Parte seconda 6. Il bianco e nero
6.1 Nozioni fondamentali
Il trattamento di sviluppo si distingue in quattro fasi: sviluppo, arresto, fissaggio e lavaggio. Durante lo sviluppo lâimmagine latente appare per azione di un agente riduttore, il rivelatore. La velocitĂ con cui esso agisce è piĂš rapida a temperature piĂš elevate, in soluzioni piĂš concentrate e in ambiente alcalino. Una diluizione maggiore prolunga la durata ma dĂ una grana piĂš sottile con maggior dettaglio nelle ombre, di contro il bagno si esaurisce piĂš rapidamente e si conserva meno. Ad accelerare il trattamento di sviluppo entra infine in gioco lâagitazione, il cui compito è quello di mantenere fresca la soluzione a contatto dellâemulsione.
Nelle formule per i negativi deve dare un contrasto minore rispetto alla stampa dove, viceversa, si cercano neri profondi. La conservazione varia da formula a formula a patto che i flaconi aperti a metĂ siano liberati dallâaria: generalmente è di sei mesi per le soluzioni iniziate e di due anni per quelle nuove. I rivelatori sono da gettare quando assumono un colore bruno, ad eccezione solo del Rodinal che pare restare efficace anche dopo decenni.
Durante lâattivitĂ , lo sviluppo riduce progressivamente le proprie capacitĂ sino ad esaurirsi completamente. Per la stampa viene indicata la superficie di carta stampabile con un litro di soluzione, da gettare comunque a fine giornata. Alcuni sviluppi per negativo possono invece essere recuperati e impiegati piĂš volte ma la conservazione è comunque breve e il tempo di sviluppo va debitamente allungato. Certi rivelatori parzialmente esauriti possono essere rigenerati con lâaggiunta di un integratore, altri vanno scartati dopo lâuso.
La temperatura ottimale è di 20 °C ma con i materiali attuali può oscillare tra i 18 e i 27 °C, superati i quali si rendono necessari procedimenti particolari che escludano il rigonfiamento della gelatina. La temperatura piÚ bassa fissa invece la soglia sotto cui i principali agenti rivelatori impiegati nelle formule non riescono a diventare attivi.
Digitaltruth.com pubblica online un database con i tempi di sviluppo di tutte le pellicole in mercato; questi sono anche forniti dai fabbricanti e fungono come valori di partenza a cui suggeriamo di attenersi almeno finchĂŠ non si sia acquisita una certa familiaritĂ con lo sviluppo e, soprattutto, finchĂŠ non si sia certi di raggiungere risultati ripetibili.
In commercio esiste una ricca scelta di prodotti in soluzione concentrata; pronti per lo stoccaggio, vanno diluiti immediatamente prima dellâuso. Altri chimici sono invece venduti in sali solitamente divisi su piĂš buste da diluire in acqua secondo lâordine di numerazione, alla temperatura di 35-50 °C. Salvo rari caso per la preparazione dei bagni si può usare la comune acqua potabile, ma per gli sviluppi venduti in sali o piĂš in generale per gli stoccaggi è meglio ripiegare sullâacqua distillata o su quella del rubinetto previamente bollita.
Tracce di sviluppo nel fissaggio tendono a produrre velo dicroico e macchie, ragion per cui si usa intervallare i due bagni con un lavaggio intermedio. Lâarresto piĂš semplice è un lavaggio dâacqua corrente per la durata di un minuto, ma di norma si preferisce sostituirlo con un bagno acidificato. Lâacido acetico 80% può essere usato indistintamente sia per il negativo che per la stampa variando di volta in volta la concentrazione. La durata in entrambi i casi è di 30 sec e va gettato quando il pH si avvicina ai valori neutri (per questa ragione in commercio esistono soluzioni di stop contenenti un indicatore di aciditĂ che cambia colore al salire del pH).
Nel fissaggio i sali dâargento non ridotti in argento metallico diventano solubili in acqua e sono facilmente asportabili mediante lavaggio, ma superato il tempo strettamente utile allâoperazione, il bagno inizia ad intaccare lâargento dellâimmagine e a penetrare in profonditĂ nellâemulsione. A questo punto neppure un lavaggio prolungato riesce a rimuoverne le tracce residue che, con il tempo, andranno a formare macchie non piĂš eliminabili. Se poi il bagno è esaurito lâazione rallenta sino ad inibirsi del tutto, mentre il rischio di inquinamento si fa maggiore.
