Jimmy Page & Robert Plant
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Jimmy Page & Robert Plant

Luca Garrò

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Jimmy Page & Robert Plant

Luca Garrò

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Ancora oggi, a cinquant'anni dalla fondazione, ogni notizia riguardante i Led Zeppelin è in grado di catalizzare l'attenzione degli amanti del rock più di qualsiasi altra. Quasi come se la band fondata da Jimmy Page si fosse sciolta solo dopo il leggendario concerto del dicembre 2007 all'O2 Arena di Londra e non nel lontano 1980. Nonostante sia chiaro a tutti che la loro forza dirompente dipendesse dal contributo di ognuno dei quattro elementi che la componevano, nell'immaginario comune i meriti maggiori vanno invece divisi tra i due maggiori compositori della band. Le dinamiche del rapporto tra Jimmy Page e Robert Plant assomigliano terribilmente a quelle di altre celeberrime coppie compositive che hanno fatto grande la storia del rock. Come Lennon e McCartney, Mick Jagger e Keith Richards o Roger Waters e David Gilmour, anche Page e Plant, per lungo tempo hanno vissuto quasi in simbiosi, ognuno spingendo l'altro a superare i propri limiti e giungendo spesso a scontri molto accesi. In particolare, quando le cose hanno iniziato a non funzionare più come agli esordi. Non a caso, per rispondere alle continue domande circa il suo rapporto con Plant, Page ha spesso parlato di un vero e proprio matrimonio. Forse perché, se dietro a un grande uomo c'è sempre una grande donna, dietro a un grande chitarrista deve per forza esserci un grande cantante.

