C'è un cadavere in biblioteca
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C'è un cadavere in biblioteca

Agatha Christie, Alberto Tedeschi

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C'è un cadavere in biblioteca

Agatha Christie, Alberto Tedeschi

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St Mary Mead, una mattina come tante. Almeno fino a quando il colonnello Bantry e sua moglie Dolly vengono bruscamente svegliati da una cameriera terrorizzata, venuta ad annunciare che, nella biblioteca della villa, è stato trovato il cadavere di una sconosciuta in abito da sera, apparentemente assassinata. Nessuno degli abitanti della casa ha mai conosciuto la vittima, ma allora come spiegare il bizzarro ritrovamento? La polizia, subito interpellata, comincia le indagini, ma ancora una volta sarà la simpatica Miss Marple, con il suo occhio infallibile e la sua lucida capacità di far luce nei più tortuosi meandri dell'animo umano, a risolvere il caso. Apparso per la prima volta nel 1942, C'è un cadavere in biblioteca è uno dei romanzi nei quali emerge maggiormente lo straordinario fascino di Miss Marple.

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Information

1

La signora Bantry stava sognando. I suoi piselli odorosi avevano appena vinto il primo premio all’esposizione dei fiori. Il curato, vestito dei sacri paramenti, distribuiva i premi in chiesa. Sua moglie andava in giro in costume da bagno: ma quel fatto, che se fosse accaduto nella realtà non avrebbe mancato di scandalizzare i fedeli parrocchiani, pareva, come succede spesso nei sogni, non desse minimamente nell’occhio ai presenti.
La signora Bantry si godeva placidamente il suo sogno. Succedeva così quasi tutte le mattine e tutti quei sogni terminavano con l’arrivo del primo tè della giornata. In qualche angolo del suo subconscio si registravano quei mille piccoli rumori che riempiono una casa di buon mattino. Lo scorrere degli anelli delle tende che venivano aperte dalla cameriera, i rumori della donna delle pulizie che spazzava in corridoio. In lontananza, il clangore del chiavistello del portone.
Cominciava un’altra giornata. Nell’attesa, lei si sforzava di trarre il maggior piacere possibile dallo spettacolo dei fiori, che già stava mostrando la sua natura onirica…
Da sotto, veniva il rumore prodotto dall’apertura delle grandi imposte di legno del salone. Lo udiva bene, per quanto non volesse prestarvi attenzione. Di solito, il tramestio delle faccende mattutine durava mezz’ora, in tono discreto e smorzato, per nulla molesto perché familiare; culminava con un suono di passi svelti e sicuri, nel corridoio, il fruscio di una gonna, il sommesso tintinnio delle tazzine quando il vassoio veniva posato sulla tavola, di fuori, il discreto bussare e infine l’apparizione di Mary che apriva le tende.
Nel sonno, la signora Bantry si accigliò. Pur sognando, percepì la sensazione di qualcosa di fastidioso, d’inopportuno. Passi sul corridoio, passi troppo affrettati e troppo mattinieri. Inconsciamente attese il tintinnio delle tazzine ma non udì nulla.
Udì bussare. Automaticamente, ancora sognando, la signora Bantry disse: «Avanti». La porta si aprì. Adesso doveva venire il rumore delle tendine che si aprivano.
Ma questo non accadde. Nella penombra grigia della stanza, risuonò isterica e strozzata la voce di Mary: «Oh, signora, signora, c’è un cadavere in biblioteca!».
Dopo di che, con un improvviso scoppio di singhiozzi, corse fuori della camera.
La signora Bantry balzò a sedere sul letto.
Poteva darsi che il suo sogno avesse preso una strana piega, oppure era realmente entrata nella camera Mary, gridando l’incredibile e fantastica notizia che c’era un cadavere in biblioteca?
“Impossibile!” si disse la signora Bantry. “Devo aver sognato.”
Ma per quanto si dicesse così, sentiva sempre più la certezza di non aver sognato. Mary, tanto padrona di se stessa, aveva veramente pronunziato quelle fantastiche parole.
La signora Bantry stette a riflettere un po’, quindi appioppò una insistente gomitata al marito che stava dormendo.
«Arthur, Arthur, svegliati!»
Il colonnello Bantry borbottò qualcosa, poi si voltò sull’altro fianco.
«Svegliati, Arthur. Non hai sentito che cosa ha detto?»
«Va bene, va bene» biascicò il colonnello Bantry. «Sono completamente d’accordo con te, Dolly.» E subito riprese a dormire.
La signora Bantry lo scosse.
«Devi ascoltarmi. Mary è entrata a dire che c’è un cadavere in biblioteca.»
«Un… che cosa?»
«Un cadavere in biblioteca!»
«Chi l’ha detto?»
«Mary.»
Il colonnello Bantry concentrò le sue disperse facoltà e si sforzò di affrontare la situazione. Disse: «Sciocchezze, vecchia mia; te lo sei sognato».
«No, non ho sognato. Veramente dapprima l’ho creduto anch’io. Ma non ho sognato: è venuta e ha detto proprio così.»
«Mary è venuta a dire che c’è un cadavere in biblioteca?»
«Sì.»
«Ma non può essere» fece il colonnello.
«No, no, pare anche a me» disse la signora Bantry, dubbiosa.
E proseguì in tono beffardo: «E allora perché Mary ha detto che c’è?».
«Non è possibile.»
«L’ha detto.»
«Te lo sei immaginato.»
«Non me lo sono immaginato.»
