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In cerca delle api
Viaggio dall'alveare all'ecosistema
Francesco Nazzi
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In cerca delle api
Viaggio dall'alveare all'ecosistema
Francesco Nazzi
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Un libro per scoprire i segreti dell'altruismo delle operaie o come fanno le api a costruire cellette dalla geometria cosÏ perfetta, per conoscere i molti nemici che le minacciano e intuire infine ciò che si può ancora fare per proteggerne la specie. Da anni le api hanno guadagnato l'attenzione dell'opinione pubblica, e non solo per il fondamentale contributo al mantenimento degli ecosistemi naturali o delle produzioni agricole, ma soprattutto per i gravi problemi che le affliggono, falcidiandone le popolazioni. In questo libro sono offerti spunti per capire quello che sta accadendo, attraverso un viaggio attraverso i diversi livelli dell'organizzazione biologica delle api: dagli individui all'ecosistema, passando per la colonia.
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Information
Thema
Biowissenschaften1
Lâape
Come ogni essere vivente, lâape è fatta di cellule: lâunitĂ di base al cui interno avvengono tutti i fenomeni rilevanti per il dispiegarsi della vita. Le cellule dellâape operaia derivano tutte da una cellula iniziale: lâuovo, prodotto dallâape regina e fecondato da uno spermatozoo maschile. Questa cellula va incontro a successive divisioni e a un complicato processo di sviluppo che conduce alla formazione degli organi; questi, riuniti in apparati, assicurano lo svolgimento delle funzioni principali dellâorganismo: lâalimentazione, lâinterazione con lâambiente, la riproduzione, la respirazione, e cosĂŹ via. Essendo forgiati dalla selezione naturale, gli organi tendono ad assumere forme adeguate alle funzioni svolte, di modo che la forma â oggetto di studio dellâanatomia â può essere considerata insieme alle funzioni â ogget-to di studio della fisiologia.
Mellifera o mellifica? La sistematica delle api
Le milioni di specie attualmente viventi sul nostro pianeta non presentano unâinfinita varietĂ di forme, funzioni e stili di vita, ma possono essere raggruppate in un numero limitato di unitĂ tassonomiche che includono tutti gli organismi che, a causa della comune discendenza, presentano delle caratteristiche in comune. Per questa ragione, lâinquadramento di un animale o una pianta in un sistema di classificazione consente di intuire alcune delle sue caratteristiche per analogia con quelle degli altri membri del raggruppamento. Per esempio, gatti e leoni, nonostante la differenza di taglia, mostrano unâevidente somiglianza nellâaspetto. Queste due specie, infatti, discendono da un comune antenato e vengono raggruppate nella famiglia dei felini, che è inclusa nellâordine dei carnivori. Di conseguenza, una volta orientati in questo sistema di classificazione, risulterĂ piĂš facile immaginare, per esempio, le abitudini alimentari dei leoni anche solo guardandoli sonnecchiare nella savana, se solo avremo contemplato un gatto mentre cattura un topo. Ma potremo anche intuire qualcosa a proposito degli artigli con cui dilaniano le loro prede, osservando con attenzione le zampette dei nostri animali da compagnia o, per lâappunto, intuire la propensione alla gregarietĂ dei leoni a partire dalle abitudini cosĂŹ socievoli dei nostri mici.
Le api sono insetti, ovvero appartengono al raggruppamento tassonomico piĂš numeroso in termini di specie dellâintero regno animale. In effetti, nessuno sa il numero delle specie di insetti ma si stima che siano milioni, contro le diecimila di uccelli e i cinquemila mammiferi finora descritti. Ă tale la preponderanza degli insetti tra gli organismi viventi che il biologo John Haldane ebbe a dire che il Padreterno doveva di sicuro avere una sfrenata passione per i coleotteri.
In effetti, siamo letteralmente circondati da insetti; solo nelle nostre case ce ne sono decine di tipi, tra cui: mosche, formiche, zanzare, tignole e molti altri. Allâesterno poi è facile essere sopraffatti dallâenorme varietĂ dâinsetti che si possono incontrare durante una semplice passeggiata in un prato: farfalle, cavallette, coccinelle, scarabei, api e bombi, solo per citarne alcuni.
Nonostante la grande variabilità , quasi tutti gli insetti condividono alcune caratteristiche morfologiche, tra cui due paia di ali e sei zampe, attaccate a un torace che sul davanti è collegato a un capo con occhi e antenne, mentre dietro si prolunga in un addome segmentato.
