LâUOMO DALLA
VOCE DâORO
Leonard è ormai un poeta affermato in patria, ma non è soddisfatto dei suoi guadagni. Ă cosĂŹ che pensa di convertirsi in songwriter, sulle orme dellâamato Dylan. Il Greenwich Village prima e il Chelsea Hotel poi saranno i luoghi magici che gli permetteranno di realizzare il suo primo cristallino capolavoro, intriso di poesia.
Dopo il discreto successo di The Favourite Game, le cui vendite vanno lentamente migliorando nel tempo, Beautiful Losers è atteso con un certo interesse, tanto che le prenotazioni si attestano in fretta intorno alle 3.000 copie, ma il contenuto davvero troppo particolare del libro e il passaparola poco entusiasmante non permettono di andare molto oltre. Cohen ha trovato a Idra la serenitĂ e nuova motivazione per scrivere, ma la mancanza cronica di denaro comincia a pesare: nonostante le poche esigenze, deve sempre piĂš spesso recarsi in Canada per arrotondare â con reading e apparizioni varie â la sua rendita annuale di 750 dollari, che deriva dal rinnovo della borsa di studio.
Nel gennaio del 1966, colpito dallâascolto di album come Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited, comincia ad approfondire lâopera di Bob Dylan fino a rimanerne totalmente conquistato. Ne parla con toni appassionati agli amici, capisce che la musica è un veicolo formidabile per esprimersi anche dal punto di vista poetico e, in un impeto dâeuforia, arriva ad affermare che anche lui si avvierĂ in quella direzione per diventare il âDylan canadeseâ. Irving Layton, come al solito entusiasta di tutto quello che Leonard propone, prende la palla al balzo: il mese successivo, dopo che Dylan ha suonato alla Place des Artes di Montreal, annuncia pubblicamente che Cohen comincerĂ una nuova carriera di cantante.
Leonard è sempre stato un appassionato di musica e la possibilitĂ di diventare musicista la sta considerando da tempo; la stessa Marianne Ihlen ricorda che, giĂ nei primissimi anni Sessanta, lui sognava di potere ascoltare una delle sue canzoni da un juke-box. Non è unâipotesi cosĂŹ peregrina, perchĂŠ sa suonare piuttosto bene la chitarra ed è conscio che i suoi spettacoli improvvisati tra amici hanno sempre molto successo e non è raro che anche un pubblico estraneo si fermi ad ascoltarlo. Nel febbraio del 1966, a New York, fa le prove generali: nel corso di un reading al 92nd Street Y decide di chiudere la serata suonando The Stranger Song, non ancora nella versione finale che apparirĂ due anni dopo nel disco dâesordio, ma giĂ strutturata e con un testo quasi definitivo. Interrogato su questa sua nuova possibilitĂ di esibirsi, Cohen afferma che il cantare è, per lui, una normale estensione della voce cui ricorre da sempre e che non trova nessuna differenza tra poesia e canzone: anzi, tutta la sua scrittura, romanzi compresi, è sempre accompagnata dal suono di una chitarra. Ă noto a questo proposito come la stesura di Beautiful Losers sia stata il frutto di un difficile processo creativo, spesso sostenuto da anfetamine, ma anche dallâascolto parossistico di The Genius Sings The Blues di Ray Charles, album che è stato la vera colonna sonora di quel lavoro.
Ormai si è convinto che lâapproccio alla musica, non solo come accompagnamento delle sue poesie, sia unâevoluzione possibile e che debba essere la prossima tappa su cui lavorare. Tutti conoscono la passione di Leonard per il country, quindi nessuno si stupisce quando parte per Nashville con un pugno di canzoni autografe in tasca per cercare un produttore e registrarle. Sulla strada per la Music City, Cohen fa tappa a New York e qui il destino â o chi per esso â ne ferma temporaneamente la corsa perchĂŠ gli fa incrociare il nuovo songwriting che si sta sviluppando nel Greenwich Village. Lâimpatto è talmente ammaliante che lo terrĂ prigioniero per quattro anni.
