1
La mela himalayana: introduzione alla terza cultura
Definizione
Ha iniziato Charles Snow nel 1959 a parlare di âdue cultureâ, ovvero lâumanesimo e la scienza, e ha continuato affermando che âil numero 2 è un numero molto pericoloso. Bisogna considerare con molto sospetto i tentativi di dividere ogni cosa in dueâ.
Secondo Snow, la cultura è divisa in due rami: da un lato si trova la cultura umanistica (definita âletterariaâ), al lato opposto quella scientifica: queste costituiscono, segnala Snow, due poli divergenti. Divergenti perchĂŠ gli scienziati preferiscono una visione razionalistica del mondo, quindi disdegnano le materie umanistiche, soprattutto la letteratura. Dâaltro canto i letterati si vendicano con un comportamento simile: per loro la vera cultura prescinde dalla scienza, anzi a volte diventa antiscientifica.
Da alcuni anni ci si riferisce anche alla terza cultura: che cosâè?
Ne parla per la prima volta John Brockman nel 1995: si tratta di una visione unitaria del sapere, non dissimile dalla bella unitĂ culturale del Rinascimento. Secondo lâautore, oggi sono gli stessi scienziati i rappresentanti, gli autori e i promotori di questa terza cultura, sono loro a voler salvare il mondo attraverso un nuovo umanesimo.
Aggiungerei qualcosa in piĂš: la terza cultura è la visione dallâalto, a trecentosessanta gradi, dei legami che le due culture intrecciano, e della meraviglia che suscitano.
Sessantâanni fa, Richard Feynman scriveva:
Il valore della scienza non viene cantato dai cantanti, siete ridotti ad ascoltarlo non in musica o in versi, ma in una conferenza serale. Non siamo ancora in unâera scientifica.
Tra parentesi, vi siete mai chiesti se abbia dato un maggior contributo allâumanitĂ lâidea di Sofocle (Edipo) o quella di Einstein (relativitĂ )? Io rispondo che dalla tragedia di Edipo (un uomo che ammazza il padre e sâinnamora della madre) è nata tutta la moderna psicoanalisi, mentre dalla relatività è nato il GPS, sono nati film e libri di successo. Quale delle due culture ha influenzato maggiormente lâaltra? E quali legami vi sono fra questi due ambiti del sapere?
Proprio di questi legami tratta il libro che avete tra le mani.
Lettori, allâinizio questo saggio sembra andare avanti in modo consequenziale, poi le cose si complicano: il libro continua come in un albero o unâenciclopedia, vale a dire che ogni parte del volume si aggancia a molte altre. E non poteva essere diversamente, visto lâargomento.
Inizio personale
Sono di fronte al mare, un mare selvaggio comâero io da bambina.
Anche allora câerano onde, cavalloni, sogni di pirati e forzieri colmi di tesori. E la fetta di pane tostato.
Da piccola pensavo: se mangio metĂ fetta, tagliandola in due parti uguali, poi ne ho di meno, esattamente metĂ ; se a un secondo boccone ne mangio metĂ della metĂ , il resto sarĂ ancora piĂš piccolo, al terzo boccone metĂ della metĂ della metĂ , poi al quarto metĂ della metĂ della metĂ della metĂ , e cosĂŹ via. I bocconi diventano sempre piĂš piccoli e la fetta rimanente pure.
Ma non riesco a finirla. Se continuo cosĂŹ, boccone dopo boccone, la fetta durerĂ allâinfinito.
Mi sono riproposta il problema quando i miei mi hanno portata a Barcellona, qualche mese dopo. In Spagna ho preso unâaltra fetta di pane tostato, ho immaginato di mangiarne metĂ , poi metĂ della metĂ al secondo boccone, eccetera.
Poco dopo siamo andati a visitare la Sagrada FamĂlia, e stavano suonando il quinto concerto brandeburghese di Bach.
Anni dopo, a scuola ho scoperto che quei pensieri sulla divisione infinita li avevano avuti anche Newton e Leibniz e che i due matematici avevano inventato lâanalisi, e da allora il calcolo infinitesimale mi fa sempre venire in mente GaudĂ, il quinto concerto brandeburghese e pure il pane tostato, tutto insieme. Associo il gusto croccante allâinfinito.
La poesia è incontro del suono col senso, sostiene Paul ValÊry. Ma questo non vale forse anche in altri campi, per esempio nella scienza? O no?
