Il romanzo storico e il romanzo di formazione
Nel frammento 116 dellâ"AthenĂ€um", Friedrich von Schlegel sostiene che la forma aperta, dialogica e senza schemi del romanzo âcolora di sĂ© lâintera poesia modernaâ, un "grande tutto" che abbraccia la vita spirituale di un individuo in rapporto dialettico con la societĂ . In effetti, anche secondo la diagnosi di Michail Bachtin (1979), tra Sette e Ottocento si assiste a un processo di "romanzizzazione" della letteratura europea che rivoluziona il sistema tradizionale dei generi, ripudiati in quanto convenzioni astratte e usurate, e deliberatamente confusi in forme miste, prossime al mondo quotidiano.
Tra i componimenti piĂč "moderni" si colloca il romanzo, che conosce una straordinaria stagione creativa in virtĂč della propria natura enciclopedica e antiretorica, capace di ammettere varietĂ di stili e di riflettere la dialettica storica delle classi sociali. Posto che ogni tradizione letteraria nazionale mette in opera strumenti peculiari, il novel europeo del primo Ottocento Ăš caratterizzato dalla ricerca di un equilibrio tra lâindividuo e la collettivitĂ , tra lâintrigo del personaggio e quello del contesto storico che, in un primo tempo, viene retrodatato in epoche lontane, meglio conciliabili con la libertĂ del romanesque: con il suo bagaglio di passioni e desideri, il cavaliere medievale agisce allâinterno di un sistema di valori e credenze che egli contribuisce a consolidare, vincendo i conflitti del potere e le meschinitĂ della vita quotidiana.
A partire dai novels di Walter Scott (Ivanhoe Ăš ambientato nellâInghilterra del XII secolo) esportati soprattutto in Spagna grazie a Benito PĂ©rez GaldĂłs, in Germania a Gustav Freytag, in Francia a Victor Hugo e in Italia negli anni che separano la pubblicazione de I promessi sposi (1827) dalle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo (1867) â il racconto si costruisce intrecciando le vicende private con quelle dei popoli, coinvolgendo una natura pittoresca, utilizzando materiale folklorico (canti popolari e leggende), illustrando minuziosamente luoghi e situazioni emblematiche (castelli, assedi, tornei, duelli, cacce, amori cortesi), e popolando il racconto di figure tipiche di ogni classe sociale.
Nonostante prevalga, da subito, una rappresentazione di "maniera" del passato che ha assai poco di storico e molto di avventuroso, questa tendenza favorisce lâimpegno degli scrittori per unâarte piĂč realistica e attenta alle problematiche sociali, secondo una linea che troverĂ in Alessandro Manzoni, Victor Hugo e HonorĂ© de Balzac â grande ammiratore di Scott â gli interpreti piĂč autorevoli.
Alessandro Manzoni
Rispondendo alle critiche su Il Conte di Carmagnola
Lettre Ă monsieur Chauvet sur lâunitĂ© de temps et de lieu dans la tragĂ©die
Spiegare quel che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto attraverso quel che hanno fatto, in questo consiste la poesia drammatica; inventare dei fatti per adattare ad essi dei sentimenti Ú, da Mademoiselle Scudéri ai giorni nostri, il grande difetto dei romanzi.
Non voglio per questo asserire che i componimenti che appartengono al genere romanzesco siano sostanzialmente falsi. Certo ci sono dei romanzi che meritano di essere considerati modelli di veritĂ poetica; e sono quelli i cui autori, dopo aver preso atto, in modo preciso e sicuro, dei caratteri e dei costumi, hanno inventato, per poter rappresentare tali caratteri e tali costumi, azioni e situazioni conformi a quelle che si verificano nella vita reale: dico solo che, come ogni genere letterario ha il suo scoglio particolare, cosĂŹ lo scoglio del genere romanzesco Ăš rappresentato dal falso. Il pensiero degli uomini si manifesta con maggiore o minore chiarezza attraverso le loro azioni e i loro discorsi; ma anche quando si parte da questa larga e solida base raramente si giunge alla veritĂ nella rappresentazione dei sentimenti umani. A fianco di unâidea chiara, semplice e vera se ne presentano cento che sono oscure, forzate o false; ed Ăš la difficoltĂ di separare la prima dalle seconde che rende cosĂŹ esiguo il numero dei buoni poeti. Tuttavia anche i piĂč mediocri si trovano spesso sulla via della veritĂ ; qualche indizio piĂč o meno vago di essa, lo hanno sempre. Ma Ăš difficile seguire questi indizi: che cosa accadrĂ poi se li si trascura e li si disprezza? Ă questo lâerrore che commettono, inventando i fatti, la maggior parte dei romanzieri. Ne Ăš derivato quel che doveva derivarne, e cioĂš che la veritĂ Ăš sfuggita loro piĂč spesso che a quelli che si sono tenuti piĂč vicini alla realtĂ ; ne Ăš derivato che essi si sono preoccupati poco della verosimiglianza, sia nelle vicende che hanno immaginate sia nei caratteri dai quali hanno fatto scaturire queste vicende; e che a forza di inventare storie, situazioni nuove, pericoli inaspettati, contrasti eccezionali di passioni e di interessi, hanno finito col creare una natura umana che non somiglia in niente a quella che avevano sotto gli occhi, o, per meglio dire, a quella che non hanno saputa vedere. Di conseguenza lâepiteto di romanzesco Ăš stato designato ad indicare generalmente, per quel che riguarda sentimenti e i costumi, quel tipo particolare di falsitĂ , quel tono artificioso, quei tratti convenzionali che contraddistinguono i personaggi dei romanzi.