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Information

Verlag
Hoepli
Jahr
2018
ISBN
9788820385910
TO BE
A ROCK
AND NOT
TO ROLL
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Dalla spiazzante terza fatica in studio, con cui i Led Zeppelin portarono il folk alle masse, al clamoroso successo dell’album senza titolo, che li rese la band più richiesta e amata del pianeta. I continui scontri con la stampa di settore e la sempre più inquietante passione di Page per lʼocculto.
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Col successo su scala mondiale, si moltiplicarono inevitabilmente anche i detrattori dei Led Zeppelin. Se già la stampa aveva ampiamente manifestato la propria antipatia nei loro confronti, ora che i loro pezzi venivano analizzati con la lente d’ingrandimento le accuse (in particolare quelle di plagio) iniziarono a ripetersi con regolarità. Non che Page e Plant avessero fatto molto per evitarlo, attingendo a piene mani tanto dal repertorio blues con cui erano cresciuti, quanto da artisti contemporanei che li avevano particolarmente colpiti; ma mettere in discussione la loro genialità e capacità di trasformare composizioni altrui in qualcosa di proprio faceva certamente parte di quella campagna di screditamento messa in atto, nei loro confronti, a livello mediatico. “Per quanto mi riguarda, posso dire che cercavo sempre di aggiungere qualcosa di nuovo a tutto ciò a cui mi ispiravo”, ammise Page. “Certo, ci siamo presi alcune libertà, questo devo ammetterlo, ma ho sempre provato a introdurre qualche variazione. Anzi, credo che nella maggior parte dei casi nessuno riesca a riconoscere le fonti originali delle mie composizioni. Forse non in tutti i casi, ma nella maggior parte sì. Quindi le somiglianze sono soprattutto nei testi. Toccava a Robert cambiarli, ma non sempre l’ha fatto. È questo che ci ha tirato addosso i guai. Non potevano fregarci sulle parti di chitarra, ma ci hanno inchiodati sui testi. Quindi, in conclusione, se c’è plagio, la colpa è di Robert. No, seriamente: i bluesmen hanno sempre copiato l’uno dall’altro, e lo stesso vale per il jazz. È successo anche a noi di essere copiati”. Anche Plant si trovò quasi costretto ad ammettere le proprie colpe, convinto tuttavia del fatto che quell’accanimento fosse legato più che altro all’incredibile notorietà acquisita dalla band: “Fino a quando sei nell’ombra, nessuno ti dà fastidio, poi quando hai i riflettori puntati addosso devi stare attento a tutto”. Semmai, il loro errore fu quello di non citare le fonti di alcuni brani, attribuendoli invece al proprio ingegno: un passo falso che spesso, negli anni successivi, avrebbero pagato con l’inserimento dei compositori dei pezzi originali nei crediti, oltre che sborsando grossi risarcimenti economici.
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“QUELLA MUSICA È STATA FATTA CON TANTISSIMA LIBERTÀ E CONVINZIONE DA GRANDI MUSICISTI ED È PER QUESTO CHE HA RESISTITO AL PASSARE DEL TEMPO”
Jimmy Page
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Intanto, la coesione tra i membri del gruppo e, in particolare, quella tra Jimmy e Robert, aveva raggiunto livelli sempre più elevati. Bastava confrontare anche solo le performance effettuate a distanza di pochi mesi nelle varie occasioni in cui la band aveva suonato alla BBC: “L’interazione fra me e Robert aveva fatto passi da gigante”, ricorda ancora Page. “Questo genere di cose rivela come la band iniziasse davvero ad amalgamarsi. Diventavamo sempre più coesi, al limite della telepatia. Voglio dire, confronta le nostre session con, per esempio, le registrazioni della BBC dei Beatles. Scommetto cento a uno che se ci sono due o tre versioni di Love Me Do o altro sono tutte identiche. Era quella la differenza fra noi e i nostri contemporanei: i Led Zeppelin erano sempre in movimento”.
Al di là dei due leader, era il clima generale della band a rendere tutto così semplice: l’incoraggiamento reciproco, oltre all’accettazione del fatto che Page avesse sempre la parola finale su tutto, fece sì che, almeno nei primi anni, le dispute fossero sostanzialmente ridotte a zero. Nonostante John Paul Jones, anni dopo, abbia ammesso di essersi pentito di non aver fatto sempre valere le proprie idee, l’atmosfera era sempre molto professionale, il che aiutava a far sì che ogni membro fosse focalizzato sul medesimo obiettivo. Un altro elemento che aiutò molto l’equilibrio del gruppo era il fatto che, una volta fuori dagli studi o terminato un tour, i quattro tornavano alle proprie vite: “Abitavamo in parti diverse del Paese, così quando finivamo i tour non ci vedevamo per un po’. Questo era molto utile. Socializzavamo solo quando eravamo in studio o in tournée. Avevamo tutti a cuore la nostra vita privata, specialmente dopo essere stati in giro tanto a lungo, ed è così che dovrebbe essere. Ci ha aiutati a mantenere un certo equilibrio nella vita. Le nostre famiglie ci hanno aiutato a restare sani di mente”. Se era sacrosanto pensare ai Led Zeppelin come al frutto della passione e delle ambizioni di Page, era altrettanto chiaro che lo stesso Jimmy, senza l’apporto decisivo di Peter Grant, avrebbe fatto di certo più fatica a far emergere le proprie idee. L’intuizione di cercare fortuna in America, forte anche dei contatti accumulati negli anni in cui aveva seguito in tour gente come Gene Vincent e Little Richard, oltre che della più recente esperienza con Jeff Beck e gli stessi Yardbirds, fu decisiva. Se, infatti, Grant si fosse limitato a cercare gloria in patria, molto probabilmente la forza dirompente dei Led Zeppelin si sarebbe scontrata contro quel muro di gomma che lo stesso Plant aveva già sperimentato personalmente e che, negli anni precedenti, gli aveva fatto credere che la strada del rock’n’roll non fosse quella che il destino aveva scelto per lui. Un passato da lottatore e l‘immensa stazza permisero a Grant, spesso con metodi al limite del penale, di rivoluzionare per sempre la figura del manager: il fatto che, per lui, gli interessi della band venissero sempre prima di quelli dei promoter portò un cambiamento radicale all’interno di un mondo in cui a guadagnarci erano sempre stati gli impresari e non coloro che l’avrebbero meritato maggiormente. Non che Grant fosse stato il primo a capire che il mercato americano rappresentava la vera gallina dalle uova d’oro per la seconda British invasion (dopo quella di Beatles e Stones), ma di certo la sua sfrontatezza, unita a una sensibilità altrettanto grande, giocò un ruolo determinante nella riuscita del progetto. L’onda lunga del suo lavoro, poi, si sarebbe propagata per i decenni successivi e avrebbe cambiato radicalmente il modo di concepire il management musicale.
