Freud. Come si fa a giudicarlo superato, se ancora non lâabbiamo interamente capito?
J. LACAN, intervista a «Panorama», 21 novembre 1974.
Nella modernitĂ si sono avvicendati molteplici attori collettivi capaci di dire «noi», ossia capaci di agire e parlare allâunisono. Alcuni di questi attori hanno assunto lo statuto di soggetti politici. Esempi di soggettivitĂ politica moderna sono i popoli, le nazioni. Esempi ulteriori sono le classi (sociali) o le razze (biologiche). Casi ancora diversi sono lâumanitĂ , oppure la moltitudine. Lo spazio politico moderno, tuttavia, non Ăš saturato interamente da questi soggetti politici. Esiste una grandezza politica che non presenta i tratti di una soggettivitĂ eppure costituisce una forza politica piĂș o meno trainante, a seconda dei passaggi storici. Nella seconda metĂ dellâOttocento si comincia a nominarla con insistenza «folla», «massa», «gruppo».
1. La societĂ senza padre.
Quando Freud si accinge a scrivere la Psicologia delle masse, tra la fine degli anni Dieci e lâinizio degli anni Venti del secolo scorso, la letteratura sullâargomento Ăš giĂ abbastanza nutrita. Gli autori che egli cita e discute â Gustave Le Bon, Gabriel Tarde, William McDougall â non sono che un piccolo campione degli studiosi che fino a quel momento si sono dedicati al problema. La psicologia sociale, e piĂș in particolare la psicologia politica, Ăš un campo di ricerche che in quel periodo attira sempre piĂș lâattenzione di Freud. Basti ricordare â oltre agli importanti saggi successivi alla Psicologia delle masse, come Lâavvenire di unâillusione, Il disagio nella civiltĂ e Lâuomo MosĂš e la religione monoteistica â il precedente Considerazioni attuali sulla guerra e la morte o, esempio ancor piĂș significativo, il denso e controverso Totem e tabĂș, descritto dallo stesso Freud, nelle prime righe, come un contributo in chiave psicoanalitica alla disciplina nota allora come «psicologia dei popoli».
Il dibattito sulla psicologia sociale e politica si estendeva anche alla cerchia dei discepoli o degli ospiti occasionali della SocietĂ Psicoanalitica di Vienna. Vale la pena di ricordare almeno due nomi: Paul Federn, uno degli allievi prediletti di Freud, che nel 1919 tiene a Vienna due conferenze pubblicate in seguito con il titolo La societĂ senza padre: sulla psicologia della rivoluzione; e Hans Kelsen, che nel 1922 tiene alla SocietĂ Psicoanalitica di Vienna una relazione sul Concetto di Stato e la psicologia sociale con particolare riferimento alla teoria delle masse di Freud. Entrambi i saggi sono menzionati da Freud nella Psicologia delle masse (quello di Kelsen in una nota aggiunta alla seconda edizione) ed entrambi pongono con forza lâaccento sulla questione che Freud ritiene cruciale, la questione del padre come fonte o modello dellâautoritĂ di un uomo sullâaltro â in primis dellâautoritĂ politica1.
A parte la pur rilevante eccezione della prima Scuola di Francoforte2, tale questione si rivelerĂ piuttosto indigesta per la riflessione filosofica sul potere e sulla politica, anche la piĂș avveduta, anche la piĂș prossima e sensibile agli insegnamenti della psicoanalisi freudiana. Tanto per fare due esempi: nĂ© Ernesto Laclau nĂ© Ătienne Balibar, nelle loro recenti riletture della Psicologia delle masse3, prestano la dovuta attenzione alla questione del padre, o del paternalismo politico, quasi che John Locke avesse sbrigato una volta per tutte la faccenda allâalba della modernitĂ con la stesura del primo dei Due trattati sul governo e la sua spietata critica del Patriarca di Robert Filmer. Eppure, come giustamente sottolinea Kelsen, Freud non parla dâaltro, per lo meno a partire da Totem e tabĂș. Parla dellâ«autoritĂ tout court: lâautoritĂ del padre»4.
Secondo Freud lâaffinitĂ psicologica dellâatteggiamento religioso e di quello sociale va spiegata non per ultimo col fatto che i due legami riportano a unâunica e medesima, fondamentale esperienza psichica, che opera in modo uguale nella relazione con lâautoritĂ religiosa come in quella con lâautoritĂ sociale. Ă il rapporto del figlio col padre, che penetra nella mente del fanciullo come un gigante, come una forza superiore, e diventa per il fanciullo lâautoritĂ per eccellenza. Anche in seguito ogni autoritĂ viene vissuta come padre e come sostituti del padre appaiono il dio venerato, lâeroe ammirato, il principe amato con rispettoso timore; solo come rappresentanti del padre queste autoritĂ possono suscitare per sĂ© tutti quegli stati di eccitazione psichica che fanno gli uomini bambini senza volontĂ propria, senza opinioni personali5.
