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Premessa
Una ceramica Fioranese
La ceramica
Il materiale
La ceramica fra artigianato e industria
Le caratteristiche di un materiale
Il territorio
Territori e distretti
Il distretto e le imprese
Le imprese e le filiere
Le competenze
Distretti e filiere
Filiere strette e filiere larghe
Il Made in Italy
Il design
Il prodotto
Il design di filiera
Il design come antropologia culturale
Premessa
Una ceramica Fioranese
Il termine impresa viene dal latino intrapresa, matrice del nostro stesso verbo intraprendere. Il significato è chiaro: fare impresa è comunque aprire una strada, avventurarsi in un percorso, portare avanti una idea. Intraprendere, appunto, ovvero essere intraprendenti.
Lâintraprendenza è un atto che modifica le condizioni dalle quali parte per operare. E con perfetta corrispondenza etimologica, anche lâimpresa modifica le condizioni del contesto in cui opera. Intraprendere, e fare impresa, significa scegliere, decidere, agire, a partire da un ambito predeterminato. E, quindi, significa incidere su quellâambito e modificarlo: ogni intrapresa genera una nuova configurazione, una nuova Gestalt, un nuovo equilibrio rispetto a quello precedente. Produce una innovazione, una discontinuitĂ ; e uno spostamento di livello, anzi forse piĂš di uno, nel tempo, se da conseguire sono obiettivi e traguardi.
Per questo lâazienda incide sul contesto nel quale opera. Gestisce le risorse, umane e materiali, le trasforma e le fa crescere; modifica lâambiente stesso in cui opera, in tutti i sensi, nel bene o nel male. Nel male, se esaurisce e sfrutta risorse senza rigenerarle. Nel bene, se aumenta il valore dei luoghi e il benessere delle persone. Ă pressochĂŠ ovvio che chiunque intraprenda consumi risorse: ma questo, in termini virtuosi, può trasformarsi in un investimento per far crescere il benessere collettivo.
Si tratta di scelta etica e di una assunzione di responsabilitĂ che attraversa una buona pare della cultura imprenditoriale italiana, quella cultura imprenditoriale cosĂŹ fortemente legata alla dimensione della piccola e media impresa, che assorbe lâ82% dei lavoratori italiani. PerchĂŠ la piccola e media impresa non può dimenticarsi di essere connessa al suo territorio: ci vive (con i suoi dipendenti) e ci lavora; ne organizza i flussi e le dinamiche; ne rimodella le logistiche e le attitudini. Se la stessa capacitĂ di fare impresa è un tratto culturale, in alcuni territori proprio la presenza di piccole e medie imprese rende difficilmente separabile la dinamica economica da quella sociale, tanto le due sono intrecciate e connesse, nella quotidianitĂ delle cose cosĂŹ come nella rappresentanza a livello istituzionale.
Ceramica Fioranese viene da una regione, lâEmilia Romagna, piena di una molteplicitĂ di distretti industriali, legati a settori e a tradizioni materiali molto diversi fra loro. Sono territori (quello del distretto della ceramica, in primis) ove il fare impresa ha sempre significato tenere naturalmente presente una responsabilitĂ sociale, molto prima che si desse riconoscimento economico agli asset immateriali, e fra questi alla dimensione etica (incarnata proprio dal bilancio sociale) delle aziende. Questo significa che lâimpresa fa parte del tessuto culturale e antropologico che la circonda, e che con esso interagisce attivamente, modificandolo ed evolvendolo. E migliorando le sue capacitĂ in termini di competenze.
Quando poi una azienda decide di investire sul territorio come motore delle competenze piĂš avanzate, allora intraprende un percorso inedito, sperimentale, apparentemente difficile, ma foriero di opportunitĂ e di esiti. PerchĂŠ chi vive nel territorio si nutre della stessa cultura, e può innervarla delle sue competenze. Se queste competenze sono votate a lavorare sullâinnovazione, lâeffetto sarĂ una ricaduta strategica sullâarea di pertinenza, destinata a durare nel tempo e a fare la differenza rispetto ad altri comprensori produttivi.
