Ă possibile che il piĂč esperto dei nostri agenti segreti, Marco Mancini, e il piĂč scaltro dei nostri presidenti del Consiglio, Matteo Renzi, si facciano fregare come due polli da una non meglio precisata insegnante che casualmente si era trovata a parcheggiare nellâarea di servizio dellâAutogrill di Fiano Romano, alle porte della capitale, dove i due si erano dati appuntamento per fare due chiacchiere lontano da occhi indiscreti, proprio nel pieno della crisi del governo Conte 2?
Non ci crede nessuno, comunque non io che di queste trappole ne ho viste tante.
Ă il 23 dicembre del 2020. Matteo Renzi e la sua pattuglia di parlamentari sono decisivi nel tentativo in atto di far cadere Giuseppe Conte e insediare a Palazzo Chigi Mario Draghi. Ma Renzi Ăš anche sotto attacco delle procure che da oltre tre anni non mollano la presa su di lui, in particolare per la gestione della sua fondazione Open. PerchĂ© senta il bisogno di confrontarsi in un momento cosĂŹ delicato con uno 007 non lo sappiamo, nĂ© possiamo credere alla versione dellâex premier di «un incontro casuale» in una piazzola cosĂŹ fuori mano.
I diretti interessati hanno detto di essersi visti per i consueti auguri natalizi. Io posso dire che non credo allâaltra versione, quella di una insegnante passata di lĂŹ per caso che protetta dallâanonimato dirĂ in tv di essersi fermata perchĂ© il padre malato doveva andare in bagno e di essere stata folgorata dalla visione di Renzi. Al punto da filmarlo con il telefonino, da percepire a distanza le parole dellâuomo a lei sconosciuto che dice a Renzi: «Io sono a disposizione». E invece di postare il video sui suoi social come sarebbe stato piĂč normale, del tipo «Ehi amici, guardate che figata mi Ăš capitata stamattina, ero a pochi metri da Renzi», consegna il girato, cinque mesi dopo, per coincidenza a Report, la trasmissione di Rai3 specializzata in giornalismo di inchiesta. Che ovviamente lo manda in onda con grande rilievo ed enfasi.
Va bene, stabilito che le versioni ufficiali sono delle bufale, che cosa ci dice secondo lei questa storia?
Che una parte del mondo istituzionale legato ai servizi voleva far fuori Matteo Renzi.
Ă una vicenda che lei ha vissuto in prima persona, sul campoâŠ
Ă una storia che io ho visto da vicino, che Ăš stata preparata a tavolino, che Ăš esplosa nel 2017 e che continua tuttora. Su questo penso abbia ragione Renzi quando dice di essere al centro di un complotto.
Chi di complotto ferisceâŠ
Guardi, la questione non Ú stabilire da che parte stanno i buoni e da quale i cattivi, ognuno la pensi come vuole. Le dico che io in vita mia ne ho viste tante e non mi scandalizzo né formalizzo davanti a quasi nulla. Ma a una sparatoria come quella sul caso Renzi, glielo giuro, non ho mai assistito.
Sparatoria?
Mi passi lâimmagine. Mi sembrava proprio di essere come quel tipo che dal balcone di casa assiste a una sparatoria, mette fuori il naso e vede proiettili che schizzano ovunque, solo che Ăš difficile capire chi spara a chi. Poi capita che qualcuno dei partecipanti suoni alla porta per chiedere un bicchiere dâacqua, ti offre la sua versione di quello che sta succedendo e poi si ributta nella mischia.
Mi sa che a furia di mettere fuori la testa, dottor Palamara, una di quelle pallottole ha colpito anche lei. E forse non a caso, non era un proiettile vagante ma ben mirato.
Guardi, Ăš un casino tale⊠Ho fatto fatica a capire io, si figuri come posso spiegarlo a lei. La veritĂ Ăš che da sette anni questo Paese Ăš bloccato dalla guerra tra i renziani e gli antirenziani, qualche cosa di simile alla Guerra dei sette anni, che in una girandola di alleanze e tradimenti paralizzĂČ lâEuropa di metĂ Settecento. Winston Churchill la definĂŹ la vera Prima guerra mondiale.
Bella immagine, ma decisamente esagerata. Rimaniamo con i piedi per terra, per favore.
Guardi che Ăš lei che sbaglia, se lo lasci dire da uno che questa guerra lâha combattuta. In palio non câerano le poltrone di Renzi, di Lotti o della Boschi, cose di cui lâItalia puĂČ fare tranquillamente a meno. La posta in gioco era la sopravvivenza dellâultima cellula del comunismo europeo, che Renzi voleva, e in parte era riuscito, a rottamare. Proprio quando era a capo del partito erede del Pci.
Tesi interessante, ma questo non Ăš un libro di fantapolitica, qui dobbiamo parlare solo di fatti.
