Lâespressione âbomba atomicaâ compare per la prima volta in un romanzo di fantascienza del 1913. Ben trentadue anni prima che la prima bomba atomica fosse effettivamente realizzata. Il titolo del romanzo è Il mondo liberato e a scriverlo è stato Herbert George Wells, lo stesso autore de La guerra dei mondi.
La bomba descritta nel libro si basa su un nuovo elemento chimico chiamato âcarolinumâ, capace di sprigionare onde radioattive micidiali per un tempo indefinito.
Lo scrittore, ovviamente, tralascia qualsiasi dettaglio tecnico sul funzionamento del congegno. E il carolinum, altrettanto ovviamente, non esiste. Ma, col senno di poi, la capacitĂ profetica dellâinvenzione letteraria fa venire i brividi. Nel romanzo si legge: âE quelle bombe atomiche che la scienza sganciò sul mondo quella notte erano misteriose anche per gli uomini che le usaronoâ.
Può darsi che Wells oggi sia considerato semplicemente uno scrittore di genere, un minore; ma in vita era ritenuto una penna di prima grandezza: per ben quattro volte venne candidato al premio Nobel.
Ebbene, fra i tanti lettori di Wells câè un tizio basso, corpulento, con i capelli folti e ricciuti portati allâindietro, che passeggia pensoso per le strade di Londra in una grigia mattina del settembre 1933. Il tizio arriva a un semaforo. Rosso. Si ferma, e intanto continua a pensare. Pensa alle auto, che devono fermarsi anche loro. Se unâauto frenasse di colpo, quella che la segue potrebbe tamponarla, ed essere a sua volta tamponata dalla macchina seguente, e cosĂŹ via. Pensa alle tessere del domino in fila, che si abbattono lâuna sullâaltra in successione; pensa ai cani che si svegliano di notte e si mettono ad abbaiare, svegliando altri cani e facendoli abbaiare e svegliare cani e cosĂŹ via; pensa alle valanghe che piĂš scendono a valle e piĂš crescono, piĂš crescono e piĂš veloci continuano a scendere. Poi pensa al libro di Wells, quello della bomba atomica al carolinum. E un lampo di terrore si impossessa di lui.
Il tizio si chiama LeĂł SzilĂĄrd, ed è un fisico teorico ungherese di origine ebraica che si trova a Londra per fuggire dai nazisti. Ă una persona alquanto stravagante e lo sa. Vive in albergo, con le valige fatte; pronto a ripartire da un momento allâaltro. Non si sente a casa in nessun luogo. DarĂ a sĂŠ e agli altri fisici ungheresi che conoscerĂ allâestero un nomignolo: âi marzianiâ. Il nomignolo farĂ il giro del mondo, anche Fermi userĂ spesso questa battuta: ÂŤGli extraterrestri? Ma sono giĂ fra noi, solo che si fanno chiamare ungheresi!Âť.
SzilĂĄrd e Fermi un giorno si incontreranno. Ma non corriamo.
Torniamo allâincrocio di Londra. Il semaforo è ancora rosso. E SzilĂĄrd infine pensa: supponiamo che esista un elemento chimico il cui atomo, in certe condizioni, sprigioni energia ed emetta un neutrone. Supponiamo che tale neutrone colpisca un altro atomo dello stesso elemento e lo induca (in un modo non meglio precisato) a sprigionare energia ed emettere un neutrone a sua volta, e che questâaltro neutrone colpisca un terzo atomo, e cosĂŹ di seguito. Si svilupperebbe una âreazione a catenaâ (lâespressione è stata coniata proprio da SzilĂĄrd). E, disponendo di una sufficiente quantitĂ di tale elemento, la reazione a catena potrebbe sviluppare unâenergia addirittura inimmaginabile. In questo modo la bomba atomica, lâarma piĂš potente mai creata, uscirebbe dalle pagine di un libro ed entrerebbe nel mondo, pronta a distruggerlo.
Certo, câè un dettaglio di non poco conto: il fatto che di questo processo, al momento, manchi qualsiasi dettaglio. Diciamo che non siamo piĂš soltanto nella fantascienza, ma non siamo neppure a un grado di chiarezza degno della scienza vera e propria. Siamo un poâ a metĂ strada.
