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Ivan Illich

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Über dieses Buch

Salute e diritti
Ivan Illich - sacerdote, storico, teologo, filosofo, polemista, iconoclasta, ci offre un'altra critica importante all'inesorabile industrializzazione della nostra società. Al centro del dibattito, quanto mai attuale anche ai giorni nostri, si trova la medicina, in tutte le sue forme: istituzionali, curative, farmacologiche, ecc. Ancora una volta, il suo metodo è l'esame di una grande istituzione sociale - quella che Illich vede come medicina tecnologizzata, istituzionalizzata, disumanizzante, pericolosa, onnipervasiva e in espansione insaziabilmente. Il pubblico a cui si rivolgeva primariamente, sembra chiaro, è il pubblico americano, poichÊ la tecnologia, le forme istituzionali, i valori e i processi che descrive hanno, nel bene e nel male, raggiunto l'apoteosi negli Stati Uniti. Leggendo oggi il testo, possiamo dire che gran parte delle analisi di Illich sono valide, ancora, anche per noi, attualmente. L'obiettivo finale della sua analisi non sono i professionisti ma tutti noi, allo stesso tempo avidi consumatori e schiavi passivi dell'industrialismo, e, quindi, partecipanti volontari alla nostra disumanizzazione. Illich si auspica che tutti noi, i piÚ grandi utenti e consumatori di cure mediche del mondo, si possa ripensare alle nostre convinzioni nella salvezza attraverso la scienza e all'immortalità attraverso l'assistenza medica.
I lettori dei primi lavori di Illich riconosceranno subito che questa visione della medicina è solo una parte di un quadro piÚ ampio. L'istruzione istituzionalizzata soffoca e schiaccia la nostra capacità di apprendere ("Descolarizzare la società"); i sistemi di trasporto non solo svalutano i piedi umani, ma ci paralizzano in un'immobilità frustrata e inquinata ("Energia ed Equità"); l'urbanizzazione distrugge la nostra competenza in fatto di lavori domestici e la nostra integrità di vicini ("Per una storia dei bisogni"). Le principali istituzioni della società industrializzata diventano inevitabilmente controproducenti e ci privano proprio di ciò che si proponevano di offrire. La medicina sembra un'altra lenta danza dell'industrializzazione selvaggia.

