Terre alt(r)e
Dodici fotografie di Michele DâOttavio
I. Per una geografia metromontana dellâarco alpino italiano
di Giuseppe Dematteis e Federica Corrado*
Per «geografia metromontana» intendiamo una descrizione ragionata di possibili relazioni virtuose tra centri metropolitani e territori montani. Essa si basa su fatti oggettivi come i flussi di servizi ecosistemici, la chiusura di cicli, i differenziali climatici, i rapporti input-output tra le imprese, le risorse produttive naturali riutilizzabili, le filiere corte del cibo, la gravitazione per lavoro e servizi, le reti infrastrutturali e cosĂŹ via. Ma non solo. Fanno parte di questa geografia anche le interazioni immateriali, le immagini progettuali, gli scambi e le ibridazioni culturali cittĂ -montagna, le rappresentazioni e le valutazioni soggettive come, ad esempio, lâidentificazione della montagna con un ambiente favorevole a nuove esperienze di vita individuali e comunitarie. I primi due paragrafi descrivono la trama ecosistemica e funzionale dei legami tra la montagna alpina e le reti urbane facenti capo alle metropoli padane. Nei due paragrafi successivi vengono trattate le componenti piĂč soggettive, culturali e progettuali che stanno alla base delle relazioni metromontane.
1. La metromontagna della prossimitĂ geografica.
Le cittĂ , come ci ricorda Urlich Beck, hanno ali e radici. CosĂŹ le metropoli, pur operando come nodi di reti globali (le ali), hanno un metabolismo che le lega a interazioni di breve-medio raggio con i territori circostanti (le radici). Nello stesso tempo chi vive e opera in questi territori, anche se puĂČ interagire con tutto il resto del mondo, continua a soddisfare gran parte delle sue esigenze economiche, sociali e culturali attraverso relazioni con le cittĂ e le metropoli vicine. Di conseguenza le zone montane che per la loro posizione geografica si trovano in un campo di relazioni urbano-metropolitane di breve-medio raggio presentano condizioni favorevoli alla formazione di sistemi territoriali metromontani, cioĂš di entitĂ da progettare e organizzare a partire dai riscontri oggettivi e soggettivi sopra menzionati.
Negli ultimi decenni si osserva che al vecchio rapporto di dipendenza (tuttora in atto) della montagna dai poli urbani esterni si Ăš affiancato e in parte sostituito un rapporto interattivo1 basato sul riconoscimento delle potenzialitĂ ambientali, socio-culturali e produttive dei retroterra montani, che cominciano cosĂŹ ad essere percepiti come poli attrattivi, diversi nei contenuti da quelli metropolitani, ma complementari e interdipendenti nei valori2. Va precisato che il concetto di sistema territoriale metromontano non si riferisce a realtĂ giĂ esistenti, ma a situazioni in cui ci sono le precondizioni per attuare politiche pubbliche rivolte a incrementare interazioni virtuose giĂ in atto e a regolarle, anche con strumenti pattizi e di pianificazione strategica, nellâambito di una governance multilivello3. Quindi sono sistemi territoriali da costruire4, che non hanno dimensioni nĂ© confini prestabiliti. La loro realizzazione Ăš affidata a una visione comune di area che deve emergere «endogenamente dal confronto tra societĂ e istituzioni»5.
In Italia le premesse piĂč evidenti per la formazione di sistemi territoriali metromontani le troviamo in quelle cittĂ metropolitane (12 su 14) che comprendono territori montani entro i loro confini amministrativi. Ma questi confini, ereditati dalle precedenti province, non sono affatto vincolanti. Ci sono casi in cui lâinterazione diretta con le metropoli li supera e altri in cui â come si vedrĂ nel paragrafo successivo â tale rapporto Ăš mediato da cittĂ di vario rango. Queste situazioni sono numerose in Italia, dove sono una novantina i capoluoghi di provincia e i comuni con piĂč di 50000 abitanti (di cui 25 superano i 100000) che distano meno di 15 km dal bordo di unâarea montana. Anche nel resto dellâEuropa sono numerose le metropoli e le cittĂ disposte lungo i margini di quel 30% del territorio comunitario classificato montano. Lâimportanza delle situazioni metromontane non Ăš sfuggita alla Strategia macroregionale alpina (Eusalp), che nel suo primo pilastro (Developing Alps) raccomanda di «diversificare specifiche attivitĂ economiche nellâottica di una mutua solidarietĂ tra aree montane e aree urbane».
