Parte III
La massoneria irrompe nel romanzo
Siamo in cammino. Girarsi o andare avanti? Dietro câĂš il noto e giĂ vissuto. Davanti lâignoto e il nuovo.
Dai quaderni di appunti (1860)
1. Da Milleottocentocinque a Tutto Ăš bene ciĂČ che finisce bene
Lâesordio
Ă triste che tutti questi massoni fossero degli sciocchi.
Da una lettera alla moglie (1866)
GiĂ nei primi mesi del 1863 Sofâja Andreevna aveva annunciato alla sorella: «Leva ha iniziato un nuovo romanzo». E il 5 settembre di quellâanno il suocero Andrej Bers scriveva a Tolstoj: «Ieri abbiamo parlato a lungo del 1812 a proposito della tua intenzione di scrivere un romanzo su quellâepoca». Durante lâestate lo scrittore aveva acquistato molti libri sulla guerra contro Napoleone. In ottobre lui stesso conferma che Ăš questo il momento della storia russa su cui si va concentrando la sua attenzione; cosĂŹ descrive ad Aleksandra Andreevna Tolstaja il proprio stato dâanimo: «Non ho mai sentito prima le mie energie intellettuali e persino quelle morali cosĂŹ libere e cosĂŹ ben disposte al lavoro. E un lavoro adesso ce lâho. Ă un romanzo sugli anni 1810-20, che mi assorbe totalmente dallâautunno».
Per un intero anno, fino alla metĂ del 1864, Tolstoj continuĂČ a cercare il giusto incipit per questa nuova opera. Lâidea iniziale dei Decabristi â affiancare storia e contemporaneitĂ â non Ăš subito abbandonata; il romanzo in gestazione, infatti, avrebbe dovuto da principio intitolarsi Tre epoche: a quella contemporanea si sarebbero affiancati e intrecciati gli avvenimenti del 1812 e del 1825.
Si sono conservate ben quindici varianti della scena dâapertura, vistosamente diverse, ambientate in diversi luoghi e con personaggi dai nomi diversi. Soprattutto, la scena va via via collocandosi sempre piĂč indietro nel tempo: il piano del presente presto sparisce, quindi Ăš eliminata anche la data del 1825, che era centrale nel progetto precedente, e lâazione prende avvio nel 1811, poi nel 1808, quindi nel 1807 e nella settima variante, scritta fra marzo e aprile del 1864, finalmente nel 1805. Nonostante la radicale trasformazione delle coordinate temporali, il nuovo progetto rimane comunque strettamente intrecciato al primo abbozzo di una storia dei decabristi, nel cui passato lo scrittore si propone di scavare: «GiacchĂ© bisogna dare unâidea di che uomini fossero, da dove venissero fuori â racconterĂ lo scrittore alla cognata Tatâjana Kuzâminskaja â, ho iniziato dal 1805 e mi avvicino al 1808. Ma cosa ne salterĂ fuori non so».
Il filo rosso che collega tutte le quindici varianti dellâincipit Ăš Napoleone; oggetto di accese discussioni, rispetto a lui si delinea il profilo dei personaggi messi sulla scena. Lâimpostazione polemica che era stata data ai primi capitoli dei Decabristi si mantiene vitale in alcuni tentativi di introduzione storica, in cui lo scrittore dichiara esplicitamente lâinadeguatezza delle ricostruzioni dellâepoca fatte dalla storiografia ufficiale. Ma presto spariranno tanto le polemiche col presente quanto le introduzioni storiche.
I protagonisti
ComâĂš cĂČlta in modo sorprendente la realtĂ di quel tempo, comâĂš riuscita la raffigurazione dei tipi dellâalta societĂ di allora!
V. LikoĆĄkin
Il primo dei due eroi a entrare in scena negli abbozzi era stato il principe KuĆĄnev, futuro Pierre Bezuchov, durante un ballo che si teneva a Pietroburgo nel 1811; siamo nella terza variante dellâinizio. Nella quinta KuĆĄnev era diventato il giovane LĂ©on Bezuchij, che faceva il suo ingresso nel 1808 in casa del conte Prostoj a Mosca. LĂ©on lascia quindi il posto a quellâArkadij Bezuchij della sesta variante, da cui ha preso le mosse questa analisi: goffo, buono e sensibile, «strambo» (Äudak), lo troviamo seduto al capezzale del padre morente, il quale si duole della sua totale indifferenza per la gloria terrena. Nella decima variante dellâinizio il suo nome Ăš Petr Medynskoj, figlio illegittimo del principe Kirill Bezuchij, appena rientrato dallâestero: «Mr. P[ierre] era considerato un liberale dellâepoca, nel suo viaggio egli era stato affascinato dallâidea della rivoluzione ma era inadatto a qualunque impresa»; scherzosamente veniva chiamato Mirabeau. Il personaggio presenta da subito un tratto destinato a rimanere: nei suoi occhi e nel suo sorriso si uniscono intelligenza e bontĂ .
