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Dioniso
L'esaltazione dello spirito
Roberto Mussapi, AA.VV., Salvatore Renna, Roberto Mussapi, Roberto Mussapi
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Dioniso
L'esaltazione dello spirito
Roberto Mussapi, AA.VV., Salvatore Renna, Roberto Mussapi, Roberto Mussapi
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Dioniso appare come una divinità vicina alla sfera delle emozioni umane, un dio in un certo senso "popolare" e non aristocratico come gli splendidi sovrani dell'Olimpo omerico. Perciò il suo legame con le feste e i rituali di tutta la Grecia era molto forte. Dioniso in questo senso è davvero un dio terribile e dolcissimo, come lo definisce il pur scettico Euripide nelle Baccanti. Un dio che nella sua complessità e nelle sue contraddizioni rappresenta uno degli aspetti piÚ misteriosi e originali del paganesimo antico.
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Information
Thema
StoriaIl racconto del mito
Bacco ebbro, dio del vino, nellâinterpretazione scultorea di Michelangelo al Bargello di Firenze.
Chi è Dioniso?
Avviso ai naviganti: la domanda presente nel titolo può essere solo ingenua, o maliziosa: chi la pone, o non ha conoscenza del personaggio o lo conosce bene e sa che la domanda non può avere risposta. Una domanda dispettosa, come dispettoso sa essere Dioniso. Ammesso che si possa rispondere con certezza storica a una domanda su un personaggio del mito â è un errore, diffuso tra gli studiosi di cose antiche, quello dellâossessione anagrafica, della cronologia a tutti i costi di chi è per natura senza tempo e quindi mai fuori dal tempo â, ammesso che qualcuno possa mai dirci, definitivamente, chi è Ulisse, chi è Amleto, chi è Moby Dick, il caso Dioniso è comunque differente. Infinite e incessanti le interpretazioni che lâuomo svolge di Ulisse o di Amleto, ma tutte convergono su un nucleo forte del personaggio. Ogni lettura condivide un tema centrale della figura in questione: nessuno può negare a Ulisse il tema del viaggio, che si può articolare in mille modi. Il suo, per esempio, è un ritorno. Ma lo è del tutto? Ulisse vuole sempre, sempre volle, fortissimamente volle tornare a Itaca? Anche quando incontrò Calypso, la ninfa della grotta sottomarina che lo incantò tra le sue braccia? Solo un piccolo esempio: Ulisse rappresenta una realtĂ simbolica complessa, da cui certo il tema del viaggio, dellâisola, del mare, sono ineludibili. Nelle finite pagine su cui lâumanitĂ continua a interrogarlo, da millenni.
Complesso per antonomasia, anche perchĂŠ premoderno: Amleto; per molti un indeciso e incuboso intellettuale debilitato, per altri, tra cui il sottoscritto, un eroe tragico, in un certo senso. Ma certo nessuno può eludere o escludere un nucleo forte di Amleto: il giovane principe che scopre la veritĂ da uno spettro, il fantasma di suo padre morto. E, tra le nebbie del castello di Elsinore, si interroga da subito se le parole di uno spettro (rivelanti che il padre è stato ucciso, e che quindi Amleto deve vendicarlo e riavere quanto per diritto divino spetta al suo sangue) siano il vero, o un inganno del diavolo avvezzo a mutare di sembianza. Se credere alle apparizioni o diffidarne. La maggior parte dei personaggi del mito sono in ultima analisi inafferrabili (come lâacqua che scorre, o il vento), ma certo legati a un simbolo forte, riconoscibile. Il mare (che è lâignoto), per Ulisse, il Castello (che è il mondo), per Amleto. E potremmo proseguire. Ma qui ci occupiamo di Dioniso: ecco, nel suo caso è difficile definire, fermare subito un nucleo simbolico forte. Non sapremo mai, e discuteremo, scriveremo, reciteremo allâinfinito, se Moby Dick è un essere malefico o benefico: ma di certo è la Balena bianca, invincibile, simbolo dellâignoto del mare in cui domina, simbolo del mistero e del mito.
