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Introduzione al diritto internazionale
Fulvio Maria Palombino
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Introduzione al diritto internazionale
Fulvio Maria Palombino
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Una introduzione chiara, agile e originale alle categorie e agli istituti fondamentali del diritto internazionale in edizione riveduta e aggiornata.
A distanza di piÚ di un anno dall'uscita della Introduzione al diritto internazionale, questa seconda edizione riveduta e aggiornata intende rispondere a una duplice esigenza: la prima è quella di considerare le principali novità della prassi internazionale, con particolare attenzione alle vicende riguardanti l'Italia; la seconda, invece, può dirsi 'fisiologica', riflettendo la necessità di rivedere parzialmente il contenuto del volume tenendo conto dei numerosi spunti di riflessione emersi nel dialogo costante con docenti e studenti.
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Information
Thema
DirittoThema
GiurisprudenzaIII.
Il diritto internazionale particolare
1. Introduzione
Con lâespressione ÂŤdiritto internazionale particolareÂť si intendono le norme tipicamente prodotte da trattati, o accordi64, internazionali e che, a differenza di quelle generali, vincolano solo ed esclusivamente le parti contraenti. In questo capitolo, oltre che del regime giuridico degli accordi, ci occuperemo sia delle fonti previste da accordo (o fonti di terzo grado) sia delle restanti fonti (o presunte tali) del diritto internazionale.
2. Lâaccordo
Parlando della codificazione del diritto internazionale [supra, cap. II, par. 2.1], si è già accennato al fatto che la materia dei trattati risulta disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1969, un accordo di codificazione che come tale, e almeno in gran parte, si limita a recepire norme di natura consuetudinaria. Ad essa, dunque, si farà ampiamente riferimento nelle pagine che seguono.
Posto che ai sensi dellâart. 6 della Convenzione, ogni Stato ha la capacitĂ di concludere un trattato, è sempre la Convenzione, allâart. 2, lett. a), a chiarire il significato di questo termine, definendolo come ÂŤun accordo internazionale concluso in forma scritta fra Stati e regolato dal diritto internazionale, contenuto sia in un unico strumento sia in due o piĂš strumenti connessi, qualunque ne sia la particolare denominazioneÂť.
Questa norma va poi coordinata con il successivo art. 3 (rubricato ÂŤAccordi internazionali che non rientrano nellâambito di applicazione della presente ConvenzioneÂť), nella misura in cui adotta una nozione piĂš ampia di trattato, quella che noi stessi utilizzeremo ai fini della trattazione della materia: ÂŤIl fatto che la presente Convenzione non si applichi nĂŠ ad accordi internazionali conclusi fra Stati e altri soggetti di diritto internazionale o fra questi altri soggetti di diritto internazionale, nĂŠ ad accordi internazionali che non sono stati conclusi per iscritto, non pregiudica: a) il valore giuridico di tali accordi; b) lâapplicazione a questi accordi di qualsivoglia regola posta dalla presente Convenzione e alla quale essi sono soggetti in base al diritto internazionale indipendentemente da detta Convenzione; c) lâapplicazione della Convenzione alle relazioni fra Stati disciplinate da accordi internazionali dei quali siano parti anche altri soggetti del diritto internazionaleÂť. Detto ciò in via di premessa, si tratta ora di individuare le possibili modalitĂ di stipulazione di un accordo.
Sotto questo profilo a trovare applicazione è il principio che si può giĂ ricavare implicitamente dalla definizione ampia di accordo di cui allâart. 3, e cioè il principio della libertĂ delle forme. In base al diritto internazionale, infatti, spetta agli Stati decidere in che modo concludere un accordo, anche in considerazione delle rispettive norme interne sulla competenza a stipulare. Se questo è vero, tuttavia, è altrettanto vero che nella prassi internazionale hanno finito per affermarsi due modalitĂ di stipulazione: quella in forma solenne e quella in forma semplificata.
Accordi in forma solenne. La stipulazione in forma solenne si articola in cinque fasi, di cui quattro necessarie â vale a dire la negoziazione, la firma, la ratifica e lo scambio o deposito delle ratifiche â e una solo eventuale â la registrazione.