Ă il tema, ormai tanto celebrato (certe volte anche inutilmente) delle Industrie Culturali e Creative. Allâinterno delle quali il design ha un ruolo fondamentale perchĂŠ genera innovazione dei processi, in un sistema giĂ industrializzato e quindi modellizzato. Ă una attivitĂ che fa crescere le altre, lavorando al servizio di imprese e comunitĂ . Unâ attivitĂ di pensiero e di azione che ridisegna le tecnologie e il loro uso; rilegge le tradizioni e rende materiale lâinnovazione; costruisce significati attorno a funzioni. Tanto piĂš in settori nei quali il design stesso, se inteso nei termini limitativi di un intervento sulle forme degli oggetti, apparentemente non risulta particolarmente evidente.
Se questa premessa ha uno scopo, è quello di spiegare perchĂŠ una serie di volumi (allâinterno della collana Design e Comunicazione di Fausto Lupetti Editore) parte dallâesempio lanciato da Ceramica Fioranese nel corso della sua storia, e a maggior ragione nellâarco dellâultimo decennio. Ceramica Fioranese e Ceramiche Coem, suo marchio gemello, hanno investito fortemente sul territorio per rinnovarne la stessa metodologia di lavoro, in un settore industriale esposto ad una grandissima competizione internazionale, come quello ceramico. Trasformando la competenza in innovazione; ideando nuove tecniche; variando le metodologie anche sul piano gestionale.
Ceramica Fioranese ha investito sulle nuove tecnologie digitali, riprendendo la tradizione ma rendendola flessibile e adatta alla disparata varietà di applicazioni richiesta dal mercato odierno. Le sue Cementine hanno aperto una intera categoria di mercato, giocando sulla rilettura di decori italiani tradizionali reinterpretati in combinazioni diverse, e prodotti in formati e con applicazioni flessibili, declinabili a dismisura. Ma le Cementine sono un progetto di una designer cresciuta a Sassuolo, Silvia Stanzani, una protagonista in questo settore, che rappresenta una figura formata sul territorio, capace di coniugare quel mix di cultura materiale, originalità ideativa e conoscenza tecnica che è anima del buon design.
Le Cementine sono state anche lâoccasione per incominciare a raccontarsi da parte di una azienda che ha trasformato il suo showroom in sale eventi e spazi di formazione; che ha abbattuto lâimpatto ambientale delle sue fabbriche; che ha accolto un management al femminile in un settore tipicamente maschile; che ha internazionalizzato mantenendo fermi i concetti chiave del Made in Italy.
Ceramica Fioranese, anni Settanta
Un racconto che si è evoluto con altri prodotti, anche molto diversi, ma dotati della stessa filosofia.
Ă il racconto di questo volume, che procede per gradi occupandosi di un territorio, di una azienda, di una metodologia progettuale. Il primo di una serie che si interroga sul valore economico e culturale del design allâinterno delle filiere produttive, e delle aziende loro appartenenti.
Partendo da un settore dove forse esso appare meno evidente, ma dove in realtĂ ha rappresentato la chiave di volta per lâaffermazione internazionale, anche in momenti di crisi economica globale.
Ceramica Fioranese, 2020
La ceramica
Il materiale
La ceramica è il piĂš antico materiale prodotto dallâuomo. Il suo nome deriva da ĎÎľĎι¾ΚκνΡ ĎÎľĎνΡ, in greco arte dellâargilla, ma anche arte del vasaio; tanto i due significati sono connessi. Non è il caso di ricorrere a storiografie puntuali e datazioni specifiche per ricordare che fin dal Paleolitico lâuomo usava lâargilla per confezionare oggetti funzionali, indurendola col fuoco. FinchĂŠ, in Cina, lâidea di coprirla di smalti e cuocerla successivamente ha permesso di renderla impermeabile; solida allâuso e piacevole allo sguardo, simultaneamente. Anche se poi la decorazione poteva assumere motivi di obiettivo diverso: funzionali, simbolici, estetici, di volta in volta per evidenziare il contenuto, propiziare la benevolenza naturale o divina, dare decoro allâoggetto stesso.