Dioniso è un outsider sia nellâOlimpo greco sia nel mito come si svela meravigliosamente nellâesperienza umana. Non si sa mai da dove arrivi, non si comprende mai bene chi sia. Ă lo stesso Dioniso che ci vuole confondere, come e piĂš di quanto volle confondere i Greci nel cui Parnaso apparve. Ă potente, vitale, la sua esistenza non solo è indubbia ma esuberante. Ma non ci fa mai comprendere da dove giunga e chi sia. Gli altri dèi del mondo greco, gli dèi dellâOlimpo, hanno templi e statue, Dioniso no. Inoltre essi stanno, solennemente e luminosamente, nellâOlimpo: Dioniso, a quanto risulta, può avervi fatto qualche scappata. Vive altrove, nei boschi, sulle spume del mare, nei torrenti, nel soffio della brezza sui salici. Nel suo nascondere la propria identità è sincero: il suo simbolo, il suo altare, ciò che attesta la sua presenza, è una maschera. Una maschera affissa a un palo. LĂŹ câè Dioniso. Che è il dio del teatro, lâarte di assumere sembianza illusoria, recitando finzioni per condurci alla rivelazione del vero.
Il teatro nasce con Dioniso. Poi la tragedia, il teatro occidentale, si sviluppa formalmente e drammaticamente in Grecia, fino a Shakespeare. Ma tutto il teatro del mondo, dalle grotte di Altamira e Lascaux, dove ne vedremo il rito battesimale, nasce con Dioniso. Ecco perchĂŠ, come scopriremo, il dio si maschera bene.
Dioniso, in sintonia con la quasi totalità degli dèi del mondo greco, ha piÚ di un nome. I suoi due principali sono appunto Dioniso e Bacco. Vedremo come Dioniso, o Bacco, sia da subito e sempre un dio tragico, potente, vitale, legato al mistero ma anche alla gioia della vita.
Va chiarito immediatamente un equivoco: il Bacco rubicondo e ridente che vediamo nelle insegne (ahimè, sempre meno) di tante vecchie trattorie romane, con il volto allegro e il fiasco, unâicona simile a quella del cuoco con il pollo arrosto o gli spaghetti nel piatto di portata, non câentra niente con il dio Bacco.
Bacco, che è Dioniso come Bob Dylan è Robert Zimmerman, è un dio legato alla vite nel suo euforico mistero di gioia, allâebbrezza, ma ebbrezza orgiastica, rituale, con cui lâuomo cerca di uscire dai limiti del tempo per accedere a una sorta di elevazione spirituale. Pensiamo a Socrate che si scusa con i discepoli per non avere bevuto abbastanza prima dellâincontro e quindi teme di non essere ispirato. Dioniso è magro, androgino, complesso. E Bacco è lui.
A Roma venne accolto e compreso esattamente come in Grecia. Nelle pagine del grande poeta Ovidio si svela questa sua natura e, nelle fiabe meravigliose, il modo in cui agisce. Passato il tempo antico, nella Roma barocca e cristiana, quella magica delle osterie, Bacco ha perduto la sua regalità ed enigmaticità divina. à diventato il dio del vino e del magnà , ma nel senso gioioso e non certo rituale della Festa de Noantri. E cosÏ in tutta la penisola, Bacco è insegna di trattoria dove si beve e si mangia molto, in allegria. Un suo scherzo, da attore. Uno scherzo da Bacco. Si è mascherato.
Una maschera affissa a un palo. LĂŹ câè Dioniso. Che è il dio del teatro, lâarte di assumere sembianza illusoria, recitando finzioni per condurci alla rivelazione del vero. Il teatro nasce con Dioniso. Poi la tragedia, il teatro occidentale, si sviluppa formalmente e drammaticamente in Grecia, fino a Shakespeare. Ma tutto il teatro del mondo, dalle grotte di Altamira e Lascaux, dove ne vedremo il rito battesimale, nasce con Dioniso.