Per la veritĂ il primo approccio è abbastanza sconvolgente, come ricorda lo stesso Leonard nella pellicola Iâm Your Man, il film tributo di Lian Lunson girato in Australia nel gennaio del 2005 in occasione di un grande concerto per Cohen svoltosi nella Sidney Opera House: âQuando arrivai a New York pensavo di trovare una cittĂ molto simile a Montreal, perchĂŠ anche in Canada avevamo bravi musicisti e poeti, ma mi resi subito conto che da noi le cose andavano diversamente. Per un artista americano il mercato era un soggetto imprescindibile, tutti i musicisti erano molto concentrati sul come apparire e sul come emergere, mentre in Canada erano piĂš modesti. Certo anche da noi cercavano di farsi strada e di diventare qualcuno, ma non câera lâambizione di cambiare il mondo. A New York gli scrittori e i poeti avevano delle grandi ambizioni soprattutto personali, credevano fermamente che un giorno sarebbero diventati scrittori famosi, popstar o punti di riferimento per la cultura mondiale. Fu per questo che mi trasferii quasi subito in un ambiente meno parossistico come il Chelsea Hotel, unâoasi perfetta dove passava tutto il mondo underground, da Nico a Ginsberg, da Harry Smith a Janis Joplinâ. A ogni modo, Cohen arriva a New York nellâautunno del 1966 completamente allâoscuro di quello che sta succedendo musicalmente: non sa che è in atto la riscoperta della tradizione folk-blues e che la canzone di protesta sta dilagando, tra gli interpreti piĂš impegnati. Mentre lui si godeva il sole e il mare di Idra, personaggi come Bob Dylan, Phil Ochs, Dave Van Ronk, Joan Baez e Judy Collins avevano preso possesso della scena folk e qualcuno aveva giĂ pensato a una rivoluzione rock attaccando la spina allâamplificatore. Il primo alloggio in cui si stabilisce è il Penn Terminal Hotel, ma si sposta quasi subito nel piĂš modesto Henry Hudson Hotel dove, però, si trova circondato da prostitute ed eroinomani: cosĂŹ, quasi per istinto, finisce al Chelsea Hotel, un âluogo pieno di stile e possibilitĂ â dove si rifugiano i giovani scrittori in cerca di fortuna e i musicisti che appartengono al giro della controcultura â insomma il luogo adatto per Leonard, dove impara âi primi rudimenti di vita socialeâ.
Il Chelsea Hotel è un grande palazzo di 12 piani in mattoni rossi, con balconi in ferro battuto e finestre a bovindo, situato al 222 della 23a Ovest, proprio nella zona di Chelsea, a Manhattan. A caratterizzarlo câè uno scalone centrale molto elegante, in ferro battuto, che mal si concilia con lâatmosfera un poâ decadente e vagamente trasandata dellâambiente, che però mantiene ancora i segni dellâantico splendore con i suoi rivestimenti in marmo e gli ascensori che si intuisce siano stati sfarzosi ed efficienti.
CHELSEA HOTEL #2
LâINCONTRO CON JANIS JOPLIN
âQuesta canzone la scrissi per una cantante americana che morĂŹ tempo fa e alloggiava solitamente al Chelsea Hotelâ, scrive Cohen nel libretto che accompagna il suo primo live, a proposito di Chelsea Hotel #2. âLa cominciai al bar di un ristorante polinesiano a Miami, nel 1971, e la finii ad Asmara in Etiopia, poco prima che il trono venisse rovesciato. Ron Cornelius mi aiutò con gli accordi rispetto alla prima versioneâ.
Oggi tutti sanno che quella cantante americana è Janis Joplin. Ă lo stesso Cohen a svelarlo, prima di cantare la canzone in un concerto. Se ne pente subito dopo perchĂŠ gli sembra di averle mancato di rispetto e le chiede simbolicamente scusa: ma ormai è fatta, non si può tornare indietro. Il fatto che si conosca la seconda versione di questa canzone, presuppone, ovviamente, che ce ne sia stata una precedente che è poi servita da base per la stesura finale. In Rete esiste una documentazione di Chelsea Hotel #1, interpretata da Cohen il 20 aprile 1972 a Gerusalemme, eseguita con un ritmo leggermente piĂš lento e un testo che si discosta per la lunghezza e alcune variazioni significative. Non ci sono ancora, per esempio, i celebri versi âI never once heard you say I need you, I donât need you and all of that living aroundâ (âNon ti ho mai sentita dire: ho bisogno di te, non ho bisogno di te e tutte quelle stupidagginiâ).
Lâincontro tra Cohen e Janis Joplin avviene nellâinverno del 1967, davanti allâascensore del Chelsea Hotel. Leonard le chiede se stia aspettando qualcuno, Janis capisce che sta per essere abbordata e risponde che è in attesa di Kris Kristofferson, il songwriter per un certo periodo suo fidanzato, che le scriverĂ Me And Bobby McGee. Cohen in modo simpaticamente sfrontato le dice che è la sua giornata fortunata perchĂŠ Kris Kristofferson è lui. Se la intendono immediatamente e salgono in camera. Nasce un flirt estemporaneo che Cohen racconta con insoliti particolari piccanti:
I remember you well in the Chelsea Hotel
You were talking so brave and so sweet
Giving me head on the unmade bed
While the limousines wait in the street
Ti ricordo bene al Chelsea Hotel
Parlavi con voce dolce e coraggiosa
Me lo succhiavi su un letto disfatto
Mentre le limousine aspettavano in strada.
Lâamore consumato velocemente, oltre a essere quello che realmente successe, rappresenta anche la frenesia, la velocitĂ con cui le rockstar vivono la loro vita e il successo. âCorrevamo per il denaro e la carneâ, dice Cohen nella seconda strofa, mettendo in evidenza i miraggi dellâessere umano odierno che corre per non pensare e âconsumaâ per non amare.
Tuttavia qualche...