Il caso di Ferdinando Carretta
A Parma non succede mai niente. Come non succede a Ferrara, a Todi, a Pavia o a Vercelli. Sono città di provincia e in provincia, quasi per definizione, non succede mai niente e se anche succede è qualcosa che ha a che fare con piccole storie di sesso, di corna o di soldi. Roba piÚ adatta a un film come Il commissario Pepe, di Ettore Scola, che a Le Iene di Quentin Tarantino. Il problema è che non è vero. A Varese, a Vicenza o a Ravenna, e anche a Parma succedono cose strane. Come il caso Carretta.
I Carretta sono una famiglia normale e tranquilla che vive in un condominio altrettanto normale e tranquillo alla periferia di Parma, in via Rimini, al numero 8. Giuseppe Carretta ha cinquantadue anni e lavora alla Cerve, unâazienda che decora il vetro per conto del gruppo Bormioli; sua moglie Marta fa la casalinga e ci sono anche due figli, Nicola, ventitrĂŠ anni, che fa il camionista, e Ferdinando, ventisette. Va bene, Ferdinando è un poâ strano, un poâ disturbato, è disoccupato e ha problemi nel fare amicizia, nel mantenere i rapporti con gli altri, ma succede, anche in provincia.
Il 5 agosto 1989 partono per le vacanze. Un giro in Europa con il camper, tre settimane, non di piĂš, perchĂŠ a fine agosto bisogna tornare tutti a lavorare. Fanno la spesa per le provviste, fanno le valigie, la signora Marta riempie il freezer di stracotto per Ferdinando che vuole restare a casa. Salutano tutti, i colleghi, i vicini, la signora del piano di sopra, e il giorno dopo, alla mattina presto, sono giĂ partiti.
Però poi non tornano.
Arriva la fine di agosto, arriva il 28, giorno di rientro, inizia settembre e alla Cerve il signor Giuseppe non si è ancora visto. Non è normale, non per il signor Carretta, che è un impiegato modello, con un ruolo importante, e non ha mai sgarrato di un giorno. I colleghi si preoccupano. Ha avvertito? Ha telefonato, ha detto qualcosa? No. SarĂ rimasto bloccato da qualche parte, forse si è ammalato, oppure sta troppo bene dovâè e si è preso un altro paio di giorni⌠ma ha avvertito? No.
Allora è successo qualcosa.
I colleghi lo cercano, cercano il signor Giuseppe, gli telefonano, suonano alla porta, ma non risponde nessuno. Neanche i vicini lâhanno visto. Non solo, non hanno visto neanche la signora Marta, Nicola o Ferdinando.
SĂŹ, deve essere successo qualcosa.
I colleghi del signor Giuseppe si prendono la responsabilitĂ e fanno sfondare la porta, pensando di trovare qualcosa di brutto. Invece non câè niente, niente di strano nellâappartamento che è pulito e in ordine come di solito la signora Marta lo tiene. Non câè niente di sospetto, va bene, ma non ci sono neanche i Carretta, Giuseppe, Marta, Nicola e Ferdinando. Quattro persone. Sparite nel nulla.
I colleghi aspettano un altro paio di settimane, poi segnalano la scomparsa alla polizia, che va a vedere e a parte un poâ di patate e pomodori che intanto sono marciti non trova niente di strano. Mancano i gioielli della signora Marta, ma non significa niente: di solito, quando si sta via da casa per un poâ, si prendono o si nascondono da qualche parte.
Va bene, niente di strano. E allora i Carretta dove sono?
A Parma non succede mai niente. In provincia non succede mai niente, e se succede qualcosa è una piccola storia di sesso o di corna. O di soldi.
La prima cosa a cui si pensa sono proprio i soldi. Alla Cerve il signor Giuseppe ha un incarico particolare. Si occupa della cassa, ha la chiave della cassaforte della ditta e anche quella della cassetta di sicurezza in cui si tiene lâoro che serve per decorare il vetro. Vuoi vedere che il signor Giuseppe è scappato con la cassa?
I soldi. Sono una pista. Il giorno prima di partire, il signor Giuseppe ha prelevato dalla banca un milione in contanti. Poi ha aperto la cassaforte della ditta e ne ha presi altri tre, mettendo al loro posto un assegno. Anche questo potrebbe non significare niente, magari il signor Giuseppe aveva bisogno di contanti per andare in vacanza e ha cambiato un assegno. In quella cassaforte câerano altri sessanta milioni, tutti in contanti, e sono ancora lĂŹ. Ed è ancora lĂŹ lâoro della cassetta di sicurezza. Però⌠le indagini sulla pista dei soldi portano a scoprire qualche irregolaritĂ nella gestione dei fondi della ditta. Qualche movimento contabile compiuto dal signor Giuseppe che è servito a costituire fondi neri. Quanti? Milioni? Miliardi? Ă con quelli che il signor Giuseppe è scappato? Le indagini portano a quantificare con certezza lâentitĂ dei fondi neri della ditta. Sono solo quei sessanta milioni. Ma la voce resta. Vuoi vedere che il signor Giuseppe è scappato con la cassa?
