Parte IV
Unâidea di Unione
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Gli Stati disuniti dâEuropa
âLâesperienza storica di federazioni avanzate [âŠ] rimarca come lâintroduzione di tali meccanismi abbia generalmente seguito gravi crisi economiche, dagli Stati Uniti nel 1790 in avanti e si sia generalmente accompagnata a un rafforzamento dei poteri fiscali centraliâ, cosĂŹ si parla delle Unioni Fiscali nellâIMF staff paper on Fiscal Unions del novembre 20131.
La soluzione propugnata nel passaggio sopra citato del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha evidenti implicazioni anche per lâEuropa: fare come gli Stati Uniti, centralizzare tutta la politica fiscale a Bruxelles, levando anche il cannone della politica fiscale agli Stati nazionali.
Ecco la seconda via, alternativa al divorzio: creare un Ministro del Tesoro per tutta lâEuropa, che decida quanto spendere, quanto e quando tassare, quanto e quando indebitarsi, estromettendo i ministri locali dellâeconomia e delle finanze, cosĂŹ come la BCE di Francoforte ha estromesso dalla politica monetaria le singole banche centrali nazionali.
Eppure, quanto affermato dal FMI sugli Stati Uniti Ăš un grossolano e grave errore di valutazione storica e di quanto avvenuto in una delle âunioni monetarie di diversiâ piĂč di successo al mondo. Sia in termini economici sia, soprattutto, geopolitici. In realtĂ , proprio il caso americano potrebbe portare a individuare quali siano gli errori da evitare per sopravvivere allâinterno di unâunione di diversi e quali siano i requisiti affinchĂ© una tale unione, con una moneta unica e condivisa, possa prosperare. Centralizzare da subito la politica fiscale funzionerebbe? La Storia sembra dire, a voce alta: ânoâ.
Molti ritengono che il paragone tra Storia europea e Storia statunitense sia improprio. E avrebbero ragione: non sarebbe, forse, come paragonare mele e pere? Il paragone, in effetti, tra area dellâeuro e area del dollaro odierne, del XXI secolo, lo sarebbe: non fossâaltro che perchĂ© una ha circa duecento anni in piĂč dellâaltra.
Non cosĂŹ tanto assurdo sarebbe, piuttosto, esaminare due progetti federali allo stesso stadio di maturazione â per esempio alla nascita â studiando come si evolvono delle âunioni monetarie di diversiâ da tale momento iniziale. Per fare ciĂČ, il raffronto corretto sarebbe tra Stati Uniti del dollaro, dal XVIII secolo, e area dellâeuro, questa sĂŹ, odierna. Ovvero quando ambedue le Unioni erano ai loro albori.
Ebbene, se esaminiamo gli Stati Uniti nel 1790, possiamo vedere che si presentavano assai simili allâarea dellâeuro odierna: fortemente divisi culturalmente, sia come strutture produttive â lâagricolo sud, lâindustriale nord â sia come lingua adottata, dato che il loro crogiuolo andava dallâInglese al Francese, dallo Spagnolo al Tedesco, allâOlandese. E, soprattutto, erano, contrariamente a quanto argomentato dal FMI, assolutamente decentrati quanto a strutture fiscali: ogni Stato decideva per sĂ© quanto tassare, quanto spendere, quando tassare e quando prendere a debito.
Come avrebbe potuto essere altrimenti? Potete immaginare che il conservatore, agricolo e schiavista Stato dellâAlabama del XVIII e XIX secolo prendesse ordini dal progressista, industriale e abolizionista Stato del Massachusetts? La politica fiscale, che piaccia o no, Ăš cultura: in quali campi decidiamo di spendere collettivamente, quali classi sociali decidiamo di tassare, quando appropriarci delle risorse dei cittadini per finanziare ulteriori spese. Tutto Ăš inevitabilmente legato alle dinamiche e ai ceti dominanti locali, alle convinzioni profonde e alla storia di ogni territorio.
