Il governo provvisorio della Duma, che ereditĂČ il potere con la Rivoluzione di febbraio, non riuscĂŹ a soddisfare le aspirazioni delle masse e perse gradualmente consensi a favore dei rinati bolscevichi, che lo rovesciarono in ottobre, con un colpo di stato a Pietrogrado. Sotto la guida di Lenin, i bolscevichi sopravvissero alla dura guerra civile che seguĂŹ, imponendo e consolidando un nuovo autoritario e violento ordine comunista. Alla fine degli anni Venti, Stalin aveva ormai preso le redini del partito e del governo. La «rivoluzione staliniana» diede avvio alla collettivizzazione di massa, a una rapida industrializzazione e a un profondo cambiamento culturale, esercitando il controllo su una mobilitĂ sociale di enormi dimensioni e sul terrore di massa. LâUnione Sovietica uscĂŹ trionfatrice dalla Seconda guerra mondiale e dalla devastante «Grande guerra patriottica» sul fronte orientale, arrivando a dominare buona parte dellâEsteuropa. Dopo il 1945, Stalin riaffermĂČ nel paese un controllo oppressivo e tenne alta la tensione a livello internazionale; morĂŹ nel 1953.
«Costruire il socialismo»
La Rivoluzione dâottobre
Il nuovo governo provvisorio, che entrĂČ in carica a Pietrogrado nel febbraio del 1917, era composto da rappresentanti delle principali correnti politiche, eccetto quelle estreme. Allâinizio potĂ© contare, sebbene con alcune riserve, su un appoggio generale, ma creĂČ enormi aspettative, come enormi furono anche i problemi che dovette affrontare: la guerra, lâapprovvigionamento alimentare, la terra per i contadini, le aspirazioni degli operai e delle minoranze nazionali, e soprattutto lâorganizzazione di unâAssemblea costituente eletta, cui, in quanto governo provvisorio, delegĂČ le questioni costituzionali e riforme altrettanto fondamentali. Anche il suo potere amministrativo era incerto. Una delle prime misure intraprese fu lo smantellamento di tutte le istituzioni repressive zariste, in particolare gli organi di polizia; in periferia lâautoritĂ degli enti amministrativi si faceva sempre piĂč fragile e lâesercito diventava ogni giorno meno affidabile. Sperando nei benefici della vittoria, il governo provvisorio decise di continuare la guerra e tenere fede al proprio impegno con gli Alleati, una scelta per nulla popolare: come prima, le questioni economiche e sociali urgenti andavano messe in secondo piano per far fronte alle necessitĂ belliche. Il governo riconobbe lâindipendenza polacca, tuttavia contrastĂČ quelle di Finlandia e Ucraina, negoziando in luglio un compromesso con la nuova Rada (Consiglio) nazionalista di Kiev, ma ordinando lo scioglimento della Dieta finlandese, quando proclamĂČ la propria autonomia.
Allâinizio il soviet riconobbe il governo provvisorio e accettĂČ, almeno parzialmente, la sua politica. La direzione del soviet era in mano ai popolari menscevichi e agli SR, gruppi che dopo febbraio ingrossarono le loro file: in autunno i menscevichi erano cresciuti da poche migliaia a 200.000, mentre gli SR, che tra cittĂ e campagna vantavano un milione di affiliati, erano di gran lunga il partito politico maggiore; il consenso bolscevico fu da principio molto piĂč limitato. Nessuno dei due partiti voleva lâonere scomodo e pericoloso di assumersi cariche politiche. Tuttavia, le crescenti difficoltĂ spinsero il governo provvisorio a cercare lâappoggio diretto dellâaltra parte del «doppio potere» e, nei successivi rimpasti, rappresentanti menscevichi e SR del soviet entrarono a far parte del gabinetto. Come conseguenza, i partiti rivoluzionari moderati si ritrovarono a sostenere lâ«ordine borghese»; partecipando alla politica del governo furono coinvolti anche nel suo fallimento di fronte alle aspirazioni popolari. In giugno una nuova offensiva contro gli austriaci si trasformĂČ in una pesante ritirata, che incrementĂČ le giĂ numerose diserzioni e le richieste da parte del popolo che si giungesse a una guerra puramente difensiva o alla fine delle ostilitĂ . In agosto i tedeschi sfondarono le difese russe sul Baltico e conquistarono Riga. La sola grande corrente rimasta fuori dal governo era quella dei bolscevichi, secondo cui instaurare in Russia il «potere dei soviet» avrebbe dato il via a una rivoluzione internazionale e posto fine alla guerra. I bolscevichi si impegnarono attivamente per far crollare le strutture esistenti, per edificare sulle ceneri del capitalismo una societĂ socialista mondiale; non temevano affatto lâidea di una guerra civile e incoraggiavano lâattivismo locale per rovesciare lâordine esistente.
