PARTE II
Insiemi intersecati Familiare, scolastico, sociale
La parola è un potente sovrano, poichÊ con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile conduce a compimento opere profondamente divine.
Infatti essa ha la virtĂš di troncare la paura, di rimuovere il dolore, dâinfondere gioia, dâintensificare la compassione.
Platone
1.
Contesti gruppali
Ognuno viene a un incontro di gruppo con la sua idea di gruppo. Ciascuno si sente âprovocatoâ dal gruppo attuale che gli evoca i suoi âvecchi gruppiâ.
Armando J. Bauleo, Note di psicologia e psichiatria sociale
1.1 CHIAMALE EMOZIONI
Incontrarsi tra adulti che sostengono unâimpresa in comune è avvertito come necessario da chiunque si appresti a offrire dei servizi, dei progetti e delle opportunitĂ destinati ad altri.
Genitori, insegnanti, educatori del tempo libero, operatori dei servizi sociali e professionisti socio-sanitari si ritrovano quindi spesso in un gruppo e, quasi sempre, promuovono incontri sia tra di loro sia con i loro utenti.
Nel momento in cui questi operatori si siedono in cerchio si trovano però a fare i conti con le loro fragilitĂ soggettive, dovute alle parti di sĂŠ rimaste immature, e con le loro vulnerabilitĂ personali, dovute alla particolare epoca storica in cui sono immersi. Lâaccelerazione continua dei tempi della vita e la globalitĂ mondiale che rompe i confini geografici rende molti adulti incompleti, piccoli, infantili. La crisi che attraversa questo periodo storico alimenta affetti intrisi di ansia, paura, insicurezza. Il puer non sa dove sta andando e non capisce dove lo trascineranno gli eventi che lo circondano. Tanta piccolezza è però connotata, oggi, da altrettanta supponenza. I grandi fingono quindi di essere spacconi sentendosi in realtĂ dei piccini sperduti nel bosco relazionale. Dentro ad ogni corpo cresciuto, allora, alberga un infante smarrito che ha bisogno di essere visto, ascoltato e capito per crescere. Ha bisogno di essere preso per mano. Ha dunque urgente necessitĂ dellâaltro. Ma non sa attaccarsi a nessuno. Teme che chi sta con lui lo limiti, lo denigri, lo maltratti, non lo accontenti e lo abbandoni. Vive dunque il dramma dellâaver bisogno di stare insieme ai suoi compagni di viaggio, ma nello stesso tempo prova paura per il rapporto che lo unisce a coloro con cui deve condividere qualsivoglia situazione. Oggi viviamo in un mondo dentro al quale si è rotto il pensiero fiducioso, è svanito il senso del rispetto, è evaporata la capacitĂ di rinuncia che permette di stare insieme agli altri.
Uomini e donne sentono la necessitĂ di legami umani e, nel medesimo istante, temono i vincoli che li fanno stare dentro ad un gruppo che li mette in rapporto con piĂš persone.
Si guardi bene non è colpa di nessuno.
Ă la complessitĂ della nostra epoca che non permette naturalmente una lenta e completa maturazione. Ma a questo male odierno câè rimedio. Se si dĂ voce a quelle parti piccine rimaste nel cuore di ogni adulto, sia esso genitore, educatore, allenatore, operatore, professionista o cittadino qualsiasi, ognuno può crescere. La possibilitĂ di esplorare i vissuti infantili rimasti sepolti dentro al corpo adulto, coperti dallâetĂ anagrafica, celati dai ruoli di responsabilitĂ assunti, inoltre, offre un impareggiabile apprendimento per far crescere i piccoli di cui ogni adulto dovrĂ poi occuparsi. Solo conoscendo il bambino che alberga dentro di sĂŠ si può dunque crescere e far crescere.
Nel gruppo operativo questo âbambino internoâ trova lo spazio piĂš idoneo per emergere poichĂŠ il collettivo porta nel campo relazionale delle strutture familiari che vivono sepolte nella mente di ciascuno fin dallâinfanzia. Il gruppo perciò impone alle parti piccole di salire in superficie. Questo venire a galla dei sentimenti piĂš immaturi li rende educabili, maturabili ed evolvibili. In questo venire alla luce del puer sepolto dentro ad ognuno sta perciò la difficoltĂ emotiva e il valore formativo del gruppo.
Contenuto da un gruppo operativo chiunque maturerà perciò piÚ facilmente.
Si forma allora un cerchio che condivide un grande sogno. Presto però ci si trova seduti in una circonferenza che provoca dolorose delusioni.