Per allontanarsi dalla fantasia e procedere in direzione della scienza strettamente intesa, SzilĂĄrd conduce alcuni esperimenti nel tentativo di individuare un elemento chimico adatto a sviluppare la reazione a catena. Prova con il berillio. Niente da fare. Poi con lâindio. Neanche lâindio va bene. Poi, per qualche anno, accantona lâidea.
Ma quando, nel 1939, viene a sapere della scissione dellâuranio, lâultimo tassello del puzzle trova il suo posto. Scissione dellâuranio + energia sprigionata + reazione a catena. Dunque è possibile davvero creare la bomba atomica!
Szilård, che ne frattempo si è trasferito a New York, si affretta a contattare Fermi per spiegargli tutto. E Fermi, ovviamente, capisce ogni cosa.
Cominciano immediatamente a lavorare insieme. Fermi lâeternamente impassibile e SzilĂĄrd lâiperemotivo; lâuno metodico come una macchina, e lâaltro sempre pronto a distrarsi, a cambiare argomento, a saltare da una disciplina a unâaltra. Se non fosse per la scissione nucleare, è assolutamente improbabile che si sarebbero messi a collaborare. Ă stata la divisione a unirli, potremmo dire: contraria sunt complementa.
I due hanno un ultimissimo dato da verificare. Cosa succede, esattamente, quando avviene la scissione di un atomo dâuranio? Sappiamo giĂ che esso si divide in due atomi piĂš piccoli, solitamente uno di bario e uno di kripton. E poi? Lâatomo scisso sprigiona energia, tantissima energia. E poi? Dal nucleo schizzano via dei neutroni, solitamente due. Significa che ognuno dei due può scindere un altro atomo di uranio, che farĂ schizzare via altri due neutroni, che scinderanno altri due atomi di uranio e cosĂŹ via. Le scissioni aumentano in modo esponenziale: una reazione a catena.
Dunque è possibile. La bomba atomica può uscire dal libro di Wells ed entrare nel mondo. Ora, SzilĂĄrd il marziano si vanta di possedere una sorta di preveggenza, specie per le questioni politiche. Aveva previsto (cosĂŹ dice lui) la Prima guerra mondiale con largo anticipo. E, quando il Partito nazista era ancora agli esordi, ha predetto che un giorno avrebbe controllato lâEuropa. In questo caso, la profezia è che Hitler tenterĂ di entrare in possesso della bomba atomica. La cosa spaventosa, però, è che la scissione dellâatomo è stata per la prima volta prodotta e compresa proprio in Germania. Per cui i tedeschi, in teoria, sono giĂ in vantaggio.
SzilĂĄrd incalza Fermi. Non câè tempo da perdere! Bisogna avvisare il presidente Roosevelt! Bisogna convincerlo a finanziare un programma scientifico per realizzare la bomba prima di Hitler! E lui, Fermi, è di certo la persona piĂš adatta a convincere le autoritĂ : è il piĂš recente vincitore del premio Nobel per la Fisica e ha una capacitĂ impareggiabile di spiegare in modo chiaro anche i concetti piĂš ardui.
CosĂŹ, il 17 marzo del 1939, Enrico Fermi si reca a Washington per riferire tutto alla Marina americana. Arriva nel quartier generale e, giunto allâingresso, si presenta spiegando di avere un appuntamento con lâammiraglio Stanford Hooper. Un solerte impiegato lo conduce fino alla sala riunioni, gli chiede di attendere fuori un attimo, si affaccia sullâuscio della sala e annuncia Fermi con queste solenni parole: ÂŤQua fuori câè uno spaghettiÂť.
Proprio cosĂŹ: âQua fuori câè uno spaghettiâ. Non un premio Nobel, non un fisico, non uno scienziato: uno spaghetti.
