita dellâindividuo. Infatti, con lâavvento della modernitĂ , sottolinea Foucault, il modo in cui il potere viene pensato, organizzato, esercitato, non Ăš piĂč soltanto un riflesso di forme giuridiche e costituzionali: dietro a ciĂČ si nasconde lâemergere di una dimensione ulteriore e ben nascosta dellâesercizio della potenza pubblica, dimensione che viene individuata nella connessione tra lâesercizio di governo e lâinteresse che questâultimo nutre sulle vite di coloro su cui si esercita. La centralitĂ della figura del Sovrano e, con essa, la questione della legittimitĂ del suo potere (che, da una parte, viene accettata o giustificata e, dallâaltra, messa in discussione attraverso una possibilitĂ di contenerne o limitarne gli abusi) Ăš il solo elemento attraverso il quale si Ăš potuto pensare, organizzare e praticare il potere. Ed Ăš proprio a causa di questa centralitĂ , ribatte Foucault, che non si Ăš posta sufficientemente lâattenzione nei confronti di una ben piĂč complessa dimensione del potere, quella che riguarda il modo attraverso cui esso si Ăš occupato e si Ăš preso carico della gestione della vita degli individui e dei loro processi biologici.
Dunque si assiste alla genesi di un discorso sullâorganizzazione dei poteri pubblici, nel quale ciĂČ che si vuole mettere in evidenza non Ăš piĂč il tradizionale esercizio del potere nei suoi risvolti politici, costituzionali o âeticiâ, poichĂ© ora lâattenzione Ăš per gli aspetti in grado di rivelare una connessione tra lâesercizio di un certo tipo di potere, quello detenuto nellâesercizio di governo, e il modo in cui esso viene esteso a una dimensione vitale e biologica dellâindividuo. Si viene cosĂŹ a dissolvere la fortuna delle matrici teoriche attraverso le quali viene tradizionalmente pensata la gestione del potere pubblico a partire dalla formazione dei moderni Stati europei, tanto nella forma dello Stato di diritto o nellâottica dellâemergere dei diritti individuali, mediante cui si cerca di rintracciare gli abusi del potere e di contenerne lâespansione, quanto nellâottica dellâassolutismo monarchico.
La questione del governo deve dunque essere analizzata come problema della presa in carico della vita da parte del potere. Tale passaggio si sviluppa quasi naturalmente dallâanalisi delle trasformazioni delle tecniche di governo, in quanto tecniche di individuazione sui soggetti: le due nozioni sono strettamente connesse e si collocano come punto di congiunzione tra lâeconomico e il biologico, il politico e la sfera individuale. La questione del governo dei poteri assume, cosĂŹ, un ruolo sempre piĂč rilevante nellâanalisi del filosofo francese, tanto che lâintera riflessione sulla biopolitica sembra emergere come una continuazione quasi naturale del suo discorso sulla âsoggettivazioneâ, in cui il potere, anzichĂ© semplicemente assoggettare lâindividuo, produce soggettivitĂ .
Tuttavia, come per le riflessioni sul potere, anche la categoria rappresentata dalla biopolitica risente di una lenta e graduale elaborazione che Foucault compie solo in parte nelle pubblicazioni âufficialiâ e che trova spazio, invece, nei corsi al CollĂšge de France durante la metĂ degli anni Settanta. Il discorso sulla ânascitaâ della biopolitica, prima che nel corso dal titolo omonimo, inizia infatti a prendere piede nelle pagine di La volontĂ© de savoir dedicate alla riflessione sulla natura del potere, in un percorso che terminerĂ , e se ne vedrĂ il motivo, con le lezioni sul liberalismo.
