9.
La teoria dellâagenda-setting
9.1. Il contributo dei media alla costruzione sociale della realtĂ
In procinto di festeggiare il suo cinquantesimo compleanno, la teoria dellâagenda-setting continua a offrire interessanti elementi di riflessione e suggestioni utili a comprendere il ruolo dei media nella nostra societĂ . In questi cinquantâanni, si sono accumulate numerose ricerche e revisioni critiche della formulazione iniziale della teoria: dal riconoscimento che i media ci indicano i temi intorno ai quali pensare si Ăš giunti a una riflessione a tutto campo sui processi di costruzione di tali temi e sulle relazioni esistenti tra di essi e gli attori sociali. Lâiniziale approccio «mediacentrico» (Marini, 2006) si Ăš stemperato nel corso del tempo, riflettendo le trasformazioni avvenute nelle relazioni tra sistema dei media, sistema politico e cittadini.
Prima di ricostruire questa evoluzione, tuttavia, Ăš necessario dedicare un poâ di attenzione al significato del riconoscimento del contributo dei media alla costruzione sociale della realtĂ , tratto comune tanto della teoria dellâagenda-setting che delle altre teorie che verranno presentate nei capitoli successivi. Per rendere lâidea della portata di tale riconoscimento, possiamo partire dalla seguente affermazione: «CiĂČ che sappiamo della nostra societĂ , ed in generale del mondo in cui viviamo, lo sappiamo dai mass media» (Luhmann, 1996; trad. it., 2000). Queste parole, scritte sul finire del secolo scorso, sintetizzano brillantemente il «debito» che tutti quanti noi abbiamo nei confronti dei media nonchĂ© il loro ruolo giocato nei processi di costruzione sociale della realtĂ . Dello stesso tenore appaiono le parole di Robert Park che, in anni ancora piĂč lontani, sosteneva che le news costituiscono una forma di conoscenza (1940), che permette lâorientamento tanto degli individui quanto della societĂ . Certo, si tratta di una forma di conoscenza particolare, definita di «seconda mano», che si Ăš andata affermando e diffondendo a seguito delle trasformazioni sociali, economiche e culturali che hanno interessato il mondo contemporaneo. Dâaltro canto, in un mondo nel quale le conseguenze della globalizzazione sono sempre piĂč accentuate e pervasive, diviene inevitabile lâincremento di esperienze di seconda mano, rese possibili dalla mediazione simbolica dei mezzi di comunicazione.
LâinevitabilitĂ della prevalenza di secondhand experiences discende direttamente dalle trasformazioni delle societĂ e dallâopportunitĂ offerta dai media di vivere esperienze altrimenti impossibili. CosĂŹ come lâuomo della caverna di Platone aveva bisogno della parete per vedere riflesse le ombre, noi abbiamo bisogno del sistema dei media per accedere a esperienze, mondi e realtĂ che difficilmente potremmo conoscere personalmente. Senza dimenticare, poi, che agiamo in conseguenza di ciĂČ che vediamo proiettato sulla parete (Bentivegna, 1994). La consapevolezza della centralitĂ dei media si Ăš andata diffondendo sin dai primi anni del secolo scorso â quando la stampa era lâunico mezzo di informazione â per poi modificarsi negli anni piĂč recenti. Dalla necessitĂ della mediazione della stampa nella rappresentazione della realtĂ sociale prende le mosse il libro Public Opinion di Walter Lippmann (1922; trad. it., 1964), il primo contributo di studio che si colloca in ambito massmediologico. Secondo Lippmann, la stampa, ma piĂč in generale i mass media, attraverso la costruzione di «stereotipi» che contribuiscono a creare uno pseudo-environment, consentono ai cittadini di conoscere eventi e argomenti del tutto estranei alla loro realtĂ soggettiva. Illuminante al riguardo lâesempio dellâanziana Miss Shervin of Prairie che, solo mediante lo stereotipo della guerra costruito grazie alla mediazione della stampa, puĂČ comprendere la natura dello scontro tra il Kaiser e lâimperatore francese. LâopportunitĂ di pervenire alla costruzione di stereotipi mediante il supporto della stampa non esaurisce, nella lettura di Lippmann, il ruolo giocato dai mass media nel processo di costruzione della realtĂ . Essi, infatti, offrono gli elementi conoscitivi in base ai quali i soggetti prendono decisioni e agiscono, reagendo allo pseudo-environment loro offerto.
