Investire nei megatrend del futuro
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Investire nei megatrend del futuro

Scenari di investimento collegati a fattori demografici, tecnologici e ambientali

Andrea Forni, Massimiliano Malandra

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Investire nei megatrend del futuro

Scenari di investimento collegati a fattori demografici, tecnologici e ambientali

Andrea Forni, Massimiliano Malandra

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Über dieses Buch

Come sfruttare i cambiamenti strutturali che riguardano l'economia globale. Questo libro accompagna il lettore nella comprensione dei megatrend che guideranno lo sviluppo economico e sociale dei prossimi decenni. Sulla base di queste premesse sono descritti una ventina di scenari d'investimento che sviluppano le tematiche demografiche, tecnologiche, ambientali, sociali e geo-strategiche. Ogni scenario è accompagnato dalla costruzione di un portafoglio teorico composto da aziende quotate e startup innovative, oltre che da strumenti del risparmio gestito come ETF, certificati e fondi. Questi scenari possono essere facilmente replicati dal lettore che avrà quindi a disposizione per le sue analisi oltre 400 strumenti finanziari. Il libro è l'occasione per gettare uno sguardo su come sta cambiando il mondo tra riscaldamento globale, sovrappopolamento, scarsità di risorse, il crescente ruolo dell'Est Asiatico, l'applicazione massiva delle tecnologie digitali, l'ingresso della robotica e dell'Intelligenza Artificiale nella società e nel lavoro: tutti megatrend che rappresentano nuove sfide per l'individuo, l'economia, la società e il pianeta.

