VII
Pensiero e parola
ÂŤHo dimenticato la parola
che volevo dire, e
il mio pensiero, incorporeo,
ritorna nel limbo delle ombreÂť1
I
Allâinizio del nostro lavoro ci siamo prefissi di indagare il rapporto intrinseco esistente tra pensiero e parola ai primissimi stadi dello sviluppo filogenetico e ontogenetico. Abbiamo trovato che allâinizio dello sviluppo, nella preistoria cioè del pensiero e del linguaggio, non esiste alcuna interdipendenza specifica tra le radici genetiche del pensiero e quelle della parola. Ne deriva, cosĂŹ, che quella interrelazione, che ci siamo proposti di indagare, non costituisce un legame originario aprioristicamente dato, quasi condizione necessaria per ogni ulteriore sviluppo, ma si costituisce e si evolve soltanto nel processo dello sviluppo storico della coscienza umana: essa è non il presupposto, ma il prodotto di quel processo per cui lâuomo diviene tale.
Perfino nello stadio piĂš elevato dello sviluppo animale, negli antropoidi, il linguaggio, foneticamente simile a quello umano si dimostra non collegato in alcun modo con lâintelligenza, anchâessa simile a quella umana. Indubbiamente anche nei primi stadi dello sviluppo infantile si può constatare la presenza di una fase pre-intellettuale nel processo di formazione del linguaggio e di una fase pre-linguistica dello sviluppo del pensiero.
Pensiero e parola, dunque, non sono tra loro originariamente collegati. Sarebbe però inesatto, considerare il pensiero e il linguaggio come due processi affatto eterogenei, come due dinamismi indipendenti che si costituiscano e agiscano parallelamente lâuno allâaltro e che si intersechino in alcuni punti del loro cammino, influenzandosi reciprocamente in un modo puramente meccanico. Lâassenza di un legame originario tra pensiero e parola non significa affatto che un rapporto tra essi possa formarsi solo in maniera meccanica. Anzi proprio in questo, nel considerare cioè i rapporti tra pensiero e parola come rapporti tra due elementi indipendenti e autonomi, dalla cui unione, peraltro meramente esteriore, si costituisce il pensiero verbale con tutte le caratteristiche ad esso inerenti, consisteva il fondamentale vizio metodologico della grande maggioranza delle ricerche finora svolte su questo argomento; vizio che ha determinato lâinfruttuositĂ di tali studi.
Abbiamo già in altro luogo tentato di dimostrare che il metodo di analisi che prende avvio da siffatta concezione è destinato a fallire in partenza, poichÊ, per indagare le caratteristiche del pensiero verbale nella sua unità , seziona proprio questa unità negli elementi che la compongono, pensiero e linguaggio, nessuno dei quali presenta, singolarmente considerato, le proprietà inerenti al pensiero verbale.
Abbiamo inoltre paragonato lo studioso che per le sue ricerche intenda servirsi di un tale metodo a colui che tenti di scoprire la causa per cui lâacqua spegne il fuoco mediante la scomposizione chimica dellâacqua in idrogeno e ossigeno, e si accorga poi, con meraviglia, che lâossigeno alimenta la combustione e lâidrogeno brucia esso stesso.
Abbiamo anche giĂ indicato come una siffatta analisi, che si serve cioè del metodo della scomposizione in elementi, non è, in sostanza, unâanalisi nel vero senso della parola, che possa venire impiegata nella soluzione dei problemi concreti che si presentano nellâambito di una ben definita cerchia di fenomeni. Si tratta in questo caso di una unificazione per fattori comuni piuttosto che di una scomposizione e distinzione delle parti intrinseche al fenomeno da indagare.
Questo metodo porta, in sostanza, piĂš ad una generalizzazione che ad una vera e propria analisi; infatti, per tornare al nostro esempio, affermare che lâacqua si compone di idrogeno e di ossigeno significa formulare una proposizione che si riferisce in eguale misura a tutta lâacqua esistente in natura, allâoceano Pacifico cosĂŹ come ad una goccia di pioggia, ma che non rende però conto di certe sue proprietĂ (come, per es., quella di spegnere il fuoco, o quella a cui si riferisce la legge di Archimede). Allo stesso modo, dire che il pensiero verbale riunisce in sĂŠ processi intellettuali e funzioni prettamente linguistiche, significa compiere una affermazione che si riferisce in eguale misura a tutto il pensiero verbale nel suo insieme e a tutte le sue manifestazioni, ma, al tempo stesso, significa non dire nulla dei singoli problemi concreti che chiunque imprenda a studiare il pensiero verbale si trova a dover risolvere.