Sono dâaccordo. E i fatti dicono che Matteo Renzi prende il controllo del Pd nel dicembre del 2013 e lo mantiene fino al marzo del 2018, ed Ăš primo ministro dal febbraio del 2014 al dicembre del 2016, caduto sul referendum costituzionale che si era intestato. Quando sbarca a Roma la prima cosa che capisce Ăš che per governare, in generale ma in questo Paese in particolare, devi controllare o quantomeno avere persone di fiducia nei gangli del Sistema, per pararti dai colpi bassi. CosĂŹ funziona.
La situazione che trova quindi non Ăš quella ideale per lui.
Proprio no. Quindi inizia a muoversi. Gli obiettivi sono Carabinieri, Guardia di Finanza, servizi e magistratura. Riassumo in breve: per i Carabinieri punta su Tullio Del Sette, un generale che prima porterĂ al ministero della Difesa e poi, nel dicembre del 2014, al vertice dellâArma. A casa sua, in Toscana, si blinda con la nomina del generale Emanuele Saltalamacchia, una sua vecchia conoscenza di quando era sindaco di Firenze, nominato comandante regionale. Discorso piĂč complicato per quanto riguarda finanza e servizi.
Se riesce a semplificarloâŠ
Ci provo. Il comandante generale della Guardia di Finanza in quel momento Ăš Saverio Capolupo, uomo potente e di grandi relazioni. La Guardia di Finanza, meglio ricordarlo, Ăš strategica sotto molteplici punti di vista, anche perchĂ© rispetto alle altre forze di polizia Ăš diventata protagonista di importanti e delicate indagini â soprattutto con alcuni suoi reparti speciali, ad esempio il Gruppo investigativo sulla criminalitĂ organizzata, meglio conosciuto come Gico. Lâincarico di Capolupo scade nel 2016 e lui conta su una proroga ma Renzi, commettendo con il senno di poi un errore fatale, prende unâaltra strada e il 25 maggio 2016 insedia al vertice delle fiamme gialle Giorgio Toschi, preferito a Luciano Carta â a mio avviso, un altro errore â, il quale viene individuato come numero tre dei servizi segreti in uno stato dâanimo, diciamo cosĂŹ, non proprio riconoscente nei confronti del premier.
Due errori in una mossa sola e due uomini potenti e non esattamente amici, Capolupo e Carta, in giro.
Esatto. In realtĂ Renzi avrebbe voluto come comandante della Finanza un suo caro amico, il generale Michele Adinolfi. Sarebbe stato un bingo, ma qui comincia lâintrigo, la Guerra dei sette anni, in parte raccontata â ovviamente nella versione dei renziani â nelle bozze di un libro mai stampato e ritrovato di recente dai magistrati nella sede della fondazione dellâex premier, quella Open al centro di una contestata inchiesta. Il titolo provvisorio del libro, attribuito alla penna di Luca Di Bonaventura, ex portavoce del fedelissimo renziano Luca Lotti, sarebbe stato Poteri contro poteri. E sarebbe interessante leggere il testo integrale, non soltanto gli stralci anticipati da Giacomo Amadori sul quotidiano «La Verità ».
Perché pensa che tutto parta dal caso Adinolfi?
Abbiamo detto: Renzi vuole affidare la sua sicurezza a Adinolfi, ma il vecchio sistema si mette di traverso e brucia il generale con una operazione perfetta coordinata tra magistrati e giornalisti amici.
Vediamola passo dopo passo questa operazione.
Fine del 2013. Renzi, giĂ segretario del Pd, si appresta a prendere il posto di premier occupato da Enrico Letta. Alla procura di Napoli il pm Woodcock e il capitano dei Carabinieri Giampaolo Scafarto hanno in mano unâinchiesta, denominata Cpl Concordia, su tangenti per la metanizzazione dellâisola dâIschia. Gli imputati, tra cui Giosi Ferrandino che trascorrerĂ oltre venti giorni a Poggioreale, saranno poi tutti assolti, ma la cosa che ci interessa in quel momento Ăš unâaltra. Nel corso delle intercettazioni â cosĂŹ diranno gli inquirenti â sentono parlare del generale Adinolfi come di un possibile corrotto, e tanto basta per mettere sotto controllo il suo telefono e registrare una lunga conversazione tra lui e Renzi nei primi giorni del 2014. Una telefonata molto amichevole dove i due si lasciano andare a giudizi anche sul premier ancora â per poco â in carica, Enrico Letta. Nulla accade fino allâanno successivo, quando Adinolfi sta scaldando i motori per prendere il posto di Capolupo. Succede perĂČ che quella telefonata con Renzi, che nulla aveva a che fare con lâinchiesta Cpl Concordia, viene pubblicata integrale sul «Fatto Quotidiano».
Ovvio che Adinolfi Ăš bruciato, anche se poco dopo i pm di Napoli gli chiederanno scusa e non per la fuga di notizie ma perchĂ© si era trattato di uno scambio di persona. LâAdinolfi sospettato di corruzione non era lui ma un omonimo ufficiale dellâesercito.