Anche perchĂŠ intanto succede qualcosa.
In novembre, a Milano, viene trovato il camper della famiglia Carretta. Non è bruciato in una scarpata in Germania o in Francia, o bucherellato dai proiettili di qualche bandito da strada iugoslavo; è in un parcheggio vicino al carcere di San Vittore, perfettamente intatto, pulito e in ordine come lâappartamento di via Rimini. Ă stato posteggiato lĂŹ allâinizio di agosto, come dimostra una copia della ÂŤGazzetta di ParmaÂť datata 9 agosto e anche lâesame della batteria del camper. Niente sangue, vetri rotti o buchi di proiettile, tutto fa pensare che i Carretta siano arrivati fino a quel parcheggio senza problemi e di loro spontanea volontĂ , e allo stesso modo se ne siano andati. Dove?
A Parma non succede mai niente, e quando succede qualcosa, a Parma come in tutte le cittĂ di provincia, le voci si sprecano. Per la strada, nei bar, e poi sui giornali di tutta Italia. I Carretta sono ai Caraibi, a godersi i miliardi della ditta. No, sono in Venezuela. La signora Marta si è ammalata ed è morta, e il signor Giuseppe si è rifatto una vita e sta sullâisola di Aruba con una ragazzina giovanissima. I figli si sono arrabbiati con lui, sono andati a vivere a Valençia, vicino a Caracas, e allevano cavalli da corsa. Voci, illazioni, ipotesi, alcune sono notizie che giornalisti seri doverosamente riportano e correttamente valutano ed elaborano, perchĂŠ molte di queste non sembrano affatto campate per aria. Altre sono soltanto pettegolezzi.
Câè qualcosa che non torna nella fuga del signor Giuseppe e della sua famiglia. Gli inquirenti, la polizia e i carabinieri di Parma, il magistrato di Milano che si occupa del caso dopo il ritrovamento del camper, che si chiama Antonio Di Pietro e dopo qualche anno diventerĂ molto famoso con lâinchiesta Mani Pulite, e anche la magistratura di Parma⌠sono in pochi a vederci chiaro in questa strana fuga con la cassa.
Intanto ci sono proprio i soldi, che se da una parte fanno pensare alla fuga, dallâaltra la escludono. Il 4 agosto, il giorno prima di sparire, il signor Giuseppe va in banca e versa centocinquantamila lire, lâultima rata per un fondo di investimento di otto milioni. Ă un uomo preciso, il signor Giuseppe, uno che rispetta le scadenze, e questo è proprio il comportamento di un uomo preciso e non di uno che sta per scappare con la cassa della ditta. Anche in questo caso, come per la cassaforte della Cerve, il signor Giuseppe lascia lĂŹ un sacco di soldi che sarebbero serviti per una fuga, centottanta milioni in BOT, pronti per essere cambiati.
Poi ci sono le valigie, piene di vestiti piĂš adatti a stare in vacanza per un poâ che a sparire per sempre, e anche quello stracotto pronto nel freezer per Ferdinando, come la signora aveva detto a una vicina di casa.
Già ⌠e Ferdinando? Non voleva partire con gli altri, ma a casa non câè. Dovâè Ferdinando? Ha cambiato idea? Ă scappato anche lui con gli altri?
Di Ferdinando qualcosa si sa, ed è qualcosa che non torna. Lâ8 agosto è andato alla Banca delle Comunicazioni, dove il padre ha un conto corrente, e ha prelevato cinque milioni con un assegno firmato dal signor Giuseppe. Poi è andato alla Banca del Monte e ha prelevato un milione dal conto di Nicola, sempre con un assegno. Solo che le firme non sono nĂŠ di Nicola nĂŠ del signor Giuseppe. Sono false, le ha fatte lui.
Dovâè Ferdinando? Dove sono il signor Giuseppe, la signora Marta e Nicola?
Forse a Parma non succede mai niente, ma questa cosa della famiglia Carretta, qualunque cosa sia, è un gran mistero.
Qualunque cosa sia.
Ă una brutta cosa. Lo si scopre dieci anni dopo.
