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Gusti e disgusti
Poco dopo il ritorno del re, Narbonne scrive, enumerando gli abitanti di Versailles: «Nel castello e dentro i suoi recinti, principi, signori, ufficiali e domestici, 4000 persone». Questa cifra non comprende nĂ© lâorganizzazione militare nĂ© tutti coloro che sono alloggiati nelle dipendenze, come il Grand Commun, le scuderie e il canile. Ma pare difficilmente accettabile. Per immenso che sia il palazzo, sembra impossibile che contenga una tal massa di gente. Ă probabile che Narbonne si sia accontentato di una cifra approssimativa.
Gli alloggi sono sempre rari a Versailles. I proprietari, scottati una prima volta, pensano soltanto a trarre il miglior partito dalle locazioni che concedono. Gli affittuari cercano di compensarsi, subaffittando una camera a caro prezzo. E tutti si lamentano.
La nobiltĂ reputa necessario possedere un palazzo in cittĂ . CosĂŹ, intorno al castello, le costruzioni si rinnovano o si trasformano. Il nuovo quartiere Saint-Louis si popola. Vi trovano asilo soprattutto ufficiali della corte, musicisti e artigiani.
Quello di ottenere un appartamento nel palazzo resta un favore molto ricercato. Ma Luigi XV non puĂČ accontentare tutti i postulanti. Egli la subisce, questa corte, e ne Ăš tiranneggiato. Per fortuna, vi sono quelli che cadono in disgrazia o si sono comportati in una maniera che Ăš dispiaciuta. Quando il re pronunzia la terribile condanna: «Questâuomo non avrĂ mai un alloggio, finchĂ© io vivrĂČ» allo sfortunato non rimane che da scomparire.
Sorgono gelosie, rivalità . Nel dicembre del 1743, Luigi accorda a Maupeou, primo presidente del parlamento di Parigi, un alloggio nel castello. «à il primo che abbia avuto questo favore» scrive Barbier, che aggiunge: «Questo individuo trattato come un ministro deve il suo posto al credito del conte di Maurepas». Perché a Versailles non viene presa nessuna decisione senza che se ne ricerchi il perché, chi sia intervenuto e quale secondo fine nasconda.
Qualche anno dopo, la marchesa di Pompadour, in un primo tempo sistemata al secondo piano, in uno di quei piccoli appartamenti che ha arredato in modo cosĂŹ delizioso, trama per farsi trasferire al pian terreno. Nonostante la sua macchina volante, un vero e proprio ascensore azionato a mano, essa si affatica nello scendere e salire le scale. Per compiacerla, il re le concede un appartamento situato vicino alla cappella, e occupato fino a quel momento dalla contessa di Tolosa e dal duca di PenthiĂšvre. Lâappartamento Ăš diviso in tre sezioni. Il duca e la duchessa di PenthiĂšvre ne conserveranno la prima, la contessa di Tolosa disporrĂ soltanto di due salottini, la marchesa ottiene il resto. «Tutto Ăš stato diviso, discusso, spezzettato» scrive Luynes «e ognuno Ăš scontento.» La contessa di Tolosa rifiuta di dormire nelle due stanzette che le sono state lasciate, e le tiene soltanto per ricevervi il re.
In maggioranza, i gran signori alloggiati nel palazzo non vedono piĂč altro, in questo vantaggio, che un privilegio, una gloriosa testimonianza dellâamicizia del re. Hanno un appartamento, ma non vi abitano sempre. Le stanze di cui dispongono servono per ricevere gli amici, cambiarsi dâabito, concedersi qualche momento di riposo. Alla sera, preferiscono ritornare sia nei loro palazzi di Versailles, sia a Parigi. Forse che Luigi XV non ne offre loro lâesempio, scappando da Versailles quando ha voglia di divertirsi?
