parte prima
PerchĂŠ guardiamo gli animali?
PerchĂŠ guardiamo gli animali?
per Gilles Aillaud
Il xix secolo, in Europa occidentale e in Nord America, ha visto avviarsi un processo, portato oggi a compimento dal capitalismo delle multinazionali, che ha spezzato ogni consuetudine di mediazione tra uomo e natura. Prima di tale frattura, gli animali costituivano il primo cerchio intorno allâuomo. Ma forse perfino questa definizione suggerisce una distanza troppo grande. Essi occupavano insieme allâuomo il centro del suo universo. Tale centralitĂ era ovviamente di natura economica e produttiva. Quali che fossero i cambiamenti nei mezzi di produzione e nellâorganizzazione sociale, gli uomini dipendevano dagli animali per nutrirsi, lavorare, spostarsi, vestirsi.
Supporre, tuttavia, che fin dallâinizio gli animali siano entrati nellâimmaginario umano sotto forma di carne o cuoio o avorio, significa proiettare sui millenni precedenti un atteggiamento tipico del xix secolo. Da principio gli animali entrarono nellâimmaginario dellâuomo come messaggeri e come promesse. La pratica di addomesticare il bestiame, per esempio, non nacque dalla semplice prospettiva di procurarsi latte e carne. Il bestiame aveva funzioni magiche, talvolta divinatorie, talvolta sacrificali. E se allâorigine una determinata specie veniva scelta come magica, addomesticabile e alimentare era in funzione delle abitudini, della vicinanza e del ÂŤrichiamoÂť dellâanimale in questione.
Bianco bue buona è mia madre
E noi la gente di mia sorella
La gente di Nyariau BulâŚ
Amico, grande bue dalle corna aperte,
che sempre muggisce in mezzo alla mandria,
bue del figlio di Bul Maloa.
Edward Evans-Pritchard
I Nuer: I modi di vita e le istituzioni politiche
di un popolo Nilotico
Gli animali vengono messi al mondo e sono esseri senzienti e mortali. In questo somigliano allâuomo. Nella loro anatomia visibile â meno in quella profonda â, nelle abitudini, nella percezione del tempo, nelle capacitĂ fisiche, essi differiscono dallâuomo. Sono allo stesso tempo simili e diversi.
Noi sappiamo che cosa fanno gli animali e quali sono i bisogni del castoro, dellâorso, del salmone e delle altre creature, perchĂŠ un tempo i nostri uomini si sposavano con loro e acquisivano questo sapere dalle loro mogli animali.
Indiani delle Hawaii in
Claude LĂŠvi-Strauss, Il pensiero selvaggio
Quando sono intenti a esaminare un uomo, gli occhi di un animale sono vigili e diffidenti. Quel medesimo animale può benissimo guardare nello stesso modo unâaltra specie. Non riserva uno sguardo speciale allâuomo. Ma nessunâaltra specie, a eccezione dellâuomo, riconoscerĂ come familiare lo sguardo dellâanimale. Gli altri animali sono tenuti a distanza da quello sguardo. Lâuomo diventa consapevole di se stesso nel ricambiarlo.
Lâanimale lo scruta attraverso uno stretto abisso di non-comprensione. Ecco perchĂŠ lâuomo può sorprendere lâanimale. Eppure anche lâanimale â perfino se è domestico â può sorprendere lâuomo. Anche lâuomo guarda attraverso un abisso di non-comprensione simile, ma non identico. Ed è cosĂŹ ovunque egli guardi. Lâuomo guarda sempre attraverso la propria ignoranza e la propria paura. CosĂŹ, quando è visto dallâanimale, è visto come ciò che lo circonda è visto da lui. Ă il fatto di riconoscerlo che gli rende familiare lo sguardo dellâanimale. Eppure lâanimale è diverso dallâuomo, e non può confondersi con lui. Allâanimale viene dunque ascritto un potere paragonabile a quello dellâuomo, ma che con esso non coincide mai. Lâanimale ha segreti che, a differenza dei segreti delle caverne, delle montagne, dei mari, si rivolgono specificamente allâuomo.
La relazione uomo/animale può chiarirsi meglio se paragoniamo lo sguardo di un animale a quello di un altro uomo. Fra due uomini il duplice abisso che li separa viene, per definizione, colmato dal linguaggio. Anche se lâincontro è ostile e se non vengono usate parole (perfino se i due parlano lingue diverse), lâesistenza del linguaggio consente che almeno uno dei due, se non entrambi reciprocamente, trovi conferma nellâaltro. Il linguaggio permette agli uomini di tenere conto degli altri come di se stessi. (Nella conferma resa possibile dal linguaggio vengono confermate anche lâignoranza e la paura umane. Laddove negli animali la paura è la reazione a un segnale, negli uomini è endemica.)
Nessun animale conferma lâuomo, nĂŠ in positivo nĂŠ in negativo. Lâanimale può lasciarsi uccidere e mangiare, di modo che la sua energia vada a sommarsi a quella che il cacciatore giĂ possiede. Lâanimale può lasciarsi addomesticare, fornendo cibo e lavoro al contadino. Ma sempre la mancanza di un linguaggio comune, il silenzio dellâanimale, garantisce la sua distanza, la sua diversitĂ , la sua esclusione dallâuomo.