Hooper fa cenno di farlo passare e Mister Spaghetti entra nella sala riunioni. Saluta, si siede, comincia a parlare del terribile pericolo di una bomba atomica. Lâammiraglio e la sua squadra, però, non lo prendono sul serio. Forse perchĂŠ lo scienziato non è stato presentato loro in modo particolarmente ossequioso, ma forse anche perchĂŠ Mister Spaghetti, olimpicamente sereno, eternamente impassibile, parla della possibile catastrofe nucleare senza agitarsi, senza scomporsi, senza fremiti. Siccome è cauto e rigoroso, è refrattario a fare affermazioni avventate; tende a sminuire i rischi piuttosto che a evidenziarli. CosĂŹ nessuno sente puzza di pericolo, nessuno vede mostri allâorizzonte. Sarei pronto a scommettere che Hooper e i suoi si sono persino annoiati, nellâora scarsa in cui Fermi ha tenuto la sua relazione, un poâ come i commissari nel giorno della sua laurea a Pisa.
Lâincontro, dunque, è un buco nellâacqua. Fermi, in teoria, era la persona migliore da inviare, ma le cose non sono mai semplici come sembrano âin teoriaâ. In questo caso si è rivelato la scelta peggiore, lâultimo che avrebbe potuto mettere in allarme gli uomini della Marina. E, per inciso, non è detto che aver fatto la scelta peggiore sia stato poi un male.
Dâaltra parte lâerrore di valutazione dei militari è ancora piĂš clamoroso. Ma come fargliene un torto? Ă davvero difficile immaginare cosa accadrĂ nel futuro. A volte gli eventi sembrano seguire traiettorie talmente contorte e stravaganti da risultare, di fatto, imprevedibili. Un poâ come accade per le particelle elementari. Per dirla con Wittgenstein: âOgni volta che pensiamo al futuro del mondo intendiamo il luogo in cui esso sarĂ se continua a procedere come ora lo vediamo procedere, e non pensiamo che esso non procede seguendo una linea retta, ma una linea curva, e che la direzione cambia costantementeâ.
Allâarrivo dellâestate del 1939 il mondo sta galoppando spedito verso la Seconda guerra mondiale. Non è necessario essere un veggente (nĂŠ tantomeno essere LeĂł SzilĂĄrd) per capire che il conflitto scoppierĂ presto. A chiunque legga i giornali o ascolti la radio appare fin troppo chiaro che il futuro sarĂ molto cupo.
Ă giĂ la fine di luglio quando Werner Heisenberg, lâuomo per cui ci sono domande che non avranno mai una risposta, arriva negli Stati Uniti, ad Ann Arbor, in Michigan. Per quale motivo? Lâennesimo simposio fra fisici. Ă ancora il tempo in cui le scoperte scientifiche si condividono nelle tavole rotonde, nei seminari, nelle conferenze, nei congressi. Ă ancora il tempo in cui i fisici si sentono parte di unâunica comunitĂ . Ma chiunque sa che quel tempo è al tramonto.
In quella fine di luglio, nellâintensa luce giallo-arancio del mondo che tramonta, ad Ann Arbor Heisenberg rivede un vecchio amico: Enrico Fermi. Si mettono a parlare. Sono uno di fronte allâaltro. Fermi e Heisenberg sono estremamente simili, ma, allo stesso tempo, sono lâuno lâopposto dellâaltro. Come unâimmagine e il suo riflesso specchiato. Come una particella e la sua antiparticella. Perfettamente coetanei, entrambi estremamente precoci, entrambi vincitori di un premio Nobel. Fermi che arriva sempre prima del primo, Heisenberg che sembra sfrecciare controvento anche quando sta fermo.
La grossa differenza fra loro è che Fermi ha abbandonato lâItalia per sfuggire al fascismo, invece Heisenberg è deciso a tornare in Germania, nonostante il nazismo. Ă nazista? No. Anzi, ha avuto grosse grane dai nazisti. Qualche anno prima un fisico filonazista, Johannes Stark (anche lui premio Nobel: in questo racconto i premi Nobel sono creature comunissime, un poâ come gli elfi nelle saghe fantasy) lo ha accusato di essere connivente con gli ebrei perchĂŠ è amico di Einstein. Mentre una rivista delle SS, la ÂŤDas Schwarze KorpsÂť (Il corpo nero), lo ha definito addirittura âebreo biancoâ. Dâaltra parte, si potrebbe commentare, se Hitler è biondo (come lui stesso sembra credere), il biondissimo Heisenberg può tranquillamente essere ebreo.