Ma dura poco. Noi ci occupiamo del vero Bacco, di Dioniso, quello, che, siamo certi, non comprenderemo mai.
Le metamorfosi di un dio
Dioniso ha comunque una caratteristica evidente: appare allâimprovviso, in forme diverse, e manifesta magicamente le sue straordinarie energie. Questo in tutte le storie in cui lo si incontra. Infatti i Greci stessi lo ritenevano giunto da Oriente, seppur il mito lo considera nato a Tebe, e figlio di Zeus. Molti gli episodi fondamentali che ne indicano lâubiquitĂ , la natura di viaggiatore, e la sua unicitĂ nel mondo degli dèi olimpici.
La cittĂ di Tebe viveva un momento di caos drammatico. Le vie erano percorse da donne invasate che celebravano riti orgiastici in onore di una nuova divinitĂ , giunta non si sapeva da dove. Il re Penteo era infuriato. ÂŤChe pazzia vi sconvolge la mente? â disse Penteo â Tanto potere ha quindi il bronzo percosso col bronzo, il flauto dalla canna ricurva, su gente che non ha avuto paura delle spade e delle trombe di guerra, delle schiere con le lance in pugno? Ora i valorosi cittadini di Tebe si lasciano irretire da voci femminili, dallâebbrezza provocata dal vino, da una masnada oscena che percuote vuoti tamburelli? I tebani hanno superato ogni guerra, lottando eroicamente. Ma se era destino che Tebe morisse, sarebbe stato meglio a causa del ferro nemico, non di urla, tamburelli, vino e danze effemminate in onore di un ragazzino inerme, che non ama nĂŠ le guerre nĂŠ i dardi nĂŠ lâuso dei cavalli, ma i capelli unti di mirra, ghirlande femminee e vestiti tinti di porpora e ricamati dâoro! Tebe gli sbatterĂ le porte in faccia, adesso quindi andate a prenderlo, vi ordino di catturarlo e portarlo qui da me, incatenato. E non siate vili, non abbiate paura di un ragazzino efebico!Âť
I dignitari tentarono di trattenerlo, rimproverandolo per il rischio avventato a cui si esponeva, ma il risultato fu di incattivirlo ulteriormente, come un fiume, le cui acque scorrono tranquille senza incontrare intoppi, ma non appena tronchi o macigni le ostacolano, si agitano e spumeggiano ribollendo.
Inutile quindi ogni tentativo di placarlo, mentre i servi tornavano, tutti graffiati, con un uomo incatenato. Dissero di non aver scorto Dioniso, nel luogo dove poco prima era stato visto, come se fosse scomparso nel nulla, ma di avere catturato quellâuomo, un suo adepto, che partecipava ai riti in onore del nuovo dio.
Trattenendo a stento la collera Penteo gli chiese chi era, da dove veniva e perchĂŠ seguiva quei riti dementi. Gli ingiunse di raccontare tutto, perchĂŠ poi sarebbe stato punito con la morte, a esempio e monito per tutti i cittadini di Tebe. Con stizza, Penteo si accorse che lâuomo non era per nulla intimorito, nĂŠ scosso dalla condanna a morte. E iniziò con calma, quasi sorridendo, il suo racconto.