Tra le masse la delusione nei confronti del governo e dei suoi alleati di sinistra continuĂČ a crescere. I contadini cominciarono a occuparsi direttamente del problema delle terre; giĂ nel marzo del 1917 si registrarono i primi casi di occupazione dei terreni di alcuni piccoli proprietari, episodi che si fecero piĂč frequenti, soprattutto dopo la mietitura. Un numero sempre maggiore di fabbriche finĂŹ sotto il «controllo operaio»: 378 imprese in luglio, 573 in ottobre. I bolscevichi moltiplicarono il loro consenso: nel 1918 gli affiliati raggiunsero quota 300.000. Ma con lâaumento dellâinflazione, la penuria di cibo, i fallimenti commerciali e la disoccupazione, lâeconomia si ritrovĂČ in pieno collasso. La sconfitta di giugno provocĂČ a Pietrogrado una serie di dimostrazioni di massa, che chiedevano lâimmediato «potere ai soviet» ed ebbero un certo sostegno dai bolscevichi. Il governo, ora guidato dallâSR Aleksandr Kerenskij, aveva ancora abbastanza autoritĂ e forza militare per reprimere lâopposizione dei «giorni di luglio» con la forza e far arrestare i capi bolscevichi: Lenin fu accusato di essere una spia tedesca (in effetti i bolscevichi erano stati davvero finanziati dai tedeschi) e riparĂČ clandestinamente in Finlandia. A fine agosto Kerenskij, preoccupato dalla debolezza del governo, ordinĂČ al suo nuovo comandante in capo, il generale autoritario e conservatore Lavr Kornilov, di portare le truppe a Pietrogrado; ma poi, riconosciuto il pericolo di un colpo di stato militare, ritirĂČ lâordine. Kornilov continuĂČ ugualmente la sua avanzata e Kerenskij fu costretto a ricorrere al soviet e agli agitatori bolscevichi per fermare le truppe del generale, che fu arrestato (e piĂč tardi rilasciato). Lâepisodio allontanĂČ ulteriormente le masse dal governo. A settembre i bolscevichi ottennero finalmente la maggioranza allâinterno del soviet di Pietrogrado, tendenza che rapidamente fu seguita da quasi tutti i soviet delle cittĂ russe. Kerenskij, nel frattempo, in attesa dellâAssemblea costituente, provĂČ a radunare i moderati in unâAssemblea nazionale, nota come «Preparlamento», con lâunico esito di peggiorare la situazione.
Lenin, dal suo rifugio allâestero, con una febbrile campagna cercĂČ di convincere i bolscevichi ancora riluttanti a prendere subito il potere in nome dei soviet di tutto il paese, dove il partito era ormai predominante. Il Comitato centrale bolscevico alla fine accettĂČ la proposta, ma rimandĂČ lâinsurrezione al II Congresso panrusso dei soviet, fissato per il 25 ottobre (VS): cosĂŹ il colpo di stato bolscevico poteva essere legittimato dallâautoritĂ dei soviet. Uno strumento perfetto divenne disponibile quando il soviet di Pietrogrado, preoccupato per un eventuale attacco alla capitale da parte di truppe tedesche o di destra, creĂČ un Comitato militare rivoluzionario, in grado di dirigere operazioni militari. Nella notte fra il 24 e il 25 ottobre il Comitato, guidato da Trockij, coordinĂČ lâoccupazione armata da parte delle forze bolsceviche di alcuni punti nevralgici della cittĂ . I disordini furono limitati: il 25 ottobre Pietrogrado proseguĂŹ la sua vita di tutti i giorni. Il Palazzo dâInverno fu preso dâassalto e i ministri del governo che vi si erano barricati vennero tratti in arresto. Gli insorti non incontrarono nessuna reale opposizione, solo un vuoto di potere. Un memorialista socialrivoluzionario commentĂČ che 500 soldati ben addestrati avrebbero potuto spazzare via i bolscevichi dalle strade di Pietrogrado. Kerenskij fuggĂŹ in cerca di aiuto militare, ma il suo successivo tentativo di sferrare un contrattacco usando truppe rimaste fedeli al governo venne frustrato. Lâesercito si stava disgregando.