Noi abbiamo cercato, perciò, fin dallâinizio, di affrontare il problema in modo diverso, di dargli unâaltra impostazione e di impiegare in questa ricerca un diverso metodo di analisi. Allâanalisi fondata sul metodo della scomposizione in elementi abbiamo sostituito lâanalisi in ÂŤunitĂ di relazioneÂť, intendendo, con queste ultime, quei prodotti dellâanalisi che, a differenza degli ÂŤelementiÂť, non perdono quelle proprietĂ del tutto che devono essere indagate, ma le contengono in sĂŠ in una forma elementare. LâunitĂ alla quale noi giungiamo per analisi contiene in sĂŠ, nella forma piĂš semplice, le proprietĂ presenti nel pensiero verbale considerato in quanto entitĂ complessa.
Questa unitĂ che riflette nella forma piĂš semplice la interdipendenza di pensiero e linguaggio, è stata da noi identificata nel significato della parola. Il significato di una parola, come abbiamo tentato giĂ precedentemente di chiarire, rappresenta proprio unâunitĂ , ulteriormente non scomponibile, di ambedue i processi; di esso non si può dire che costituisca solo un fenomeno del linguaggio o solo un fenomeno del pensiero. Una parola privata del significato non è una parola. Essa è suono vuoto e, conseguentemente, il significato è una componente indispensabile della parola. Esso è la parola considerata nel suo aspetto interiore. Noi siamo cosĂŹ in possesso di argomenti sufficienti per considerarlo come un fenomeno di linguaggio. Ma il significato della parola sul piano psicologico, cosĂŹ come ci siamo venuti persuadendo nel corso di questa nostra ricerca, non è altro che una generalizzazione o un concetto. Generalizzazione e significato della parola sono dunque sinonimi. Ma qualsiasi generalizzazione, qualsiasi processo di formazione di un concetto costituiscono, senza alcun dubbio, lâatto piĂš specifico e piĂš autentico del pensiero. Ne consegue, quindi, che noi possiamo a buon diritto considerare il significato della parola come un fenomeno del pensiero. Il significato della parola si rivela cosĂŹ, fenomeno ad un tempo linguistico e intellettuale, senza che con questo si voglia peraltro affermare che esso appartiene formalmente a due diverse sfere della vita psichica. Il significato della parola è un fenomeno di pensiero solo in quanto il pensiero è incorporato nella parola; viceversa, esso è un fenomeno di linguaggio solo in quanto il linguaggio è collegato con il pensiero ed è da esso illuminato. Esso è un fenomeno di pensiero semantizzato o di linguaggio concettualizzato; è unitĂ di parola e di pensiero.
Dopo quanto detto sopra ci sembra che questa, che abbiamo assunto come tesi fondamentale di tutto il nostro lavoro, non necessiti di ulteriori chiarimenti. Pensiamo, infatti, che le nostre ricerche sperimentali abbiano giĂ esaurientemente confermato e verificato questa posizione, facendo vedere come, se si considera il significato della parola come unitĂ dâanalisi del pensiero verbale, ci si schiude la possibilitĂ di una indagine reale e concreta del processo di sviluppo del pensiero verbale e di una spiegazione delle sue proprietĂ fondamentali nei diversi gradi dello sviluppo.
Risultato fondamentale di tutte le ricerche da noi fin qui condotte deve essere considerata non questa posizione di per se stessa, ma la successiva, alla quale siamo giunti come ad una fondamentale conclusione. La novitĂ essenziale che questa ricerca ha apportato agli studi sul pensiero e sul linguaggio è che i significati delle parole si sviluppano. Ă questa la scoperta fondamentale che ci permette per la prima volta di superare in modo definitivo il postulato che era stato posto alla base di tutte le teorie precedentemente formulate sul pensiero e sul linguaggio, circa la costanza e lâinvariabilitĂ del significato delle parole.
