PARTE SECONDA
Critica religiosa dellâautoritarismo
Mirza Agha Khan Kermani
di Pejman Abdolmohammadi
Quella di Mirza Agha Khan Kermani (1853-1896) è una figura chiave al fine di comprendere come lâincontro tra culture diverse â nella fattispecie quella persiana e quella occidentale â possa rivelarsi fecondo. La via religiosa tracciata da Kermani sa infatti aprirsi allâOccidente senza mai smarrire quel filo che gli consente di tessere un mosaico identitario tipicamente persiano.
DellâOccidente Kermani ammira il progresso scientifico e tecnologico, stima il culto dei diritti umani. Ne considera tuttavia deprecabile la propensione ad investire nella colonizzazione di popoli ritenuti inferiori. Ciò trova in parte la sua giustificazione anche nellâesportazione di una idea di sviluppo fondata sul culto di una ragione, che si vorrebbe imporre ad altri.
Al contrario, è lâidea di ragione limitata ad ispirare il percorso di Kermani: una ragione che non cade mai nella trappola dellâantistoricismo. Ereditata da Montesquieu, essa si esprime al meglio soltanto nella misura in cui è intrisa di storia. NĂŠ lâOccidente deve assolutizzare se stesso, pensando di potere prescindere da ogni contaminazione con mondi diversi. NĂŠ la Persia può cedere alla tentazione di chiudersi in un isolamento, che la condannerebbe allâarretratezza. Una ragione limitata, cosĂŹ come la recepisce Kermani, è lo strumento piĂš idoneo a prospettare una sintesi in cui la religiosità è destinata a svolgere un ruolo cruciale.
Il fattore religioso è suscettibile di presentarsi come unâarma a doppio taglio: o concorre al progresso oppure diviene il baluardo della conservazione. Attraverso lo studio delle religioni pre-islamiche, Kermani si convince della estraneitĂ dellâIslam rispetto ad un contesto come quello persiano, da sempre connotato dalla presenza di un marcato pluralismo religioso. Se, per Kermani, le religioni devono adeguarsi ai vari ambiti storici â calandosi in luoghi culturali differenti, le stesse devono altresĂŹ assecondare il mutamento dei tempi. Kermani ci restituisce lâimmagine di una religiositĂ estremamente dinamica.
Egli individua nellâirrigidimento e nella preponderanza del tradizionalismo il principale indicatore di un decadimento religioso che, scalzando lâelemento umano, inevitabilmente si arrocca nella difesa dellâesistente. Ad essere imputabile di tradizionalismo è sicuramente lâIslam sciita, la religione cui si appoggia la monarchia assoluta dei Qajar1, che domina la Persia del XIX secolo, e che incarna, per Kermani, il prototipo del dispotismo.
Giudicato pericoloso a causa della sua eterodossia, Kermani viene espulso dal territorio persiano.
Costretto a lasciare la Persia, raggiunge lâImpero ottomano. Come diversi intellettuali iraniani di quel periodo si rifugia a Istanbul, dove vive per alcuni anni (1886-1896), scrivendo varie opere e collaborando ad un importante quotidiano: âAkhtarâ2. Ad Istanbul Kermani studia le lingue straniere.
Può cosÏ ormai leggere direttamente nelle loro lingue originali testi di Platone, Cartesio, Darwin, Voltaire, Kant, Rousseau e, soprattutto, Montesquieu.
Per Kermani, lâuomo naturale è debole e senza difese: oltre agli animali, teme anche i suoi simili.
Ă lâistinto sessuale, insieme alla necessitĂ di proteggersi dai pericoli, ad indurlo ad aggregarsi ad altri dando vita ad una comunitĂ . Lâuomo presociale di Kermani è solitario e non tende di per sĂŠ ad unirsi. Ă il suo inarrestabile bisogno di conoscenza a convincerlo ad abbandonare la condizione naturale, facendolo accedere al Rousahnestan (il luogo illuminato) della razionalitĂ . Ă quindi la sete di apprendere e di sapere il principale incentivo che spinge lâuomo ad evolversi, trasformando uno stato di natura infelice e solitario in una societĂ civile basata sul contratto3.