ÂŤMi chiamo Acete, sono della Meonia, e i miei genitori erano povera gente. Mio padre non ha potuto lasciarmi campi da arare e buoi per tirare lâaratro, nĂŠ greggi o altro bestiame. Mio padre, ripeto, era povero, e si procurava il cibo con il filo e con lâamo e la canna, pescando i pesci dal mare. Morendo mi disse che mi poteva lasciare solo ciò che aveva, il mare. Questa è lâunica ereditĂ che ho ricevuto. Io, per non passare la vita attaccato allo stesso scoglio, imparai come si governa un timone, e mi impressi negli occhi le costellazioni. Con i denari risparmiati acquistai una piccola barca e cominciai cosĂŹ una nuova attivitĂ di pesca, devo dire molto piĂš fruttuosa della precedente. Ora potevo permettermi anche un equipaggio, il mercato al villaggio aspettava a ogni alba le mie ceste di pesce. Per caso, diretto a Delo, approdai sulle spiagge di Chio, per passare la notte. Al mattino, quando ci svegliammo, accanto alle ceneri dei fuochi dove avevamo arrostito le triglie e le murene, un poâ intontiti dal molto vino, sbadigliando ma di buon umore per la fresca brezza marina e il sole caldo che ci animava a poco a poco, ripartimmo, e vidi che i pescatori avevano portato a bordo un ragazzino, trovato come preda in una spiaggia poco lontana, quando giĂ avevamo bevuto molto vino e ci piegavamo pieni di pesce e pane senza poter connettere bene. Poco dopo averlo visto nei bagliori del fuoco che si spegneva crollavo addormentato, come tutti i miei compagni, gonfi di vino come otri. Solo al mattino, salendo a bordo, mi accorsi bene della sua presenza. Appesantito dal vino e sonnolento, il giovane barcollava, ma io mi accorsi subito che non poteva essere un umano. Dissi allâequipaggio: âNon so quale presenza divina sia in questo ragazzo, ma sono certo che in questo corpo si manifesta un dioâ. Gli altri risposero ridendo e schiamazzando, avvicinandosi al giovane dallâaspetto virgineo con pacche pesanti sulla schiena e pizzicotti sui glutei, ai quali non reagiva, tutto tremante e barcollante. Eppure io ero certo di avere di fronte un dio. âChiunque tu sia, proteggi la nostra rotta e la nostra pesca, e soprattutto perdona questi uomini, che non sanno quello che vedonoâ.
âQuanto a noi, dispensaci dalla preghiera, bel ragazzo â esclamò ridendo con la sua voce grassa Tullio â limitati alla prima parte, a rendere allegra e felice la nostra navigazione!â E cosĂŹ dicendo gli diede una pacca sulla schiena e lo abbracciò mentre tutti scoppiavano in una fragorosa risata per poi mettersi ai remi di tutta lena. Allora io mi alzai in piedi e dissi che anche se non lo ricordavano, la navicella era mia, e a me spettava il comando, ma quelli, presi dal desiderio della preda, remavano senza darmi retta, e Rutilio mi si fece incontro e mi spinse al petto, facendomi cadere e rischiare di andare a mare. Mi salvai aggrappandomi al cordame, e mentre tutti ridevano oscenamente io piangevo, perchĂŠ, anche se contro il mio volere, la mia ciurma stava offendendo un dio.
