Il classico triangolo.
Immaginiamo di vedere Otello per la prima volta. Ă una storia di gelosia, di tradimenti. Il classico triangolo: lui, lei, lâaltro. Con una complicazione. Lâaltro sono tre: Cassio, luogotenente di Otello e presunto amante di Desdemona, per la quale in realtĂ prova solo ammirazione; Roderigo, un veneziano sciocco innamorato senza speranza di Desdemona, sfruttato da Iago come agente dietro le quinte; e Iago, lâattendente di Otello, tutto preso dal mestiere delle armi e per nulla dallâamore, fedele e sollecito verso Otello fino alla gelosia. Iago Ăš lâultimo uomo di cui il Moro dubiterebbe. Ă Iago il vero rivale.
Lui.
Ă Otello, generale delle forze veneziane. Sui quarantâanni. Ă un Moro. Prima sorpresa: cosa ci fa un Moro a Venezia nel Rinascimento, e comâĂš giunto a comandare lâesercito? Nessuna delle due cose era in realtĂ tanto strana quanto potrebbe apparire oggi. A Venezia, il comandante in capo dellâesercito era sempre uno straniero, per evitare che un cittadino traesse vantaggi politici dalla forza delle milizie, e fosse tentato di usarle per instaurare una dittatura. Ă scritto a chiare lettere nel De magistratibus et repubblica venetorum (1551) del cardinal Gaspare Contarini, letto e utilizzato da Shakespeare nella traduzione inglese di Lewis Lewkenor del 1599, per certi particolari su Venezia che ritroviamo in Otello. Quanto alla presenza dei Mori, pervade lâiconografia e i luoghi celebri della cittĂ . Il Miracolo della Reliquia della Croce al Ponte di Rialto, di Vittore Carpaccio, mostra che diversi gondolieri erano Mori o africani, come sappiamo anche da altre fonti. E i Mori spiccano nel cuore di Venezia, piazza San Marco, dove nello spazio di pochi metri troviamo la Torre dei Mori, o dellâOrologio, con le sue colossali statue brune che scandiscono le ore, e sotto di loro il re dalla pelle nera, Baldassarre, che insieme agli altri due Magi esce ogni Epifania dalle due porte laterali ai piedi della torre.
Del passato di Otello si sa poco: Ăš di sangue reale, Ăš un soldato, combatte da quando ha memoria, e ha vissuto molte avventure per terra e per mare. Questo ce lo dice lui. Iago precisa: Ăš un grande guerriero, imperturbabile sul campo di battaglia, non lo scuote neppure lo scoppio del cannone a pochi passi. Il Doge, i senatori, i notabili di Venezia hanno per lui solo attestazioni di stima e grande rispetto: «valoroso Otello», «nobile Moro», ogni volta che entra in scena o parlano di lui assente. Caratterialmente appare impassibile, controllato, possiede un grande carisma, Ăš un superbo oratore. Invulnerabile. «Uno non facilmente portato alla gelosia», si definisce nellâepitaffio di se stesso che recita al momento del suicidio, aggiungendo perĂČ, con tragico senno di poi, «ma una volta in dubbio, stravolto fino alle estreme conseguenze» (V, II, 341-44).
Lei.
Ă Desdemona, figlia unica del nobile Brabanzio, uno dei potenti senatori di Venezia. Ă bella, raffinata, amabile. Ha poco meno di ventâanni, e ha rifiutato diversi pretendenti, confortata in questo dal padre, che evidentemente non Ăš cosĂ ansioso di maritarla: «Ti ho detto mille volte che mia figlia non Ăš per te» (I, I, 96-97), grida a Roderigo, venuto sotto le sue finestre nella prima scena del dramma. Ă la luce degli occhi del padre, che nel momento della crisi, quando scopre il matrimonio segreto della figlia col Moro, dimostra di non conoscerla affatto: Ăš stata stregata, drogata, non ha mai avuto inclinazione al matrimonio, e men che meno con «una sporca cosa nera». Come spesso in Shakespeare, i padri sono gli ultimi a conoscere le figlie: Desdemona Ăš lâesatto contrario di quello che Brabanzio pensa. Ă una ragazza decisa, indipendente: si prende Otello, rivelandosi molto piĂș attiva nel corteggiamento di quanto la convenzione prescriva. Ribadisce la sua scelta senza paura di fronte al padre e al Senato di Venezia riunito, e poi chiede direttamente al Doge il permesso di seguire Otello a Cipro, nonostante sia zona di guerra.
