Scientia Crucis
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Edith Stein, Cristiana Dobner

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Scientia Crucis

Edith Stein, Cristiana Dobner

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La Verità interrogò la giovane Edith Stein (1891-1942), ebrea e fenomenologa.Afferrata da GesÚ, si innamorò della Verità, leggendo la Vita di Teresa di GesÚ. Divenne cristiana nel 1922. Docente stimata e pedagoga amata, conferenziera nitida e scrittrice sobria, fu soprattutto un'orante segnata dalla Croce. Entrò nel Carmelo di Colonia nel 1933, quando sul suo popolo e sulla sua patria incombeva l'ombra della Croce nella forma della persecuzione nazista.Nell'eremo carmelitano la ricerca della Verità si approfondÏ lasciandosi inchiodare alla Croce per amore e coniugando la fede ardente con la scientificità piÚ rigorosa.La Scienza della Croce culminò nella gassazione ad Auschwitz il 9 agosto 1942. La sua ultima opera, Scientia Crucis, ne riporta la consapevolezza gioiosa, perchÊ come ella scrisse: Croce e notte sono il cammino alla luce celeste: questo è il lieto messaggio della Croce.

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Information

CAPITOLO II:

LA DOTTRINA DELLA CROCE

1. Introduzione: Giovanni della Croce scrittore

Se si vuol tentare di comprendere la dottrina di san Giovanni della Croce nelle sue radici spirituali, bisogna non solo rendersi conto della sua peculiarità, ma anche dell’incomparabilità dei suoi scritti, della loro origine e della loro destinazione.
PoichĂŠ la Santa Chiesa ha dichiarato il Santo Dottore della Chiesa, oggi chiunque voglia conoscere, nel quadro della dottrina della fede cattolica, i problemi della mistica, deve prestare ascolto alla sua chiarificazione.
Anche fuori della Chiesa cattolica egli è riconosciuto come uno degli spiriti guida, l’indicatore più sicuro di un cammino che nessuno può trascurare e che può seriamente introdurre nel misterioso regno della vita interiore.
Tuttavia, Giovanni della Croce non ha presentato nessuna esposizione sistematica della mistica. La sua ottica nello scrivere non fu teoretica, anche se era un teoretico sufficientemente formato da lasciarsi, talvolta, trascinare dal mero contesto reale al di lĂ  del suo originale scopo. Il suo specifico intento fu: ÂŤCondurre per manoÂť (come disse anche l'Areopagita),1 integrare con gli scritti il suo lavoro di guida delle anime.
Non ci è affatto giunto tutto quanto egli scrisse. Tutti gli scritti redatti prima della sua prigionia, vennero eliminati da lui stesso o da altri. Anche la sua seconda persecuzione (all’interno della Riforma) ci ha derubati di molto, per esempio, dei preziosi appunti presi dalle Carmelitane durante le sue istruzioni orali.
Anche delle sue lettere se ne è conservata solo una piccola parte. Dei grandi quattro trattati giunti fino a noi – Salita del Monte Carmelo, Notte Oscura, Cantico Spirituale, Fiamma d’Amor Viva –, Salita e Notte ci sono giunte in forma incompleta.2 Malgrado queste lacune e i conseguenti insolubili interrogativi, nel lascito inestimabile del nostro Santo Padre, i pensieri guida sono così chiari da sperare in una risposta esauriente ai nostri interrogativi.
Per gli scritti giuntici, la specifica origine va ricercata nel tempo della prigionia di Toledo. L’esperienza più profonda è la fonte da cui scaturiscono. Beatitudine e sofferenza di un cuore afflitto e ferito da Dio, trovano la loro prima espressione nell’effusione lirica: le prime 30 strofe del Cantico Spirituale sono nate in carcere, forse anche la poesia della Notte Oscura che, a sua volta, sta a fondamento dello scritto noto come Salita,3 Giovanni le portò con sé dal carcere (conservate solo nella memoria o segnate in un quaderno: le testimonianze discordano) e le fece conoscere ad anime fidate.
Dobbiamo ringraziare la richiesta dei figli e delle figlie spirituali se abbiamo i commenti esplicativi. In essi l’esperienza viene tradotta dal linguaggio del poeta in quello del pensatore, competente filosoficamente e teologicamente, ma con un uso molto moderato di espressioni scolastiche tecniche e un ricco impiego di immagini assunte dalla vita.
I motivi fondamentali dell’esperienza vengono ulteriormente dilatati: l’esperire personale viene integrato con quanto è conosciuto dal maestro nella guida delle anime, con uno sguardo profondo nella vita interiore delle altre persone. Questo lo protegge dall’unilateralità e dalle false generalizzazioni. Egli tiene sempre conto della grande varietà di cammini possibili e del tenero e soave adattamento della guida della grazia ai bisogni particolari di ogni singola anima.
Una sorgente, sempre scorrente, di insegnamento sulle leggi della vita interiore, è infine per lui la Sacra Scrittura. Egli vi trova la piÚ sicura conferma di quanto conosce per esperienza interiore.
