Il teatro bambino. Itinerari formativi per l'infanzia
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Anna Maria Valera, Carla Penati

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Il teatro bambino. Itinerari formativi per l'infanzia

Anna Maria Valera, Carla Penati

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Über dieses Buch

Attraverso la parola, il gesto, il corpo, il silenzio, il rumore, si attiva un percorso di narrazione in cui il gruppo possa manifestarsi e riconoscersi, e in cui ognuno possa affermare la propria identità. Il bambino creerà così scene di vita quotidiana e le vivrà sapendo che le sta giocando. Dal nuovo punto di vista si accorgerà quindi che la realtà, attraverso la rappresentazione comincia a dipendere da lui. Egli esce da una posizione determinata dagli adulti: "Mascherandosi" si svela, non solo per quello che è, ma anche per quello che vorrebbe essere.

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Information

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Diario di bordo “La lunga attesa”
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“Prendi il tuo nome”
Prendi il tuo nome,
è come ti risposero
al primo strillo, il suono
in cui madre e padre ti avvolsero
appena fuori dal silenzio
e ai risvegli soffiavano
nelle tue orecchie curiose.
Sei tu nei pensieri
di chi non ti ricorda faccia e voce.
Prendi il tuo nome e scrivilo
come chi ha fame pone piano il pane
e spezzalo,
gustane il molle e il duro e
gridalo e sgridalo e frugalo e rimbalzalo
come palla sul muro, come
sull’acqua pietra piatta. Con il nome
fatti poesia, corpo che suoni.
(Roberto Piumini)
I bambini ascoltano seduti in cerchio la lettura, viene di nuovo letta la poesia e li si invita ad agire seguendo il contenuto. La lettura con l’azione scenica viene ripetuta più volte; chiediamo ai bambini di non fermarsi ai primi movimenti, ma di ricercarne altri o di migliorare quelli trovati. Tutti agiscono con piacere, poi uno alla volta presentano ai compagni la loro performance.
Alla fine dell’attività corporea, rientriamo in classe e ogni bambino scrive un testo dal titolo: “I suoni e i rumori che sento nel mio nome”.