Insomma, la ceramica sembra il primo materiale oggetto di un vero e proprio intervento di design ante litteram. Lâargilla dâaltra parte è talmente importante nella cultura materiale umana da essere stata, neanche tanto indirettamente, allâorigine della scrittura. I token sono dischetti (âgettoniâ) in argilla cotta che nellâantica civiltĂ babilonese venivano usati per individuare con un simbolo il contenuto dei vasi e delle giare. Questo simbolo, evolvendosi in chiave fonetica, finĂŹ infatti per generare le prime lettere.
Foto dal volume DecoRevolution, 2017
La ceramica è stato dâaltronde il primo materiale a poter essere considerato naturale e artificiale al tempo stesso. E, in qualche modo, ancora oggi è sospeso fra questi due poli: è sostanzialmente un materiale onnipresente, lavorato dallâuomo nellâarco di millenni (e per questo, ci appare naturale); dâaltra parte offre lavorazioni e performance ormai sofisticatissime (ed allora, è anche artificiale). Ciò vale in particolare per il rivestimento ceramico, che ha rappresentato ovviamente una industria successiva a quella della produzione di oggetti dâuso quotidiano perchĂŠ piĂš complessa sul piano tecnologico e produttivo, ovvero necessitante di macchinari e competenze piĂš complessi.
Le prime decorazioni parietali risalgono a piĂš di tremila anni prima di Cristo, in Mesopotamia, realizzate grazie a cilindrati decorati impressi nellâargilla. Sempre in Mesopotamia, e in Egitto, vengono infine inventate lastre per la pavimentazione, che, colorate, troviamo sotto forma di piastrella in grandi composizioni figurative parietali. Solo grazie allâespansione moresca del 1300 i rivestimenti ceramici si diffondono in Europa.
Da allora però la ceramica è diventata una consuetudine negli ambienti domestici e pubblici per motivi essenziali: la resistenza, e la facilitĂ di manutenzione (innanzitutto, in termini di pulizia). Sono questi elementi fondamentali per lo stesso evolversi della civiltĂ umana, e delle sue consuetudini quotidiane, non a caso condivisi fra i due grandi settori della produzione ceramica, il rivestimento, appunto e lâarredo bagno.
La stessa materia della ceramica ha subito una evoluzione fortissima, specie nella produzione industriale: il grès, ad esempio, è un materiale il cui progenitore risale agli inizi del 1900, ma che sotto la definizione âporcellanatoâ ha la sua esplosione proprio nella Sassuolo degli anni Cinquanta. E che si distingue per inedite dosi di resistenza alla pressione e agli agenti esterni.
Sotto lâaspetto tecnologico, il rivestimento ceramico ha raggiunto performance estremamente brillanti, dovute non solo alla produzione del materiale stesso, ma anche alla sua lavorazione meccanica. Nel corso degli anni sono stati testati con esso rivestimenti fotosensibili; paste fatte con materiali di recupero; lastre ad altissima resistenza antibatteriche; o di spessore millimetrico, applicabili a contesti inediti quali il piano cucina. In nome di una flessibilitĂ , e ancorata volta, di una funzionalitĂ uniche.
Questi aspetti giĂ rappresentano una eccellente palestra dâardimento per il designer che si voglia misurare con prodotti (il rivestimento stesso) e applicazioni (lâambito nel quale viene inserito) ottimizzando tecniche e procedimenti di lavorazione, e rinnovando le possibilitĂ di adattamento.
Da quando poi le tecnologie digitali hanno permesso di aumentare le opzioni decorative delle superfici, la questione è diventata davvero quella di articolare un mercato quanto mai vasto venendo incontro non solo alle esigenze ma anche ai gusti di pubblici sempre piĂš differenziati, ai quali proporre formati innovativi (le lastre) indirizzandone lâuso proprio attraverso la superficie decorativa.