Ă il 22 novembre 1998. Siamo a Londra. Câè un pony express che ha lasciato la moto in divieto di sosta. Quando torna, il pony trova un poliziotto che gli sta facendo la multa e alla richiesta del bobby gli mostra i documenti. Sono intestati a un certo Ferdinando Carretta, il cui nome è stato segnalato tanti anni prima dalla polizia italiana. Ă proprio lui, Ferdinando, che da molto tempo vive a Londra, in un piccolo appartamentino ai limiti della City e tira avanti alla giornata, con il sussidio e lavori saltuari come quello del pony express. La notizia arriva sia ai giornali che alla polizia e il magistrato di Parma che si occupa dellâinchiesta, il dottor Francesco Saverio Brancaccio, va a Londra a interrogare Ferdinando. Dove sono finiti suo padre, sua madre e suo fratello Nicola? Non lo sa. Non li ha piĂš visti dal 1989.
Non è vero. Ferdinando non parla con il magistrato ma lo fa con qualcun altro. Câè una trasmissione televisiva in Italia che si chiama ÂŤChi lâha visto?Âť, che da anni si occupa di persone scomparse e di misteri. Lo fa su Raitre e lo fa molto bene, con un gruppo di autori e registi che sono veri investigatori. Uno di questi è Giuseppe Rinaldi, che il 30 novembre vola a Londra con una troupe e ottiene da Ferdinando lâassenso a farsi intervistare sulla scomparsa della sua famiglia. E lĂŹ, davanti alle telecamere accese, gli dice che ha ucciso suo padre, sua madre e suo fratello.
Lo ha fatto perchĂŠ si sentiva oppresso, soprattutto dal padre. Oppresso addirittura a livello fisico. Ferdinando aveva la strana abitudine di fare i suoi bisogni in casa, di nascosto, in un bicchiere o in un giornale, e un giorno, nel 1982, era stato scoperto dal padre che si era molto arrabbiato. Da allora non era riuscito piĂš a sentirsi in pace con il suo corpo, vedeva il suo addome e il volto gonfiarsi, il pene rimpicciolirsi, sentiva dei rumori fuori dal bagno che gli impedivano di evacuare.
CosĂŹ aveva deciso di farla finita. Aveva comprato una pistola, una piccola automatica Walther calibro 6.35, e aveva aspettato lâoccasione giusta.
4 agosto 1989, è sera, sono tutti pronti per partire per le vacanze il giorno dopo e Nicola non è ancora rientrato. Ferdinando prende la pistola, arriva alle spalle del padre che è appena entrato nel ripostiglio e quando questi si gira gli spara. Poi esce nel corridoio, dove sta arrivando la madre che ha sentito lâesplosione, e spara anche a lei. Sta arrivando Nicola. Ferdinando trascina via il corpo della madre perchĂŠ lui non la veda, ricarica la pistola, aspetta che entri in casa e poi spara anche a lui. Non è finita. Torna nel ripostiglio e spara di nuovo al padre, per essere sicuro.
Porta tutti in bagno, dentro la vasca, e li copre dâacqua per ritardare la decomposizione. Poi li infila in tre sacchi di plastica, li trascina fuori, li carica nella macchina e si dirige verso una zona isolata sotto lâargine del Parma. Ma lĂŹ câè una coppietta imboscata, cosĂŹ cambia idea, va a Viarolo, dove câè unâenorme discarica, e li nasconde in quel luogo. Torna a casa, lava tutto, pulisce lâappartamento, cancella ogni traccia e poi va a dormire. Qualche giorno dopo è a Londra, con i soldi cambiati con gli assegni falsi.
Ă una confessione piena e completa quella che Ferdinando fa prima a ÂŤChi lâha visto?Âť e poi al dottor Brancaccio, quando lâInterpol lo riporta in Italia.
Ma câè un problema.
A raccontare tutto questo è lui, Ferdinando, un ragazzo strano, che ha fatto una cosa strana e per motivi stranissimi. E se non è vero? Se si è inventato tutto? Se davvero il signor Giuseppe, la signora Marta e Nicola sono ancora vivi, magari ai Caraibi?
Per credergli ci vogliono prove. Per esempio i corpi che Ferdinando avrebbe nascosto nella discarica e che invece non si trovano. Certo, sono passati dieci anni, la discarica è molto grande, dieci chilometri quadrati, continuamente coperti di rifiuti, era impossibile trovarli. Allora la pistola. Ma quella Ferdinando lâha buttata in un torrente sopra Parma e non si trova piĂš. Câè anche qualche buco nel racconto di Ferdinando. Per esempio, tutti quei colpi che ha sparato in casa, di sera, con le finestre aperte per il caldo. PerchĂŠ non li ha sentiti nessuno?
Ă a questo punto che entra in campo lâanalisi della scena del crimine condotta dagli uomini del RIS di Parma, comandati dal colonnello Luciano Garofano. Quando ha sterminato la sua famiglia Ferdinando ha lasciato delle tracce. Ha sparato, ha sparso sangue, ha trascinato corpi. Ma è stato dieci anni prima e dopo ha lava...