Osservazioni dei bambini

Ecco alcuni testi:
Giona
Io sento una semplice G che mi accarezza e mi ricorda tanta felicità e l’amore per i bimbi piccoli. Sento anche la fantastica I che salverà i bimbi sfortunati e salverà le vocali; è come un picchio che picchia e canta un canto speciale che sento nella mente. Quella O seria seria mi ricorda mio nonno che mi sgridava; quelle parole mettevano lacrime, come una sberla che mi sfiora e passa lentamente e mi abbandona in mezzo al gelo. La N minacciosa mi sgrida, mi oltrepassa il pensiero, mi ferisce il cuore, mi uccide come una tarantola che vuole uccidere i bambini sfortunati, che ogni giorno spezzano il pane con il loro nome. Sento né povertà né ricchezza per la A che prova amicizia per i paesi felici, le feste di compleanno. Ma soprattutto nel mio nome sento l’amore e le ventimila voci del mondo, sento tutto questo e pure la musica fantastica del saggio picchio rosso che batte nel mio cuore.
Sara
Nel mio nome sento la SA molto morbida, invece la RA dura. Il mio nome lo sento dolce e corto. Mi piace sentirlo dire dalle persone. Quando la mia mamma mi sgrida, dice il mio nome molto forte. Il mio nome a me piace tantissimo ed è leggero come una piuma. Lo scrivo e lo riscrivo sui quaderni e sui fogli bianchi e provo felicità.
Il mio nome si sposta come il vento forte quando sono un po’ nervosa. Il mio nome è come la neve che si scioglie per terra, ma qualche volta è duro come il ghiaccio. Il nome che ho, io non lo lascerò mai.
Babila
Io sento nella B la purezza e l’amore, nella I e nella L una scossa, come se ci fosse un controluce che spegne la A. Nel mio nome è come se ci fosse un cucciolo di passerotto ferito. Allora la I e la L lo coccolano. La A mi ricorda l’affettuosità e la dolcezza dei miei genitori. La B e la A mi ricordano quando ero piccolo, un bambino appena nato e il primo suono d’amore era la I, la perfetta I. Era un suono dolce come il miele, acuto come uno strillo di dolcezza, vivace come il sole al mattino e severo come un tuono, bello come l’affetto. Le due B sono nate insieme dalla I e dalla A e danno forza, amore, intelligenza. Sono donatrici di felicità, vogliono bene a tutti. Il mio nome mi ricorda un leone tenace e coraggioso, bello e veloce, affettuoso come un gattino. B mi ricorda anche il cuculo che fa BIBIBIBIBIBI e a me piacciono tanto gli uccelli.
Francesca
Quando mi sussurro il mio nome sento un rumore strano, in lontananza, sembra un lupo che ulula nel buio e nel freddo, però subito dopo non sento più niente e svanisce subito tutto. Ma quando sono triste e mi ripeto il mio nome, non sono più triste. Quando dico Francesca, mi sento nel mondo delle fiabe. Nel FRA mi sento leggera e volo nell’aria come un uccello lasciato da poco in libertà. Però CE mi sta un po’ antipatico perché è duro e a me non piace la durezza. A volta questa CE mi fa sentire nel vuoto, da sola, senza nessuno vicino, senza nessuno che mi incoraggia. Però quello che odio di più è SCA perché la S e la C sono davvero troppo dure, non riesco nemmeno a pronunciarle. Infatti tutti mi chiamano Franci o Fra; però pronunciare tutto il mio nome insieme mi rende felicissima!
Silvia
Se dico SIL mi sento un fiore che perde i petali molto dolcemente e molto lentamente, perché il vento leggero oggi soffia molto delicatamente. In VIA mi sento un bastone rigido. Dritto e duro come il ferro. Nella S mi sento una cosa né molle né dura, né grossa né piccola, forse una caramella gommosa. Nella A mi sento l’erba calpestata da un bambino che corre nel prato. Nella I sento un pino alto che sfiora le nuvole nel paradiso. Nella V sento un’altalena che dondola sempre più veloce. Nella L mi sento come uno straccio caduto a terra da poco.
Tommaso
Io sento TOM come un’ape che sbatte le ali intorno al mio orecchio e quelle due MM che sono gemelle pestifere e prepotenti che si sentono due regine, ma non hanno la corona. Quella A è esausta e sta camminando da ore nel deserto che esiste solo nella sua mente. Quel SO che è più avanti, ma esausto anche lui, non trova mai un rifugio, e dopo qualche minuto scorge un’oasi piccola e con poca acqua; lui non beve e aspetta la A che è piccola e lontana, ma dopo si fa grande e i due si dividono l’acqua e ricominciano il cammino fianco a fianco e dopo qualche minuto sentono un sibilo e cadono sulla sabbia cocente.
Leonardo
Quando dico LEO mi sento una foglia che cade da un albero superveloce: LEOOOOOO, LEOOOO.
In NAR sento gridare il mio nome come se lo mettessi in un angolo, come se lo mettessi in castigo a spezzare in due con il coltello tutti i tamburi che trova in camera sua: NARR, NARR, NARR, NARR. DO invece è come una palla che sbatte da tutte le parti, distruggendo tutto quello che trova nella sua strada come un carrarmato, come se buttasse giù qualunque cosa: la cartella, la tele, tua mamma e tuo papà, i quadri, i tuoi schedari, tua sorella, i bicchieri, i piatti, le forchette, i cucchiai, la scrivania, i libri, il frigorifero, tutti i tuoi letti, il cuscino, la tua coperta, i tuoi vasi, i vestiti, gli attaccapanni, la porta, tutti gli occhiali e le bottiglie: DOO, DOO, DOO, DOO.

Osservazioni delle insegnanti

Nel fare questa lezione abbiamo paura che i bambini non capiscano la poesia e che si blocchino di fronte alla richiesta. Invece, come al solito, rispondono con grande entusiasmo.
All’inizio i primi movimenti sono piuttosto stereotipati, poi pian piano aumenta la concentrazione e alcuni bambini riescono a fare delle vere e proprie azioni teatrali, belle da vedere, mentre altri, i più insicuri, non riescono ad uscire dallo stereotipo e si guardano continuamente in giro, non riuscendo a concentrarsi su quello che stanno facendo.
Quello dello stereotipo è un problema che dovremo affrontare più seriamente.
L’aver fatto scrivere un testo, subito dopo l’animazione sulla poesia di Piumini, è risultato stimolante. I testi scritti dai bambini sono tutti ricchi di spunti, di idee e di metafore e verranno letti e messi in comune, divenendo così da subito materiale utile per le improvvisazioni.
Sarà proprio partendo da questi testi che chiederemo ai ...

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