In questo contesto esplode anche il fenomeno del contract, ovvero della grande competenza destinata ai luoghi aperti al pubblico (che siano alberghi, ospedali o aeroportiâŚ). E non ci sarĂ certo solo bisogno della mimesi di altri materiali (marmi, legni, cementiâŚ) ma anche di un universo cosĂŹ variegato da potersi permettere tirature limitate, ben oltre le possibilitĂ di ciò che veniva definito il âterzo fuocoâ, ovvero lâintervento in terza cottura con elementi decorativi, a numeri di produzione ridotti.
La ceramica fra artigianato e industria
Si annotava in precedenza come per certi versi la ceramica sia sospesa fra un immaginario naturale e artigianale; ed uno artificiale, e industriale. Per quanto tecnologica essa possa essere, nella nostra antropologia culturale essa rimane un materiale sedimentato nella stessa storia dellâumanitĂ , nei suoi oggetti e nei suoi ambienti; anche se le sue tecniche di lavorazione raggiungono vette di sofisticazione probabilmente inconcepibili per lâutente medio (la produzione di lastre ultra-sottili, ad esempio, è una di queste).
Ma per altri versi la ceramica si è allineata, pur essendo un materiale da costruzione, (quindi non certo un prodotto che si compra in copia unica in boutique) a quella tendenza che dalla introduzione dellâelettronica nella produzione meccanica ha determinato la possibilitĂ di adattare e variegare le fogge del prodotto in uscita dal meccanismo di produzione industriale.
Ne parlò per la prima volta Ezio Manzini, nel suo seminale Artefatti, nel 1996, coniando il concetto di âoggetto in serie variataâ. Sono oggetti che nascono da una matrice comune, che può essere variata in serie piĂš o meno limitate a partire dalla âcatena di montaggioâ industriale. Il che permette la proliferazione dei modelli di consumo e lâavvicinamento talora spasmodico alle esigenze di micro-pubblici. Se questo meccanismo pervade e ha pervaso il mondo degli oggetti di grande consumo, che siano automobili, vestiti, biciclette, telefonini; esso diventa davvero endemico quando agisce su artefatti che non possiamo chiamare semilavorati, ma che in ogni caso hanno una destinazione dâuso finale non unitaria, cioè mirata ad essere di servizio, o ad essere proposta in grandi dimensioni e quantitĂ . Nellâun caso, lâesempio piĂš forte viene dal packaging, che può differenziare facilmente gli elementi costitutivi di una serie di confezioni partendo da una matrice iniziale: meno alette, aperture in zone diversi, chiusure differenziate⌠Nel secondo caso, è proprio la ceramica: una produzione in serie che differenzia formati, spessori e decori a partire da macchine a controllo numerico, con un prodotto destinato ad essere proposto in dimensioni ampie e numeri abbondanti. Non è un caso che le due associazioni di categoria che rappresentano i produttori di macchinari per la lavorazione di ceramica e imballaggi (rispettivamente, UCIMA e ACIMAC) abbiamo la stessa sede e gli stessi apparati direttivi; a Baggiovara, sulla superstrada che collega Modena (capoluogo di provincia) a Sassuolo. Alcune aziende, peraltro, producono macchinari per entrambi i settori merceologici: in una area geografica (le province di Bologna, Modena Reggio Emilia) fortemente caratterizzata da una cultura della meccanica che innerva molteplici settori, oltre a quello ceramico: lâautomotive tanto per fare un esempio, ma anche la lavorazione del cibo.
Meccanica non è piĂš però la parola giusta: è meccatronica il termine che descrive quel consolidato innesto dellâelettronica sui procedimenti meccanici, che permette la gestione di variazioni di prodotto sulla base di un comune progetto, potendo lâinformatica rendere flessibili ed adattabili alcuni parametri e passaggi della âcatena ...