Nonostante questo, Heisenberg ama la sua patria e non vuole abbandonarla. Pensa che la Germania abbia bisogno di lui, ora piĂš che mai. E che, tramite la sua autoritĂ di scienziato, potrĂ riuscire a guidare il governo in una direzione piĂš razionale. Lâamore per il proprio Paese: bellissimo sentimento. La fiducia nel genere umano: bellissimo sentimento anche questo. Certo è un merito saper nutrire sentimenti simili. Solo che questi sono tempi molto, molto bizzarri. Tempi in cui i meriti diventano facilmente colpe, e le colpe facilmente meriti.
Insomma, Fermi tenta di convincere Heisenberg a restare in America. Heisenberg ripete le sue ragioni: si sentirebbe un traditore ad abbandonare la Germania proprio adesso.
Fermi, allora, tira in ballo la bomba atomica, di cui sono entrambi informati: se in Germania partisse un progetto per creare unâarma nucleare sfruttando la scissione dellâuranio, Heisenberg non potrebbe di certo sottrarsi. Intende restare al servizio di Hitler e fornirgli un ordigno cosĂŹ devastante?
Heisenberg risponde che, in tempi brevi, la costruzione di unâarma simile è assolutamente improbabile.
Fermi chiede al suo riflesso se Hitler possa vincere la guerra.
Il riflesso gli risponde che la ritiene unâaltra eventualitĂ molto remota.
La particella non riesce a comprendere: come è possibile pensare di tornare in Germania?
Per lâantiparticella il patriottismo è piĂš importante di qualsiasi altro fattore.
Enrico desiste. ÂŤMi dispiace. Speriamo di rivederci a guerra finitaÂť dice allâamico, e intanto nel suo cuore scende una notte spaventosa. Di solito è pacato, freddo, razionale, ma ora la situazione è tale che conservare troppa calma sarebbe segno di cecitĂ o di follia.
à chiaro come il sole che la guerra scoppierà . à ovvio che Hitler tenterà di costruire una bomba atomica arruolando i suoi migliori scienziati. à scontato che fra questi scienziati ci sarà anche Werner Heisenberg. à evidente che Heisenberg non potrà sottrarsi alla richiesta di Hitler. Ed è certo, infine, che se è umanamente possibile realizzare la bomba atomica, il genio che risponde al nome di Werner Heisenberg sarà in grado di realizzarla.
Anche se Heisenberg gli ha detto che ritiene la costruzione della bomba improbabile, Fermi si convince che non câè tempo da perdere: occorre avviare al piĂš presto un programma americano per la costruzione dellâarma nucleare. Ă successo un poâ come quando qualcuno ci dice di non preoccuparci, e cosĂŹ ci mette in ansia. Devâessere accaduto questo, fra un uomo e il suo identico rovescio, al tramonto di un mondo.
Adesso i ruoli si sono quasi rovesciati: è Fermi a incalzare Szilård. E Szilård dà fondo alle sue conoscenze. Per prima cosa, contatta altri due marziani, ungheresi immigrati in America: Eugene Wigner (futuro premio Nobel per la Fisica) e Edward Teller (futuro padre della bomba H). Salgono tutti e tre in macchina e viaggiano fino alla penisola di North Fork, Long Island, in direzione di una casetta sperduta nella campagna.
LĂŹ vive un terrestre, vecchio amico di SzilĂĄrd: Albert Einstein. I due si conoscono da tempo. Si dĂ il caso, infatti, che dal 1926 al 1934 abbiano lavorato gomito a gomito al progetto di un nuovo tipo di frigorifero (mai entrato in produzione). Bene, ora che SzilĂĄrd, facendo sfoggio della sua invidiabile versatilitĂ mentale, è passato dai frigoriferi alle bombe atomiche, racconta ad Einstein dellâuranio, della reazione a catena, della creazione di una bomba atomica da parte di Hitler.
Il terrestre si convince: i marziani hanno assolutamen...