Secondo la vecchia scuola psicologica il legame tra la parola e il suo significato è semplicemente un legame di tipo associativo, instauratosi in virtĂš del fatto che nella coscienza lâimpressione di una certa parola si è ripetuta numerose volte in coincidenza collâimpressione di una certa cosa. La parola richiama il suo significato allo stesso modo con cui il soprabito di una persona conosciuta richiama alla memoria questa persona stessa, o come lâaspetto esterno di una casa fa pensare a coloro che vivono dentro di essa. Considerato in questo modo, il significato della parola, una volta istauratosi, non può evolversi nĂŠ mutare. Il legame associativo che collega la parola con il significato può bensĂŹ rafforzarsi o indebolirsi, può arricchirsi mediante il legame con altri oggetti dello stesso genere, può estendersi per affinitĂ o attinenza ad una piĂš larga cerchia di oggetti o, al contrario, può restringersi ad una cerchia piĂš limitata; in altre parole, esso può andar soggetto ad una serie di mutamenti quantitativi esteriori, ma non può mutare nella sua natura psicologica interiore, poichĂŠ per questo dovrebbe cessare di essere una semplice associazione.
Ă naturale che da questo punto di vista lo sviluppo dellâaspetto semantico della parola, lâevoluzione del significato della parola rimane affatto inspiegato e inspiegabile. Lâinfluenza di questa posizione si è fatta sentire sia nella linguistica che nella psicologia del linguaggio del bambino e dellâadulto. Quella branca della linguistica che studia i significati delle parole, la semantica, una volta fatta propria la concezione associazionistica della parola, ha considerato fino ad oggi il significato delle parole come associazione tra la veste fonica di esse e la loro referenza oggettiva. Per questo tutte indistintamente le parole, dalle piĂš concrete alle piĂš astratte, si rivelavano strutturalmente uguali quanto al loro aspetto semantico e nessuna di esse racchiudeva in sĂŠ alcunchĂŠ di specifico del linguaggio in quanto tale dato che il legame associativo che collega parola e significato era considerato alla stessa stregua di quello per cui la vista del soprabito di una persona conosciuta ci richiama alla mente la persona stessa. La parola ci costringerebbe, cioè, a ricordare il suo significato come una qualsiasi cosa potrebbe richiamarcene alla mente unâaltra. Non fa meraviglia, quindi, che non avendo trovato alcunchĂŠ di specifico nel legame tra parola e significato, la semantica non sia stata finora in grado neppure di porsi la questione dello sviluppo dellâaspetto semantico del linguaggio e dellâevoluzione dei significati delle parole. Ogni possibile sviluppo si riduceva esclusivamente al mutamento dei legami associativi fra singole parole e singoli oggetti: una parola poteva indicare prima un oggetto e in seguito, associativamente, collegarsi con un altro. CosĂŹ, ad esempio, un soprabito, passando da un proprietario allâaltro, può richiamarci alla mente prima una persona e, in seguito, unâaltra. Lo sviluppo dellâaspetto semantico del linguaggio si esaurisce, per la linguistica, nei mutamenti della referenza oggettiva delle parole, mentre le rimane estraneo il pensiero che, nel corso dello sviluppo storico della lingua, muta la struttura stessa del significato della parola, muta la natura psicologica di questo significato; che da forme inferiori e primitive di generalizzazione, il pensiero linguistico progredisce verso forme superiori e piĂš complesse che trovano la loro espressione nei concetti astratti, e che nel corso dello sviluppo storico della lingua non è cambiato soltanto il contenuto dâuna parola, ma anche il modo nel quale la realtà è riflessa e generalizzata nella parola.
Una considerazione associazionistica rende inoltre impossibile spiegare lo sviluppo dellâaspetto semantico del linguaggio nellâetĂ infantile. Nel bambino, infatti, lâevoluzione del significato della parola dovrebbe, da questo punto di vista, comportare mutamenti esclusivamente e puramente esteriori e quantitativi dei legami associativi che collegano parola e significato; potrebbe cioè, spiegare unicamente lâarricchimento e il rafforzamento di questi legami e soltanto questo. Ma il fatto che la struttura e la natura del legame tra parola e significato può mutare, e di fatto muta, nel corso dello sviluppo del linguaggio infantile, è cosa che, dal punto di vista associazionistico, resta senza spiegazioni. Infine, sempre in base alla stessa teoria, nel funzionamento del pensiero verbale dellâadulto evoluto non potremmo vedere se non un movimento per vie associative, continuo e lineare, dalla parola verso il suo significato e dal significato verso la parola. La comprensione del linguaggio consisterebbe in una catena di associazioni che vengono alla mente per lâinfluenza di immagini note e di parole. Lâespressione del pensiero nella parola sarebbe il movimento inverso, sempre per vie associative, dalle rappresentazioni â che corrispondono, sul piano del pensiero, agli oggetti â verso il loro significante verbale. Lâassociazione presiede a questo legame bilaterale fra due rappresentazioni: una volta il soprabito può farci ricordare la persona che lo porta, unâaltra volta è lâaspetto della persona che può richiamarci alla memoria il suo soprabito. Conseguentemente la comprensione del linguaggio e lâespressione del pensiero nella parola in nulla si differenziano dal semplice atto del ricordare per associazioni.
