eBook - ePub
Storia del pensiero politico antico
Silvia Gastaldi
This is a test
Buch teilen
- 384 Seiten
- Italian
- ePUB (handyfreundlich)
- Ăber iOS und Android verfĂŒgbar
eBook - ePub
Storia del pensiero politico antico
Silvia Gastaldi
Angaben zum Buch
Buchvorschau
Inhaltsverzeichnis
Quellenangaben
Ăber dieses Buch
«Questa Storia del pensiero politico antico, per organicità e originalità di trattazione, Ú un'opera che non ha paralleli nella storiografia recente, ed Ú per questo benvenuta sia nel campo degli studi classici, sia in quello della storia delle dottrine politiche. Per argomenti e metodi, il libro di Silvia Gastaldi Ú complementare alla mia Etica degli antichi, della quale costituisce un'utile integrazione» (Mario Vegetti).
HĂ€ufig gestellte Fragen
Wie kann ich mein Abo kĂŒndigen?
Gehe einfach zum Kontobereich in den Einstellungen und klicke auf âAbo kĂŒndigenâ â ganz einfach. Nachdem du gekĂŒndigt hast, bleibt deine Mitgliedschaft fĂŒr den verbleibenden Abozeitraum, den du bereits bezahlt hast, aktiv. Mehr Informationen hier.
(Wie) Kann ich BĂŒcher herunterladen?
Derzeit stehen all unsere auf MobilgerĂ€te reagierenden ePub-BĂŒcher zum Download ĂŒber die App zur VerfĂŒgung. Die meisten unserer PDFs stehen ebenfalls zum Download bereit; wir arbeiten daran, auch die ĂŒbrigen PDFs zum Download anzubieten, bei denen dies aktuell noch nicht möglich ist. Weitere Informationen hier.
Welcher Unterschied besteht bei den Preisen zwischen den AboplÀnen?
Mit beiden AboplÀnen erhÀltst du vollen Zugang zur Bibliothek und allen Funktionen von Perlego. Die einzigen Unterschiede bestehen im Preis und dem Abozeitraum: Mit dem Jahresabo sparst du auf 12 Monate gerechnet im Vergleich zum Monatsabo rund 30 %.
Was ist Perlego?
Wir sind ein Online-Abodienst fĂŒr LehrbĂŒcher, bei dem du fĂŒr weniger als den Preis eines einzelnen Buches pro Monat Zugang zu einer ganzen Online-Bibliothek erhĂ€ltst. Mit ĂŒber 1 Million BĂŒchern zu ĂŒber 1.000 verschiedenen Themen haben wir bestimmt alles, was du brauchst! Weitere Informationen hier.
UnterstĂŒtzt Perlego Text-zu-Sprache?
Achte auf das Symbol zum Vorlesen in deinem nÀchsten Buch, um zu sehen, ob du es dir auch anhören kannst. Bei diesem Tool wird dir Text laut vorgelesen, wobei der Text beim Vorlesen auch grafisch hervorgehoben wird. Du kannst das Vorlesen jederzeit anhalten, beschleunigen und verlangsamen. Weitere Informationen hier.
Ist Storia del pensiero politico antico als Online-PDF/ePub verfĂŒgbar?
Ja, du hast Zugang zu Storia del pensiero politico antico von Silvia Gastaldi im PDF- und/oder ePub-Format sowie zu anderen beliebten BĂŒchern aus Philosophie & Dissertations philosophiques. Aus unserem Katalog stehen dir ĂŒber 1Â Million BĂŒcher zur VerfĂŒgung.
Information
Thema
PhilosophieCapitolo quinto.
