Il caleidoscopio romano
Postfazione di Walter Tocci
Chi pensa di conoscere Roma sarĂ rimasto sorpreso dalla lettura di questo libro. Non solo per i singoli risultati, ma per la varietĂ dei fenomeni rappresentati sulle mappe.
Gli autori ci restituiscono la complessitĂ sociale e spaziale di Roma. E se ne ha un riscontro perfino nel loro modo di lavorare che intreccia competenze e sensibilitĂ diverse, formando un affiatato collettivo di ricerca. Sono mossi da un lato dal rigore scientifico e dallâaltro dalla stringente esigenza di far sapere ai cittadini come stanno davvero le cose. Mapparoma è un linguaggio che tiene insieme la curiositĂ della ricerca e la passione civile per le sorti della cittĂ .
Pur nella freddezza dei numeri, affiora un appello accorato affinchĂŠ il compito repubblicano del rimuovere le diseguaglianze diventi davvero una prioritĂ politica. Ă merito degli autori avervi insistito da molti anni con le loro ricerche sulla condizione della periferia romana, anche quando quella prioritĂ era stata dimenticata perfino a sinistra.
Nella pubblicistica e negli studi è di moda dare per superato il dualismo centro-periferia. Rischia però di diventare un alibi o unâillusione senza il chiarimento del concetto. Se lo intendiamo come diseguaglianza sociale non solo non è esaurito, ma è lacerante. La prima mappa giĂ dice tutto: i livelli di istruzione quasi dieci volte piĂš bassi a Tor Sapienza rispetto ai Parioli sono una misura emblematica dellâingiustizia sociale [#1]. E spiegano tutte le ingiustizie illustrate dalle mappe successive: reddito, occupazione e salute [#12].
La D della diseguaglianza è connessa alle altre tre D: la distanza, la densità e la durata. Sono piÚ poveri di opportunità e di relazioni i quartieri piÚ lontani, meno densi e meno storicizzati.
Il dualismo è, invece, superato se lo si intende come forma spaziale. Le mappe dimostrano la molteplicitĂ degli insediamenti stratificatisi in una dissennata espansione urbanistica, che ha quasi raddoppiato il consumo di suolo da quando la demografia è diventata stazionaria [#8]1. Questa realtĂ non può essere ridotta a una semplice dicotomia centro-periferia. La stessa parola periferia appiattisce in una definizione generica lâirriducibile eterogeneitĂ spaziale e sociale.
La molteplicità viene esaltata da Mapparoma, non solo per la varietà dei contenuti presi in esame, ma per la forma seriale delle sue rappresentazioni, la quale suggerisce una comprensione generale della città senza cadere prigioniera delle visioni settoriali. La mappa è pur sempre una finzione che si arroga la verità 2, ma qui la presunzione viene smascherata dal rapido avvicendarsi delle altre mappe. Come in un caleidoscopio si ammira una figura perchÊ non si può mai considerarla definitiva, ed è il fluire delle immagini a dare un senso alla visione.
Mapparoma, quindi, ci offre una bussola per navigare nella complessitĂ romana cogliendo le differenze e le connessioni. E consente a ciascuno di noi di organizzare il viaggio secondo le proprie preferenze.
Di seguito utilizzo pienamente questa libertĂ , rielaborando le mappe in una descrizione della cittĂ che cerca di tenere insieme le forme spaziali e le loro genealogie, i modi di vita e i loro immaginari collettivi, le dinamiche elettorali e le loro cause politiche. Ă una ricerca di nuove chiavi di lettura che possano sostituire la semplificazione centro-periferia. Il lettore si riposerĂ dalla fatica dei numeri, ma si troverĂ davanti un gioco di figure geometriche â cerchi, triangoli e punti â che disegnano le diverse immagini della cittĂ .
Comincio con i cerchi, riprendendo con qualche variazione le fasce urbane mostrate nellâintroduzione a questo libro (si veda in particolare la mappa a p. XIV), dove la cittĂ storica viene considerata unitariamente, in coerenza con lâomogeneo comportamento statistico. Invece la trattazione che segue, improntata piĂš sugli aspetti qualitativi, distingue due parti â lâinterno delle Mura Aureliane e i tessuti entro lâanello ferroviario â nominandole tramite i rispettivi impianti stradali3: i vicoli dei rioni e le maglie continue della cittĂ otto-novecentesca. La terza corona coincide con la periferia storica e viene nominata con le consolari. Infine, le due ultime corone â la periferia anulare e la periferia extra-Gra â che Mapparoma tiene distinte ancora per ragioni statistiche, di seguito vengono unificate, poichĂŠ nella descrizione qualitativa il Grande raccordo anulare non è un confine, ma è la logica insediativa di quella parte di cittĂ 4. Non è un caso se le corone moderne si attestano sui confini dei piani regolatori del Novecento â quello di Sanjust del 1909, il migliore in assoluto, quello di Piacentini del 1931 e quello di Piccinato del 1962. Anche quando fallisce, lâurbanistica lascia segni indelebili nel tessuto urbano.