I diversi adulti formano un gruppo e si siedono gli uni accanto agli altri in una formazione democratica. Nel cerchio tutti hanno un ugual valore, ognuno ha identici doveri, tutti hanno il medesimo diritto di prendere la parola. Il cerchio affascina poichĂŠ rende tutti compartecipi nello stesso modo. Gestire la democrazia della circonferenza nella quale ognuno è posto al medesimo livello dellâaltro richiede però molta maturitĂ . La democrazia oggi è in crisi e, smarrito il suo contrapporsi alle dittature, non riesce a trovare un nuovo modo per autoalimentarsi. Essere democratici, cosĂŹ come un gruppo richiede, è dunque uno sforzo che non trova ispirazione nel mondo sociale, politico, istituzionale. E solo in alcuni piccoli gruppi si sta bene insieme per affetto, per amore, per affinitĂ . E non sempre in modo duraturo. Quindi per condividere un obiettivo ci vuole qualcosa di piĂš del familiaristico âvolersi beneâ.
Lâoscillazione tra il piacere di sentirsi alla pari e il dispiacere di non poter comandare sugli altri diviene logorante conflittualitĂ .
Allâinterno della rete composta dagli adulti che si ritrovano per condividere unâimpresa comune, perciò, iniziano a svilupparsi degli stati emotivi difficili da gestire.
Ad un iniziale stato di grazia, quasi di euforia, per il confronto fattivo che si articola nel cerchio magico, segue una fase di fatica emotiva. Nel lavoro comune iniziano a vibrare affetti negativi, ad essere sollecitati sentimenti poco onorevoli, a venir pronunciate parole che feriscono, a costituirsi fazioni che si oppongono.
Il cerchio si sfibra, si sfilaccia e si rompe. La delusione allora irrompe e minaccia la finalitĂ stessa dellâincontro.
I partecipanti si chiedono: âHa senso stare qui se sto male? SarĂ per me possibile frequentare questo ambiente se è cosĂŹ malato? PerchĂŠ mai mi devo occupare dei rampolli di queste famiglie pretenziose? Va bene lâamore per lâassociazione, ma di questi tempi esserne soci significa solo stare in competizione, covare invidia, sentirsi addosso negativitĂ ...â.
Alcuni adulti che compongono la rete che sostiene qualsiasi impresa cercano di bonificare i sentimenti propri o altrui, ma a nulla valgono negoziati, contatti personalizzati, tentativi di recupero. Il malessere permane. Ă una sofferenza che nasce dal bisogno di legami e dallâincapacitĂ di gestirli. Il bisogno dellâaltro cozza contro il limite che chiunque impone. Il desiderio di condivisione sâinfrange sulla differenza di vedute. Si cerca di legare, ma ci si trova sempre piĂš slegati.
Il conflitto tra affermazione di sĂŠ e bisogno dellâaltro diviene fonte di stress senza che si riesca a trovare una via dâuscita poichĂŠ la rinuncia per il bene comune, lâattenzione ai bisogni altrui, la ricerca del benessere di chi ci sta accanto sembrano rappresentare delle debolezze intollerabili. La paura di essere sopraffatti si trasforma in arroganza. Il timore di valere poco diviene imposizione. Lâansia per la svalutazione delle proprie capacitĂ diventa prosopopea.
Lo sfondo culturale odierno pertanto incrementa il disagio che le persone vivono nel costruire relazioni positive tra di loro. Si sono persi i cardini sociali dello stare insieme.
La fede come speranza che dĂ senso al sacrificio e fa sopportare la finitezza sembra sempre piĂš scomparire. Si sono infatti smarriti i principi che fanno affrontare la perdita.
La legge, come regolatore sociale della convivenza umana, sembra aver lasciato posto ad un âarraffareâ per sĂŠ il piĂš possibile senza tenere conto di nessuna etica. Si è perciò smarrito il senso della regola che rende possibile coesistere al mondo.
La scienza, come necessitĂ di superare lâignoranza e mantenere aperta la ricerca, è stata soppiantata dalla presunzione di sapere giĂ tutto. Nessuno sembra dover mai imparare nulla ed ognuno si arroga il diritto di avere la veritĂ in tasca.
La cultura, come ricerca di senso condiviso, sembra aver rotto ogni codice umano ed essersi infranta contro lo scoglio delle barriere ideologiche. Si difende il proprio sapere e non si cerca di ibridarsi con il discorso che si vive come straniero, estraneo, diverso. Ognuno difende il suo sistema simbolico e rischia di non saperne creare uno nuovo.