2. La metromontagna alpina italiana.
Il versante meridionale della catena alpina (cfr. anche le mappe nel capitolo di Lanzani e collaboratori) ricade nellâarea di influenza di quattro cittĂ metropolitane: Genova, Torino, Milano e Padova-Venezia. Queste cittĂ sono anche capoluoghi di regioni che comprendono vasti territori alpini. Le loro relazioni con questi territori sono di tipo diretto per quanto riguarda i servizi ecosistemici di approvvigionamento idrico (le acque superficiali e le falde sotterranee a cui attingono sono in gran parte alimentate dai deflussi montani), la regimazione dei corsi dâacqua e i servizi ecosistemici detti culturali. Per il resto sono largamente mediate da rapporti funzionali e istituzionali con centri urbani situati sui bordi o allâinterno della catena. Ad esempio Milano, in quanto sede della Borsa valori dove Ăš quotata la Banca popolare di Sondrio, ha un rapporto indiretto â mediato appunto da Sondrio â con i comuni della Valtellina e della Valchiavenna, sedi di succursali di questa banca. In tutte le Alpi troviamo aziende che si valgono di servizi offerti da centri intermedi, assieme ad altri presenti nei centri metropolitani. Ad esempio la S.p.A. Acque SantâAnna ha una sede legale e produttiva nel comune montano di Vinadio in provincia di Cuneo e una sede commerciale a Torino. Non mancano anche importanti relazioni metromontane dirette: ad esempio, lâUniversitĂ della Montagna (Unimont) che ha sede a Edolo in Val Camonica Ăš unâemanazione dellâUniversitĂ di Milano. La sede operativa di Luxottica Ăš ad Agordo, nella montagna bellunese, ma il suo quartier generale Ăš a Milano. E gli esempi potrebbero continuare.
In questo modo tutto lâarco alpino meridionale puĂČ considerarsi in varia misura metromontano, in quanto intrattiene relazioni dirette e indirette con i centri metropolitani antistanti. La trama di queste relazioni fa da sfondo a una geografia a supporto di azioni, strategie e politiche miranti a ridurre le dissimmetrie tra le condizioni di vita montane e metropolitane. Essa puĂČ essere sinteticamente delineata a partire da due caratteri tra loro correlati: il rapporto piĂč o meno diretto dei territori montani con i centri metropolitani e il loro grado di autonomia funzionale e istituzionale. La prima registra situazioni di fatto stabili nel breve-medio periodo. La seconda ci informa sulla forza contrattuale degli attori collettivi montani nei confronti dei poteri metropolitani.
Nella mappa 1 la prima condizione Ăš messa in evidenza dalla distribuzione dei centri urbani di diverso livello gerarchico. La seconda dipende dal livello istituzionale e funzionale delle reti urbane interne. Mentre la conformazione pianeggiante della pianura favorisce le reti urbane non gerarchiche, estese in tutte le direzioni attorno alle grandi concentrazioni urbane e periurbane del pedemonte, la morfologia valliva della montagna ha ristretto le interazioni non gerarchiche allo sbocco di alcune valli e ad allineamenti piĂč o meno ramificati lungo gli assi di fondovalle, per cui in essi lâofferta di servizi ha conservato nellâinsieme una distribuzione geografica centro-lineare di tipo gerarchico (figura 1).
Alla scala dellâintera metromontagna alpina italiana questa gerarchia si articola in cinque livelli6. Partendo dallâalto abbiamo: I) i capoluoghi metropolitani; II) i capoluoghi di regioni o province autonome; III) i capoluoghi di province ordinarie e montane7 comprese almeno in parte nella zona alpina; IV) le cittĂ minori di livello sub-provinciale8; V) principali comuni montani con alcune funzioni di rango urbano9.
In termini di autonomia si distingue anzitutto una metĂ circa del territorio alpino (53,2% della superficie, con il 49,7% della popolazione) occupato da sistemi che possiamo chiamare endocentrici in quanto dotati di autonomia politico-amministrativa e anche funzionale grazie alla presenza di reti e filamenti urbani interni, facenti capo a capoluoghi di regioni e province autonome (II livello) e a capoluoghi di province montane (III livello).