I vicoli
Tanto è superata la dicotomia centro-periferia che proprio il centro storico mostra i segni di unâincipiente periferizzazione (Lanzetta 2018, p. 50). In virtĂš di una storia millenaria il suo carattere peculiare è la differenza. Non solo verso lâesterno, rispetto a tutte le cittĂ del mondo, ma anche al proprio interno, per la mirabile stratificazione di architetture, di stili e di tessuti. Non a caso Sigmund Freud per rappresentare la psiche utilizzò il paesaggio archeologico romano, stabilendo unâanalogia tra gli strati di memoria della persona e della cittĂ (Freud 2003, p. 205).
La città di pietra mantiene la sua molteplicità perchÊ, almeno finora, i caratteri fisici sono tutelati, piÚ o meno bene5. Ma la forma di vita è oggi investita da una tendenza omologante che agisce come una pialla sulle increspature degli antichi rioni e avvicina il centro storico a certi aspetti stranianti della periferia.
La prima causa è la diminuzione dei residenti. Si viene a perdere quel formicolante uso quotidiano che alimenta lâaspetto cangiante dei luoghi. Ă un processo iniziato tanto tempo fa, giĂ nei primi anni sessanta, poi accentuato dalla trasformazione terziaria. Oggi però la dinamica prende nuovo vigore con le trasformazioni di residenze in alloggi per turisti, definite dallâorribile neologismo airbnbificazione. In alcuni rioni circa il 20% delle abitazioni perde lâordinario uso residenziale e aumenta i valori immobiliari del patrimonio circostante, determinando ulteriori espulsioni di abitanti (Celata 2017)6.
Prosegue lâautolesionismo di un modello turistico concentrato in pochi attrattori, che genera lâingolfamento dei flussi e determina negli ultimi anni una costante riduzione del tempo di permanenza (Emiliani 2019). Gli itinerari piĂš frequentati sono omologati alla funzione turistica e le altre aree sono esposte allâincuria. Nessuno, nĂŠ il pubblico nĂŠ il privato, organizza unâofferta distribuita di fruizione e di servizi, che sarebbe la piĂš adeguata alla configurazione reticolare dei beni culturali romani.
Anche il commercio contribuisce a rafforzare questa direzione in senso negativo. I negozianti hanno reagito alla competizione degli ipermercati abbassando la qualitĂ dellâofferta. Lâaccesso limitato in automobile avrebbe dovuto sconsigliare i consumi di massa, per tentare, invece, la via dellâofferta di nicchia e di qualitĂ . Ad aggravare il fenomeno câè la criminalitĂ , che opera proprio sui bassi livelli commerciali per riciclare il denaro sporco.
Tutto ciò è la conseguenza dellâassenza di un ambizioso progetto di governo per il centro storico. Non solo mancano iniziative dello Stato e del Comune, ma il tema è scomparso perfino dal dibattito pubblico. Negli ultimi tempi lâargomento piĂš discusso è stato il riparto degli introiti dei biglietti del Colosseo.
In passato non sono mancati i progetti, ma oggi sono stati dimenticati, proprio mentre diventavano piĂš fattibili di ieri. La politica di Vittoria Calzolari per il ritorno della residenza a Tor di Nona e a San Paolo alla Regola, giĂ negli anni settanta, era unâidea tanto coraggiosa che gli artisti la rappresentarono in un murales con lâasino che vola. Non apprezzando questo animale amico dellâuomo, Le Corbusier, nella conferenza romana del 1934, per ingraziarsi Mussolini celebrò la via dellâImpero e la distruzione dei vicoli, annunciando che la strada dellâautomobile avrebbe preso il posto del cammino dellâasino7.
Oggi la politica della residenza si potrebbe attuare su ampia scala utilizzando i tanti immobili pubblici dismessi. Ad esempio, si potrebbero trasformare le caserme in abitazioni per le giovani coppie, riportando il vociare dei bambini negli antichi rioni. E ancora meglio nellâinsieme della cittĂ storica, ad esempio riprendendo il progetto di riuso delle caserme di via Guido Reni (Caudo 2017c; Baioni 2017a).