Ă cosĂŹ, o meglio Ăš cosĂŹ per chi ci crede. Io oggi voglio invece raccontarle una cosa che non Ăš mai venuta fuori: come Ăš stata organizzata la fuga di notizie. Ce lo racconta, sia pure indirettamente, in prima commissione del Csm, dove siedo anche io, il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, superiore di Woodcock, che era stato chiamato per dare spiegazioni di questo incidente.
E che dice Borrelli?
Spiega che aveva avuto una discussione con Woodcock perchĂ© questi, trasferito alla Direzione distrettuale antimafia, voleva tenersi comunque stretti alcuni fascicoli, tra i quali appunto quello Cpl Concordia. La spuntĂČ Woodcock e Borrelli racconta che, poco prima di depositare gli atti di quellâinchiesta, i collaboratori di Woodcock Giampaolo Scafarto e Sergio De Caprio, piĂč noto come capitano Ultimo â lâuomo che arrestĂČ TotĂČ Riina â, aggiunsero a pagina 470 del fascicolo la telefonata tra Adinolfi e Renzi.
Che nulla aveva a che fare con lâinchiesta in questione.
Lo abbiamo detto, proprio nulla. Si Ăš trattato di un espediente per fare uscire dalla procura in modo formalmente legale quel testo e metterlo a disposizione degli avvocati delle parti in causa. Successivi accertamenti stabiliranno che quelle pagine sono state copiate con una chiavetta usb dal computer dellâufficio della Camera penale. Nessun reato quindi, ma obiettivo raggiunto. Il giorno dopo il testo della telefonata che farĂ saltare Adinolfi e che lascerĂ Renzi scoperto sul lato Finanza-servizi sarĂ pubblicato integrale sul «Fatto Quotidiano». E cosĂŹ il gioco Ăš fatto: si lascia pensare che la notizia sia oramai nella disponibilitĂ di molte persone, ma in realtĂ lâinteresse alla sua diffusione riguardava pochi e non molti.
Era il segnale: il vecchio sistema aveva dichiarato guerra a Renzi.
E di lĂŹ in poi inizia la sparatoria a cui accennavo allâinizio. In un incalzare di eventi e trappole. Nel 2017 cadono uno dopo lâaltro, sempre per mano della procura di Napoli e del duo Scafarto-De Caprio, tutti gli uomini del cerchio renziano: il comandante generale dellâArma dei Carabinieri Del Sette, il comandante dei Carabinieri della Toscana Saltalamacchia e il braccio destro di Renzi Luca Lotti, tutti e tre indagati per violazione del segreto istruttorio, e quindi azzoppati.
Ma nel 2017 Renzi non Ăš piĂč premier.
GiĂ , lascia nel dicembre del 2016, ma Ăš ancora potente perchĂ© ha il controllo dei gruppi parlamentari del Pd. Ă vero, ha sbagliato e ha perso il referendum da lui indetto sulla riforma costituzionale, perĂČ lo ha perso raccogliendo una montagna di voti. Insomma, fa ancora paura alla vecchia nomenclatura Pd che non vede lâora, come disse Bersani, di «riprendere in mano la ditta».
La sua Ăš una versione filorenziana dei fatti.
Io non entro nel merito delle questioni politiche, e non mi interessa se Renzi fosse bravo o cattivo. Io le sto raccontando come funzionano le guerre di potere. E se vuole vado avanti.
Non era unâoffesa. Prego, vada avanti.
Le parlo di me. Come ormai noto, io in quel periodo ero al centro del sistema delle correnti e stavo spostando lâasse delle nomine. In pratica, lavoravo per tagliare fuori la vecchia sinistra giudiziaria dalle decisioni piĂč importanti.
A suo modo un rottamatore, sulla scia di Renzi e non a caso con la consulenza di Luca Lotti.
Sintesi un poâ semplicistica, ma ci sta. Ecco, non Ăš un caso che proprio nellâanno dellâoffensiva anti-Renzi, quel 2017 di cui abbiamo appena parlato, anche io ricevo la mia pallottola: a dicembre il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, mi farĂ la confidenza fatale: «Scusa Luca, non dovrei dirtelo, ma mi Ăš arrivata unâinformativa su di te».
Avviso di sfratto, ma la sparatoria non si ferma lĂŹ, a quanto risulta.
GiĂ , per arrivare al colpo di grazia una manina sposta De Caprio e il suo gruppo dal Noe dei Carabinieri al cuore dei servizi segreti. Nel maggio del 2016 i due nemici di Renzi approdano allâAise, lâagenzia degli 007 impegnata sugli affari esteri, in quel momento sotto la gestione Manenti, e questo improvviso trasferimento suscita grandi perplessitĂ nellâentourage renziano che non riesce a comprendere perchĂ© stiano avvenendo tali spostamenti.
Difficile seguire un intreccio del genere. Ma chi sarebbe il regista?
Secondo i renziani Ăš Marco Minniti, a...