Platone: alla ricerca della giustizia
1. La vocazione politica
CosĂŹ Platone apre la sua autobiografia nella Lettera VII: «Quando ero giovane, io ebbi unâesperienza simile a quella di molti altri: pensavo di dedicarmi alla vita politica, non appena fossi divenuto padrone di me stesso» (324 b). A questo ruolo pubblico egli Ăš dâaltronde naturalmente destinato, essendo membro di una delle grandi casate ateniesi, che vanta, nel suo passato come nel suo presente, personaggi illustri. La famiglia del padre, Aristone, rivendica la sua discendenza dallâultimo re di Atene, Codro, che, secondo il mito, avrebbe sacrificato la vita in battaglia per la salvezza della cittĂ ; la madre, Perittione, annovera tra i suoi antenati Crizia il Vecchio, discendente di Dropide, familiare di Solone, ed Ăš a sua volta sorella di Carmide e cugina di Crizia, i due maggiori esponenti della fazione oligarchica ateniese tra la fine del V e lâinizio del IV secolo. In piĂč, la stessa Perittione sposa in seconde nozze Pirilampe, amico di Pericle. CosĂŹ, questa storia connette strettamente tra loro le due grandi tradizioni dellâaristocrazia attica, quella soloniano-periclea, che tende alla mediazione e alla conciliazione, e quella oltranzista, volta a recuperare lâantico dominio assoluto sulla cittĂ .
Platone, nato nel 428/27, diviene «padrone di se stesso» negli ultimi anni del V secolo, quelli contrassegnati dalla sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso e dalla presa del potere da parte degli oligarchi: nulla di piĂč naturale dellâinvito rivoltogli dai suoi congiunti di partecipare con loro al governo, e dellâattrattiva esercitata su di lui, aristocratico, dalla prospettiva di vedere la cittĂ , dopo la caduta del regime democratico, «purificata dallâingiustizia» (324 d).
Egli ha ben presto modo di correggere il giudizio che ha formulato sulla democrazia ateniese del V secolo. «Mi accorsi cosĂŹ che in poco tempo fecero apparire oro il governo precedente» (324 d): lâatteso miglioramento delle condizioni politiche della cittĂ Ăš stato deluso dalla realtĂ di violenta sopraffazione instaurata dalla tirannide criziana, e questa estrema degenerazione trova conferma nella sorte fatta subire a Socrate, «un mio amico piĂč vecchio di me, un uomo che io non esito a dire il piĂč giusto del suo tempo» (324 d-e). Viene cosĂŹ rievocato lâepisodio che vede i Trenta intimare a Socrate di fare prigioniero e di uccidere Leone di Salamina, un ordine cui egli, incurante delle conseguenze, si sottrae schierandosi a difesa della giustizia, e delineandosi anche in questa sede come lâemblema dellâeticitĂ .
In questa biografia, al rapporto con Socrate viene assegnato un ruolo determinante. Non si hanno notizie particolareggiate sul rapporto che con lui intrattiene Platone: verosimilmente, egli entra a far parte, attraverso Crizia, della cerchia di aristocratici che costituiscono gli abituali interlocutori di Socrate, e a lui rimane legato fino alla sua morte. Come emerge con nettezza dalla Lettera VII, la vicenda socratica rappresenta del resto un avvenimento decisivo negli anni giovanili di Platone e quello che condiziona piĂč fortemente le sue scelte. Sottrattosi al tentativo degli oligarchi di farlo complice delle loro nefandezze, Socrate viene processato e condannato a morte dalla restaurata democrazia: quale prova piĂč evidente della negativitĂ di entrambi questi modelli di gestione del potere, accomunati dallo stesso disprezzo per la giustizia?
Matura cosĂŹ in Platone la scelta di astenersi dalla vita politica, cui si accompagna, tuttavia, la decisione di proseguire per altra via il cammino di riforma etico-politica intrapreso da Socrate: consapevole dellâinefficacia di una missione condotta da un uomo solo con gli unici strumenti della discussione e della persuasione, egli avverte la necessitĂ di avvalersi di «amici e compagni fidati» (325 d), di affidare cioĂš la rifondazione della cittĂ a un gruppo ben organizzato e a unâistituzione, entro la quale definire le strategie e approntare gli strumenti piĂč efficaci. La predicazione âpoveraâ di Socrate viene cosĂŹ rinvigorita da un progetto, «vedere la giustizia negli affari pubblici e in quelli privati», che verrĂ realizzato attraverso la fondazione dellâAccademia, il cui programma si sintetizza nella celebre formulazione offerta dalla Lettera VII: «Vidi dunque che mai sarebbero cessate le sciagure delle generazioni umane, se prima al potere politico non fossero pervenuti uomini veramente e schiettamente filosofi, o i capi politici delle cittĂ non fossero divenuti, per qualche sorte divina, veri filosofi» (326 b).