Uno stile nuovo
Mentre, ai tempi di Luigi XIV, lâidea fissa della nobiltĂ era di non lasciare mai la corte, e di accalcarsi in ogni ora del giorno intorno alla persona del re, a questo punto i cortigiani vanno a Versailles solamente per dovere. Dai grandi ufficiali della Corona, duchi e pari di Francia, i quali sono obbligati ad assistere a certe cerimonie, fino ai piĂč modesti valletti di camera, portatori di seggetta o addetti al riscaldamento, tutti hanno una loro funzione nel palazzo. Il gentiluomo inutile e senza attribuzioni Ăš completamente scomparso. Inoltre, quando il servizio Ăš terminato, ognuno si affretta a ritornare a casa sua.
Per essere ammessi nella scia del sovrano e farne abitualmente parte occorre essere stati presentati. La scena si svolge sempre nella stessa maniera. Lâaspirante, si tratti di un uomo o di una donna, deve avere un padrino o una madrina. Allâora stabilita la candidata â quando Ăš donna â con a fianco la madrina e le dame dâonore, viene introdotta nel gabinetto del re. Il re sâinchina e pronunzia qualche parola. Lâeletta risponde arrossendo. Le Ăš stata raccomandata la banalitĂ . Altra riverenza, poi il gruppetto si ritira. Lo stesso cerimoniale si ripete presso la regina, che riceve nella sua camera. Altri inchini rituali, altri dialoghi. Maria Leszczynska, cui non manca lâarguzia, qualche volta si diverte a sconcertare la sua interlocutrice. Alla frase insignificante e prevista, sostituisce una domanda inopinata. Quando Jeanne-Antoinette Poisson, appena elevata al rango di marchesa di Pompadour, le viene presentata, il 14 settembre del 1745, la regina si compiace di deludere tutte le speranze dei cortigiani, i quali si aspettavano qualche vago complimento sullâabito della favorita: «Datemi notizie di Madame de Saissac [essa era una delle amiche della marchesa], sono stata molto contenta di averla incontrata qualche volta a Parigi».
Madame de Pompadour, commossa e turbata, risponde con poche parole. La situazione, bisogna ammetterlo, era delicata, tanto per lâamante quanto per la regina. E si chiude con questa dichiarazione di fedeltĂ da parte della favorita: «Madame, io sono terribilmente ansiosa di piacervi!».
Poi la marchesa sâinchina profondamente, per baciare il lembo della veste regale, dopo essersi tolta il guanto con una tale energia, osserva Luynes, da spezzare il braccialetto che portava, e farlo rotolare sul tappeto. I cortigiani si sparpagliano per le gallerie, commentando lâavvenimento.
Queste «presentazioni» non costituiscono semplici formalitĂ , richieste da unâetichetta antiquata, unâetichetta di cui si lamentano tutti; a tal punto che Dufort de Cheverny, incaricato di introdurre gli ambasciatori e costretto da questa sua funzione allâosservanza di simili riti minuziosi, li critica nei suoi MĂ©moires. Dopo essere stati presentati, il gentiluomo e la dama di qualitĂ hanno il diritto di partecipare agli «onori di corte».
Questâistituzione non Ăš nuova, ma dal 1732, per ordine di Luigi XV, ha assunto un carattere piĂč regolare, piĂč ufficiale. Chiunque sia ammesso agli onori di corte, dopo aver subito la prova della presentazione, gode di parecchi privilegi. Assiste alle feste del palazzo, entra a far parte delle «cerchie», Ăš invitato ai balli e ai ricevimenti. PuĂČ essere scelto per le piccole cene di Sua MaestĂ . Il caso Ăš raro, tuttavia Luigi XV accoglie soltanto un piccolo numero di amici, e si vede un principe di CroĂż tremare di emozione, nella speranza che il re, uscendo dal suo gabinetto, getti uno sguardo su di lui. Eppure CroĂż non ha di che lagnarsi, perchĂ© spesso partecipa alle piccole cene. Quanti cortigiani non hanno questa fortuna!
Un altro privilegio: lâammissione nelle carrozze del re, per coloro che sono stati ricevuti. Quando non risiedono piĂč a Versailles, i cortigiani devono fare la spola, quasi quotidianamente, tra la capitale e la cittĂ del re. Sulla strada di Parigi câĂš un intenso traffico di vetture di ogni categoria. Che soddisfazione, avere il diritto di salire su una delle carrozze contrassegnate dalle armi di Sua MaestĂ ! Che gioia ammucchiarsi in diciotto o venti persone in una delle «gondole» â vetture a dodici posti â che seguono, non senza rischi per gli occupanti, la caccia del re!