Adesso il colonnello Bantry era completamente sveglio e pronto a esaminare la situazione nei suoi dettagli. Disse gentilmente: «Ma davvero, Dolly, stavi sognando, ecco tutto. È per via di quel giallo che stavi leggendo… The Clue of the Broken Match. Sai… Lord Edgbaston trova una splendida bionda morta sul tappeto della biblioteca. Nei libri, i cadaveri si rinvengono sempre nelle biblioteche. Nella vita di tutti i giorni non mi risulta che sia mai successo».
«Questa potrebbe essere la volta buona» disse la signora Bantry. «Comunque, Arthur, devi andare a vedere.»
«Ma Dolly, dev’essere stato un sogno. Capita spesso che uno, al risveglio, prenda per vero il sogno che ha appena terminato. Gli pare proprio che sia realtà.»
«Io ho sognato qualcosa di completamente diverso, una specie di esposizione floreale, con la moglie del curato in costume da bagno, o una cosa del genere.»
Con un improvviso gesto di energia, la signora Bantry saltò giù dal letto e aprì le tendine. La luce di una bella giornata autunnale invase la stanza.
«Io non ho sognato» disse con fermezza. «Alzati, Arthur, va’ giù e dai un’occhiata.»
«Desideri forse che scenda a domandare se c’è un cadavere in biblioteca? Farei la figura del cretino.»
«Non hai bisogno di chiedere nulla. Può darsi che Mary sia diventata matta e che dica di vedere cose che non esistono; ma se il cadavere c’è, qualcuno ti dirà subito qualcosa. Tu non dovrai aprir bocca.»
Brontolando, il colonnello Bantry s’avviluppò nella veste da camera e uscì. Percorse il corridoio e scese le scale. In basso, raccolti in crocchio, c’erano i domestici. Qualcuno singhiozzava. Il maggiordomo venne avanti premurosamente.
«Sono lieto che siate venuto, signore. Ho disposto che non si facesse nulla prima del vostro arrivo. Credete che debba chiamare la polizia?»
«Chiamare la polizia? Perché?»
Il maggiordomo lanciò un’occhiata di rimprovero dietro di sé, in direzione della giovane alta che piangeva istericamente, col capo posato sulle spalle della cuoca.
«M’è sembrato di capire che Mary vi avesse già informato. Ha detto di averlo fatto.»
Mary proruppe: «Ero così sconvolta che non sapevo quel che dicevo. Quando ci penso, mi mancano le gambe e mi sento rivoltare dentro. Trovare una cosa simile! Oh, oh, oh!».
Si appoggiò di nuovo alla cuoca che disse con un certo compiacimento: «Coraggio, cara».
«Mary, naturalmente, è alquanto sconvolta, signore, perché è stata lei a fare la triste scoperta» chiarì il maggiordomo. «Come al solito, è entrata in biblioteca per aprire le tendine e per poco non inciampava nel cadavere.»
«Intendete dirmi» chiese il colonnello Bantry «che c’è un cadavere in biblioteca? Nella mia biblioteca?»
Il maggiordomo tossicchiò.
«Forse, signore, gradireste accertarvene voi stesso.»
«Pronto, pronto, pronto. Qui posto di polizia. Sì, chi parla?»
L’agente Palk stava abbottonandosi la giacca con una mano, mentre con l’altra teneva il ricevitore.
«Sì, sì. Gossington Hall. Sì? Oh, buon giorno, signore.» Il tono di Palk si modificò alquanto. Divenne meno impaziente e meno ufficiale. L’agente aveva riconosciuto il generoso mecenate dell’associazione sportiva della polizia, nonché il principale magistrato del distretto.
«Sì, signore? Che cosa posso fare per voi? Scusate, non ho ben capito. Un cadavere, dite? Sì, se volete. Va bene, signore. Una giovane che voi non conoscete per nulla, dite? Perfettamente, signore. Sì, fidatevi di me.»
L’agente Palk ripose la cornetta, emise un lungo fischio sommesso e s’accinse a telefonare al suo superiore.
La signora Palk fece capolino dalla cucina, donde veniva un appetitoso profumo di pancetta fritta.
«Che succede?»
«La più strana faccenda che io abbia mai sentito» disse il marito. «Il cadavere di una giovane trovato a Gossington Hall. Nella biblioteca del colonnello.»
«Assassinata?»
«Strangolata, mi ha detto.»
«Chi era?»
«Il colonnello ha detto di non averla mai vista.»
«E che mai faceva nella sua biblioteca?»
L’agente Palk la zittì con un’occhiata carica di rimprovero e parlò in tono ufficiale al telefono: «Ispettore Slack? Qui l’agente Palk. Mi è stato comunicato ora che stamane alle sette e un quarto è stato trovato il cadavere di una giovane donna…».
Quando suonò il telefono Miss Marple stava vestendosi. La chiamata le mise addosso un po’ di agitazione. Infatti era un’ora insolita per le telefonate. Tanto metodica era la vita della contegnosa zitella che una chiamata imprevista costituiva per lei una fonte cospicua di vivide congetture.
“Povera me” si disse, guardando perplessa il trillante strumento. “Chissà chi può essere.”
Era consuetudine nel villaggio che le chiamate amichevoli tra vicini si facessero tra le nove e le nove e trenta, e che anche gli inviti e i piani della giornata si facessero pure a quell’ora. Era accaduto che il macellaio telefonasse prima delle nove se si era verificata una qualche crisi nel mercato della carne. Potevano esserci delle chiamate irregolari nel corso della giornata, ma era considerato poco corretto telefonare dopo le nove e mezzo di sera. Era pur vero che il nipote di Miss Marp...

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