Capitolo 1
Il prototipo ibrido di Dogliani: la biblioteca civica âLuigi Einaudiâ nel miracolo economico
Caro Zevi, torno adesso da Londra e mi accorgo di non averti ancora ringraziato per la tua rinuncia a essere compensato per il progetto di Dogliani. Lo faccio adesso, con la piĂč affettuosa cordialitĂ , perchĂ© vedo nel tuo gesto non solo un significato culturale e civile, ma una nuova prova dâamicizia.
Queste parole leggiamo in una lettera del 16 dicembre 1963 scritta da Giulio Einaudi a Bruno Zevi, conservata presso lâarchivio dellâarchitetto. Poco prima, il 29 settembre dello stesso anno, aveva preso vita il âprogetto di Doglianiâ, una biblioteca intitolata a Luigi Einaudi, illustre economista e Presidente della Repubblica Italiana dal 1948 al 1955. Il padre dellâEditore. E proprio per onorare la memoria del padre, allâindomani della sua morte, venendo meno ad ogni retorica celebrativa, lâEditore regalĂČ alla comunitĂ di Dogliani una biblioteca.
Ho scelto di farmi guidare dalle parole della lettera, di utilizzarla come espediente narrativo perchĂ© qui ritrovo alcuni degli elementi fondamentali per lâinterpretazione di una storia affascinante, a tratti sorprendente. Una storia potente che merita di essere raccontata. Una storia per la cultura.
1. La biblioteca di Dogliani: isolato, il pezzo di un puzzle non significa niente
Il progetto, dice lâEditore rivolgendosi allâarchitetto. In considerazione del destinatario tale parola assume una connotazione assai specifica: il progetto architettonico. Ed Ăš certo, Ăš per il progetto architettonico che Bruno Zevi aveva rinunciato ad essere compensato. Prima di arrivare a parlare di questo Ăš utile ricordare che âprogettoâ Ăš una parola ambigua, densa di significato, una chiave dâaccesso a un tratto decisivo della personalitĂ dellâEditore. Lâossimoro.
Da una parte âprogettoâ Ăš «una parola bandita dal vocabolario mentale» dellâEditore, vissuta come una
camicia di forza â dice Walter Barberis in relazione alla casa editrice â che avrebbe costretto in modalitĂ predeterminate il lavoro editoriale. Il progetto, che costituiva il punto di forza di un partito politico; che poteva rappresentare lâobiettivo economico di unâimpresa; che in qualche misura era preliminare a qualsiasi strategia organizzativa; era ai suoi occhi una grave limitazione alla fantasia creativa, alla spontaneitĂ assoluta che difendeva in opposizione a qualunque dettato istituzionale.
Dallâaltra quella di Einaudi Ăš una vocazione intima al progetto â che in casa editrice per Barberis non si chiama progetto ma programma editoriale â una abitudine a guardare al senso complessivo delle cose, a non vedere il singolo pezzo se non inserito in un disegno piĂč grande: «Senza un progetto non si fa nulla, bisogna avere le idee di quello che si vuol fare. Il progetto, per noi, câera ieri e câĂš oggi. Se poi le situazioni mutevoli nella societĂ ti obbligano a dei mutamenti, a delle fermate, a degli avanzamenti improvvisi in altre direzioni, Ăš compito di chi amministra e di chi dirige una casa editrice rispettare sempre quellâidea di fondo». Lâattitudine al progetto di Giulio Einaudi mi ricorda il passo di Georges Perec, dal quale ho preso in prestito il titolo del paragrafo:
[âŠ] Isolato, il pezzo di un puzzle non significa niente; Ăš semplicemente domanda impossibile, sfida opaca; ma se appena riesci, dopo molti minuti di errori e tentativi, o in un mezzo secondo prodigiosamente ispirato, a connetterlo con uno dei pezzi vicini, ecco che quello sparisce, cessa di esistere in quanto pezzo: lâintensa difficoltĂ che ha preceduto lâaccostamento e che la parola puzzle â enigma â traduce cosĂŹ bene in inglese, non solo non ha piĂč motivo di esistere, ma sembra non averne avuto mai, tanto si Ăš fatta evidenza: i due pezzi miracolosamente riuniti sono diventati ormai uno, a sua volta fonte di errori, esitazioni, smarrimenti e attesa.