Proprio in virtĂš di questa diversitĂ , tuttavia, la vita di un animale, che non va mai confusa con quella di un uomo, corre parallela a questâultima. Solo nel momento della morte le due linee parallele convergono per incrociarsi, forse, e ridiventare in seguito parallele: da qui la diffusa credenza nella trasmigrazione delle anime.
Con le loro vite parallele, gli animali offrono allâuomo una compagnia diversa da quella che può essergli offerta da un altro essere umano. Diversa, perchĂŠ è una compagnia offerta alla solitudine dellâuomo come specie.
Un tempo questa muta compagnia era a tal punto percepita come uno scambio alla pari, che spesso si credeva fosse lâuomo a mancare della capacitĂ di parlare con gli animali; da qui le storie e le leggende di esseri eccezionali, come Orfeo, che riuscivano a conversare con gli animali nella loro stessa lingua.
Quali erano i segreti della somiglianza e della diversitĂ fra lâanimale e lâuomo? I segreti di cui lâuomo riconosceva lâesistenza non appena intercettava lo sguardo di un animale?
In un certo senso lâantropologia, occupandosi del passaggio da natura a cultura, è una risposta a questa domanda. Ma esiste anche una risposta generale. Tutti i segreti ponevano gli animali come intermediari tra lâuomo e le sue origini. La teoria evoluzionistica di Darwin, che pure porta impressi i marchi indelebili del xix secolo europeo, appartiene a una tradizione vecchia quasi quanto lâuomo. Gli animali facevano da intermediari fra lâuomo e le sue origini, perchĂŠ erano simili a lui e allo stesso tempo diversi.
Gli animali venivano da oltre orizzonte. Erano a casa laggiĂš e qui. Allo stesso modo, erano mortali e immortali. Il sangue di un animale scorreva come quello umano, ma la sua specie era imperitura e ogni leone era il Leone, ogni bue era il Bue. Questo â che forse è il primo dualismo esistenziale â si rifletteva nel modo di trattare gli animali. Essi erano soggiogati e venerati, nutriti e sacrificati.
Oggi le vestigia di questo dualismo si conservano fra coloro che vivono in intimità con gli animali e da essi dipendono. Il contadino si affeziona al suo maiale ed è felice di mettere sotto sale il suo suino. Ciò che è significativo, e che il cittadino di passaggio fa cosÏ fatica a capire, è che le due affermazioni contenute in questa frase sono collegate da una e, non da un ma.
Il parallelismo delle loro vite simili/dissimili ha fatto sĂŹ che gli animali suscitassero alcuni dei primi interrogativi e dessero loro risposta. Il primo soggetto della pittura fu lâanimale. Probabilmente il primo materiale da pittura fu il sangue animale. In precedenza, non è irragionevole supporre che la prima metafora fosse animale. Rousseau, nel suo Saggio sullâorigine delle lingue, sosteneva che la metafora è allâorigine stessa del linguaggio: ÂŤCome le emozioni furono i primi motivi che indussero lâuomo a parlare, le sue prime espressioni furono dei tropi (metafore). Il linguaggio figurato fu il primo a nascere, i significati propri furono trovati per ultimiÂť.
Se la prima metafora fu animale, fu perchĂŠ la relazione fondamentale fra uomo e animale era metaforica. Allâinterno di quella relazione, ciò che i due termini â uomo e animale â avevano in comune rivelava ciò che li differenziava. E viceversa.
Nel suo libro sul totemismo, LĂŠvi-Strauss commenta il ragionamento di Rousseau: ÂŤĂ perchĂŠ originariamente si sentiva identico a tutti i suoi simili (fra i quali, come dice esplicitamente Rousseau, dobbiamo includere gli animali) che lâuomo arrivò ad acquisire la capacitĂ di distinguere se stesso come distingueva loro â a usare, cioè, la diversitĂ delle specie come base concettuale della differenziazione socialeÂť.
Accettare la spiegazione di Rousseau sulle origini del linguaggio significa naturalmente sollevare alcune questioni (qual era lâorganizzazione sociale minima necessaria allâemergere del linguaggio?). Ogni ricerca sulle origini è, tuttavia, destinata a non essere pienamente soddisfatta. In tale ricerca la mediazione degli animali era cosĂŹ comune proprio perchĂŠ gli animali restano ambigui.
Tutte le teorie sulle origini prime sono soltanto dei modi per meglio definire ciò che avvenne dopo. Chi è in disaccordo con Rousseau contesta il punto di vista di un uomo, non un fatto storico. Quel che stiamo cercando di stabilire, visto che lâesperienza si è quasi perduta, è lâuso universale dei segni animali per tracciare la mappa dellâesperienza del mondo.
In otto segni zodiacali su dodici comparivano degli animali. I greci rappresentavano ognuna delle dodici ore del giorno con un animale. (La prima con un gatto, lâultima con un coccodrillo.) Gli indĂš pensavano che un elefante reggesse la terra sul dorso e che una tartaruga sostenesse lâelefante. Per i Nuer del Sudan meridionale:
originariamente tutte le creature, incluso lâuomo, vivevano insieme in amicizia in un unico campo. La discordia scoppiò quando Volpe persuase Mangusta a scagliare un bastone contro la faccia di Elefante. Ne seguĂŹ una disputa e gli animali si separarono; le specie andarono ognuna per la propria strada e presero a vivere come fanno adesso, e a uccidersi tra loro. Ventre, che prima viveva per conto suo nella foresta, entrò nellâuomo che da allora è sempre affamato. Gli organi sessuali, c...