Il Congresso dei soviet ratificĂČ il trasferimento di potere proclamato dai bolscevichi. Ma il dissenso scoppiĂČ quando fu chiaro che Lenin rifiutava la tradizionale concezione di sinistra di unâamministrazione socialista di ampie convergenze e tendeva a un governo esclusivamente bolscevico. I menscevichi e molti SR definirono criminale la presa del potere da parte dei bolscevichi, e per protesta uscirono dal soviet, lasciando cosĂŹ campo libero agli avversari e facendo, fatalmente e senza rendersene conto, proprio il gioco di Lenin. Con una celebre frase al vetriolo Trockij dichiarĂČ che i suoi antagonisti appartenevano alla pattumiera della storia. Per dirigere il paese, i bolscevichi istituirono un ristretto Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom: gli acronimi divennero un tratto distintivo dellâamministrazione sovietica), con Lenin come presidente e Trockij come commissario degli Affari Esteri. Commissario per le NazionalitĂ fu nominato Stalin, che in unâoccasione Lenin aveva definito il suo «meraviglioso georgiano». Stalin portĂČ nel proprio incarico le sue esperienze di non russo: figlio di un calzolaio ubriacone, aveva vissuto in Georgia unâinfanzia povera e violenta; dopo aver ricevuto unâeducazione incompleta in un seminario ortodosso, aveva svolto unâefficace attivitĂ clandestina tra gli operai di Baku, impegno che gli era costato lâesilio in Siberia. A dicembre gli SR di sinistra, lâala radicale degli SR che aveva formato un proprio partito, si unirono al Sovnarkom.
La Rivoluzione bolscevica fu un evento epocale: diede avvio, nel piĂč grande paese del pianeta, a un tentativo senza precedenti di ingegneria sociale autoritaria, e rappresentĂČ una sfida dottrinaria contro lâintero ordine capitalistico, con conseguenze planetarie che influenzarono la politica mondiale per quasi tutto il secolo. Il nuovo governo agĂŹ subito per mettere in pratica il suo vasto programma. Tramite un decreto sulla pace fu lanciato un appello al mondo per il raggiungimento di una «pace giusta e democratica» che ponesse fine alla guerra mondiale, «il piĂč grande crimine commesso contro lâumanità ». Trockij e Lenin pensavano che portare la rivoluzione socialista in Russia e rendere pubblici tutti i suoi trattati segreti con le altre potenze «imperialiste» avrebbe scatenato la rivoluzione in tutto il mondo. Il decreto sulla terra fu copiato in gran parte dal popolare programma agrario redatto dagli SR dopo febbraio, che si basava sui mandati contadini, e per una volta rispecchiĂČ davvero le loro genuine aspirazioni: dichiarava che tutta la terra doveva appartenere al popolo e incoraggiava lâoccupazione dei terreni non assegnati alla classe contadina; tuttavia, lâesatta natura della futura proprietĂ delle terre rimaneva volutamente vaga e fuorviante. Questo, in pratica, dava mano libera ai contadini, come essi volevano: il governo non era nella posizione di fare altrimenti. Vennero promulgate norme per regolamentare il controllo operaio delle industrie (si trattava piĂč di una supervisione che di una gestione diretta) e ratificare la giornata lavorativa di otto ore. SeguĂŹ una lunga serie di ulteriori decreti, che miravano a cambiare radicalmente il volto della vita sociale. A dicembre si arrivĂČ alla creazione del Consiglio supremo per lâeconomia nazionale (VSNCh), legato al Sovnarkom, con poteri coercitivi per dirigere lâeconomia. Tutte le banche, statali e private, furono fuse in una banca del popolo nazionalizzata, misura che preannunciava il ripudio dei diritti degli azionisti e la cancellazione dei debiti esteri nel febbraio del 1918. Il 2 novembre una Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia, redatta da Lenin e Stalin, abolĂŹ tutte le distinzioni basate su nazionalitĂ e religione, invocando la creazione di unâunione volontaria delle nazioni e riconoscendo il diritto alla secessione delle minoranze nazionali; lâindipendenza polacca era giĂ stata confermata. I bolscevichi non avevano alcuna intenzione di lasciare che lâex impero si disgregasse, ma erano convinti che le minoranze si sarebbero unite allâimminente rivoluzione socialista, grazie alla quale ogni differenza nazionale e ogni confine sarebbero diventati cose obsolete. Un Congresso dei soviet ucraini, a larga maggioranza bolscevica, proclamĂČ la Repubblica Sovietica Ucraina lâ11 dicembre, esautorando poco dopo la Rada; una settimana piĂč tardi il Sovnarkom sancĂŹ lâindipendenza della Finlandia.