Nel restante territorio alpino si riscontrano due situazioni principali. La piĂč comune (presente su circa un terzo del territorio alpino italiano) Ăš quella di valli e conche lacustri che hanno forti legami con centri pedemontani di III o di IV livello situati al loro sbocco, formando con essi sistemi che possiamo chiamare sub-centrici10. Molte di queste valli si possono considerare anche debolmente endocentriche, in quanto hanno al loro interno uno o piĂč centri di IV o V livello11, che in alcuni casi sono a capo di reti e urbanizzazioni assiali interne di livello corrispondente. Rimane infine un 15% circa del territorio alpino privo di centri urbani interni o di sbocco pedemontano, che gravita su centri per lo piĂč di III livello posti a una certa distanza nella pianura padana o sulla costa nel caso della Liguria.
Per quanto riguarda lâintegrazione metromontana, hanno particolare importanza le situazioni vallive sub-centriche per il ruolo svolto dalle cittĂ poste al loro sbocco come centri di servizi e di opportunitĂ di lavoro. Nel secolo scorso gli interessi di queste cittĂ si sono rivolti soprattutto verso lâavampaese pedemontano, piĂč popolato ed economicamente forte. La nuova centralitĂ ambientale e socio-culturale della montagna puĂČ ridurre questa dissimmetria e i sistemi vallivi sub-centrati possono diventare territori oggetto di politiche fondate su alleanze pattizie con le cittĂ e le metropoli vicine (come nel caso di Cuneo illustrato piĂč avanti), tanto piĂč nei casi in cui essi possano appoggiarsi a una rete urbana minore al loro interno.
3. Il caso di Torino.
La montagna alpina nord-occidentale soggetta allâinfluenza della metropoli torinese (nella parte orientale condivisa con quella di Milano) presenta tutta la gamma di situazioni sin qui descritte. Essa comprende una regione autonoma (la Valle dâAosta), una provincia montana (Verbano-Cusio-Ossola), vari sistemi vallivi sub-centrici, tra cui alcuni con al loro interno centri urbani minori. Inoltre nei confini amministrativi della cittĂ metropolitana di Torino ricade un vasto territorio montano i cui legami diretti con la metropoli torinese rendono possibile la formazione di un sistema territoriale metromontano. Una parte di tali legami Ăš stata oggetto di una ricerca svolta dallâAssociazione Dislivelli12. In particolare, si Ăš ricostruito lâinterscambio di beni e servizi tra due territori in cui Ăš stata divisa la cittĂ metropolitana: la parte montana, che conta 150 comuni con circa 280000 residenti, e lâarea urbanizzata antistante (qui di seguito chiamata «città »), che ha pressappoco altrettanti comuni, in cui risiedono circa due milioni di abitanti.
Sotto lâaspetto economico le voci di questo interscambio (tabella 1), in ordine decrescente dâimportanza, sono: il lavoro pendolare, i beni e i servizi che la cittĂ fornisce ai residenti e a imprese ed enti vari della montagna, la villeggiatura e i servizi turistici, i prodotti dellâagricoltura e dellâallevamento, lâacqua utilizzata dalla cittĂ (quasi tutta di provenienza montana). Scarsa incidenza ha invece la produzione mineraria ed energetica della montagna (in quanto prevalentemente destinata ad altri territori) e quella del legname, a causa del sottoutilizzo delle risorse forestali. I dati dellâinterscambio mostrano un saldo di 276 milioni di euro a vantaggio della cittĂ e questo disavanzo risulterebbe ancora maggiore se tenessimo conto di flussi intangibili, difficili da rilevare, come quelli mediati da istituzioni e imprese finanziarie (banche, assicurazioni ecc.), i profitti e le rendite degli investimenti della cittĂ in montagna ecc.
Tabella 1. CittĂ metropolitana di Torino.
Valori medi annui dei principali scambi di beni e servizi tra lâarea montana (montagna) e il restante territorio metropolitano urbanizzato (cittĂ ) (in milioni di euro).
Principali voci dello scambio | Dalla «città » alla montagna | Dalla montagna alla «città » | Scambi della montagna con altri territori |
Lavoro | 979 | 344 | 4% |
Beni e servizi per le famiglie | â | 661 | 21% |
Beni e servizi per le imprese | â | 572 | 26% |
Turismo e villeggiatura | 213 | â | 36% |
Produzioni agro-pastorali | 56 | â | 75% |
Acqua | 32 | â | 57% |
Prodotti di cave e miniere | 16 | â | 75% |
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