A prima vista rispondiamo di no, assolutamente, poi però⌠Forse anche nelle scienze dure, come la matematica, il suono di una formula, quindi la sua notazione, la scrittura, devâessere bello ed elegante. eiĎ=â1. Stupendo! Tutta unâaltra cosa rispetto, per esempio, alle odiate (almeno da me) formule di prostaferesi della trigonometria. Ancora, E=mc2 (questa E è tuttâaltra cosa rispetto alla prima) è poesia pura. La velocitĂ della luce e lâenergia. Da togliere il fiato. Ho fatto una ricerca su un migliaio di maturandi: per otto anni, per cinque classi di studenti allâanno, per quasi trenta allievi in ogni classe, ho insegnato terza cultura e ho posto ai ragazzi la seguente domanda: quale colore dareste alla formula della relativitĂ ristretta? Color rosso fiamma, hanno risposto i miei allievi.
Ho posto una domanda analoga per la letteratura.
Quali colori dareste ai versi di una poesia?
Quali alla seguente frase di Henry David Thoreau?
Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.
Alla maggioranza la citazione pare verde, oppure verde-arancione, sempre come dicevano i miei studenti, in una serie di lezioni su âTeatro e scienzaâ e piĂš in generale sulle due culture.
La bellezza è sempre sovrana, nelle arti come nelle scienze.
Beauty is truth, truth beauty, â that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.
dice John Keats in Ode on a Grecian Urn.
Unire le emozioni alla razionalitĂ : per lâanelito umano alla conoscenza questo legame punta dritto alla completezza, cioè al sublime.
Procediamo con intermezzi e brevi ragionamenti. Gustiamo insieme le mele fatate dellâalbero della conoscenza. Ogni pomo nasconde ciò che è nascosto e visibile allo stesso tempo, e questo processo avviene infinitamente. Ogni cosa che vediamo ne nasconde unâaltra; vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo.
Come la mela dolce rosseggia sullâalto del ramo,
alta sul ramo piĂš alto: la scordarono i coglitori?
No, certo lâhanno vista, non poterono raggiungerla.
Saffo
La beffa dellâelevamento a potenza
Nella Variante di LĂźneburg, Paolo Maurensig parla dellâinvenzione degli scacchi, che si dice sia legata a un fatto di sangue.
Quando il gioco fu presentato per la prima volta a corte, pare in Persia, nel V secolo d.C., il sultano volle premiare lâoscuro inventore esaudendo un suo desiderio. Questi chiese tanto grano quanto poteva risultare da una semplice moltiplicazione per due: un chicco sulla prima delle sessantaquattro caselle, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e cosĂŹ via⌠Ma quando il sultano si rese conto che a soddisfare una tale richiesta non sarebbero bastati tutti i granai del suo regno, per togliersi dallâimbarazzo stimò opportuno mozzare la testa allâinventore. Problema risolto.
Ancora sullâelevamento a potenza, pensiamo a Pierre de Fermat, quel pazzoide di magistrato (ed essendo magistrato poteva effettivamente ordinare che qualche testa venisse tagliata) che affermava che
non esistono soluzioni intere positive allâequazione an+bn=cn, se n è maggiore di 2.
In pratica, il caso in cui n=2, equivalente al teorema di Pitagora, è un mostro matematico.
Disse Fermat, anzi scrisse:
Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che però non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina.
Se la cosa fosse vera non si sa, ma si suppone di no. Anche perchĂŠ, se lo fosse, vanificherebbe il lavoro decennale del professor Andrew Wiles, che pochi anni fa ha dimostrato il teorema in un volume di 130 pagine. Tutti i matematici pensano che tale dimostrazione vada molto al di lĂ degli strumenti matematici dei maggiori scienziati odierni, figuriamoci del 1600!
Andrew Wiles stesso ha detto: âĂ impossibile; questa è una dimostrazione del XX secolo!â Forse può esistere una dimostrazione piĂš breve, ma nessuno finora ha trovato la dimostrazione âsempliceâ di Fermat. Chi lo facesse meriterebbe la medaglia Fields. E lâeterna riconoscenza (dalla tomba) di Fermat.
Câè un altro aspetto del mistero. Forse Fermat, intuendo la veritĂ della sua congettura ma non riuscendo a dimostrarla, ha voluto prendersi una vendetta postuma sui matematici a venire, facendoli arrovellare per quasi quattrocento anni. Un poâ come la vendetta della âvecchia signoraâ di Friedrich DĂźrrenmatt. La signora torna al paese natio da cui era stata cacciata, oltre cinquantâanni prima, perchĂŠ in attesa di un figlio senza essere sposata, mentre altre nozze aspettavano il seduttore. Ora la donna è anziana, ha una fortuna immensa, per oltre mezzo secolo ha pensato alla vendetta ed è pronta a compierla con un terribile scambio: il paese ucciderĂ il vecchio seduttore e lei al paese regalerĂ un miliardo di franchi. Un modo come un altro per comprarsi la giustizia.