Tra gli insetti vi sono dei veri e propri nemici dellâuomo, come lâesercito di divoratori di piante che contende allâuomo una fetta consistente di ciò che coltiviamo per la nostra alimentazione. Pare infatti che piĂš di un sesto della produzione agricola venga distrutto da insetti di vario tipo prima di arrivare sulla nostra tavola. Vi sono anche vettori di agenti patogeni che mentre succhiano il sangue alle loro vittime iniettano microbi responsabili della morte di milioni di persone in tutto il mondo. In effetti, se si mettono in fila per numero di vittime le principali malattie che affliggono lâumanitĂ , ai primi dieci posti se ne trovano tre che sono veicolate da insetti, tra cui la malaria, causata da un plasmodio trasmesso dalla zanzara anofele, che uccide ogni anno mezzo milione di persone.
Qualche insetto però è anche molto utile allâuomo, come alcuni antagonisti dei nemici di cui sopra o altri animaletti che producono sostanze interessanti come, per esempio, il baco da seta (Gullan, Cranston, 1994).
Lâape appartiene alla schiera degli insetti utili, grazie ad alcune sostanze che produce, ma soprattutto per lo straordinario ruolo impollinatore di cui si dirĂ in seguito. In questâultima attivitĂ lâape è coadiuvata da numerosi altri insetti con cui è imparentata: i cosiddetti apoidei. Tra questi vi sono i bombi, dallâaspetto tozzo e peloso, le andrene e gli alictidi, molto simili alle api, i megachilidi che trasportano i granelli di polline incastrati in una spazzola pelosa situata sotto allâaddome, e le xilocope, di colore scuro e notevoli dimensioni, che scavano il loro nido nel legno.
Tra gli apoidei sono presenti insetti che si possono collocare in tutte le posizioni possibili lungo una scala ideale che conduce dagli insetti schiettamente solitari a quelli la cui vita sociale è cosÏ intensa da risultare obbligatoria.
AllâestremitĂ comprendente gli insetti solitari di questa scala immaginaria ci sono sicuramente molte specie di megachilidi, tra cui le comuni osmie. Nei nostri climi lâesponente piĂš diffuso della famiglia è Osmia cornuta che è abbastanza facile da osservare a primavera. Si tratta di un insetto dalla taglia simile a unâape ma dallâaspetto un poâ piĂš tozzo, con una colorazione scura, salvo che sullâaddome rossastro. Sul capo delle femmine sporgono due appendici che le hanno guadagnato il poco simpatico nome specifico. Se proviamo a seguirla mentre vola di qua e di lĂ , ci accorgeremo facilmente che compie incessanti andirivieni tra la vegetazione e il proprio nido. Dalla vegetazione lâosmia ricava nettare e polline che trasporta allâinterno di un nido a galleria, costituito, per esempio, da una canna entro cui depone le uova. Le uova vengono deposte una alla volta, insieme a un poâ di nettare e polline a cominciare dallâestremitĂ piĂš lontana dallâingresso del nido. Poi, terminata la prima celletta di allevamento, lâosmia la richiude con un setto di fango e appronta la seconda celletta e cosĂŹ via fino a riempire lâintera galleria. A questo punto, terminata la sua attivitĂ , lâosmia muore. Poco dopo, dalle uova sgusciano delle larvette che consumano un poâ alla volta il cibo che la madre ha preparato e, passando attraverso delle mute, si accrescono progressivamente. Di solito lâinverno le coglie allo stadio di larva e lo sviluppo è completato solo lâanno successivo. CosĂŹ, allâinizio della primavera, i nuovi adulti escono dai loro nidi, si accoppiano e le femmine ricominciano il ciclo appena descritto.
Nel caso dei bombi invece, a trascorrere lâinverno in un riparo di fortuna sono le regine fecondate che, appena il clima ritorna propizio, iniziano a rifornirsi di cibo per costruire il primo abbozzo del proprio nido. Per questo scopo, i bombi utilizzano spesso una cavitĂ nel terreno, magari giĂ scavata da un topolino e successivamente abbandonata. Dentro questa cavitĂ , le regine costruiscono i primi orcioli, una specie di piccoli otri di cera che riempiono di nettare e polline, su cui depongono un piccolo uovo. Da queste cellette sfarfallano le prime operaie che si assumono i compiti di costruire gli orcioli, curare le larve e procacciare il cibo, mentre la regina si limita dâora in poi alla ovideposizione.
Solo alla fine dellâestate vengono deposte uova femminili e maschili da cui sfarfallano gli individui sessuati che si accoppiano. In autunno, le femmine fecondate, che diventeranno le fondatrici delle nuove colonie, si ritirano in cerca di un ricovero invernale.
Dalle solitarie osmie, che interagiscono con i propri simili solo al momento dellâaccoppiamento, fino ai bombi, le cui colonie durano un anno, passando per altre specie che presentano abitudini gregarie solo in occasione della costruzione del nido, ritroviamo vari indizi, frammentari e imperfetti, di un antico percorso che piano piano ha portato a societĂ piĂš stabili, come quelle che possiamo osservare nellâape domestica.