Sullâonda degli avvenimenti di Pietrogrado, il «potere dei soviet» cominciĂČ ad affermarsi anche in altre zone del paese. Il 3 novembre, con una sollevazione bolscevica, a Mosca il Cremlino venne occupato definitivamente. Entro il 1° novembre, in genere in modo piĂč pacifico, i soviet avevano preso il controllo di molte cittĂ sul Volga e a Tverâ, Rjazanâ e Rostov sul Don; anche Ufa in BaĆĄkirija, Baku, centro dellâindustria petrolifera del Caspio, e TaĆĄkent in Asia centrale erano in mano ai sovietici. Nellâinverno del 1917-1918 in tutta la Russia i soviet rurali assunsero il controllo a livello distrettuale (volostâ). Nel frattempo lâopposizione cominciĂČ a riorganizzarsi. Alcune deboli azioni antibolsceviche a Pietrogrado non ottennero risultati, ma nel mese di novembre, a Tiflis (Tiblisi), in Georgia, fu istituito un «Commissariato transcaucasico» antibolscevico, di cui facevano parte anche i menscevichi, e a NovoÄerkassk (in territorio cosacco) i generali Kornilov e Alekseev cominciarono a organizzare un «esercito volontario». Il Sovnarkom prendeva misure per rafforzare il suo monopolio del potere: il 28 ottobre un decreto aveva proibito i giornali «controrivoluzionari»; fu introdotta una rigida censura. Mentre i «volontari» cominciavano a riunirsi, fu spiccato un ordine di cattura nei confronti dei capi «cadetti», accusati di fomentare la guerra civile. Il 7 dicembre il Sovnarkom creĂČ la Commissione straordinaria panrussa per la lotta al sabotaggio e alla controrivoluzione (Äeka), una nuova polizia segreta diretta dallâex nobile polacco Feliks DĆŸerĆŸinskij: la Äeka, che poteva contare su poteri ampi e indefiniti, divenne il principale organo di controllo politico nellâUnione Sovietica. Nel 1922 cambiĂČ ufficialmente nome in GPU («Direzione politica di stato»), subendo nel tempo altre trasformazioni nominali e istituzionali: OGPU, NKVD, NKGB («Commissariato del popolo per gli Affari Interni/per la Sicurezza di stato»), MGB, KGB («Ministero/Comitato per la sicurezza dello stato»), e dopo il 1991 FSB («Servizio per la sicurezza federale»).
Intanto, si stavano svolgendo le elezioni dellâAssemblea costituente, rimandate ormai da troppo tempo: i bolscevichi non avevano ritenuto prudente cancellare lâAssemblea «borghese» a lungo promessa ed erano comunque convinti di ottenere la maggioranza. Ma presto si resero conto che sarebbero stati superati di misura dagli elettori rurali degli SR, che infatti ottenne il 58% dei voti. A dicembre Lenin pubblicĂČ le Tesi sullâAssemblea costituente, chiedendo la piena ratifica del potere ai soviet (dunque ai bolscevichi). Riunitasi nel gennaio del 1918, lâAssemblea respinse la proposta di Lenin e fu dichiarata sciolta, chiusa dalle guardie di sinistra che ne garantivano la «sicurezza». Una settimana piĂč tardi si riunĂŹ a Pietrogrado il III Congresso panrusso dei soviet, a maggioranza bolscevica, che adottĂČ una Dichiarazione dei diritti dei popoli lavoratori e sfruttati e proclamĂČ la Repubblica Federativa Socialista Sovietica Russa (RSFSR): la prima Costituzione sovietica fu approvata nel luglio del 1918.