Allora il giovane, come se allâimprovviso si fossero dissolti i fumi del vino e la sonnolenza fosse scomparsa, si scosse e chiese: âDove sono? Dove mi state portando? Come sono arrivato qui? Chi siete?â âNon aver paura â disse Tiberio â indicaci solo i porti che desideri toccare e sarai accontentato. Vero amici?â âVerissimo!â, risposero tutti remando di lena e ridendo sguaiatamente. âVorrei che mi portaste a Nasso, visto che siete cosĂŹ gentili. Vengo da Nasso, e lĂŹ troverete una terra ospitaleâ âE allora ti portiamo a Nasso, che vuoi che sia? Amici, a est, verso Nasso, accontentiamo il nostro ospiteâ. E io rivolto al timoniere, ormai spaventato dalla loro folle solidarietĂ di commilitoni: âStai scherzando con un dioâ. Ma ormai avevo perso il controllo degli uomini. Tiberio mi venne incontro brandendo un coltello, cosa che non mi fece di per sĂŠ molta paura, perchĂŠ lo sapevo codardo mentre io sono un eccellente lottatore, ma ciò che mi fece comprendere la situazione fu lâassenso questa volta completamente muto di tutti gli altri, che guardavano minacciosi verso di me e sorridenti verso il ragazzo. Allora dissi: âTiberio, tocca a me il timone, ma te lo lascio, perchĂŠ non sono piĂš il vostro comandante e il signore di questa nave. Io non partecipo alla vostra azione. Resta pure al timone, dimenticami, un giorno, a terra, ci rivedremo. Tutti. Ci rivedremoâ. âVedo che sei un uomo ragionevole, Acete â disse ridendo Tiberio â e in considerazione di tutto questo non saremo avari con te. Questo nobile ragazzino è ospite della tua naveâ. Allora il dio si mise a piagnucolare come un ragazzino pauroso e effemminato, balbettando: âMa voi non mi state portando verso Nasso, lo ha detto il padrone della barca. Voi mi state ingannando, e forse volete farmi del male. Mi sembra ingiusto verso un povero ragazzino triste e solo. Non vi ho fatto niente che vi possa dispiacere. Non fatemi cosĂŹ paura!â E mentre Rutilio gli passava una mano sui fianchi dicendo: âCoraggio bambino, non avere paura, ti stiamo preparando unâaccoglienza regaleâ, mentre la sua voce tremula di grasso vomitava queste parole e io mi raccoglievo terrorizzato per lâempietĂ che avveniva a bordo della mia nave, il volto del ragazzo, del giovane dio, sâincoronò di grappoli dâuva e il suo sguardo divenne sfavillante e irridente, e attorno a lui apparvero dal nulla tigri, forme inconsistenti di linci e corpi variegati di minacciose pantere. E piĂš gli uomini insistevano ai remi piĂš si accorgevano che questi erano impigliati in unâedera invincibile, sorta dâincanto dal fondo del mare, la navicella non si muoveva e quella immobilitĂ seminò in loro il terrore. Allora disperatamente si buttarono in mare, e appena toccate le onde Tiberio prese a scurirsi nel corpo e a piegarsi con unâevidente curvatura della spina dorsale. E mentre Rutilio gli gridava: âIn che cosa ti trasformi?â, la voce cambiava perchĂŠ la sua bocca si allargava in quella di un grosso pesce, mentre il suo corpo si copriva di squame. E un altro, di cui non ricordo il nome, vide i propri arti mutarsi in pinne, e poi i suoi occhi arrotondarsi e gonfiarsi come quelli delle cernie che la sera prima avevamo arrostito. Non ricordo il suo nome non a caso: perchĂŠ niente fece di memorabile da uomo, lâunico episodio significativo della sua vita fu quando si mutò in pesce. Un altro si trovò a saltare argentino nellâacqua mentre credeva di nuotare, simile a un delfino, anzi non simile, era un delfino. Saltavano da ogni parte, irrorandosi di spruzzi, riemergendo e rituffandosi sottâacqua, danzando come in gioco nei corpi gioiosi, per il divertimento del giovane dio che partecipava entusiasta e immobile de...
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Mussapi, R., & Renna, S. (2021). Dioniso ([edition unavailable]). Pelago. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3165645/dioniso-lesaltazione-dello-spirito-pdf (Original work published 2021)
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Mussapi, Roberto, and Salvatore Renna. (2021) 2021. Dioniso. [Edition unavailable]. Pelago. https://www.perlego.com/book/3165645/dioniso-lesaltazione-dello-spirito-pdf.
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Mussapi, R. and Renna, S. (2021) Dioniso. [edition unavailable]. Pelago. Available at: https://www.perlego.com/book/3165645/dioniso-lesaltazione-dello-spirito-pdf (Accessed: 15 October 2022).
MLA 7 Citation
Mussapi, Roberto, and Salvatore Renna. Dioniso. [edition unavailable]. Pelago, 2021. Web. 15 Oct. 2022.