PARTE TERZA | | La palestra delle differenze Idee e proposte didattiche |
Oserais-je exposer ici la plus grande, la plus importante, la plus utile règle de toute lâĂŠducation? Ce nâest pas de gagner du temps, câest dâen perdre.
Jean Jacques Rousseau
Il senso della media education per stare nel mondo
Nello spazio vero-virtuale, infinito-bulimico delle notizie in rete la veridicitĂ dellâinformazione è spesso compromessa. I canali tradizionali (giornali, tv, radio) non costituiscono piĂš entitĂ a sĂŠ stanti, ma si arricchiscono e influenzano a vicenda grazie al comune denominatore per eccellenza: il digitale, meglio ancora i social network. I protagonisti di questo moderno fluire e fruire delle notizie e, in generale, della comunicazione a 360 gradi sono i nativi digitali e gli immigrati digitali, come li ha definiti lo scrittore americano Marc Prensky. I primi sono nati nellâera del web, i secondi sono tutti coloro che, pur non essendo nati con la tecnologia, hanno dovuto utilizzarla in un momento successivo; e che possiamo identificare nella maggior parte degli insegnanti, educatori, familiari e adulti con i quali i giovani, nativi digitali, si confrontano ogni giorno. La televisione, in particolare il telegiornale, non è piĂš il referente assoluto dellâinformazione, la veritĂ , piuttosto, rappresenta una delle tanti voci di un coro che non ha confini nĂŠ di luoghi nĂŠ di tempo. Per le nuove generazioni la tv e tutte le notizie viaggiano solo sul web, ma soprattutto da e con uno smartphone. Se in passato alla base della formazione dei giovani, sia nel contesto scolastico sia in quello familiare, câera lâosservazione passiva, oggi la realtà è ben diversa. La miriade di messaggi che riceviamo da altrettante fonti del mondo virtuale li rende utenti iperattivi nel processo di creazione di un contenuto mediatico o pubblicitario. Dallâaltra parte, però, il fatto che la diffusione e la fruizione delle notizie siano sempre di piĂš lasciate al caso della Rete richiede ulteriori approfondimenti sullâaffidabilitĂ delle fonti e dellâaccaduto specialmente per chi di professione, come il giornalista, ha il compito di informare e ricercare la veritĂ . In Rete è lecito a tutti scrivere e fare di un post una notizia, ma la credibilitĂ non è di tutti nĂŠ è facilmente riconoscibile. Ă buona norma â e prassi â del giornalismo anglosassone dire che âprima di diffondere una notizia sarebbe opportuno verificarla almeno tre volte, dunque da tre fonti diverseâ. In una societĂ -network come la nostra informare non basta piĂš; anzi potrebbe far smarrire ulteriormente se pensiamo alla facilitĂ con la quale tutti, cronisti e non, comunicano attraverso la Rete con modalitĂ piĂš o meno consone, piĂš o meno in linea con i principi tecnici e deontologici della professione giornalistica. Soltanto da qualche anno ci stiamo interessando davvero al proliferare delle fake news, le cosiddette âbufaleâ, notizie infondate o falsate. Oggi piĂš che produrre informazione abbiamo la necessitĂ di selezionarla; di fare unâoculata scremature delle news. Un compito che potrebbe essere affidato ad una nuova figura del mondo mediatico, il selezionatore di notizie. Un professionista che sappia distinguere prima di tutto il vero dal falso privilegiando la diffusione di contenuti che rispettino non solo una certa etica della parola, ma anche i suoi significati affinchĂŠ non istighino alla discriminazione, al razzismo o ad azioni violente che possano essere nocive sia per il singolo cittadino sia per la collettivitĂ . Unâinformazione che racconti la realtĂ senza amplificare i toni di ciò che è deleterio e di cui lâopinione pubblica è giĂ a conoscenza. I giovani non sempre riescono a vedere al di lĂ delle notizie tragiche. FinchĂŠ continueremo a puntare lâobiettivo soltanto sul macabro, su unâintera sequenza di inguardabili fotogrammi, specie tra i giovani, non avremo che unâinterminabile riproduzione di indicibili fatti di cronaca. Se gli addetti dellâinformazione scegliessero di far parlare le storie â anche quelle difficili e tristi â inquadrandole in unâottica propositiva e dallâapproccio ottimista, queste risveglierebbero le esperienze positive che i nostri ragazzi hanno vissuto o vivono quotidianamente e che, come fanno gli adulti, dimenticano nel pessimismo generale di cui siamo intrisi. Tra lâaltro, non sempre giornalisti e operatori dei media adempiono al compito primario di essere creatori dellâinformazione in una visione che sia il piĂš possibile oggettiva, o per lo meno scevra da pregiudizi e stereotipi. Diversi professionisti del settore