La soliditĂ del legame con il socratismo trova comunque la sua piĂč chiara attestazione nella scelta della forma espositiva cui Platone affida la diffusione del suo progetto, il dialogo. Se Socrate non ha lasciato nulla di scritto, delegando alla parola il compito di indurre i suoi interlocutori alla riflessione e alla critica, Platone individua nella forma dialogica, in quanto trasposizione scritta di un discorso orale, una via intermedia: essa consente di conservare la pregnanza della discussione nel suo farsi, ma consegue al contempo un carattere di coerenza e di stabilitĂ , che attribuisce ai contenuti proposti una maggiore autorevolezza. Lo scritto, inoltre, puĂČ entrare in un circuito comunicativo piĂč ampio, anche se controllato, indirizzandosi agli individui ritenuti capaci di recepire il messaggio e di collaborare alla sua realizzazione. Rimane tuttavia sempre viva la consapevolezza che la parola scritta richiede accanto a sĂ© la presenza di un «padre che la soccorra» (Phaedr. 275 e): lâoralitĂ costituisce, come giĂ per Socrate, che funge da protagonista di tutta la produzione platonica, a eccezione delle sole Leggi, la forma di comunicazione privilegiata, lâunica autenticamente capace di agire con efficacia sullâanima dellâascoltatore. Il modello di trasmissione del sapere e dellâeticitĂ che Platone continuerĂ a privilegiare Ăš quello di cui Ăš portavoce Socrate nel Fedro, e che riflette cosĂŹ da vicino i caratteri piĂč autentici della sua predicazione:
Usando lâarte dialettica e impadronendosi dellâanima adatta, vi si piantano e vi si seminano i discorsi accompagnati dal sapere, discorsi che sono in grado di soccorrere se stessi e colui che li ha piantati, e che non sono sterili, ma posseggono una semenza dalla quale faranno nascere altri discorsi in altri caratteri. (Phaedr. 276 e-277 a).
La coppia sterilitĂ -fertilitĂ chiarisce la contrapposizione tra il silenzio e la passivitĂ dello scritto e la ricchezza e lâefficacia della parola parlata, e individua al contempo in Platone, come prima di lui in Socrate, il buon seminatore che pianta nelle anime dei suoi interlocutori, attraverso la parola, il seme di un sapere che produrrĂ come frutto una messe di logoi, di altri discorsi.
Il perseguimento del sapere Ăš dunque lâesito di una ricerca comune che trova la sua sede privilegiata nella scuola, lâistituzione in cui sono radunati gli interlocutori piĂč qualificati. Al di fuori di questa, altri possibili destinatari sono costituiti dai cittadini piĂč preparati, selezionati per origine sociale e per cultura: questa circolazione esclude perentoriamente le masse, e si oppone recisamente a quella diffusione commerciale che sembra ormai coinvolgere le opere non solo dei poeti ma anche dei filosofi.
La cerchia dei destinatari si allarga anche al di lĂ delle mura della cittĂ . Lâesigenza di attuare la rifondazione etico-politica della societĂ induce Platone a guardare oltre, a tentare di coinvolgere personaggi politici autorevoli, figure di sovrani che detengono un grande potere: significativamente, la riflessione politica rompe i suoi legami organici con la dimensione della cittĂ , con âquesta cittĂ â, quellâAtene che ha sempre svolto un ruolo paradigmatico, per delineare i contorni della polis-modello, situabili ovunque nel mondo, purchĂ© popolata da cittadini, e retta da governanti, buoni e giusti.