Oppure come capita nelle prime pagine di Uccelli di rovo in cui lâanziana Mary Carson si vendica di padre Ralph: lo divide per sempre dallâamata lasciandogli in ereditĂ ben 13 milioni di sterline. Alla morte di Mary, il giovane prete si ritrova improvvisamente con una somma di denaro tale da consentirgli lâambita scalata nelle gerarchie ecclesiastiche. E da obbligarlo a fare lâerrore piĂš grande della sua vita: lasciare lâunica donna che abbia mai amato.
Ma il teorema di Fermat ha anche ispirato romanzi storici, come Il teorema del pappagallo di Denis Guedj, un altro esempio di terza cultura. Ecco ciò che si legge sulla quarta di copertina di questo libro:
Dove comincia questa storia? In Amazzonia, quando un cercatore dâoro che ha deciso di raccogliere tutte le opere matematiche piĂš importanti del mondo, scompare misteriosamente? [âŚ] Dove finisce questa storia? In Sicilia, in un altipiano spazzato dal vento in cui sorge la presunta tomba di Pitagora? Oppure a Cambridge, quando un giovane studioso offre al mondo la dimostrazione di uno dei teoremi piĂš discussi della storia, quello di Fermat? [âŚ] Ă la storia della matematica. Provate a seguire tre vivaci ragazzini, la loro enigmatica madre, un libraio-filosofo e il pappagallo Nofutur in questa avventura. Scoprite con loro comâè stato inventato lo zero, gli oscuri segreti dei matematici persiani, le incredibili vicissitudini di Cardano e TartagliaâŚ
Racconto bizzarro, atto a suscitare lâinteresse del lettore meno avvezzo agli studi della matematica con unâavventura âsurrealeâ partorita da una delle piĂš agili menti del nostro tempo per la divulgazione scientifica.
Sempre il teorema di Fermat dĂ il titolo a un altro famoso romanzo, Lâultimo teorema di Fermat, di Simon Singh.
âDispongo di una meravigliosa dimostrazioneâŚâ Come abbiamo detto, cosĂŹ scriveva a metĂ Seicento il âmatematico principe dei dilettantiâ Pierre de Fermat, riguardo a quello che da allora tutti avremmo denominato come la âcongetturaâ di Fermat.
La storia dellâultimo teorema di Fermat è legata con catene pesanti alla storia della matematica: in fondo, tratta tutti i temi piĂš importanti della teoria dei numeri. Per questo, il libro di Simon Singh non è solo la storia del passaggio dalla congettura al teorema â cioè la sua dimostrazione â, ma è anche la storia della matematica.
Si inizia dalla Grecia antica e si arriva ai giorni nostri, passando per gli sforzi dei cervelli piÚ creativi che si sono affaticati a tentare di dimostrare il teorema, forse non riuscendovi del tutto ma comunque dimostrando altre proposizioni in altri campi, che paiono abbastanza lontani dalla teoria dei numeri. Il libro è la storia di una dimostrazione che non fu mai trovata, almeno da chi la enunciò, e quella frase divenne un duello matematico fra ricercatori e congettura: una frase cosÏ semplice, ma cosÏ impenetrabile, e soprattutto cosÏ straordinaria.
Fra i matematici antichi, Pitagora è degno del massimo rispetto perchĂŠ comprese che lâesistenza dei numeri è indipendente dal mondo sensibile: ma i fenomeni naturali sono governati da leggi descritte con equazioni matematiche. Di qui il motto della sua scuola: âTutto è numero.â
PiĂš tardi Euclide dimostrò, però soltanto in modo geometrico, lâesistenza dei numeri irrazionali, e Diofanto di Alessandria compilò lâArithmetica, grande opera sulla teoria dei numeri, comprendente lâintero sapere dellâepoca in materia: la sua caratteristica era di esaminare problemi che richiedevano una soluzione con numeri interi.
Nel millennio successivo, la matematica continuò a evolversi solamente con cervelli provenienti dallâIndia e dallâArabia: i matematici orientali copiarono le formule dei manoscritti greci, reinventarono molti teoremi ormai perduti e aggiunsero nuovi elementi. Nel 1453, quando i turchi saccheggiarono Costantinopoli, i sapienti della cittĂ fuggirono in Occidente con tutti i manoscritti che riuscirono a portare con sĂŠ; cont...