Se nellâautoritĂ del padre si puĂČ scorgere lâorigine dellâautoritĂ religiosa e sociale â che nelle prime societĂ umane prende la forma del Totem-Padre originario6 â, questo perĂČ non significa, secondo Kelsen, che si debba restare aggrappati allâautoritĂ paterna per lâeternitĂ . Al contrario: cosĂ come sul piano religioso la figura del Dio-Padre dĂ luogo a paradossi e aporie di cui il pensiero umano puĂČ sbarazzarsi abbracciando un radicale ateismo che lascia il mondo in mano a quegli uomini senza Dio che sono gli odierni scienziati, allo stesso modo sul piano sociale e politico la figura dello Stato-Padre come doppione, come «ipostatizzazione» dellâordinamento giuridico va abbandonata. Solo cosĂ il pensiero giuridico puĂČ trasformarsi in unâautentica scienza giuridica. Il Dio-Padre Ăš unâipostatizzazione del mondo, lo Stato-Padre Ăš unâipostatizzazione del diritto, sostiene Kelsen. CâĂš qualcosa di fantasmatico in queste entitĂ , che va lasciato cadere. Ma che cosa puĂČ essere uno Stato che si risolve da cima a fondo in ordinamento giuridico? Che cosa puĂČ essere una «pura teoria giuridica dello Stato, che dissolve il concetto di uno Stato differente dal diritto», vale a dire il concetto di uno Stato che, prima di essere diritto, sarebbe «persona»? PuĂČ essere solamente, risponde Kelsen, una «dottrina dello Stato â senza Stato»7. PuĂČ essere solamente una dottrina dello Stato-Diritto senza Stato-Padre. Troviamo qui, in questi saggi kelseniani dei primi anni Venti cosĂ colpiti dal vento delle idee freudiane, i germi di quella «dottrina pura del diritto» che nel Novecento andrĂ a rilanciare la lunga corsa della modernitĂ , la corsa verso quella societĂ senza padre in cui lâasimmetria tra gli individui, lâautoritĂ piĂș o meno arbitraria di un uomo sullâaltro, tende a ridursi fino a scomparire del tutto.
SocietĂ ideale? SocietĂ reale? Per Kelsen â senza dubbio â societĂ migliore, societĂ secolarizzata, societĂ al passo con i tempi della politica moderna e con i progressi della scienza moderna. Lo stesso Freud non Ăš insensibile a questi richiami. Giudica «intelligente e acut[o]» lâintervento di Kelsen alla SocietĂ Psicoanalitica di Vienna8. Tuttavia, lâideale di una societĂ senza padre sembra restare lontano dalla realtĂ , agli occhi dello psicoanalista. Ne Ăš prova la Psicologia delle masse, cosĂ come ne saranno prova altri testi, intrisi di un pessimismo che â va comunque notato â non arriverĂ mai a cancellare sino in fondo lâeventualitĂ di una futura «dittatura» laica della ragione sulle nostre comunitĂ 9. La posizione di Freud a riguardo Ăš sottile, corre su un filo di lama, e va soppesata in tutta la sua complessitĂ .
Vicino a lui, per esempio, Paul Federn vede le cose in maniera leggermente diversa. Se lâidea di partenza resta quella di una configurazione paterna dellâautoritĂ sociale e politica, tale da indurre a pensare che assai spesso gli individui «scelgono il loro partito, non in base alla riflessione, bensĂ in base alla disposizione inconscia verso il padre»10, lâidea di arrivo Ăš quella di una societĂ senza padre, auspicabile e possibile in un futuro non troppo remoto, forse addirittura giĂ in procinto di realizzarsi qua e lĂ .
Il fatto che in America la repubblica sia ancorata in maniera cosĂ impressionante nel sentimento popolare ha la sua ragion dâessere psicologica nel fatto che tutti gli emigranti hanno lasciato in Europa gli oggetti delle loro relazioni padre-figlio, e molti lo hanno fatto coi sentimenti piĂș ostili. Arrivano senza padre con la speranza che la liberazione, di cui la statua nel porto reca loro il saluto, li trasformerĂ in fratelli con pari diritti. Manca poi oltretutto in America una discendenza comune che, inconsciamente, rafforza lâidea di un padre comune11.
Tutto ciĂČ non basta ancora, prosegue Federn, a considerare giĂ realizzata una societĂ senza padre, nĂ© in America nĂ© altrove â per esempio nella Russia bolscevica â poichĂ© enormi ostacoli alla sua definitiva vittoria rimangono sepolti in ciascuno di noi, sia in virtĂș dellâeducazione familiare tradizionale sia in virtĂș di fattori ereditari comuni allâintero genere umano di cui Ăš difficile sbarazzarsi di punto in bianco. CiĂČ nonostante, conclude Federn, il Leitmotiv padre-figlio ha subito in tempi recenti la sua peggiore disfatta. Il che farebbe ben sperare per il futuro immediato. Federn, che nel 1924 diverrĂ vicepresidente della SocietĂ Psicoanalitica di Vienna e nel 1938 si trasferirĂ in America, dove diverrĂ uno dei fondatori della Ego-Psychology, non sapeva ancora allâepoca quali parole di fuoco Freud avrebbe scritto nel giro di qualche anno sulla civiltĂ americana e su una delle sue piĂș sintomatiche espressioni politiche, il presidente Thomas Woodrow Wilson12. A parte questo, perĂČ, Ăš probabile che Freud condividesse e, anzi, avesse contribuito a inculcare nel giovane allievo lâaspirazione a unâemancipazione generale della societĂ umana dalla figura del padre. In fondo, era in questa direzione che il trattamento psicoanalitico era intimamente orientato, verso un tramonto e definitivo oltrepassamento del complesso edipico nei singoli individui affetti da nevrosi e da sensi di colpa immancabilmente legati alla imago paterna. Il problema semmai, per come Freud lo avrebbe riformulato in Psicologia delle masse, frenando lâentusiasmo del promettente discepolo, Ăš che quanto si rivelava talvolta possibile al livello dei singoli individui era assai piĂș problematico, o forse persino impossibile da realizzare, al livello delle formazioni coll...