Gli elementi chiave che caratterizzano la posizione di Lippmann â la costruzione di stereotipi congiuntamente allâassunzione di condotte derivanti dallâimmagine della realtĂ fornita dai media â permettono di stabilire le coordinate di base che caratterizzano lâapproccio massmediologico. Un approccio che, pur con alcune varianti, si traduce in una focalizzazione dellâattenzione sullâimpatto che le rappresentazioni offerte dai media hanno nella costruzione soggettiva della realtĂ sociale (Adoni, Mane, 1984). In questo ambito, i media assumono un ruolo rilevante non solo nel fornire informazioni su specifici eventi ma, soprattutto, nellâoffrire i riferimenti contestuali allâinterno dei quali â e mediante i quali â collocare e dare senso agli eventi stessi. Unâofferta che di certo non Ăš venuta meno con lâaffermazione dei media digitali ma che, per molti versi, Ăš addirittura aumentata grazie allâampliamento del ventaglio delle opportunitĂ .
Il riconoscimento del ruolo giocato dai media nel processo di costruzione della realtĂ da parte degli individui costituisce lâelemento comune che caratterizza le teorie piĂč recenti dei media. Nelle pagine seguenti, verranno illustrate la teoria dellâagenda-setting, la teoria della spirale del silenzio, la teoria della coltivazione e la teoria del knowledge gap. In tutte le teorie citate, i media consentono agli individui di accrescere il loro grado di conoscenza e informazione ovvero di cogliere le correnti di pensiero e gli atteggiamenti dominanti in un dato momento storico. Consentono, altresĂŹ, la realizzazione di molti processi di socializzazione che nel passato venivano garantiti da altri soggetti. Ă chiaro che sottolineare la presenza di processi di socializzazione e costruzione della realtĂ comporta riferirsi, implicitamente, a conseguenze di lungo periodo. Non Ăš un caso che in questa fase, che secondo la Noelle-Neumann segna il ritorno ai powerful media, lo studio delle campagne si accompagna ad analisi dellâintero sistema dei media, si introducono metodologie alternative a quelle tradizionali, si presta attenzione non giĂ al cambiamento di atteggiamento o opinione ma al processo attraverso il quale lâindividuo costruisce la propria rappresentazione della realtĂ e i propri modelli di significato. Si afferma, in breve, un approccio che affonda le sue radici nella sociologia della conoscenza e che, contemporaneamente, abbandona definitivamente il modello informazionale della comunicazione (Shannon, Weaver, 1949). Al centro dellâattenzione vengono posti i processi di formazione dellâopinione pubblica, con la piena consapevolezza della complessitĂ delle dinamiche esistenti tra i vari attori, ulteriormente accresciuta a seguito dellâaffermazione del web e dei processi di convergenza da esso attivati. Al contempo, il contributo complessivo offerto dai mezzi di comunicazione allâelaborazione e condivisione di modelli di significato da parte degli individui viene attualizzato e analizzato in unâottica crossmediale.
Prendendo le mosse dallâanalisi della teoria dellâagenda-setting, essa puĂČ essere sintetizzata come la capacitĂ da parte dei media di formare lâopinione pubblica grazie allâinfluenza esercitata in merito alla rilevanza dei temi nellâagenda pubblica o, per dirla con Lippmann (1922), di costruire un ponte tra «the world outside and the pictures in our heads». In questa breve descrizione, ancorchĂ© straordinariamente efficace, vi Ăš il riferimento principale della teoria che Ăš costituito dal passaggio di salienza dai media agli individui. Nel corso degli anni, la teoria ha fatto i conti con le trasformazioni del sistema mediale e si configura oggi come una complessa mappa in via di definizione tanto nelle sue parti quanto nelle relazioni tra di esse (McCombs, 2004), alla luce della nuova frontiera della ricerca rappresentata da internet (McCombs, 2005). Nelle pagine seguenti, verrĂ ricostruito questo complesso processo di ridefinizione partendo dalla formulazione iniziale della teoria e dei suoi assunti di base (primo livello dellâagenda-setting), mostrandone lâevoluzione attraverso il passaggio dellâassegnazione di rilevanza anche agli attributi oltre che ai temi (secondo livello dellâagenda-setting) fino ad arrivare a considerare lâagenda come un network di relazioni tra temi e attributi (terzo livello dellâagenda-setting).
9.2. Dallâagenda dei media allâagenda del pubblico: il primo livello dellâagenda-setting
In un volume pubblicato nel 2004, Maxwell McCombs ricostruisce la storia della nascita della teoria dellâagenda-setting, facendo riferimento alla sua esperienza di studioso sul finire degli anni Sessanta. In quella sede, ricorda che utilizzĂČ per la prima volta la definizione di agenda-setting in una conversazione con Steve Chaffee nel 1968, nel corso dei lavori di un convegno. Pur essendo un termine nuovo e non familiare alla comunitĂ degli studiosi, la comprensione del suo significato da parte del collega fu immediata e tale da confermarne lâuso qualche anno piĂč tardi, ovvero quando vennero presentati i risultati del lavoro di ricerca condotto dallo stesso McCombs e Shaw (1972; trad. it., 1994) nella cittadina di Chapel Hill. Vi Ăš da dire, comunque, che unâanticipazione della natura del rapporto tra media e individui era giĂ stata offerta da Bernard C. Cohen (1963) alcuni anni prima, sostenendo che «la stampa puĂČ nella maggior parte dei casi non essere capace di suggerire alle persone cosa pensare, ma essa ha un potere sorprendente nel suggerire ai propri lettori intorno a cosa pensare» (ivi, p. 13). Nella stessa direzione si colloca lâefficace illustrazione degli assunti dellâagenda-setting offerta da Eugene F. Shaw (1979), che possono essere sintetizzati nel riconoscimento che i media non cercano di persuadere gli individui ma offrono loro una lista di temi intorno ai quali pensare.