ne fanno spesso una cronaca episodica e superficiale, poco approfondita e motivata dei fatti; tanto da non riuscire a ricreare la complessitĂ della nostra societĂ e della stessa immigrazione, figlia dei vari fenomeni a cui la globalizzazione ha portato. Una prassi, questa, che induce lâopinione pubblica a confondere notizie e valori oltre che permettere a chiunque di arrogarsi il diritto di sentirsi âcompetenteâ rispetto a un contenuto, a una materia, controbattendo a chi veramente ne sa con una personale Wikipedia di immagini, lettere, post, cinguettii qualunquisti urlati in Rete. Per ovviare al pericolo di un appiattimento culturale, i media dovrebbero essere non solo costruttori, ma anche fruitori della comunicazione in quanto pubblico che osserva e analizza di cosa sono fatti i messaggi, come veicolarli, per garantire unâinformazione che consenta, soprattutto alle nuove generazioni, di ragionare sulle cause di ciò che accade e capire dove situarsi nella realtĂ plurale del nostro mondo globalizzato. Un tempo si studiavano i mass-media come antivirus contro le cattive influenze della sua stessa industria culturale dalle quali ci si doveva difendere perchĂŠ lâunica cultura accreditata, quella con la C maiuscola, era lâeducazione scolastica. Oggi ai giovani si dovrebbe insegnare a âleggereâ i media per accrescere in loro spirito critico, sensibilitĂ interculturale e conoscenze di saperi e culture altre. I ragazzi socializzano piĂš nei e con i social-media invece che nel contesto familiare, scolastico e delle amicizie. Permettergli di comprendere come funziona il mondo social-mediatico significa fare attivitĂ di codifica e decodifica dei messaggi che si celano dentro e dietro le notizie; consentire agli studenti di decostruire (e ri-costruire) le rappresentazioni sociali veicolate.
Deve essere ben chiaro che i media non sono una finestra trasparente sul mondo, ma una versione mediatizzata di esso. Non rappresentano la realtà semplicemente per quella che è, piuttosto la rappresentano,
ribadisce lâUnesco nella pubblicazione Media Education8, kit realizzato per insegnanti, genitori, alunni e professionisti.
Tutti coloro che lavorano con e per i giovani, e le loro famiglie, dovrebbero essere sensibilizzati allâimportanza che la cultura mediatica ha nella quotidianitĂ degli adolescenti e farsi da tramite per indirizzarli nella moltitudine di informazioni che, ogni giorno, entrano a far parte della nostra vita, occupandola anche troppo. Capita spesso, infatti, che una notizia suscettibile di strumentalizzazione, quale può essere lâarrivo via mare di persone in fuga dal proprio Paese, vada al di lĂ del fatto stesso rimbalzando per lungo tempo non solo nei tg, ma in molti palinsesti televisivi e nellâindomato panorama dei social network dove è molto probabile che venga del tutto deformata. Se è vero che gli studenti hanno giĂ unâesperienza pratica e unâidea chiara di come funzioni il mondo dellâinformazione sulle app9, non è altrettanto scontato che arrivino a comprenderne il fine e il motivo che hanno portato alla creazione di una notizia, specialmente se la credono vera. Senza una linea guida finalizzata ad una conoscenza approfondita degli ingranaggi dellâinformazione, cosiddetta competenza mediatica, i giovani saranno facili fruitori di fake news e continueranno ad usare il digitale in maniera superficiale cosĂŹ come, talvolta, fanno nellâapproccio alla vita. Un programma didattico di media e peer-education insieme potrebbe aiutarli a scandagliare la conoscenza della lingua o lingue dâorigine e capire come stare al mondo, arricchendo il proprio cammino formativo e personale di significati preziosi.
Educare allâinformazione come nuova frontiera interculturale
Sul binomio media education-intercultura si potrebbero investire risorse finanziare, strumentali ed umane. Non solo in ambito scolastico, i benefici che un approccio da media education potrebbe apportare allâapprendimento interculturale sono tanti anche per lâaffinitĂ di contenuti. Nella media education, improvvisandosi giornalisti si è tutti colleghi di unâunica redazione. Ci si mette al pari degli altri proprio come accade nelle situazioni interculturali dove tutte le culture sono allo stesso livello, non ce nâè una che si erge, prevarica e comanda. Vige lo stesso principio collaborativo e, se vogliamo, anche di solidarietĂ , tipico di una redazione giornalistica dove si lavora insieme rendendosi complementari nelle differenze â quali possono essere per esempio lo stile, âla pennaâ del singolo cronista, o lo scrivere per un genere, gli e...