BasterĂ per dimostrarlo un grafico (Figura 22.1): quello, sin troppo recente, della dinamica del debito pubblico statunitense dallâinizio del XX secolo. Grafici con evidenze analoghe si possono riportare per spesa pubblica e tassazione.
Figura 22.1Dinamica del debito pubblico degli USA dallâinizio del XXsecolo2.
In grigio chiaro si vede la dimensione di debito pubblico sul PIL emessa dal centro, da Washington, in nero dagli Stati degli Stati Uniti, in grigio scuro dalle localitĂ . Si nota subito, guardando verso sinistra, come la dominanza del grigio chiaro, ovvero della componente federale e centralistica del debito, non Ăš che evento recente e, piĂč in particolare, sviluppatosi dagli anni â30 in poi, a seguito della crisi economica e del governo del Paese da parte del Presidente Roosevelt. Per poi innalzarsi â non sorprendentemente â con la seconda guerra mondiale. Ă da allora che il grigio chiaro, simbolo di politica fiscale centralizzata a Washington, domina.
Ă un grafico fondamentale perchĂ© ci racconta che, in una Unione di Stati diversi come quelli americani, ci volle piĂč di un secolo, centocinquantâanni in realtĂ , affinchĂ© si affermasse uno Stato federale centrale di dimensioni rilevanti. Cosa fu necessario che avvenisse nel frattempo? Una serie di eventi straordinari di cui se ne citano alcuni, forse i piĂč significativi: lâinvenzione della ferrovia, che legĂČ e avvicinĂČ le popolazioni di âdiversiâ nei singoli Stati americani, la guerra civile vinta dal Nord, la prima guerra mondiale e la presa di coscienza, agli inizi del Novecento, che gli Stati Uniti dovevano divenire i gendarmi del mondo di fronte allâarretramento dellâimpero britannico e, dunque, con essa, lâesigenza di unâUnione piĂč forte e piĂč coordinata.
Ma, notate bene, ci volle un ultimo elemento per avviare la nascita della centralizzazione dei poteri fiscali a Washington DC: una crisi economica devastante e la sua saggia e lungimirante gestione da parte di un leader. Merita sia raccontata, questa storia, perchĂ© ci ricorda come la crisi recente che lâEuropa ha dovuto affrontare â e che abbiamo narrato nella prima parte di questo racconto â sia stata unâenorme occasione persa rispetto alla possibilitĂ di avviare credibilmente la nascita degli Stati Uniti di Europa.
Roosevelt e il suo Partito Democratico vinsero, per la prima volta, le elezioni alla fine del 1932, con quasi il 60% dei voti. Le vinsero perchĂ© il precedente Governo, repubblicano, del Presidente Hoover, che aveva gestito la politica economica durante lâavvio della Grande Depressione, aveva accentuato la crisi con la stupida austeritĂ . E con la vittoria democratica, come abbiamo visto, vennero anni di spesa pubblica in investimenti a sostegno dellâeconomia. Questo aiuto mirato e solidale, questo nuovo contratto sociale tra i cittadini, basato su una politica fiscale attenta alla sofferenza delle persone meno abbienti e piĂč in difficoltĂ , permise, di fatto, al Partito democratico di rimanere al potere per altri trentâanni â cosĂŹ dicono tre ricercatori americani in un lavoro empirico3 â, con un maggiore sostegno elettorale del 10% nel lungo periodo per il partito, anche una volta scomparso FDR. Come ci riuscĂŹ, FDR?
Quando Roosevelt, nel 1933, dovette decidere cosa fare per uscire dalla crisi ereditata da Hoover, il peso dello stato federale nellâeconomia USA era ancora limitato, seppure in crescita dai primi anni del Novecento (Figura 22.2): la spesa federale (nero) ammontava al 5% del PIL, ma forte era ancora il potere e lâautonomia degli stati e degli enti locali4. Pochi anni dopo, otto per la precisione â nel 1940 â, gli Stati Uniti erano una unione monetaria completamente diversa e molto piĂč simile a quella odierna: il totale della spesa federale sulla spesa totale era salito dal 5 al 10% del PIL, metĂ della spesa totale. Per arrivare, nel dopoguerra, stabilmente al 20% del PIL. Erano, con FDR, nati finalmente gli Stati âveramenteâ Uniti dâAmerica, in cui le decisioni per una larga parte delle â crescenti â risorse pubbliche, dedicate alla gestione dellâeconomia, erano in mano centrale!