Lâape domestica è stata battezzata dal padre della sistematica moderna, il naturalista svedese Carlo Linneo, il quale, nel suo monumentale Systema Naturae, parla dellâApis mellifera (o ape portatrice di miele). Altri autori del passato parlavano invece di Apis mellifica (produttrice di miele), un nome non piĂš utilizzato, ma forse piĂš appropriato per le ragioni di cui diremo piĂš avanti.
Lâape mellifera non è lâunico membro del genere Apis, che, in effetti, comprende altre specie diffuse nellâEstremo Oriente e nel Sudest asiatico. Abbastanza note sono lâApis dorsata o ape gigante e lâApis florea o ape nana; entrambe costruiscono allâaperto i loro nidi, formati da un solo favo, gigantesco nel caso dellâape dorsata o minuscolo nel caso dellâape nana. Allâinterno di cavitĂ naturali, invece, costruisce il proprio nido lâApis cerana o ape orientale, che è assai simile allâApis mellifera e viene allevata in tutto lâEstremo Oriente (Ruttner, 1988).
Lâape orientale in effetti è un animale molto interessante sotto vari punti di vista. A differenza dellâape occidentale, ormai largamente diffusa anche in Estremo Oriente, lâApis cerana è ancora soggetta a tecniche di allevamento tradizionali, in buona parte del suo areale. CosĂŹ, in Corea questâape viene allevata allâinterno di tronchi cavi sparpagliati nei pochi boschi rimasti in quel paese altamente antropizzato. Gli apicoltori che se ne occupano sono in effetti dei nomadi che, in cambio di una vita molto spartana vissuta presso i propri apiari, vengono ricompensati con un miele molto prezioso. Infatti questo prodotto, che proviene dai pochi ambienti naturali ancora incontaminati del paese, viene giustamente riconosciuto come la quintessenza della salubritĂ e pagato molte decine di dollari nelle congestionate metropoli coreane.
Allâinterno della specie A. mellifera si possono riconoscere entitĂ dotate di caratteristiche peculiari. Si tratta di sottospecie che sono tenute in grande considerazione dallâuomo in quanto possiedono caratteristiche comportamentali che le rendono piĂš o meno adatte allâapicoltura in certe aree del pianeta. Tra queste merita senzâaltro una menzione lâape ligustica, allevata in Italia e distribuita ormai in tutto il mondo a causa della sua produttivitĂ e facilmente riconoscibile per le fasce colorate di giallo presenti sullâaddome (Ruttner, 1988).
Un ibrido fra due sottospecie ha invece guadagnato il favore delle cronache qualche anno fa. Si tratta dellâape africanizzata, subito ribattezzata âape assassinaâ, frutto dellâincrocio fra api di origine africana e api ligustiche allevate in Sudamerica. Fu creata deliberatamente da ricercatori interessati a unâape che fosse sia produttiva, come lâape ligustica, sia adatta a condizioni climatiche subtropicali, come lâape africana. Purtroppo, le api frutto di questo incrocio, sfuggite al controllo dei ricercatori, conservarono la notevole aggressivitĂ dellâape africana e causarono numerose vittime nei paesi dellâAmerica Latina da queste rapidamente colonizzati. Fortunatamente, dopo una veloce espansione verso nord, le colonie delle api africanizzate arrestarono la loro avanzata nel Sud degli Stati Uniti, bloccate piĂš dalle condizioni climatiche e ambientali che dagli sforzi compiuti per limitare il flagello. Nel frattempo però anche lâindustria cinematografica si era accorta del problema, dedicando piĂš di una pellicola catastrofista a questo fenomeno piĂš umano che naturale.
Ma lâuomo non si è limitato a mescolare le carte in Sudamerica, lo fa correntemente quasi ovunque, attraverso lâimportazione di api regine da un lato e il nomadismo dallâaltro. Nel primo caso, si tratta di apicoltori che, invogliati dalle migliori caratteristiche produttive di una data sottospecie, acquistano regine di quel tipo per popolare i propri alveari di api che presentino le stesse caratteristiche. Si parla invece di nomadismo quando un apicoltore sposta i suoi alveari in unâaltra zona per raccogliere il nettare di certe piante che vivono solo lĂŹ o per offrire un servizio di impollinazione a qualche agricoltore. In molti casi, questi spostamenti di regine o di alveari avvengono entro brevi distanze, altre volte, però, comportano tragitti molto maggiori che determinano delle interferenze piĂš o meno gravi con il genotipo delle api locali.
Il fenomeno non è privo di conseguenze negative in quanto comporta un generale appiattimento dei genotipi su quelli allevati nelle poche zone da cui proviene la maggior parte delle api regine, con una...