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Information

Verlag
Hoepli
Jahr
2020
ISBN
9788820398514
CAPITOLO 1
Le nostre tecniche di analisi
«Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista»
Kenneth E. Boulding, economista inglese (1910-1993).
Richard Foster, senior partner di McKinsey & Co., nel 2001 immaginò che tre quarti delle società che nel 2027 avrebbero composto l’indice Fortune 500 fossero allora sconosciute al grande pubblico1. Oggi questa previsione si sta avverando, con le società tecnologiche che prendono il posto di quelle industriali e finanziarie negli indici di mercato.
Nel 1957 l’indice S&P500 era composto per l’85% dai titoli industriali, per il 10% dalle utilities e per il restante 5% dai titoli ferroviari. Nel 2001, in pieno boom tecnologico, i titoli industriali componevano solo l’11% dell’indice, i finanziari erano il 18% del totale, così come i tecnologici e il settore telecom rappresentava il 5,5% dell’S&P500. Dal 2016 il settore più corposo è l’information technology, con il 21% dei titoli, seguito dall’healthcare con il 15% e dal finanziario con il 13%, mentre industriali e telecom continuano a ridursi2.
Oltre alla rotazione settoriale, bisogna anche guardare la velocità di sostituzione dei componenti degli indici. Il fattore esponenziale, che è il leitmotiv del libro, incide sul ciclo di vita delle aziende, che si riduce a causa della velocità del cambiamento innescato dall’automazione e dalla digitalizzazione in tutti i settori economici3. La contrazione del ciclo di vita delle aziende incide sulla velocità di rotazione dei titoli, che nell’indice S&P500 è passata dai 67 anni del 1920 ai vent’anni di oggi4. A luglio 2019 le prime dieci società per capitalizzazione erano: Microsoft (MSFT), Amazon (AMZN), Apple (AAPL), Facebook (FB), Berkshire Hathaway (BRK_B), Alibaba (BABA), Tencent (700), Visa (V), Johnson & Johnson (JNJ)5. Ovvero, sette aziende tecnologiche di cui due cinesi, una farmaceutica e due del settore finanziario. Domanda per i lettori: vent’anni fa lo avreste mai detto? Prima di continuare, immaginate la composizione dell’S&P500 nel 2030 e quali potrebbero essere le aziende più capitalizzate al mondo. Il consiglio è di guardare ad Asia, India e Africa, ma anche in alto, nello spazio.
QUALCHE CONSIGLIO PER INVESTIRE NELLE AZIENDE DEL FUTURO
L’investitore ha la tendenza a seguire le mode dettate dai media6, che in borsa vengono identificate da acronimi come BRIC, dot-com, FANG e OBOR.
La sigla BRIC fu inventata nel 2001 dall’analista Jim O’Neill di Goldman Sachs (GS), per identificare l’aggregato geo-economico Brasile, Russia, India, Cina accomunati dall’essere economie in via di sviluppo, avere una popolazione numerosa, un vasto territorio e abbondanti risorse naturali, oltre a godere di una forte crescita del PIL e del commercio. Secondo O’Neill queste Nazioni avrebbero dominato l’economia mondiale del nuovo secolo7. In gran parte del libro i BRIC saranno protagonisti, visto che rappresentano il 42% della popolazione, il 25% delle terre emerse, il 20% del PIL globale e il 16% del commercio globale.
Per la sigla dot-com dobbiamo tornare al 10 marzo 1985, quando l’azienda Symbolics registrò il primo dominio commerciale sotto lo standard DNS, al quale per convenzione fu applicato il suffisso “.com”. La generalizzazione portò a identificare le aziende Internet con la sigla dot-com8.
Il terzo acronimo è FANG, creato nel 2013 dal presentatore televisivo Jim Cramer, per identificare i leader del settore Communication/Internet Services, Facebook (FB), Amazon (AMZN), Netflix (NFLX) e Google (GOOG), oggi Alphabet.9 Nel 2017 l’acronimo fu esteso a FAANG, con l’inclusione di Apple10 (AAPL) e di recente a FANGMAN, inserendo Microsoft (MSFT) e Nvidia (NVDA).
Infine, l’acronimo OBOR (One Belt One Road) identifica il progetto della Nuova Via della Seta, lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2015, di cui parleremo nel capitolo dedicato11.
Fatta chiarezza sulle sigle, parliamo dei metodi di investimento. Due sono tradizionali, la selezione di titoli azionari e l’acquisto di quote di fondi, mentre il terzo è il crowdfunding, il metodo più innovativo per investire nelle startup.
Investire nei titoli azionari
Optando per lo stock picking le pagine del libro vi daranno l’imbarazzo della scelta. Troverete centinaia di aziende quotate. Per agevolare le analisi del lettore, abbiamo limitato i titoli asiatici che non sono quotati sui mercati occidentali. Al proposito, l’accordo “Shanghai-London Stock Connect” tra le borse di Londra e di Shanghai12 permette la quotazione reciproca di aziende cinesi e inglesi in valuta locale, facilitando gli investimenti.
Molte delle società citate nel libro sono aziende che contribuiscono alla digital transformation dell’economia. Nel fare l’analisi di questi titoli il lettore dovrebbe cercare di capire se si trova di fronte a un’azienda pure-play, il cui unico business è la tecnologia (robotica, per esempio), oppure a un’azienda che integra linee di prodotto tradizionali con l’offerta di tecnologia avanzata (un produttore di macchine agricole che vende anche trattori autonomi). Le aziende pure-play sono di solito poco capitalizzate, hanno un mercato di nicchia e il prezzo di borsa risente delle news con picchi di volatilità di breve termine. Analizzando un’azienda che ha una lunga storia di mercato, bisogna invece capire se è la tecnologia (e quale) la chiave della crescita, se il mercato di sbocco gradisce i nuovi prodotti, se questi sono ciclici o anticiclici, se ricadono nelle guerre commerciali tra superpotenze, se ci sono potenziali vincoli normativi, etici e sociali che ne possono frenare la diffusione (pensiamo ai produttori di cannabinoidi, ai gestori di piattaforme per il gioco d’azzardo) e così via.