Neppure Otello la conosce. Quando ne parla da innamorato, nei primi due atti, ne parla come di una creatura mite e asessuata, una «colomba» troppo fragile per questo mondo. Come si vede al suo arrivo a Cipro, Desdemona Ăš lâopposto: non ha paura di entrare in mezzo alle situazioni, anche in quelle normalmente riservate agli uomini. In occasione della rissa notturna scatenata da Iago, raggiunge Otello per vedere cosa sia successo («Guardate, avete svegliato il mio amore», II, III, 246). Alle battute volgari, ai doppi sensi di Iago sulle donne, risponde da signora, ma a tono e senza paura. Di lei, come di Otello, si puĂČ dire che nella sua vita non entrino il dubbio e la paura fino a che non entra in gioco Iago.
Lâaltro.
Ă Iago, attendente di Otello, soldato professionista, svelto di mano e di parola, sposato con Emilia, che in seguito al trasferimento del Moro a Cipro diventa la dama di compagnia di Desdemona, fornendo cosĂ al marito un doppio accesso privilegiato alla casa e alle faccende di Otello. Iago ha ventottâanni: ce lo dice lui stesso, uno dei pochi riferimenti precisi allâetĂ di un personaggio shakespeariano. Avremmo dovuto cominciare da lui, nel presentare il triangolo, perchĂ© cosĂ comincia Shakespeare. Iago Ăš il primo dei tre ad entrare in scena, presentandosi con unâespressione blasfema, non proprio una bestemmia ma abbastanza forte da qualificarlo immediatamente come un soldataccio: «Sangue di Cristo!» Sta discutendo animatamente con Roderigo, ed Ăš immediatamente chiaro che sarĂ lui a dirigere lâazione.
Il dialogo di apertura del dramma Ăš in realtĂ quasi un monologo di Iago (Roderigo gli fa da spalla, con poche brevi battute), ed Ăš illuminante: veniamo a sapere che Iago ha un problema (Otello ha appena nominato Cassio come suo luogotenente, al posto di Iago), che del suo problema ritiene Otello responsabile, e che segue il Moro solo per convenienza. GiĂ nella prima scena tradisce Otello, denunciando il matrimonio segreto con Desdemona a suo padre. Dopo averlo tradito, corre ad avvisarlo che stia in guardia perchĂ© lo stanno cercando, e Otello lo saluta come sempre: «onesto Iago!» Il Moro si fida ciecamente di lui, hanno combattuto insieme, Iago Ăš un soldato, un uomo dâonore, e come tale Otello gli affiderĂ la moglie di fronte al Senato, la farĂ viaggiare con lui sulla stessa nave diretta a Cipro.
Otello si basa su un doppio tradimento: quello di Desdemona, inventato, e quello reale di Iago, entrambi ai danni del Moro. E la gelosia del Moro Ăš speculare e anzi figlia di quella di Iago, che Ăš geloso di Otello, di Desdemona, di Cassio, dellâumanitĂ intera.
La tragedia di un quarantenne.
Quando scrive Otello, Shakespeare ha quarantâanni. In realtĂ , il 1604 Ăš lâanno della prima rappresentazione, quindi la tragedia fu probabilmente scritta qualche mese o un anno prima. PiĂș o meno, comunque, ha quarantâanni. Il dato non sembra aver stimolato particolari riflessioni, nonostante i quaranta siano unâetĂ critica nella vita di un uomo. Jung dice: «Le statistiche mostrano che le depressioni aumentano molto negli uomini intorno alla quarantina. [âŠ] Talvolta avviene [âŠ] che le convinzioni e i principĂź soprattutto morali avuti sino ad allora assumano una durezza e una rigiditĂ che puĂČ giungere [âŠ] sino allâintolleranza e al fanatismo [âŠ] Il vino della gioventĂș non sempre si chiarifica nella maturitĂ ; anzi talvolta sâintorbida»1. Otello ha suppergiĂș la stessa etĂ del suo creatore: parlando di sĂ©, si descrive come «declinante nella valle degli anni» (III, III, 269-70), quindi oltre la metĂ del cammino della vita. Comâera lo Shakespeare quarantenne? Fisicamente, non si era risparmiato, tra il lavoro incessante e frenetico come drammaturgo, attore e azionista dei Chamberlainâs Men, i viaggi periodici a Stratford per visitare la moglie e le figlie, la cura degli affari di famiglia e le frequenti acquisizioni di proprietĂ . A Londra, dopo quasi ventâanni di residenza, viveva sempre in camere dâaffitto, consumando i pasti nelle taverne frequentate dalla gente di teatro. Se il celebre ritratto Chandos del poeta fosse di questi anni, o addirittura precedente, ci restituirebbe lâimmagine di un uomo ancora vigoroso ma segnato dalla vita.