La perdita di questi garanti della vita in comune sta attraversando il mondo sociale odierno. Essa si riverbera anche nelle istituzioni sanitarie, scolastiche e sociali che stanno perdendo il loro significato e si ripercuote anche nei piccoli gruppi di lavoro per andare infine a colpire il nucleo centrale costituito dal sistema familiare. Stare insieme oggi è dunque una controtendenza che implica una scelta che non si presenta nÊ come semplice nÊ tanto meno come indolore.
Creare rapporti tra adulti è dunque impresa nellâimpresa. Ă il plus valore di ogni cerchio umano. Ă luogo esemplare per rimettere in moto nella Polis il valore dei legami. Ă fare formazione nellâeducare. Ă allenamento alla relazione in un contesto sociale che non sa coltivare la solidarietĂ tra i cittadini, tra i lavoratori, tra i familiari. Il continuo incremento dei divorzi tra coniugi non è che lâesempio piĂš eclatante dei dissapori che covano tra colleghi, che avvelenano nei condomini, che uccidono nelle strade e che rompono il patto politico. I legami personali, produttivi, di convivenza, di rispetto reciproco, di governo dei beni comuni sono in crisi. Questa frattura si rispecchia in ogni gruppo che si va costituendo poichĂŠ, senza la maturitĂ data dal saper rinunciare, non vi è possibilitĂ di mantenere saldi rapporti.
Nel gruppo di lavoro ad una fase di âinnamoramentoâ, in cui ci si attende comprensione e soddisfazione, seguono delusioni, rotture, faide e dissapori difficili da elaborare.
La dimensione affettiva è la forza propulsiva sprigionata dallâincontro tra piĂš persone, ma è altresĂŹ la difficoltĂ che ogni collettivo, classe, squadra, team, ĂŠquipe, gruppo di lavoro si trova a vivere.
Alle volte le relazioni a cui espone lo stare in gruppo affaticano cosĂŹ tanto che i partecipanti desiderano non incontrarsi piĂš. Allora chi appartiene al collettivo fugge, si dimette, lascia gli incarichi, si giustifica per le assenze. Il cerchio viene attaccato, delegittimato, disertato. La salute della persona, il benessere di una famiglia, la ricchezza emotiva, infatti, derivano direttamente dalla quantitĂ e qualitĂ dei legami sociali. Compartecipare con altri adulti ad unâimpresa è dunque sinonimo di arricchimento dei legami con se stessi, con i propri cari e con le nuove generazioni. Lâagire sociale non è pertanto solo un atto di volontaria donazione altruistica, ma è soprattutto un dedicarsi del tempo per mantenere la propria salute psichica. Adulti che si dedicano ad altri in realtĂ offrono a se stessi lâopportunitĂ di sentirsi importanti, amati, considerati, stimati. E questi vissuti se non allungano la vita, perlomeno ampliano il senso dellâesistenza.
In ogni impresa quindi fare squadra è la carta vincente poichĂŠ genera salute psichica. Ă questo un benessere che viene trasmesso a chi divide, compartecipa e realizza il compito che ci si è dati. Divenire un gruppo è unâesperienza che però richiede di maturare le proprie competenze emotive.
Non si può stare con gli altri alimentando sentimenti infantili. Per condividere un compito è necessario abbandonare piccinerie e, pur sotto la pressione dello scambio umano, comportarsi in modo maturo. Lavorare tra adulti è dunque una grande opportunitĂ per crescere, ma è anche una situazione nella quale è necessario maturare delle competenze sociali. Per fare gruppo bisogna saper vivere in un gruppo. Per partecipare ad un collettivo è necessario saper sopportare il limite imposto dalla presenza dellâaltro.
Non si è adulti se non si è imparato che al piacere della compagnia corrisponde anche la mediazione dei conflitti dovuta alla diversità . Non si è maturi se si crede onnipotentemente di poter sottomettere chi ci è accanto dominando la scena come bimbetti bizzosi. Non si è professionali se non si è responsabili delle parole che si pronunciano sapendo argomentare le proprie ragioni in modo rispettoso. Non si è educatori se non si sa perdere, sbagliare e fallire facendo in modo che la sconfitta generi la determinazione a fare meglio.
Il gruppo alimenta queste competenze emotive, ma le mette anche fortemente alla prova. Imparare a tollerare il limite imposto dallâaltro rendendo sopportabile il dolore, il rammarico, il dispiacere che inevitabilmente le differenze comportano allena alla vita lavorativa, familiare e sociale. E quel travaglio affettivo addomesticato rende possibile non solo rimanere seduti nel cerchio al quale si è aderito, ma anche andare al lavoro con minor stress da contatto con superiori e colleghi ed infine, ma non da ultimo, saper vivere in famiglia senza sentirsi troppo scontenti, insoddisfatti ed infelici.