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Parte quarta

La politica della salute

La controproduttivitĂ  specifica

Si potrà vincere la iatrogenesi unicamente se si comprende che essa è solo un aspetto del rovinoso dominio dell’industria sulla società, un esempio di quella controproduttività paradossale che viene emergendo in tutti i principali settori industriali. Al pari dell’accelerazione che fa perdere tempo, dell’istruzione che istupidisce, della difesa; militare che si autodistrugge, dell’informazione che disorienta, dei piani urbanistici che creano disordine, la medicina patogena è il risultato di una sovrapproduzione industriale che paralizza l’azione autonoma. Per cogliere con precisione questa controproduttività specifica dell’industria contemporanea, occorre distinguere chiaramente la sovrapproduzione frustrante da altre due specie di pesi economici con cui si tende a confonderla, e cioè l’utilità marginale decrescente e l’esternalità negativa. Se la particolare frustrazione in cui consiste la controproduttività non viene tenuta distinta dalla crescita dei prezzi e dai costi sociali opprimenti, la valutazione sociale di qualunque impresa tecnica, si tratti della medicina, del trasporto, dei media o dell’istruzione, resterà limitata a un calcolo del costo/ricavo e ben lontana da una critica radicale dell’efficacia strumentale di questi vari settori.
I costi diretti rispecchiano gli oneri della rendita, le spese di manodopera e materiali, altre remunerazioni. Il costo di produzione di un chilometro/passeggero comprende tanto le spese che si sono sostenute per costruire e tenere in esercizio il veicolo e la strada, quando il profitto che va a quelli che detengono il controllo del trasporto: l’interesse imposto dai capitalisti che possiedono gli strumenti di produzione, e i diritti pretesi dai burocrati che monopolizzano il capitale di conoscenze che viene utilizzato nel corso dell’operazione. Il prezzo è la somma di queste varie rendite, indipendentemente dal fatto che venga pagato di tasca propria dal consumatore o da un ente pubblico che acquista per conto del privato.
La esternalità negativa è la denominazione dei costi sociali che non sono compresi nel costo monetario; è il termine comune per indicare gli oneri, le privazioni, le scomodità e i danni che io impongo agli altri per ogni chilometro/passeggero che percorro. La sporcizia, il rumore e la bruttezza che la mia automobile apporta alla città; il danno causato dagli scontri e dall’inquinamento; la degradazione dell’intero ambiente per l’ossigeno che io brucio e i veleni che diffondo; la crescente dispendiosità delle forze di polizia; e altresì la discriminazione a scapito dei poveri connessa al traffico: sono tutte esternalità negative che fanno parte di ogni chilometro/passeggero. Alcune si possono rendere facilmente interne caricandole sul prezzo d’acquisto, per esempio i danni provocati dagli incidenti, che vengono pagati attraverso l’assicurazione. Altre esternalità che adesso non figurano nel prezzo di mercato potrebbero essere trasferite all’interno in maniera analoga: il costo della terapia del cancro causato dai tubi di scappamento potrebbe essere caricato su ogni litro di carburante, e destinato all’individuazione e al trattamento chirurgico del cancro o alla prevenzione mediante sistemi anti-inquinamento e maschere antigas. Ma la maggior parte delle esternalità non si può quantificare e scaricare all’interno: se il prezzo della benzina venisse aumentato in modo da ridurre l’impoverimento delle riserve petrolifere e dell’ossigeno atmosferico, ogni chilometro/passeggero diverrebbe più costoso e avrebbe ancora di più un carattere di privilegio; diminuirebbe il danno ambientale ma aumenterebbe l’ingiustizia sociale. Al di là di un certo grado d’intensità della produzione industriale, le esternalità non si possono ridurre ma solo spostare.
La controproduttività è qualcosa di diverso sia dal costo individuale sia da quello sociale; è distinta dall’utilità decrescente ottenuta per unità monetaria e da tutte le forme di disservizio esterno. Si verifica ogni volta che, paradossalmente, l’uso di una istituzione toglie alla società quelle cose che l’istituzione era destinata a fornire. È una forma di frustrazione sociale intrinseca, incorporata. Il prezzo di una merce o di un servizio è la misura di ciò che l’acquirente è pronto a spendere per quello che riceve; le esternalità indicano ciò che la società è disposta a tollerare per consentire questo consumo; la controproduttività segna il grado della dissonanza cognitiva dominante che deriva dall’operazione: è un indicatore sociale del funzionamento intrinsecamente controintenzionale di un settore economico. L’intensità iatrogena dell’impresa medica contemporanea è solo un esempio particolarmente doloroso delle frustrazioni generate dalla sovrapproduzione, le quali si manifestano, in eguale misura, sotto forma di accelerazione del traffico che si risolve in perdita di tempo; di staticità nelle comunicazioni; di addestramento a una perfetta incompetenza nell’istruzione; di sradicamento come risultato dello sviluppo urbanistico; di supernutrizione distruttiva. Questa controproduttività specifica è un effetto collaterale indesiderato della produzione industriale, che non si può scaricare all’esterno del particolare settore economico che lo produce. Fondamentalmente essa non è dovuta né a errori tecnici né a sfruttamento di classe bensì alla distruzione, provocata dal regime industriale, delle condizioni ambientali, sociali e psicologiche che sono necessarie per lo sviluppo dei valori d’uso non-industriali e non-professionali. La controproduttività è il risultato di una paralisi delle capacità pratiche autonome, indotta dal modo di vita industriale.
La distorsione industriale del nostro comune senso della realtà ci ha reso ciechi al grado di contraddittorietà raggiunto dall’impresa contemporanea. Viviamo in un’epoca in cui l’apprendere è pianificato, l’abitare standardizzato, lo spostamento motorizzato, la comunicazione programmata, e in cui per la prima volta nella storia dell’umanità gran parte delle derrate alimentari che si consumano proviene da mercati lontani. In una società così intensamente industrializzata, la gente è condizionata a ricevere le cose anziché farle; è educata ad apprezzare ciò che si può comprare e non ciò che essa stessa può creare. Vuol essere istruita, trasp...

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