Nel frattempo si era dato avvio ai negoziati con le potenze centrali per porre fine alla partecipazione russa alla guerra. Finora la presa di potere da parte dei soviet e dei bolscevichi non aveva innescato la promessa rivoluzione europea; dopo gli eventi del 1917, lâex esercito imperiale russo era al collasso e il Sovnarkom aveva autorizzato la smobilitazione. Ciononostante, i sovietici proposero una «pace giusta» senza annessioni o indennizzi, che rispettasse i diritti di autodeterminazione nazionale. Naturalmente gli avversari non gradirono lâofferta. Il Sovnarkom spostĂČ allora la capitale a Mosca, cittĂ relativamente piĂč sicura, e cominciĂČ a costituire una nuova Armata rossa di operai e contadini, sotto la direzione di Trockij, commissario del popolo per gli Affari Militari, che intanto cercava di ritardare i negoziati diplomatici â «nĂ© guerra nĂ© pace» â e di far appello al proletariato mondiale, scavalcando i capitalisti guerrafondai: la risposta proletaria fu debolissima, ma i diplomatici ne rimasero sconcertati. Alla fine, le potenze centrali persero la pazienza, posero condizioni durissime e ripresero lâavanzata, che il Sovnarkom non era in grado di affrontare. Lenin, con il suo realismo, prevalse sui sostenitori della prosecuzione della «lotta rivoluzionaria»: gli SR di sinistra lasciarono indignati il governo e nel marzo del 1918 il trattato di Brest-Litovsk pose fine alla guerra, privando il Sovnarkom di tutti i territori occidentali dellâimpero, che rappresentavano per la Russia un quarto della popolazione e dei terreni coltivati, nonchĂ© tre quarti delle risorse di carbone e di metalli. Lâoccupazione tedesca di Kiev instaurĂČ nuovamente la Rada nazionalista ucraina. Queste perdite colossali inflissero un colpo terribile al prestigio e alla forza del Sovnarkom; il ritiro russo dalla guerra provocĂČ lâintervento degli Alleati occidentali, che videro scomparire il loro secondo fronte e venire meno un importante supporto militare. Fortunatamente per Lenin, le operazioni alleate si limitarono alle periferie: le truppe, stremate da anni di battaglie, condussero solo azioni di portata ridotta, dando vita a un intervento nel complesso inefficace. Inoltre, nel novembre del 1918, la sconfitta decisiva inflitta alle potenze centrali permise ai bolscevichi di denunciare il trattato di Brest-Litovsk; a Versailles gli Alleati imposero ai tedeschi sconfitti condizioni pesantissime, ma ritirarono le loro truppe dalla Russia senza cercare di ottenere nientâaltro dal suo governo.
Il nuovo regime aveva preso il potere sperando nellâappoggio delle masse popolari in patria e nella rivoluzione internazionale. Nelle varie questioni specifiche non seguiva una linea precisa. Nel suo pamphlet utopico del 1917, Stato e rivoluzione, Lenin aveva sostenuto che, una volta stabilito un ordine rivoluzionario socialista, le innovazioni tecniche del capitalismo moderno avrebbero reso i compiti quotidiani di governo cosĂŹ semplici, da poter essere eseguiti da «qualsiasi persona alfabetizzata»: «sotto la direzione del proletariato armato» e con il «controllo operaio» sarebbe stato possibile «organizzare lâintera economia come il servizio postale». In altri scritti, Lenin sottolineĂČ lâimportanza delle contingenze: il compito primario era instaurare il potere proletario socialista, il resto sarebbe venuto da sĂ©.
Lâottobre del 1917 vide il manifestarsi di due rivoluzioni. Al centro, un colpo di stato bolscevico rovesciĂČ il governo in carica e diede il via a un nuovo ordine politico. Ma Lenin e i suoi compagni riuscirono a mettere in atto e consolidare la loro presa del potere soltanto grazie a cambiamenti ben piĂč profondi alla base della societĂ , che avevano indebolito le strutture delle autoritĂ e del potere statale. Questi cambiamenti, inoltre, prendevano forme differenti nelle cittĂ , in campagna e nelle zone di confine delle minoranze nazionali. I bolscevichi non crearono, ma seguirono e incoraggiarono lâattivismo locale di contadini, operai, soldati e di tutti coloro che nella crisi generale del 1917-1918 respinsero come inaccettabile qualsiasi autoritĂ esterna e formarono istituzioni proprie per perseguire interessi e scopi immediati. Gli operai e i contadini avevano orizzonti essenzialmente locali: le loro preoccupazioni non riguardavano le questioni generali del paese, e cosĂŹ si scontravano con le politiche che cercavano di mantenere in equilibrio gli interessi nazionali e quelli internazionali. Senza la presa bolscevica del potere, lâestate del 1917 sarebbe potuta finire con qualche altra insurrezione radicale. Una delle caratteristiche piĂč sorprendenti degli anni rivoluzionari fu il crescente anti intellettualismo popolare e lâanimositĂ contro tutti i burĆŸui («bastardi borghesi»): coloro che avevano un certo livello dâistruzione e denaro, portavano gli occhiali, avevano «mani bianche», non da lavoratori; anche i contadini benestanti. I soviet che si formarono nelle cittĂ e in campagna erano unâespressione reale e spontanea delle opinioni e dei sentimenti diffusi fra le popolazioni locali. Lo slogan bolscevico «tutto il potere ai soviet», che sembrava incarnare e legittimare questa attivitĂ di base...