Negoziazione. Quanto alla prima fase, essa è funzionale alla negoziazione del testo dellâaccordo e viene condotta dai cc.dd. plenipotenziari, ossia organi statali muniti dei ÂŤpieni poteriÂť necessari per negoziare, appunto, in nome e per conto del proprio Stato. Di regola il rappresentante è tenuto a esibire tali poteri, e cioè a provare la sua idoneitĂ ad agire in questa veste. In altri casi, invece, esiste una praesumptio iuris che dispensa talune categorie di persone da una prova siffatta. Tali sono, in base allâart. 7, par. 2, della Convenzione di Vienna, ÂŤa) i Capi di Stato, i Capi di governo e i Ministri degli affari esteri, per tutti gli atti relativi alla conclusione di un trattato; b) i capi di missione diplomatica, per lâadozione del testo di un trattato fra lo Stato accreditante e lo Stato accreditatario; c) i rappresentanti degli Stati accreditati a una conferenza internazionale o presso una organizzazione internazionale o uno dei suoi organi, per lâadozione del testo di un trattato in quella conferenza, organizzazione o organoÂť.
Va osservato poi che la complessitĂ di questa fase, ovvero la possibilitĂ di portarla a termine con successo, dipende principalmente da due variabili: lâoggetto del potenziale trattato e il numero di Stati che vi prendono parte. Ciò significa, in altre parole, che tanto piĂš delicata sarĂ la materia su cui si negozia (si pensi ad esempio alla protezione internazionale dei diritti umani), tanto piĂš numerosi saranno gli Stati coinvolti, quanto piĂš complicato sarĂ pervenire a un testo condiviso in tempi brevi.
Firma. Una volta redatto il testo dellâaccordo, la firma apposta dagli stessi plenipotenziari servirĂ ad autenticarlo e renderlo definitivo; il che significa che da questo momento in poi non sarĂ piĂš possibile apportarvi delle modifiche. Ă solo con la terza fase, però, quella della ratifica, che sorge per lo Stato un vero e proprio vincolo giuridico.
Ratifica. La ratifica è lâatto attraverso cui uno Stato manifesta la propria volontĂ a vincolarsi a un certo trattato. Ogni Stato è libero di disciplinare la ratifica nel modo ritenuto piĂš opportuno. In genere si tratta però di un atto di competenza del Capo dello Stato.
Ciò è quanto avviene anche in Italia, ove la disciplina della ratifica si ricava dal combinato disposto degli artt. 80, 87 e 89 Cost. Spetta infatti al Presidente della Repubblica ratificare i trattati internazionali (art. 87, 8° co.): previa autorizzazione delle Camere se richiesto dallâart. 80, e cioè allorquando vengano in rilievo ÂŤtrattati di natura politica, o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggiÂť; e in ogni caso su proposta del governo, ossia di uno dei suoi Ministri che provvederĂ a controfirmare la ratifica, garantendone la validitĂ formale (art. 89, 1° co.). Non è chiaro, però, quale margine di manovra conservi il Capo dello Stato: rispetto al Parlamento, nel caso in cui la ratifica sia stata autorizzata con legge; e rispetto al governo, una volta intervenuta la delibera proponente la ratifica.
Ebbene, in riferimento alla prima questione va ricordato che il Presidente, prima di promulgare la legge di autorizzazione alla ratifica, può chiedere con messaggio motivato una nuova deliberazione sul testo di questa legge. E ciò allorquando, a suo avviso, la legge palesi dei vizi di costituzionalitĂ (art. 74 Cost., 1° co.)65. Similmente, e sempre con adeguata motivazione, il Presidente può raccomandare un riesame della delibera governativa. Resta però inteso che nellâuno e nellâaltro caso, se le Camere e il governo persistono nel loro atteggiamento, lâintervento presidenziale sarĂ comunque considerato un atto dovuto.
Certo, vi sono dei casi limite, per quanto piuttosto ipotetici, in cui il Presidente potrebbe rifiutare la ratifica: tali sarebbero le ipotesi in cui manchino gli atti costitutivi del procedimento di formazione, ad esempio la delibera governativa; ovvero che dalla sottoscrizione dellâatto discenda una responsabilitĂ del Presidente ex art. 90 Cost., e cioè per alto tradimento o attentato alla Costituzione [Lippolis, p. 247]. Ma al di fuori di questi casi, lâintervento presidenziale resta un atto dovuto, essendo la ratifica espressione dellâindirizzo di politica estera del governo ÂŤcui il Presidente della Repubblica deve rimanere estraneoÂť [Furlan, p. 168]. Non può condividersi, dunque, quellâorientamento dottrinale incline a estendere a dismisura la discrezionalitĂ del Capo dello Stato.