Il piĂš antico fissaggio ad essere usato ancora oggi (ma solo per la stampa) prende il nome di fissaggio neutro e contiene solo lâiposolfito di sodio. Meglio e piĂš rapidamente di questâultimo agisce lâiposolfito di ammonio (o tiosolfato di ammonio) che nelle formule viene designato con il nome di fissaggio rapido. Seppure lâarresto acido sia sufficiente a mantenere pulito il fissaggio, da tempo si usa acidificare anche questâultimo. Ciò nonostante si è scoperto che un fissaggio acido rende piĂš difficile il lavaggio, tanto che, a partire dagli anni Novanta, sono state pubblicate alcune formule di fissaggio alcalino che meglio si prestano alla conservazione dei negativi. Come per il fissaggio neutro a contatto di un acido si forma un precipitato di zolfo e perciò va preceduto sempre da un arresto in acqua.
Per il trattamento del negativo la durata va calcolata da emulsione a emulsione immergendo uno spezzone di film nella soluzione fresca: cronometrato il tempo necessario affinchÊ la pellicola diventi completamente trasparente, lo si triplica nel caso di un fissaggio neutro o alcalino, lo si quadruplica con un fissaggio acido1. Il bagno va poi scartato quando il tempo di chiarificazione raddoppia. Per le carte, invece, il tempo andrebbe determinato con un test, ma in genere si fa riferimento alle istruzioni di fabbrica; in questo caso per prudenza è consigliato però non arrivare ai limiti o meglio dividere il trattamento in due soluzioni di cui la seconda freschissima. Di solito un fissaggio rapido richiede dai 3 ai 5 minuti di trattamento, il doppio negli altri casi.
Se venduti come universali i fissaggi possono essere usati indistintamente sia per la stampa che per il negativo, ma cambiano le proporzioni di diluizione. In genere ha buone capacitĂ di conservazione e va scartato quando lascia depositi gialli; può essere utilizzato piĂš volte, verificandone di volta in volta lâefficacia. Unica eccezione il fissaggio neutro dâiposolfito puro, il quale va consumato in giornata.
Gli ultimi due prodotti che ci serviranno per completare le spiegazioni di questo capitolo sono lâhypo clearing angent della Kodak, un particolare composto di sali da sciogliere in acqua e da usare per facilitare il lavaggio, ed un emolliente che tolga le impuritĂ dellâacqua a completamento del trattamento della negativa, lâimbibente.
Fig. 6.1 â La pubblicazione Kodak AK-3, scaricabile dal sito dellâazienda, spiega come progettare una camera oscura e propone alcune soluzioni provvisorie, adattando ad esempio lo spazio della cucina o del bagno.
6.2 La camera oscura
La camera oscura (fig. 6.1) è il locale attrezzato per lo sviluppo e la stampa del materiale su pellicola. Allâinterno si trovano un piano da lavoro (4), lâingranditore (2) e un essiccatoio (3) per le negative (mentre per evitare un inutile accumulo di umiditĂ le stampe vanno asciugate in un ambiente separato). Le pareti andrebbero dipinte di grigio chiaro con i soffitti bianchi e le prese della corrente sistemate lontano dalle bacinelle di sviluppo. Pavimento e pittura murale devono essere facilmente lavabili; le eventuali finestre vanno schermate con pannelli a prova di luce, sigillando bene gli eventuali spifferi. Lâingresso a labirinto (1), oltre a garantire il necessario ricambio dâaria, è utile se si deve entrare e uscire spesso dal laboratorio poichĂŠ trattiene la luce senza ostacolare lâaccesso che dunque resta sempre aperto. Lâacqua (5), seppure di grande utilitĂ , non è strettamente necessaria.
Nella camera oscura la zona asciutta, dove è sistemato il tavolo con lâingranditore per lâesposizione della carta, deve essere separata dal piano di sviluppo. Questo deve essere abbastanza ampio da contenere le bacinelle per lo sviluppo della carta, sino al formato 50 x 70 cm; per i formati superiori si usano apposite vasche in cui le stampe vanno immerse arrotolate (di questo tipo sono le sviluppatrici a tamburo per il trattamento automatizzato della carta, indispensabile per il colore). I materiali non sensibili ad alcune frequenze luminose, come la carta, possono essere manipolati con una apposita illuminazione di sicurezza giallo-verde o rossa, tenuta ad almeno un metro di distanza dal materiale fotosensibile, per la durata strettamente necessaria alla lavorazione. In ogni modo lâambiente risulta piuttosto buio e ci si muove meglio per abitudine.