Sembrerebbe trattarsi di un contratto che, ponendo lâaccento sullâimportanza dellâelevazione morale dellâuomo come conseguenza della sete di conoscenza, risulta essere piĂš facilmente accostabile a quello kantiano piuttosto che a quello descritto da Rousseau. Analogamente a quello kantiano, il contratto di Kermani parrebbe inoltre avere carattere normativo piĂš che storico, cioè incline a delineare il dover essere della societĂ . Kermani osserva come âtramite il contratto e la legge si stabilĂŹ lâordine nelle diverse realtĂ umane del mondoâ4.
Un ordine che, secondo il pensatore persiano, deve tradursi in unâorganizzazione sovrana capace di governare: âquesto è il momento in cui le nuove societĂ civili costituite creeranno due organi sovrani: un governo civile e un governo religioso. Il primo eserciterĂ la propria sovranitĂ sul mondo materiale e il secondo sul mondo spiritualeâ5. Se sulla scia di Montesquieu, Kermani abbraccia il principio della relativitĂ delle leggi sostenendo che, solo se in armonia con i costumi, la storia e la natura dei popoli, il potere civile può contribuire al progresso dellâuomo e alla promozione della pacifica convivenza, egli estende però lo stesso criterio anche alla religione.
Per Montesquieu, infatti, la religione è solo una delle componenti che, assieme ad altre, quali il clima e la conformazione del territorio, costituiscono quellâinsieme di relazioni da lui definito âspirito delle leggiâ. Diversamente Kermani attribuisce alla religione la medesima rilevanza che Montesquieu riconosce alla legge. Come Montesquieu del resto Kermani considera la religione non come un valore in sĂŠ bensĂŹ in vista del bene che la collettivitĂ può trarne.
Il governo civile e quello religioso sono, per Kermani, entrambi creazioni dellâuomo, miranti a potenziarne lo sviluppo sociale e morale. In caso contrario, entrambi possono dar luogo al dispotismo. Al fine di corroborare la sua tesi, Kermani cita la storia persiana, ricordando che âquando il governo, nellâepoca di Ciro, ha seguito la natura del suo popolo, è riuscito a realizzare un governo cosĂŹ virtuoso che è rimasto ben noto nella storia. Mentre quando i governi persiani in altre epoche hanno dimenticato la natura del loro popolo sono caduti nellâoscuritĂ della tirannideâ6. Il fanatismo religioso del clero, insieme al dispotismo dei governanti, sono considerati da Kermani i peggiori mali che possano abbattersi sulla societĂ umana7.
Per porsi in sintonia con il momento dellâilluminazione o razionalitĂ la religione deve piegarsi alla natura specifica del popolo cui è indirizzata. La religione zoroastriana risponde ai caratteri del popolo persiano. Diversamente quella islamica è pensata per gli arabi8.
Una religione è solida e perfetta soltanto quando sia conforme alla natura della popolazione e al suo stile di vita; in tali circostanze la religione può causare lo sviluppo culturale e morale di quel determinato popolo9.
La religione è come una medicina che può curare la malattia di una nazione. Per cui, in quanto medicina, (la religione) sarĂ adatta ad una specifica malattia e dovrĂ essere consumata in un determinato momento. Come per ogni malattia si richiede una specifica medicina, anche ogni nazione necessita della sua specifica religione. Di conseguenza una religione che cura una nazione, può risultare nociva ad unâaltra popolazione. Anzi, a volte può trasformarsi in veleno10.
Anche il tempo riveste un ruolo fondamentale per giudicare della funzione politica svolta dalle religioni: âle religioni sono relative alla natura dei popoli e sono soggette al fattore tempoâ11. Le religioni monoteistiche abramitiche quali lâEbraismo, il Cristianesimo e lâIslam non sono, per Kermani, adatte ai tempi moderni. Indagando sulla relazione tra dispotismo e religione, Kermani concentra ora la sua attenzione s...