A. Manzoni, Scritti di teoria letteraria, a cura di A. Sozzi Casanova, introduz. di C. Segre, Milano, Rizzoli, 1981
Un altro tentativo di rappresentare il compromesso tra lâindividuo e il contesto storico-culturale Ăš quello del "romanzo di formazione", sul modello del primo Wilhelm Meister di Goethe. Seguendo il percorso educativo di un giovane che sperimenta il contrasto tra lâidentitĂ oggettivamente assegnata dagli altri (anzitutto i familiari) e quella soggettivamente fatta propria nel corso della crescita, lâautore propone alla fine un modello di integrazione sociale, attraverso il lavoro o il matrimonio, rispettivamente mete ultime dellâ"apprendistato" di Wilhelm e di Elisabeth in Orgoglio e pregiudizio (1813) di Jane Austen.
Rispetto al romanzo storico, in queste opere troviamo lâinteriorizzazione delle avventure, che coincidono con i conflitti tipici della civiltĂ borghese â tra lâideale di indipendenza della volontĂ e le esigenze della socialitĂ . Non sempre perĂČ, nel corso della "formazione", il personaggio riesce ad acquisire il senso della realtĂ , scegliendo allora di vivere da "artista", stralunato e problematico: il vague des passions assale gli omonimi protagonisti di RenĂ© di François-RenĂ© de Chateaubriand, Oberman di Etienne-Pivert de SĂ©nancour, Heinrich von Ofterdingen di Novalis e, dopo qualche anno, pure Eugenio Onegin di Aleksandr Puskin, il quale riflette con disincanto sul proprio destino: âBeato colui che in gioventĂč Ăš stato giovane e, al tempo giusto Ăš maturato, e ha saputo sopportare a poco a poco, con gli anni, il freddo della vitaâ. Come per Julien Sorel e Fabrizio del Dongo, eroi di Il rosso e il nero e La Certosa di Parma, per Eugenij autonomia e integrazione non sono compatibili, se non a costo di infedeltĂ , incoerenza, duplicitĂ e disarmonia.
Stendhal
Julien prende la signora del Renal per mano
Il rosso e il nero
Il sole che calava e avvicinava il momento decisivo fece battere il cuore di Julien in modo strano. Giunse la notte. Con una gioia che gli tolse un grosso peso dal petto egli notĂČ che sarebbe stata molto buia. Il cielo, carico di nuvoloni sospinti da un vento caldissimo, minacciava tempesta. Le due amiche passeggiarono fino a tardi. Tutto quanto esse facevano quella sera sembrava insolito a Julien. Godevano di quel tempo che per alcune anime sensibili sembra rendere piĂč vivo il piacere di amare. Alla fine si misero a sedere. La signora de RĂȘnal accanto a Julien, e sua cugina accanto a lei. Preoccupato di ciĂČ che stava per tentare, Julien non trovava nulla da dire. La conversazione languiva.
"Al mio primo duello sarĂČ dunque cosĂŹ tremante e turbato?" pensĂČ il giovane, che diffidava troppo di se stesso e degli altri per non vedere il proprio stato dâanimo.
Qualsiasi rischio gli sarebbe parso preferibile alla sua mortale angoscia. Quante volte si augurĂČ che qualche necessitĂ obbligasse la signora de RĂȘnal a lasciare il giardino e a rientrare in casa! Julien doveva fare troppo sforzi perchĂ© la sua voce non ne risultasse profondamente alterata; ben presto anche la voce di lei cominciĂČ a tremare, ma Julien non se ne accorse: la spaventosa lotta del dovere contro la timidezza era troppo dura perchĂ© egli potesse rendersi conto di quanto gli accadeva intorno. Erano giĂ sonate le nove e tre quarti allâorologio del castello, e non aveva ancora osato nulla. Indignato per la propria viltĂ , il precettore pensĂČ: "Nel preciso momento in cui soneranno le dieci farĂČ ciĂČ che per tutto il giorno mi sono ripromesso di fare: se no andrĂČ in camera mia e mi brucerĂČ le cervella".
Dopo un ultimo istante di attesa e di ansietĂ , durante il quale Julien fu come fuori di sĂ© per lâeccessiva emozione, le dieci sonarono allâorologio che si trovava sopra la sua testa. Ognuno di quei fatali rintocchi echeggiava nel suo petto e vi provocava una specie di sconvolgimento fisico.
Infine, quando il decimo colpo vibrava ancora nellâaria, egli tese la mano e prese quella della signora de RĂȘnal, che si ritrasse immediatamente. Senza rendersi chiaramente conto di ciĂČ che faceva, Julien la riprese di nuovo, e, benchĂ© fosse agitatissimo, fu colpito nel sentirla tanto gelida. La strinse con forza convulsa; sentĂŹ che la mano faceva un ulti...