Vale la pena di dare unâocchiata al Chandos Portrait, perchĂ© la sua autenticitĂ Ăš stata messa in discussione, e per motivi che toccano da vicino uno dei temi principali di Otello. Non la gelosia, ma il colore della pelle. Shakespeare era ovviamente inglese di nascita e di stirpe, un uomo del Warwickshire, campagna del centro Inghilterra, tra Oxford a sud, Cambridge a est, il Galles a ovest. Eppure il colore della sua pelle ha fatto discutere, e non poco. Questo perchĂ© di ritratti di Shakespeare ne abbiamo piĂș dâuno, e nessuno ha mai avuto la parola definitiva. Il piĂș famoso, riprodotto sulle copertine e nei libri di tutto il mondo, Ăš lâincisione di Martin Droeshout, un artista di origine fiamminga, per il frontespizio della prima raccolta completa delle opere teatrali di Shakespeare, il cosiddetto First Folio, pubblicato nel 1623. Ă lâimmagine di Shakespeare che tutti riconosciamo: un gentiluomo elisabettiano formalmente vestito, il colletto rigido appuntito che fa da base, quasi decollandolo, a un viso tondo dallâespressione mitemente furba, i baffetti corti e curati, lâampia calvizie compensata da capelli lunghi lisciati ad arte. Unâicona rassicurante, buona per copertine, manifesti pubblicitari, segnalibri, tazze da caffĂš. Come spesso accade ai loghi, la sua riconoscibilitĂ non sâaccompagna allâeccellenza artistica, per usare un eufemismo.
I secoli ne hanno impietosamente portato alla luce i difetti. Lord Brain, lo scienziato, osservĂČ che lâimmagine ha due occhi destri; per i profani, uno era semplicemente piĂș grande dellâaltro, e lâeffetto generale di discreto strabismo. La rivista di sartoria e moda «The Tailor & Cutter» ha fatto notare che il giubbino presenta due lati destri2; il che, per il figlio di un guantaio con ambizioni gentilizie Ăš forse piĂș grave dello strabismo. Anche i capelli sembrano piĂș lunghi da un lato che dallâaltro, mentre la bocca occupa una strana posizione allâinterno di una testa stranamente posizionata sopra il colletto. Non viene alla mente la testa del Battista sul piatto solo perchĂ© questo volto non ha nulla di eroico. Ed Ăš questo che risulta difficile da accettare: «il soggetto», osserva Bill Bryson nel Mondo Ăš un teatro, «sembra diffidente, apologetico, quasi spaventato â niente a che vedere con la figura forte e sicura che ci parla dai drammi»3. Bryson Ăš fin troppo rispettoso: lo Shakespeare del First Folio, se con un trucco fotografico alla Gilbert & George lo trasferiamo in abiti borghesi, Ăš un impiegato di terza categoria, un commesso di sartoria di Bond Street anni Cinquanta. CâĂš piĂș veritĂ che ironia nei versi di Ben Jonson posti a fianco dellâincisione di Droeshout: «lettore, non guardare a questo ritratto ma ai suoi libri».
Ma, osservano quelli che non vogliono rinunciare a unâimmagine tanto rassicurante, dove sta scritto che uno scrittore deve avere un aspetto eroico, come Lord Byron nel suo costume albanese, scimitarra pendente dalla fusciacca e volto fiero inturbantato? O come Hemingway inginocchiato a fianco dei leoni uccisi nella savana africana? Vero, solo che i ritratti degli scrittori contemporanei di Shakespeare che ci sono pervenuti, a cominciare da quelli dei suoi due grandi rivali, Chris...