La relazione tra la parte e il tutto â il âsistemaâ e non le singole parti di esso â sta per Giulio Einaudi forse proprio in quel «momento prodigiosamente ispirato»: non si tratta cioĂš di una progettazione in cui vengono previsti e coordinati tutti gli elementi possibili in modo scientifico e rigido, si tratta piuttosto di una approssimazione realizzatrice, dove tra il fine da raggiungere e la sua realizzazione non viene individuato necessariamente un percorso univoco da seguire, ma tutte le parti sono fortemente interconnesse. Basti pensare alla centralitĂ del catalogo in Casa Einaudi, il principio cardine del lavoro editoriale. Lo sottolinea Roberto Calasso nel suo Lâimpronta dellâeditore: «[âŠ] la forma di una casa editrice si osserva anche nel modo in cui i suoi vari libri stanno insieme (sia i testi sia i volumi nel loro aspetto fisico) cosĂŹ come stanno insieme il capitolo ventitrĂ© e il capitolo ottanta di uno sterminato romanzo di Dumas o anche il terzo e il nono distico di unâelegia di Properzio».
Questa tensione verso il progetto che ha guidato la casa editrice Ăš la stessa che ha animato la realizzazione della biblioteca di Dogliani che, nellâidea di Giulio Einaudi, doveva essere anche un modo per verificare se fosse vero o meno il principio che aveva ispirato nel 1933 la nascita della sua impresa piĂč grande: che lâeditoria Ăš tale solo nella misura in cui pensa se stessa come un servizio pubblico. La storia della biblioteca civica âLuigi Einaudiâ di Dogliani ha un senso solo se letta in questa chiave.
Nella letteratura biblioteconomica la storia di questa biblioteca Ăš considerata «una realizzazione per allora importante, che si poneva, dâaltra parte, nel solco di un mecenatismo culturale che tanti esempi illustri aveva giĂ avuto proprio nel campo bibliotecario, in Italia e allâestero».
Sono soprattutto due gli aspetti che della biblioteca sono stati approfonditi: lâincisivitĂ del progetto architettonico e il modo speciale in cui Ăš stato realizzato il suo catalogo, che avrebbe portato nel 1969 alla realizzazione della nota Guida alla formazione di una biblioteca pubblica e privata, che suscitĂČ non poche polemiche e che uscĂŹ in una seconda edizione nel 1981.
In realtĂ gli elementi fondanti non erano due ma tre: il locale, la dotazione libraria e discografica e la gestione. Questâultimo Ăš stato un aspetto abbastanza trascurato. Eppure lo diceva in modo esplicito Paolo Terni nel saggio Lâesperienza di Dogliani allâinterno della prima edizione della Guida, la principale fonte di riferimento per la ricostruzione di questa storia. La ânarrazione ufficialeâ, la voglio chiamare, ciĂČ che del progetto di Dogliani lâEditore ha voluto rimanesse.
Paolo Terni (1932-2015), raffinatissimo musicologo e figura centrale di questa vicenda, Ăš lâuomo che per conto dellâEditore seguĂŹ da vicino la realizzazione del progetto di Dogliani. Nato ad Alessandria dâEgitto, aveva frequentato il liceo francese e sarebbe stato sicuramente destinato a studi di filosofia se il padre non lo avesse indirizzato allo studio della giurisprudenza a Roma. Paolo Terni arrivĂČ a Dogliani ad occuparsi del progetto di Giulio Einaudi nel 1962 quasi per caso, dopo aver letto su «Il Messaggero» un annuncio economico della casa editrice in cerca di collaboratori per un progetto dedicato alla pubblica lettura. Come vedremo, Paolo Terni fu scelto da Giulio Einaudi per il bagaglio di esperienze che aveva maturato tra il 1958 e il 1962 nellâambito del cosiddetto Progetto Sardegna, una delle radici del progetto di Dogliani, il know how â diremmo oggi â che egli mise a disposizione della visione dellâEditore. Una esperienza senza prezzo per ciĂČ che Giulio Einaudi aveva in mente, della quale si parlerĂ piĂč diffusamente nel quarto capitolo.
Tornando alle specificitĂ â locale, dotazione libraria e discografica e gestione â sono stati ricordati negli anni successivi, per esempio in Primo: non leggere, da Giulia Barone e Armando Petrucci:
Tale proposta poggiava sostanzialmente su tre elementi â scrivevano gli Autori nel 1976 â tutti relativamente nuovi e tutti potenzialmente suscettibili di sviluppi positivi: la gestione affidata non piĂč al solo bibliotecario o al solo Ente locale proprietario, ma a un comitato composito; il locale, progettato da Bruno Zevi e costruito ex novo secondo un modulo di funzionamento âapertoâ e modificabile; la scelta potenzialmente ânon oggettivaâ del patrimonio librario, ma politicamente indirizzata in senso democratico ed antifascista.
Nel saggio Lâesperienza di Dogliani Paolo Terni per prima cosa spiega i presupposti del progetto, le caratteristiche del contesto che ne avevano determinato i tratti caratterizzanti. Ă molto ...