Secondo questâorientamento, in particolare, al Capo dello Stato â quale garante del rispetto della Costituzione â spetterebbe il diritto-dovere di rifiutare la ratifica [Cassese, pp. 273-275]. Vi sarebbero per lo meno due ragioni a spingere in tal senso. In primo luogo, dato che la durata e gli effetti dei trattati trascendono le maggioranze parlamentari, occorrerebbe arginare i tentativi del governo di assumere obblighi internazionali, ancorchĂŠ in contrasto con la Costituzione. In secondo luogo, lâeventuale successiva declaratoria di incostituzionalitĂ della legge di esecuzione di quel trattato sarebbe idonea a impegnare la responsabilitĂ dello Stato sul piano internazionale. Ma, come si è giĂ detto, trattasi di una tesi difficile da sostenere, visto che: in Italia non esiste un controllo preventivo di costituzionalitĂ , che è quello che si realizzerebbe riconoscendo un potere del genere al Capo dello Stato; e in ogni caso il controllo presidenziale non può spingersi oltre quanto previsto dalla Costituzione, e cioè oltre la possibilitĂ di provocare un riesame della legge di autorizzazione da parte delle Camere â laddove tale legge sia necessaria â ovvero della delibera governativa.
Scambio o deposito delle ratifiche. Da ultimo, il trattato si perfeziona ed entra in vigore sul piano internazionale con lo scambio o il deposito delle ratifiche. In caso di scambio â il procedimento a cui si ricorre in genere per i trattati bilaterali â lâaccordo entra in vigore immediatamente. Nel caso del deposito, invece, ciò che accade in genere è che il testo dellâaccordo individui il depositario delle ratifiche, ad esempio un organo dellâorganizzazione internazionale che ha promosso la convenzione, e indichi contestualmente il numero di depositi necessari affinchĂŠ il trattato entri in vigore per lo meno tra gli Stati che vi abbiano provveduto.
Sempre ragionando attraverso la lente dellâordinamento italiano, lo scambio o il deposito della ratifica è di competenza del governo, il quale decide quando e se procedere in questo senso. Ciò conferma quanto si osservava pocâanzi, e cioè che la ratifica resta un atto solo formalmente presidenziale, ma sostanzialmente governativo, in quanto esprime lâindirizzo di politica estera del governo. Ad oggi, inoltre, esiste almeno un caso in cui lâesecutivo non ha perfezionato un accordo sul piano internazionale. Si fa riferimento allâiter parlamentare seguito nel 2001 per consentire il recepimento (mai perfezionatosi, appunto) della Convenzione di Oviedo del 1997 sui diritti dellâuomo e la biomedicina. E infatti sebbene lâallora Capo di Stato (Carlo Azeglio Ciampi), previa autorizzazione delle Camere espressa con l. 28 marzo 2001, n. 145, avesse provveduto a ratificarla, il governo non ha mai depositato la ratifica presso il Segretario generale del Consiglio dâEuropa, come espressamente richiesto dallâart. 33, par. 4, della Convenzione [infra, cap. V, par. 4; Palombino].
Registrazione del trattato. Quanto poi alla registrazione del trattato, essa costituisce una fase solo eventuale. In dettaglio, ai sensi dellâart. 102, par. 1, della Carta delle Nu, ÂŤ[o]gni trattato e ogni accordo internazionale stipulato da un membro delle Nu dopo lâentrata in vigore della presente Carta deve essere registrato al piĂš presto possibile presso il Segretariato e pubblicato a cura di questâultimoÂť. SenonchĂŠ, la mancata registrazione del trattato non ha alcuna incidenza sulla sua entrata in vigore. Lâunica conseguenza sarebbe infatti quella indicata nel par. 2 dello stesso articolo, ove si riconosce che ÂŤ[n]essuno dei contraenti di un trattato o accordo internazionale che non sia stato registrato [...] potrĂ invocare il detto trattato o accordo davanti a un organo delle NuÂť, ivi compresa la Corte internazionale di giustizia [infra, cap. VII, par. 5].
Anche sotto questâultimo profilo, peraltro, non mancano opinioni che contestano una interpretazione rigidamente formalistica della Carta e osservano come la stessa invocabilitĂ del trattato davanti agli organi delle Nu non verrebbe meno per effetto della mancata registrazione; ciò per lo meno laddove sia chiaro che lâintenzione delle parti non fosse quella di occultare il trattato, e cioè di disattendere quellâesigenza di pubblicitĂ a cui risponde la registrazione [Pascale]66.
Accordi in forma semplificata. Passiamo ora allâipotesi in cui il trattato venga stipulato secondo la forma semplificata, vale a dire quella forma di stipulazione a cui gli Stati ricorrono sempre piĂš frequentemente in ragione dei benefici che ne discendono in termini sia di speditezza sia di semplificazione delle procedure associate alla ratifica.
In dettaglio, volendo utilizzare una definizione ampia, di accordi in forma semplificata può parl...