Sebbene lâinfondatezza delle teorie associazionistiche sia stata riconosciuta relativamente da molto tempo e dimostrata teoricamente e sperimentalmente, immutata rimane, tuttavia, la considerazione associazionistica della natura della parola e del suo significato. La scuola di WĂźrzburg, che pure si era proposta, come scopo fondamentale, di dimostrare lâimpossibilitĂ di ricondurre il pensiero ad una serie di rappresentazioni associativamente collegate e lâimpossibilitĂ di render conto dello sviluppo del concatenamento e della memorizzazione dei pensieri mediante la sola legge dellâassociazione, e inoltre di dimostrare la presenza di leggi particolari che dirigono il flusso del pensiero, non solo non si preoccupò di rivedere le teorie associazionistiche circa la natura del rapporto fra parola e significato, ma non riconobbe neppure la opportunitĂ di una tale revisione. Essa separò il linguaggio e il pensiero restituendo a Dio quel che era di Dio e a Cesare quel che era di Cesare; liberò il pensiero da qualsivoglia elemento sensibile, lo sottrasse al dominio delle leggi dellâassociazione, lo trasformò in atto meramente spirituale, ritornando, con questo, alle concezioni parascientifiche spiritualistiche di Agostino e di Descartes e giunse, in ultima analisi, al piĂš estremo soggettivismo idealistico nel campo delle teorie sul pensiero, quando, superando lo stesso Descartes, dichiarò con le formule del KĂźlpe: ÂŤNoi non diciamo soltanto: penso dunque sono, ma anche: il mondo esiste cosĂŹ come noi lo abbiamo posto e definitoÂť.2 In tal modo il pensiero come divino era stato restituito a Dio, la psicologia del pensiero cominciò apertamente a muoversi sulle tracce delle idee di Platone, come lo stesso KĂźlpe ebbe a riconoscere. Gli psicologi di questa scuola se da una parte liberarono il pensiero dalla prigionia del sensibile e lo trasformarono in atto del tutto immateriale, spirituale, dallâaltra lo separarono dal linguaggio, lasciando questâultimo del tutto in balia delle leggi associazionistiche. Il legame tra la parola e il suo significato continuò ad essere considerato come una semplice associazione, anche dopo i lavori della scuola di WĂźrzburg. La parola diventava cosĂŹ la semplice espressione esteriore del pensiero, quasi la sua veste, senza che le si riconoscesse la possibilitĂ di prendere parte piĂš da vicino alla vita interiore del pensiero. Mai come nelle descrizioni degli psicologi della scuola di WĂźrzburg il pensiero e il linguaggio erano stati cosĂŹ profondamente separati lâuno dallâaltro. Il superamento dellâassociazionismo nel campo del pensiero aveva portato ad un rafforzamento ancora maggiore della interpretazione associazionistica del linguaggio. Quel che era di Cesare era stato restituito a Cesare.
I prosecutori di questo indirizzo psicologico non soltanto non abbandonarono, ma approfondirono e svilupparono ulteriormente queste posizioni. Il Selz, ad esempio, dopo aver denunciato lâinfondatezza delle teorie di tipo associazionistico circa il pensiero produttivo, elaborò e pose, al posto di queste ultime, una nuova teoria che rendeva piĂš grave e profonda la frattura tra pensiero e parola, frattura che giĂ si era delineata fin dai primi lavori della scuola psicologica che stiamo esaminando. Il Selz continuò, peraltro, ad esaminare il pensiero senza considerare il suo rapporto col linguaggio e giunse cosĂŹ alla conclusione che il pensiero produttivo dellâuomo e le operazioni mentali dello scimpanzĂŠ fossero della stessa natura; questo, perchĂŠ trascurò lâinfluenza che la parola ha sul pensiero. Perfino Ach che proprio al significato della parola dedicò un suo lavoro e che per primo si avviò verso un superamento dellâassociazionismo, nella formulazione della sua teoria ...