2. Il «Gorgia»
Sul cammino verso la composizione della Repubblica, destinata a delineare il progetto che assicura la realizzazione della giustizia nella polis legando tra loro strettamente potere e sapere, si colloca un dialogo, il Gorgia, che sottoponendo alla discussione critica il modello di gestione politica della cittĂ attuale, anticipa largamente quelle istanze di rinnovamento. Allâinterno di una struttura ancora ampiamente confutatoria, Socrate Ăš posto di fronte a tre interlocutori, da una parte Gorgia e Polo, i sofisti giunti in Atene come maestri di retorica, dallâaltra Callicle, personaggio altrimenti sconosciuto, e forse fittizio, destinato a rappresentare il cittadino ateniese benestante e ambizioso che dellâarte della persuasione si appropria per conquistare il potere.
La scelta dei protagonisti Ăš certamente significativa. Gorgia e il piĂč giovane Polo, suo discepolo, provengono dalla Sicilia, la terra che, tra il 470 e il 460, vede la nascita âufficialeâ della retorica, cioĂš la prima codificazione, ad opera dei siracusani Corace e Tisia, delle norme di composizione del discorso persuasivo. Poco si sa di questi due protoi heuretai, tranne, come riferisce Cicerone nel Brutus sulla scorta dellâautoritĂ di Aristotele (12, 46 sgg.), che la loro âinvenzioneâ si colloca in un particolare momento storico, quello che vede la cacciata dei tiranni dalle cittĂ siciliane e il ritorno alle libertĂ democratiche, cui si correla il ripristino delle attivitĂ forensi e politiche.
Se questa Ăš lâorigine, la retorica si sviluppa ben presto e ampiamente come materia di insegnamento, impartita dietro compenso: giĂ Corace si presta, grazie al suo nome âparlanteâ â il «Corvo» â allâaccusa di rapacitĂ per i suoi alti onorari, una cattiva fama che coinvolge anche Tisia, considerato suo discepolo, definito il «cattivo uovo» prodotto dal «cattivo Corvo». Proprio con Tisia Gorgia giunge ad Atene nel 427, come ambasciatore della sua cittĂ , Leontini, e unâeco della profonda impressione che la sua abilitĂ di parola dovette suscitare si avverte anche allâinizio del dialogo platonico, che vede Gorgia stesso reduce da unâesibizione, epideixis, definita entusiasticamente da Callicle «una magnifica festa» e «una brillante lezione» (Gorg. 447 a). Vero e proprio maestro itinerante, come tutti i sofisti, il retore siciliano soggiorna ripetutamente in Atene e si guadagna un vasto uditorio proprio attraverso queste prove di bravura.
Il Gorgia, la cui data drammatica Ăš indeterminata (Ăš certo solo il terminus post quem, il 429, dal momento che si allude a Pericle come ormai scomparso), mette in scena un Gorgia giĂ avanti negli anni e dotato di una grande autorevolezza, al quale Socrate, sebbene su posizioni divergenti, testimonia rispetto. Proprio per la sua fama, egli Ăš interpellato quale depositario del sapere retorico, su cui verte lâindagine. La ricerca del «che cosâÚ» la retorica, cioĂš della sua definizione, condotta da Platone in puro stile socratico, rappresenta perĂČ solo il punto di partenza per una discussione che ne investe la funzione politica, il ruolo svolto nelle sedi istituzionali della cittĂ .
Il dialogo conduce cosĂŹ, nella prima parte, una serrata indagine sulla retorica sotto il profilo epistemologico: il fine Ăš quello di mostrare come essa, non presupponendo alcuna conoscenza effettiva degli argomenti su cui vuol convincere lâuditorio, non puĂČ essere ritenuta una techne. La retorica infatti non costituisce per Platone una forma di sapere razionalmente fondato, dotato di un proprio ambito e di una metodologia specifica, bensĂŹ si definisce come alogon pragma, una sorta di pratica empirica volta a produrre diletto e piacere. Per queste sue caratteristiche, essa Ăš riconducibile a un denominatore piĂč ampio, quello dellâadulazione, in cui rientrano i «simulacri», cioĂš le immagini contraffatte e fallaci delle vere tecniche. Nel complesso schema di corrispondenze tracciato da Platone e che coinvolge le forme autentiche e le loro cattive imitazioni, relative tanto allâanima quanto al corpo, la retorica Ăš per lâanima ciĂČ che la gastronomia Ăš per il corpo: la sua finalitĂ Ăš quella di somministrare agli ascoltatori discorsi belli e piacevoli, cosĂŹ come lâabilitĂ del cuoco consiste nel predisporre e nellâammannire cibi squisiti e ricercati che gratificano il palato dei commensali (463 a sgg.).