Ma agli onori di corte non si Ăš ammessi senza referenze. Bisogna avere tutte le carte in regola, o sangue blu. Nei registri tenuti dal genealogista ufficiale sono iscritti solamente coloro che hanno fornito le prove di appartenere alla nobiltĂ fin dallâanno 1400. Clairembault, poi ChĂ©rin, i genealogisti, sono censori severissimi, e rifiutano implacabilmente i titoli sospetti. Ă vero che in qualsiasi momento il re puĂČ, per grazia speciale, accordare dispense. E lo fa, appunto, a favore di Jeanne-Antoinette Le Normant dâĂtioles (nata Poisson), la quale sarebbe assolutamente incapace di vantare una nobiltĂ vecchia di... quattro secoli, quando la sua non ha nemmeno quattro anni. Lo strappo alla regola Ăš tanto esorbitante... quanto spiegabile. Altre famiglie godono del favore del re, il quale intende ricompensare cosĂŹ uomini devoti che gli prestano servizio.
La regolamentazione degli onori, tuttavia, ha limitato il numero delle persone che frequentano la corte.
... In questo paese
Ma nonostante questo lâaffollamento, al castello, rimane spaventoso. Ogni gentiluomo Ăš scortato da lacchĂš e da servi addetti alle portantine. Le gallerie sono ingombre di valletti che, quando un gran personaggio Ăš annunziato, si precipitano ad aprire le porte. Le regole delle precedenze, che i vecchi cortigiani intendono conservare, aggravano ulteriormente le difficoltĂ di circolazione. Per recarsi dalla regina, una principessa del sangue deve scendere dalla sua portantina, entrando nella sala delle guardie, oppure Ăš autorizzata ad arrivare fino allâanticamera, privilegio riservato, come principio, soltanto alle Figlie e alle Nipoti di Francia? Luynes ne discute con serietĂ . La principessa sarĂ respinta... ma i mendicanti invadono le entrate degli appartamenti della delfina, perchĂ© sotto Luigi XV la polizia non Ăš organizzata meglio che durante il regno del suo avo. I «mercanti al seguito della corte» continuano a occupare le gallerie del pian terreno. Le botteghe e le baracche ostentano la loro architettura fragile quanto sgraziata nel primo cortile del castello, lungo le facciate. Certe, addossate al muro di un corpo di guardia, bloccano le finestrelle delle latrine, intensificando cosĂŹ il fetore e la sporcizia del posto.
Le bancarelle dei pubblici scrivani sono nellâinterno del palazzo, e tra loro sâinsinuano elementi sospetti. Il gran prevosto, Louis de Bouchet, marchese di Sourches, deve prendere provvedimenti. Ă stato scoperto che costoro inseriscono parole equivoche nei loro scritti, e ricopiano i libelli che ricevono da gente maligna. Si vieta quindi loro di trascrivere i testi proibiti, sotto minaccia di punizioni corporali.
Per effetto di questo nuovo stile di vita che regna a Versailles, i gruppi e le consorterie si sono moltiplicati. Le invidie, le gelosie sono feroci, e i cortigiani si lanciano reciprocamente perfide accuse. Informato dei guasti causati da queste rivalitĂ , Luigi XV preferisce chiudere gli occhi. Dimostra una stanca indifferenza.
Ă diminuito il timore che la persona del re ispirava. I cortigiani non si tolgono piĂč il cappello, passando davanti al letto di parata di Luigi XIV. E capita anche che litighino in presenza del re, il quale deve intervenire per calmare i loro furori. Alla tavola da gioco del re â whist o tric-trac â il duca di Bouillon pretende di essere lâunico ad avere il diritto di offrire le carte a Sua MaestĂ . Il duca dâAumont afferma che lâonore di far tirare spetta a lui. I due duchi si bisticciano con tanta asprezza, che Luigi XV impone loro il silenzio. E le dame di qualitĂ dimenticano lâetichetta davanti alla regina. Ma Maria Leszczynska, nonostante la sua bontĂ , sa c...