28 FEBBRAIO 1970
A Copenaghen, la band va in scena con il nome di The Nobs per evitare denunce da parte di Eva von Zeppelin.
21 MARZO 1970
In Canada ha inizio il quinto tour nordamericano.
17 APRILE 1970
Prima di un concerto al Mid-South Coliseum di Memphis, i Led Zeppelin ricevono le chiavi della città.
MAGGIO 1970
Page e Plant si ritirano in un cottage di campagna, a Bron-Yr-Aur, e iniziano a lavorare a nuovi brani.
GIUGNO 1970
La band si trasferisce negli studi di Headley Grange, nello Hampshire, e inizia a registrare Led Zeppelin III.
28 GIUGNO 1970
A Bath, i Led Zeppelin si esibiscono di fronte a 150.000 persone.
15 AGOSTO 1970
Il sesto tour americano parte dal Connecticut.
19 SETTEMBRE 1970
La band si esibisce al Madison Square Garden di New York in omaggio a Jimi Hendrix.
4 OTTOBRE 1970
Esce Led Zeppelin III.
GENNAIO 1971
Utilizzando lo studio mobile dei Rolling Stones, iniziano i lavori per il quarto album.
“Negli Stati del Sud eravamo sempre potenzialmente in pericolo, già per il solo fatto di respirare”
ROBERT PLANT
Nell’aprile del 1970, dopo più di un anno trascorso in prevalenza sul suolo statunitense per una lunghissima serie di tour, il gruppo decise di prendersi una pausa. Costretta a sforzi sovrumani, la voce di Plant iniziava a dare problemi e l’annullamento forzato di un concerto previsto per il 19 aprile a Las Vegas rappresentò un campanello d’allarme impossibile da ignorare. John Paul Jones e John Bonham decisero di trascorrere quel tempo con le proprie famiglie, lontani da tutto ciò che riguardava la musica. Anche Page e Plant optarono per il ricongiungimento familiare, ma – su suggerimento dello stesso Plant – si recarono con i propri cari e tre roadie presso Bron-Yr-Aur, uno sperduto villaggio sulle montagne della Snowdonia, nel Galles, dove Plant aveva già soggiornato da bambino.
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1970: cambia la forma, ma non la sostanza
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Look agreste per la composizione del nuovo album
Mentre Robert era attorniato dalla propria famiglia, Jimmy era accompagnato da Charlotte Martin, una modella francese che gli era stata presentata da Roger Daltrey degli Who dopo un concerto dei Led Zeppelin alla Royal Albert Hall e che sarebbe stata la sua fedele compagna per i 10 anni successivi. Sebbene l’intento principale fosse quello di recuperare un po’ di forze, entrambi partirono per quei luoghi con la speranza di trovare nuovi spunti per gettare le basi di nuove composizioni. Erano ormai convinti della forza dirompente della loro musica, così come dell’alchimia quasi esoterica che si creava fra loro in fase di scrittura: “I Led Zeppelin stavano crescendo, su questo non c’è alcun dubbio”, gongolava Page. “Molti nostri colleghi avevano una visione sempre più ristretta, noi invece volevamo espanderla. Io stavo maturando sia come compositore sia come musicista: c’erano molti generi che mi stimolavano e avevo a disposizione un gruppo straordinario, che mi permetteva di sperimentare. Lo stesso valeva per gli altri membri della band. Grazie al nostro altissimo livello di competenza tecnica e creatività, tutti e quattro eravamo in grado di affrontare qualsiasi cosa, di andare all’attacco”. Anche quella volta, però, la scintilla che avrebbe dato vita al loro terzo album partì dalla simbiosi che ormai si era venuta a creare tra i due leader del gruppo. Forniti di un registratore portatile e di qualche strumento acustico, evidentemente influenzati dall’atmosfera agreste di quei luoghi, dopo poco tempo i due cominciano ad abbozzare alcuni brani d’ispirazione folk.
5 MARZO 1971
Prima esecuzione pubblica di Stairway To Heaven, alla Ulster Hall di Belfast.
5 LUGLIO 1971
Dopo i violenti scontri al Velodromo Vigorelli di Milano, la band annuncia che non suonerà mai più in Italia.
23 SETTEMBRE 1971
Da Osaka parte il primo tour giapponese.
27 SETTEMBRE 1971
Concerto a favore della popolazione di Hiroshima.
8 NOVEMBRE 1971
Viene pubblicato il quarto album, senza titolo, che passerà alla storia come Led Zeppelin IV, Zoso o Four Symbols.
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Concluse le vacanze, gli Zep si ritrovarono a Londra, decidendo presto di trasferirsi lontano dal caos della città, per trovare rifugio, nella seconda metà di maggio, a Headley Grange, un edificio rurale risalente al 1795 e nato per dare riparo a infermi, anziani, orfani e figli illegittimi di Headley: “Solo Robert ed io andammo nel Galles, ma credo sia stato un viaggio importante, perché servì da scintilla creativa. Inoltre mi suggerì l’idea del successivo soggiorno a Headley Grange: mi fece pensare che, forse, avremmo potuto ritirarci da qualche parte e allestire una vera e propria bottega creativa, in cui vivere e lavorare giorno e notte”. Non era la prima volta che un viaggio fungeva da fonte d’ispirazione ed entrambi avevano sempre fatto ritorno, da quei pellegrinaggi, con un bagaglio d’esperienze musicali e personali che avrebbe trovato spazio all’interno del loro songwriting. “L’idea di spedizione era un tema che risaliva ai tempi degli Yardbirds. Quando girai l’Australia con loro avevamo due m...

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