Quarantâanni fa il Progetto Fori fu promosso da Luigi Petroselli sulla base degli studi di Adriano La Regina, Leonardo Benevolo, Italo Insolera e Antonio Cederna8. Oggi sarebbe possibile attuarlo. Ă ormai conclusa la campagna di scavi archeologici con un formidabile avanzamento degli studi di Roma antica. Ma dellâinvestimento in conoscenza quasi nulla è stato restituito ai cittadini e ai turisti: lâarea appare come un cratere, non sono disponibili informazioni adeguate, le sistemazioni sono rabberciate, la separazione dal tessuto urbano è perfino accentuata rispetto allâassetto degli anni trenta. Il sindaco Marino ha eliminato il traffico automobilistico, con un provvedimento improvvisato che però potrebbe essere completato fino allâeliminazione di via dei Fori, uno stradone a sei corsie come il Gra e ormai inservibile per la mobilitĂ . In futuro, con il proseguimento dei lavori della metro C e il prolungamento del tram Otto, è possibile pedonalizzare tutta lâarea centrale. I Fori possono tornare allâantica funzione di piazze, aperte ai cittadini e connesse ai vicoli dei rioni rinascimentali e barocchi. Nella cittĂ storica si può smantellare lâasfalto e realizzare uno spazio trampedonale senza automobili (Tocci, Insolera, Morandi 2008, pp. 53-60). Si potrebbe anche ricostruire tutta la pavimentazione a sampietrini, che è la tecnologia piĂš efficace e duratura, se attuata con la sapienza degli antichi mestieri9.
Quando si rinuncia a progettare un luogo carico di storia non si realizzano nÊ le grandi nÊ le piccole opere, ma si scivola inesorabilmente verso la banalizzazione. Se ne è avuto un esempio con il musical del Divo Nerone andato in scena sul Palatino nel giugno del 2017 in una mastodontica installazione in tubi Innocenti che avrebbe sfigurato perfino nelle borgate abusive. à stato il monumento della tendenza alla periferizzazione del centro storico.
Le maglie
La seconda corona è compresa tra le Mura Aureliane e lâanello ferroviario. Ă un tessuto compatto, composto da tipologie diverse che vanno da quelle ottocentesche a quelle del secondo dopoguerra, sostenuto da maglie stradali continue e impreziosito dalle ville storiche. Si può considerare la parte migliore per qualitĂ urbana e per dotazione dei servizi, ma è anche quella piĂš affaticata dalla concentrazione terziaria. Questa ha stravolto lâoriginario uso residenziale pianificato con perizia e saggezza da Edmondo Sanjust di Teulada, su incarico del sindaco Nathan. Nonostante le varianti successive si è mantenuto lâequilibrio progettato tra le tipologie edilizie e lâimpianto urbano. Ancora oggi lo si avverte passeggiando in quelle strade, poichĂŠ la loro ampiezza e lâaltezza dei palazzi rimangono nella medesima proporzione pur mutando a ogni scorcio.
Solo in questa piccola area, ma dello stesso ordine di grandezza del territorio comunale milanese, Roma possiede la struttura propriamente urbana; il resto è costituito da insediamenti discontinui e frammentati a densitĂ decrescente verso lâesterno. Per questo motivo è lâunica corona ad avere una forma adeguata al trasporto pubblico e una discreta dotazione infrastrutturale [#10]. Secondo uno studio del Comune10, se venisse completata la linea C e realizzata la D da Salario a Portuense, i parametri di mobilitĂ raggiungerebbero i livelli delle migliori cittĂ europee.
La corona delle maglie è il campo di mediazione tra centro e periferia. Ha assorbito molte funzioni direzionali e professionali dal centro ed è diventata una piattaforma di servizio per la periferia nel commercio, nella salute, nella cultura [#9].
Ă la cittĂ continua, non solo per la forma compatta, ma per una certa attitudine alla mediazione. I suoi confini â le mura e lâanello ferroviario â non chiudono, ma aprono le relazioni con le altre parti di cittĂ .
Le mura sono piĂš visibili dai quartieri moderni esterni che dai rioni centrali (Jemolo 2018). In intra-moenia sono spesso assorbite nelle ville o addossate ai palazzi o affacciate su vie anguste. Solo in extra-moenia campeggiano sui viali perimetrali â non sempre rispettosi dellâantico â e attribuiscono un tono aulico al paesaggio urbano, riverberando unâinusuale solennitĂ sulla vita quotidiana dei quartieri limitrofi: il Bastione Ardeatino, viale Metronio, Piramide, Porta Asinaria, San Lorenzo, Porta Pia e corso dâItalia (Criconia 2007).
Al contrario delle mura, lâanello ferroviario è tanto assorbito dalla funzione da non disporre di altre energie per la produzione simbolica. Ă un codice noto piĂš ai pianificatori che ai cittadini. Aspira a nascondersi nel vallo, e infatti il passeggero, dal finestrino del treno, vede solo il retro dei palazzi, come se la cittĂ avesse voltato le spalle alla ferrovia. A dispetto della ...