Educare le emozioni durante le attivitĂ collettive diviene dunque opportunitĂ per allenare i vissuti negativi alimentati dalla presenza dellâaltro. Saper far fronte allo stress posto dalla convivenza induce a non ritirarsi dalla scena sociale.
Unâinsegnante dallâaria professorale entra a far parte del gruppo terapeutico dopo un tentato suicidio e un grave ritiro dalla vita. Assunta, dallâaspetto fragile ed etereo, è una donna di mezza etĂ molto provata. Un padre morto dâinfarto quando lei era giovanetta. Una madre vinta dal lutto e mai piĂš vitale. Un fratello che ha lasciato precocemente la vita con una siringa conficcata nel braccio. Una sorella morta in giovane etĂ per un brutto male a lungo negato e trascurato. Solitudine, sconforto e amarezza la portano a frequentare con serenitĂ solo il piccolo cimitero nellâisola di San Michele. LĂŹ, fuori dal frastuono del mondo esterno, contornata da una laguna rassicurante, seduta tra le tombe dei suoi familiari trova un poâ di pace. Nel camposanto i suoi fantasmi del passato si placano, il dolore assordante si allontana, i pensieri ossessivi le danno tregua. Questa piccola donna intrisa di morte si contorna di un silenzio distaccato mentre dedica ore ed ore alla cura minuziosa del grazioso giardino che ha costruito attorno alle lapidi dei suoi cari.
La sensazione che la sua esistenza sia troppo assurda la rende però inquieta e arrabbiata. Il suo corpo un giorno la tradisce. Unâimportante malattia la porta in ospedale per lunghi mesi. LĂŹ incontra le insegnanti volontarie che si occupano dei bambini del reparto oncologico. Lei, maestra di mestiere, si dedica a loro durante la sua degenza. Dimessa, torna tra i lettini dei suoi nuovi amici perchĂŠ tra i bimbi malati si sente bene. Assunta è passata dal cimitero allâospedale e, grazie allâincontro con il padre di un giovanissimo degente, passa dalle corsie ospedaliere alla palestra della periferia degradata della sua cittĂ . Inizia a frequentare, come volontaria, la struttura sportiva gestita da questo giovane signore. Segue i bambini con lâargento vivo addosso e li aiuta a giocare in gruppo. I piccoli monelli sentono il bisogno di amore che emanano i pori di Assunta. Speranze, necessitĂ , aneliti che rappresentano il loro medesimo bisogno dâessere amati per ritrovare la speranza di vivere. Le emozioni reciproche comunicano in silenzio, passano affettuosamente il confine soggettivo, diventano, giorno dopo giorno, empatia profonda. I vissuti degli uni curano quelli degli altri. E Assunta, un giorno qualsiasi, va con la squadra fuori cittĂ per un importante torneo. Passa dalla palestra alla vita rumorosa di una finale di campionato. La sua tormentata esistenza ritrova il piacere di un sorriso, lâaspettativa di un buon futuro, il valore di un senso esistenziale condiviso. La professoressa, ora piĂš vitale, allâinizio della terza estate nella quale frequenta il gruppo terapeutico decide di concludere la sua esperienza. Sa tuttavia che il dolore per la separazione richiederĂ un lungo lutto silenzioso. Stavolta accompagnato però dai pensieri e dalle storie dei suoi tanti compagni di viaggio e della coordinatrice del suo gruppo. Dentro di lei non piĂš solo il vociferare malato dei suoi familiari. Le parole sofferenti di sua madre, di suo padre e dei suoi fratelli sono infatti sostituite dalle profonde e vivaci riflessioni condivise nel gruppo con uomini e donne capaci di capirla e sostenerla per accompagnarla lontana dal suo bisogno di corteggiare la morte.
1.2 IL GRUPPO FAMILIARE
La famiglia è il paziente gruppale per eccellenza di ogni psicosocioanalista. La famiglia è il luogo dove la malattia dei legami si annida, si sviluppa e fa ammalare i singoli. La famiglia però è il paziente che viene meno frequentemente preso in carico dai professionisti poichÊ è davvero complicato prendersi cura di un gruppo che porta sedimentata dentro di sÊ una patologia basata sulla complicità e il segreto.
Qualche volta un unico terapeuta non basta e allora è necessario che si mettano insieme due analisti per incontrare una famiglia....