Un punto di vista cosĂŹ svalutativo sulla retorica, che equipara «i buoni retori» a «cattivi adulatori», suscita le vivaci rimostranze del giovane e agguerrito Polo: egli contrappone alle sottigliezze della teoria la ârealtĂ effettuale delle coseâ, ponendo lâaccento sulla straordinaria autoritĂ che i possessori della capacitĂ persuasiva esercitano nella cittĂ . Al centro della discussione si colloca, da qui in poi, proprio il tema del potere politico, e dei suoi rapporti con lâeticitĂ e con il sapere.
Polo esalta come massimamente positivo il dominio assoluto, quale Ăš quello detenuto dai tiranni, in grado di fare sempre ciĂČ che vogliono, senza alcuna limitazione: mandare a morte, confiscare beni, condannare allâesilio. Non a caso dunque egli assume, come esempio paradigmatico di uomo insieme potente e supremamente felice, la figura di Archelao, salito al trono macedone attraverso una lunga catena di violenze e di delitti (470 d sgg.). Polo interpreta, estremizzandolo, un punto di vista generalmente condiviso, lâapprezzamento per i vantaggi che provengono dai comportamenti ingiusti, purchĂ© naturalmente non se ne paghi la pena: nella Repubblica, questa argomentazione torna ad essere proposta da Glaucone, il quale, allo stesso modo, pensa che chiunque vorrebbe possedere il mitico anello di Gige, in grado di rendere invisibile chi lo porta, consentendo pertanto di agire a proprio piacimento in piena sicurezza (Resp. II, 359 c sgg.).
A questa sfrenata esaltazione dei vantaggi dellâingiustizia Platone risponde rilanciando le tesi piĂč autentiche, e anche piĂč âscandaloseâ, del Socrate storico, quelle che avevano certamente contribuito a consolidare la sua fama di uomo eccentrico, atopos. Viene anzitutto drasticamente ridimensionato il presunto potere di cui godono gli uomini politici, equiparati ai tiranni: essi non compiono veramente ciĂČ che vogliono, perchĂ© lâoggetto della volontĂ Ăš solo il bene, ed essi lo ignorano. Anche la felicitĂ Ăš loro negata, nella misura in cui essa non puĂČ mai correlarsi allâingiustizia. Questa arreca allâanima un danno gravissimo, che puĂČ essere riparato solo subendo una pena adeguata, capace di assolvere a un autentico ruolo terapeutico. Polo accoglie con una risata queste asserzioni di Socrate che prospettano un vero e proprio ârovesciamento del mondoâ: nessun cittadino sarĂ mai disposto ad ammettere che sia preferibile sottostare alle punizioni, massima fonte di vergogna, anzichĂ© compiere il male restandosene impunito. NĂ© meno paradossale appare il ruolo che, in questo orizzonte, viene assegnato alla retorica, quello di contribuire alla realizzazione della giustizia denunciando tutti gli atti ingiusti commessi personalmente o da altri allâinterno della cittĂ .
Questo tentativo di moralizzare la pratica dei discorsi, tradizionale strumento di acquisizione del potere, suscita, dopo le risa di Polo, lâincredula ironia di Callicle, lâultimo degli interlocutori del dialogo, che cosĂŹ lo apostrofa: «Dimmi, Socrate, dobbiamo pensare che tu parli sul serio o per scherzo? perchĂ©, se parli sul serio, e quello che dici Ăš vero, non ne sarebbe capovolta tutta la vita umana e tutti, sembra, non faremmo proprio il contrario di quello che dovremmo?» (Gorg. 481 c). Callicle, diversamente dai suoi predecessori, non ha alcun ritegno a scagliarsi con violenza contro Socrate, accusandolo di essere ingenuo come un bambino, e come tale completamente ignorante della realtĂ delle cose e del potere. La responsabilitĂ di questo colpevole distacco dalla vita di ...