In una prima fase della produzione foucaultiana sembra che di biopolitica si possa parlare in relazione a un discorso di individualizzazione e controllo dellâindividuo a partire dal suo dressage, dal potenziamento delle sue attitudini, secondo la logica della disciplina individuale: «lâestorsione delle sue forze, la crescita parallela della sua utilitĂ e della sua docilitĂ [...] e, insieme, i meccanismi che servono [...] alla proliferazione dei processi biologici».{24} Tale dispositivo, nella sua azione congiunta al complesso apparato di controllo formato dalle discipline del corpo e dellâanatomo-politica, si trova a essere un polo di congiunzione convergente nella strutturazione del campo di un potere generale sulla vita e rappresenta una direzione dei poteri che investono direttamente lâindividuo, la quale sfocia nella tessitura di un vero e proprio sistema di quadrillage des corps et des comportements. Ma, allo stesso tempo, sottolinea Foucault, Ăš possibile parlare di una biopolitica della popolazione, lĂ dove, correlativamente alle tecnologie anatomo-politiche e individualizzanti del corpo umano, emerge lo sviluppo di una seconda âformaâ di potere.
Se, da un lato, si ha un polo di sviluppo che coincide con lâesercizio di un potere come insieme di forze disciplinanti rivolte essenzialmente allâindividuo (al suo corpo, alle sue possibilitĂ , alla sua forza-lavoro), dallâaltro si ha, invece, lâestensione di un potere sul corpo-specie che serve da supporto per i processi biologici. Tali forme di potere, scriveva Foucault, «costituiscono i due poli intorno ai quali si Ăš sviluppata lâorganizzazione di un potere sulla vita».{25} Ed Ăš a questo periodo che risale la nota parafrasi tramite cui Foucault intende sottolineare le implicazioni politiche del passaggio dalle forme di governo moderno, incentrate sulla figura del sovrano assoluto, a quelle della âsocietĂ mercantileâ, progenitrice di quella che diverrĂ la societĂ di mercato o la cosiddetta âsocietĂ di massaâ (anche se Foucault non usa mai queste espressioni, limitandosi a individuare quelle che chiama âtecnologie politiche moderneâ, assimilabili alla nascita degli Stati costituzionali europei). Se, infatti, il potere del sovrano assoluto era quello di far morire o lasciar vivere, allâinnovazione tipica e specifica degli Stati moderni segue una diversa e rinnovata razionalitĂ politica basata sulla cura e sullâorganizzazione delle forze sociali, economiche e biologiche della popolazione, la cui peculiare potenza consiste, piuttosto, nella possibilitĂ di far vivere o lasciar morire.
Ne consegue che il quadro rappresentato dalla biopolitica non si esaurisce nella logica disciplinare, in un controllo del corpo o in un quadro distopico e tanatopolitico messo in atto dal governo sullâindividuo; non coincide, detto in altri termini, con lâeugenetica e la âpulizia etnicaâ dello Stato nazista, nĂ© con la logica oppressiva dello Stato assoluto o con quella onnipervasiva messa in atto dallo Stato totalitario.{26} Esso Ăš qualcosa di piĂč complesso e profondo e consiste in una forma di controllo diversa, che si instaura a partire da una regolazione e da una funzionalitĂ strutturale, da una cura dei processi biologici e delle loro regolaritĂ , e da un complesso equilibrio generale che riguarda una popolazione.
Questo percorso ha inizio nel momento in cui il governo inizia a interessarsi, in un modo inedito e originale, alla popolazione, formando intorno a essa dei veri e propri dispositivi, termine usato da Foucault e ormai diventato il simbolo di un certo modo di analizzare i legami tra fenomeni sociali, politici e determinazioni soggettive.{27} Dunque, lâazione del governo avrĂ come oggetto un insieme definito di individui accomunati da una medesima localizzazione geografica e spesso anche culturale e, come strumenti, un complesso di tecniche che conducono a unâindefinita regolamentazione delle attivitĂ statali e delle corrispettive funzioni che esso dovrĂ esercitare sullâindividuo.
Tale azione, non essendo piĂč esclusivamente basata sul principio di sudditanza, avr...