Figura 22.2Spesa pubblica ed entrate totali in% del PIL negli USA, dal 1792 al 20185.
Comâera stato possibile riuscire a sottrarre tanto potere ai singoli Stati e centralizzare cosĂŹ rapidamente la funzione di governo? Semplice. Nel modo opposto a quello seguito di recente dallâUnione monetaria europea, che si trova, oggi, in condizioni di pari difficoltĂ economica a quella di allora degli Stati Uniti: ottenendo la fiducia dei singoli Stati membri â specie quelli piĂč in difficoltĂ â e ideando maggiori e massicci trasferimenti e aiuti dal centro a favore di questi, fin dal 1933. Gli Stati mantenevano il potere di scelta su come utilizzare i fondi e su quali progetti, ma il borsellino era sempre piĂč in mano a FDR a Washington. Pochi anni dopo, grazie a questa generositĂ verso chi soffriva, che venne apprezzata, nessuno Stato si oppose, di fatto, a cedere ancora maggiori poteri di spesa al centro, al rieletto presidente Roosevelt. Pochi anni dopo, era cambiato anche il tipo di spesa pubblica statunitense: se, dal 1932 al 1936, dominarono, infatti, i trasferimenti dal centro agli Stati, dal 1936 al 1940, la spesa fu fatta direttamente dal centro, tra cui la grande rete di infrastrutture autostradali.
Era nata, grazie alla fiducia concessa, che FDR si era meritato dallâelettore medio americano, lâunione monetaria federale, basata su spesa pubblica dal centro e impliciti trasferimenti dagli Stati piĂč ricchi agli Stati piĂč poveri, tramite un bilancio unico, in cui la tassazione federale giocava â e gioca tuttora â da meccanismo redistributivo.
Mai e poi mai gli Stati Uniti, contrariamente a quanto affermato dal FMI, centralizzarono la loro politica fiscale agli inizi della loro unione monetaria nellâOttocento.
Basterebbe rileggersi uno dei capitoli centrali di quellâopera, unica nel suo genere e fotografia perfetta e indelebile degli Stati Uniti ai loro albori, âLa democrazia in Americaâ, di Alexis de Tocqueville, scritto tra il 1835 ed il 1840. Una âanalisi della democrazia rappresentativa repubblicana e dei motivi per i quali essa aveva potuto attecchire tanto bene negli Stati Uniti mentre era fallita in numerosi altri paesiâ6. Lâautore francese afferma: âesaminare lâUnione prima di studiare gli stati equivale a prendere una via cosparsa di ostacoli. La forma del governo federale Ăš stata lâultima a nascere negli Stati Uniti; essa non Ăš stata che una modificazione della repubblica, un riassunto dei principi politici diffusi in precedenza nellâintera societĂ e sussistenti indipendentemente da essa. Il governo federale non Ăš che una eccezione; il governo degli Stati Ăš la regola comuneâ7.
Come assomiglia questa America allâEuropa che cerca di formarsi! E comâĂš giusto analizzarla âdal bassoâ piuttosto che âdallâaltoâ! E quanto potere lâAmerica dellâ800 ha lasciato in mano ai singoli Stati!
Basta leggere ancora de Tocqueville: âIn America, il corpo legislativo di ogni Stato non ha davanti a sĂ© nessun potere capace di resistenza. Niente potrebbe fermarlo nella sua via, nĂ© privilegi, nĂ© immunitĂ locali, nĂ© influenze personali, neanche lâautoritĂ della ragione, poichĂ© esso rappresenta la maggioranza che si considera lâunico organo della ragione. Esso dunque non ha, nella sua azione, altri limiti che la sua propria volontĂ . Accanto a sĂ© e nelle sue mani ha il rappresentante del potere esecutivo, che, con lâaiuto della forza materiale, deve costringere allâobbedienza i malcontentiâ8.