I soggetti, quindi, sono esposti allâinfluenza dei media per ciĂČ che riguarda lâindividuazione dei temi, non giĂ per quello che attiene alla valutazione e soluzione degli stessi. Gli elementi chiave della teoria dellâagenda-setting possono essere ravvisati, in prima battuta, a) nel potere che i media hanno di determinare e di ordinare gerarchicamente la presenza dei temi nellâagenda; b) nella costruzione dellâagenda degli individui come conseguenza di ciĂČ che Ăš presente nellâagenda dei media.
La prima ricerca, condotta con lâobiettivo di testare lâesistenza di tale nesso, venne realizzata nel 1968 da McCombs e Shaw nel centro di Chapel Hill in occasione della campagna per le elezioni presidenziali di quellâanno, e i risultati principali vennero pubblicati nel 1972 allâinterno dellâarticolo The Agenda-Setting Function of Mass Media. I due ricercatori focalizzarono la loro attenzione sul contributo offerto dai media nella determinazione dei temi dibattuti nel corso della campagna, ipotizzando che i mass media «determinino lâagenda di ogni campagna elettorale, influenzando lâimportanza attribuita dal pubblico ai vari temi politici» (1972; trad. it., 1994, p. 62). Il disegno della ricerca venne articolato in due fasi: una dedicata alle interviste dei cento soggetti prescelti, unâaltra tesa a registrare gli argomenti presenti nei media che servivano lâarea di Chapel Hill.
Si tratta di un tipico disegno di ricerca ispirato alla teoria dellâagenda-setting, che si caratterizza per il confronto tra i temi segnalati dai soggetti â rilevati mediante lo strumento dellâintervista â e quelli presentati dai media â individuati mediante lo strumento dellâanalisi del contenuto. Ă importante sottolineare che i soggetti intervistati appartenevano a quella fascia di elettorato che ancora non aveva preso una decisione di voto e che, quindi, era mossa da un bisogno di orientamento. Si tornerĂ piĂč avanti su questo concetto, al centro dellâattenzione della ricerca piĂč recente (McCombs, Shaw, Weaver, 2014) in virtĂč della sua natura a cavallo tra dimensione personale e mediale. Ora, Ăš preferibile proseguire nella descrizione dei risultati della ricerca di Chapel Hill e delle suggestioni che ne sono derivate. Dal confronto tra i temi segnalati dagli intervistati e quelli registrati nei media, i ricercatori ottennero dati utili a sostenere lâesistenza di unâinfluenza dei media nella determinazione dei problemi e della loro rilevanza. Consapevoli dei limiti insiti in un disegno di ricerca basato su dati aggregati e ancora in via sperimentale, McCombs e Shaw conclusero il loro lavoro dichiarando: «Ovviamente, le correlazioni riportate in questa sede non costituiscono una prova della funzione di agenda-setting dei media, ma i risultati da noi ottenuti sono coerenti con le condizioni che dovrebbero sussistere qualora tale fenomeno avvenisse realmente» (ivi, p. 71).
Negli anni successivi sono state condotte numerose ricerche, dando vita a quello che McCombs e Valenzuela (2017) hanno individuato come un «trend centrifugo» â nel senso che vi Ăš stato un ampliamento del tradizionale campo di ricerca oltre i public affairs â e un «trend centripeto» â teso a esplicitare alcuni elementi centrali della teoria. Tra questi, figurano quelli relativi alla natura dei temi, alle caratteristiche dei media e del pubblico, e alla natura dellâagenda.
Sul fronte della riflessione intorno alla natura dei temi, essa puĂČ essere evocata tramite la formulazione del seguente interrogativo: tutti i temi sono uguali o ci sono differenze tra di essi? Detto altrimenti, lâeffetto di agenda puĂČ essere maggiore o minore a seconda delle caratteristiche dei temi? Secondo Harold Gene Zucker (1978), uno dei primi studiosi a occuparsi della questione, prevale, sia pure a livello implicito, una sostanziale disattenzione verso la natura dei temi tale da ignorare quella che lui definisce la loro caratterizzazione in termini di «obtrusiveness». CiĂČ che viene dimenticato in molti disegni di ricerca Ăš la variazione dellâinfluenza dei media sui livelli di conoscenza del pubblico in relazione ai...