Finalmente, nella dodicesima variante, lâeroe si chiama Pierre Bezuchov, «Mr. Pierre»: giovane liberale, poi bonapartista e giacobino, Ăš un originale, comunque altro rispetto alla societĂ con cui si confronta. I tratti che lo distingueranno fino alla stesura finale si evidenziano fin dai primi abbozzi del personaggio, ma nel corso di queste trasformazioni vanno meglio definendosi: Pierre Ăš grosso, miope, strambo, dallâaspetto quasi ridicolo, parla a voce troppo alta, si accalora troppo, si muove con goffaggine fra gli uomini di mondo, inchinandosi e stringendo le mani nelle situazioni sbagliate. Ovunque compaia, subito inizia a discutere di politica, manifestando idee contrarie a quelle di tutti i presenti. Ma alla goffaggine esteriore si unisce un cuore buono e sensibile e profonditĂ di pensiero. Era giĂ cosĂŹ in uno schema preparatorio: «Amicizia verso tutti, nessuna superbia e presunzione, sempre mite con tutti. Non riconosce le leggi. Estremo liberale nel pensiero e nella vita. Non conosce lâamore per le donne. Ama e capisce la letteratura. Gli piace lasciarsi andare, bere, stare fino a tardi a far festa e a parlare. Lâamicizia al di sopra di tutto, solido. Ha una mente fine, ha letto moltissimo».
Se i primi tre abbozzi dellâincipit ruotano attorno a questo solo personaggio, nel quarto compare ad affiancarlo la figura di Boris Zubcov, giovane e brillante ufficiale assai amato nei salotti della capitale, ottimo ballerino: «Egli involontariamente attirava lâattenzione non tanto per la sua bellezza, non tanto per il senso di dignitĂ che gli era proprio, da giovane grand seigneur, quanto per la modestia, la purezza e lâinfantilitĂ dei tratti, che era possibile conservare solo nelle campagne militari e che lo distinguevano nettamente dai giovani di Pietroburgo». I due eroi, da subito presentati come amici, si incontrano durante il ballo che si tiene in un salotto della capitale nel 1811: gli occhi buoni e miopi di KuĆĄnev-Pierre si illuminano, il suo sorriso infantile e pieno di gioia giĂ evidenzia lâimportanza di questa amicizia. Subito la conversazione fra i due giovani cade su Bonaparte.
In un abbozzo in cui si trovava ancora il titolo Tre epoche, Tolstoj aveva introdotto inoltre un vecchio principe Volkonskij, rappresentante dellâetĂ di Caterina II, il quale «nel 1811 era ancora un uomo giovanile». Caduto in disgrazia giĂ sotto Paolo I, il principe era tenuto lontano dalla vita politica anche dal nuovo imperatore; viveva ritirato nella sua tenuta di Lysye Gory, con la figlia. Quando lâesordio del romanzo Ăš spostato al 1805, nella settima variante, il giovane e brillante ufficiale giĂ prima abbozzato, Boris Zubcov, diventa il figlio del vecchio principe: Andrej Volkonskij. Egli Ăš qui presentato come «un fiero, sprezzante cavaliere [âŠ] bello, raffinato, severo, con piccole mani bianche femminee, elegante fin nei minimi dettagli nella sua uniforme». Parla in francese, Ăš ammiratore del genio di Bonaparte, affascina tutti con il suo sorriso; lâeleganza aristocratica del suo aspetto si unisce a una profonda sensibilitĂ . Il personaggio cosĂŹ tratteggiato, in questa settima variante dellâinizio, si trova a Olomouc subito prima della battaglia di Austerlitz, durante la quale secondo un primo progetto avrebbe dovuto incontrare una morte eroica a fianco di Kutuzov.
Ă a partire dallâottava variante dellâinizio che il principe Andrej inizia ad assumere un ruolo piĂč importante e nuovi tratti del carattere: la freddezza e la superbia, gli occhi in cui «la luce sembrava spenta», lâaspetto pigro e indifferente, unâapatia da cui solo lâamico sembra saperlo risvegliare; «Queste due nature erano talmente opposte che lâuna completava lâaltra». Va disegnandosi il ritratto del giovane bello, fiero, ma malato di «una superbia aristocratica ereditata dal padre che lo rendeva antipatico a tutti e arrivava a trasformarsi in ridicola presunzione». Ă un uomo dâazione, un rappresentante del secolo XVIII, col suo orgoglio di casta e la convinzione di poter riorganizzare il mondo, con lâaspirazione alla gloria ottenuta attraverso un podvig, un atto eroico: «ha saputo guadagnarsi la reputazione di ottimo ufficiale, benchĂ© antipatico, e ha un grande successo nellâalta societĂ pietroburghese».
I tratti del carattere dei due eroi vanno quindi via via delineandosi nelle quindici varianti dellâinizio, e cosĂŹ la loro di...