Oltre a trovare risposta a queste domande, consideriamo che nel breve termine il prezzo di un titolo può essere influenzato dalla volatilità creata dall’andamento dell’inflazione, dalla politica dei tassi d’interesse, dal sentiment degli operatori, dai giudizi degli analisti sul titolo, dalle strategie dei fondi d’investimento e dall’andamento del mercato azionario. Nel lungo termine il prezzo di un titolo è principalmente correlato all’andamento delle vendite e degli utili societari.
Investire in fondi ed ETF tematici
La seconda strategia che vi proponiamo è l’acquisto di quote di certificati, fondi comuni o di ETF tematici. Acquistare singoli titoli può dare grandi soddisfazioni sia al proprio ego sia al portafogli, ma al tempo stesso è sicuramente una grande fonte di stress e può essere anche fonte di perdite più o meno ingenti se si sceglie il “cavallo sbagliato”. È un evento che rientra nella normale statistica degli investimenti, ma comprensibilmente rischia di diventare un problema, specialmente per un investitore che non possa o non voglia seguire in modo continuo l’andamento dei propri titoli in portafoglio. Senza contare che occorre comunque un certo capitale – necessario per fornire diversificazione sui temi su cui si decide di investire – che potrebbe dover rimanere immobilizzato per un intervallo di tempo più o meno lungo.
Utilizzare strumenti di risparmio gestito permette quindi di ovviare ai problemi elencati qui sopra: con un importo anche minimo è possibile infatti acquistare quote di fondi, oppure certificati o ETF, che da soli già assicurano un’ampia diversificazione e possono offrire anche benefici collaterali (dalla possibilità di scegliere se capitalizzare o distribuire i dividendi, fino alla copertura del cambio). Per ogni argomento trattato nel nostro libro vi sono generalmente più strumenti a disposizione, quindi vi è una notevole varietà tra cui scegliere. L’industria del gestito offre così agli investitori una gamma ampissima di strumenti spesso quotati anche su Borsa Italiana (nel caso degli ETF, dei certificati o di alcuni fondi comuni), oppure acquistabili tramite consulenti finanziari (certificati e fondi comuni).
Stiamo parlando di una quantità di strumenti enorme, tra cui è difficile non riuscire a trovare quello che potrebbe fare al caso nostro. Per dare qualche numero: a fine 2018 vi erano sul mercato oltre 42 mila certificati, cui se ne sono aggiunti oltre 800 (per complessivi 17 miliardi di euro) nel 201913. Se passiamo ai fondi comuni, Assogestioni calcolava in quasi 2.300 miliardi di euro il patrimonio movimentato dall’industria del risparmio gestito a fine 2019 (con oltre 40.000 codici Isin di fondi, secondo Morningstar). Infine gli ETF: oltre 1.000 quelli quotati su Borsa Italiana a fine 2019, per un totale di oltre 88 miliardi di euro di masse in gestione.
Accanto a tutti questi, in ogni caso, le principali piattaforme online offrono la possibilitĂ  di acquistare prodotti (soprattutto certificati ed ETF) anche su borse valori estere, europee o statunitensi: in questo caso occorre porre attenzione al fatto se siano fiscalmente armonizzati o meno. La differenza risiede nelle modalitĂ  differenti con cui devono essere trattate plus e minusvalenze in fase di dichiarazione dei redditi.
Investire nelle startup
La terza strategia d’investimento permette di investire nelle migliaia di startup a caccia di finanziamenti, per le quali il quotarsi in borsa è l’ultimo step predisposto dai loro fondatori. Una situazione ben diversa dai tempi delle dot-com, se pensiamo che nel 1999 negli Stati Uniti ci furono 457 offerte pubbliche iniziali, gran parte delle quali relative a startup tecnologiche. Da allora il sistema finanziario si è evoluto, permettendo alle startup di trovare capitali in modo veloce ed economico, grazie a piattaforme di crowdfunding, reti di Business Angel, Venture Capital e Corporate Venture Capital14. La quotazione in borsa viene fatta quando l’azienda è matura, ha gambe solide per muoversi sul mercato e ha bisogno di molto capitale fresco per espandersi.
In merito alle startup italiane, nel 2018 furono investiti 490 milioni di euro da Venture Capital, Business Angel e acceleratori e incubatori nazionali, mentre 36 milioni di euro arrivarono da 9.500 investitori privati attraverso il crowdfunding15. Nato come forma di micro-finanziamento dal basso, il crowdfunding è oggi tra le forme più diffuse di raccolta fondi per progetti imprenditoriali e creativi. In Italia, a fine 2019, ci sono 95 piattaforme, delle quali le 32 per l’equity-based crowdfunding16 sono regolamentate dalla CONSOB attraverso il Registro dei gestori di portali per la raccolta di capitali di rischio tramite portali online, che contiene gestori di portali come CrowdFundMe (CFM)17 e operatori finanziari che gestiscono un portale, come Unica Sim. Molte piattaforme sono specializzate per tipologia di business: School Rising è una piattaforma di crowdfunding per le scuole; Book-a-Book è il punto d’incontro tra gli autori e i lettori che vogliano finanziare un libro; Housers è un portale paneuropeo di crowdfunding immobiliare.
Chi investe con il crowdfunding ha prospettive di guadagno a lungo termine attraverso la vendita della sua quota a un altro investitore o a un’azienda in caso di acquisizione. L’investimento avrà successo se la startup saprà sviluppare il proprio business e non fallirà entro i primi anni. Il cash-burn rate (il tasso di utilizzo del capitale) è uno degli elementi da considerare nello studiare un business plan, insieme alla composizione del team, all’originalità dell’idea imprenditoriale, alla facilità di penetrazione...

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