Questa centralizzazione, a livello meramente statale, era considerata da de Tocqueville addirittura eccessiva, visto che le preferiva, addirittura, il potere amministrativo in mano alle localitĂ e non ai singoli stati, che in questo passaggio definisce âpoteri centraliâ: âun potere centrale, per quanto lo si possa immaginare civile e sapiente, non puĂČ abbracciare da solo tutti i particolari della vita di un gran popolo; non lo puĂČ perchĂ© un simile lavoro eccede le forze umane. Quando vuol creare e far funzionare, con le sue sole cure, tanti elementi disparati o si contenta di un risultato molto incompleto, o si esaurisce in inutili sforzi. Lâaccentramento giunge facilmente, Ăš vero, a sottomettere le azioni esteriori dellâuomo a una certa uniformitĂ che si finisce per amare di per sĂ© stessa indipendentemente dalle cose a cui essa si applica; come quei devoti che adorano la statua dimenticando la divinitĂ da questa rappresentataâ9.
Pensate quanto era lontana lâidea di una Unione federata sulla base di un âtutto il potere a Washingtonâ! Sono parole la cui lettura sarebbe opportuno raccomandare anche a tutti coloro che credono che una cessione di sovranitĂ fiscale al momento attuale, in Europa, da parte dei singoli Stati membri dellâUnione verso Bruxelles, non andrebbe incontro a problemi di portata eccezionale.
Addirittura de Tocqueville vide un pericolo nellâamministrazione dal centro del bilancio, anche per i singoli Stati, raffrontando lâesperienza americana dellâepoca con quella centralistica francese: âuno scrittore di talento [âŠ] rimprovera con ragione agli americani la confusione regnante nei loro bilanci comunali e dopo aver dato un modello del bilancio dipartimentale della Francia, aggiunge: «Grazie allâaccentramento, creazione ammirevole di un grandâuomo, i bilanci municipali, da una parte allâaltra del regno, quelli delle grandi cittĂ come quelli dei piĂč umili comuni, presentano lo stesso spettacolo di ordine e di metodo». Ecco certo un risultato che io ammiro; ma io vedo anche la maggior parte di questi comuni francesi, in cui la contabilitĂ Ăš cosĂŹ perfetta, immersi in una profonda ignoranza dei loro veri interessi, abbandonarsi a una apatia cosĂŹ invincibile che la societĂ sembra piuttosto vegetarvi che vivervi; dâaltra parte io vedo negli stessi comuni americani, i cui bilanci non sono compilati con un piano metodico, nĂ© uniforme, una popolazione civile, attiva, intraprendente; vi contemplo la societĂ al lavoro, sempre. Questo spettacolo mi stupisce; poichĂ© ai miei occhi lo scopo principale di un buon governo Ăš di produrre il benessere dei popoli e non di stabilire un certo ordine nella loro miseria. Io mi domando dunque se non sia possibile attribuire alla stessa causa la prosperitĂ del comune americano e il disordine apparente delle sue finanze, lâangustia del comune francese e lâesattezza del suo bilancio. In ogni caso, diffido di un bene che vedo mescolato a tanti mali, e mi consolo facilmente di un male che Ăš compensato da tanti beniâ10. Parole che risuonano nelle stanze apatiche della Commissione europea, organo decisionale dellâangusta Unione Europea odierna, che vigila sullâesattezza pedante delle contorte sue regole di contabilitĂ pubblica.
Nassim Taleb, nel suo libro, a distanza di secoli, ripercorrendo lâesperienza federalista â estrema â ancora attuale della Svizzera, ha modo di osservare come ânon Ăš esattamente corretto che gli svizzeri non abbiano un governo. Quello che non hanno Ăš un ampio governo centrale [âŠ] Questa forma d...