D’altra parte, l’esperienza personale gli apre gli occhi per la comprensione mistica dei Libri Santi. L’acuto linguaggio immaginifico dei Salmi, le parabole del Signore, le stesse narrazioni storiche dell’Antico Testamento, tutto diviene per lui trasparente e gli conferisce uno sguardo sempre più ricco e profondo sull’unica cosa che gli preme: il cammino dell’anima verso Dio e l’azione di Dio nell’anima.
Dio ha creato le anime degli uomini per Sé. Egli vuole unirle a Sé e donare loro l’incommensurabile pienezza e l’ineffabile beatitudine del Suo stesso Essere, della Sua vita divina: già in questa vita.
Questa è la meta, cui le inclina ed a cui esse stesse, con tutte le loro forze, devono tendere. Il cammino però per giungervi è aspro, ripido e faticoso. La maggioranza si arresta lungo la strada. Pochi giungono ai primi inizi, mentre uno sparuto piccolo numero giunge alla meta. Per colpa dei pericoli del cammino; per i pericoli da parte del mondo, del nemico maligno e della propria natura, ma anche per ignoranza e carenza nella guida appropriata. Le anime non comprendono che cosa stia accadendo in loro e, raramente, trovano qualcuno che possa aprire loro gli occhi. Giovanni si offre come guida esperta. Egli ha misericordia per chi sbaglia e soffre per l’opera di Dio che naufraga contro simili ostacoli. Egli può e vuole aiutare, poiché conosce, nel misterioso regno della vita interiore, tutti i cammini e tutti i sentieri. Non gli è possibile dire tutto quanto conosce a proposito; egli deve controllare saldamente le briglie per non superare quanto l’assunto richiede.
Il Santo non ha scritto la sua opera per chiunque. Certo non vuole escludere nessuno. Egli però sa di poter contare solo sulla comprensione di una particolare cerchia di persone: su coloro che già hanno una sicura esperienza nella vita interiore. In prima linea egli pensa ai Carmelitani e alle Carmelitane, la cui specifica chiamata è la preghiera interiore. Egli però sa che la grazia di Dio non è legata all’abito dell’Ordine e alle mura del monastero.
Dobbiamo ringraziare una sua figlia spirituale «nel mondo» per lo scritto sulla Fiamma d’Amor Viva. Egli scrive quindi per anime contemplative e, ad un preciso punto del cammino, vuole prenderle per mano: al bivio, dove la maggioranza rimane ferma, perplessa e non sa procedere.
Sul cammino su cui hanno proceduto fino ad ora, si presentano loro ostacoli insormontabili. Il nuovo cammino però che si apre dinanzi, conduce attraverso un’oscurità impenetrabile; chi ha il coraggio di addentrarvisi? Il bivio di cui si tratta, è quello della meditazione e della contemplazione.
Fino a qui forse, secondo il metodo ignaziano, nelle ore di meditazione si sono esercitate le potenze dell’anima, i sensi, l’immaginazione, la memoria, l’intelletto, la volontà. Ora però queste negano il loro servizio. Ogni fatica è nulla. Gli esercizi spirituali invece di fonte di pace interiore, diventano sofferenza, tormento insostenibile ed infruttuoso. Non si avverte però neppure alcuna inclinazione ad occuparsi delle cose del mondo.
L’anima più di tutto vorrebbe sostare completamente tranquilla, senza muoversi, lasciando tutte le potenze quiete. Le sembra tuttavia un percorso ozioso ed uno spreco di tempo. Così, all’incirca, avviene nell’anima quando Dio la vuole condurre nella notte oscura. Secondo l’uso linguistico cristiano abituale, una simile situazione verrebbe detta «una croce».
Venne già affermato antecedentemente che Croce e notte hanno qualche cosa in comune. Non ci aiuta un’imprecisa constatazione di una certa affinità di significato. Si parla con risolutezza, in parecchi passi negli Scritti del Santo Padre Giovanni, del significato della Croce, perciò la nostra concezione della sua vita e della sua dottrina come Scienza della Croce è ben giustificata. Si tratta però, relativamente, di pochi passi. Il simbolo predominante nelle sue poesie, come nei suoi trattati, non è la Croce ma la notte: nella Salita e nella Notte si trova proprio nel centro, nel Cantico e nella Fiamma di Amor Viva (trattano prevalentemente dello stato al di là della notte) riecheggia ancora.4 Perciò è necessario rendersi conto esattamente del rapporto fra Croce e notte se si vuole comprendere il significato di Croce nell’assunto di Giovanni.

2. Croce e notte (notte dei sensi)

Differenza nel carattere simbolico: segno reale ed espressione cosmica In primo luogo dobbiamo chiederci se Croce e notte siano simbolo nello stesso senso. Questo termine è già stato usato con significato plurivalente. Talvolta, viene preso in un senso molto lato, tanto da includervi tutto quanto cade sotto ...

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