Stasera McDermott e io abbiamo appuntamento per cena al 1500 e lui mi chiama verso le sei e mezza, ossia con appena quaranta minuti d’anticipo rispetto alla nostra prenotazione (non è riuscito a ottenere un tavolo a un’ora decente, e come alternativa si è sentito proporre le sei e dieci o le nove, salvo che a quell’ora il ristorante chiude – serve cucina californiana e i suoi orari sono un’affettazione importata dalla costa ovest), e anche se mi sto passando il filo interdentale riesco a rispondere al secondo trillo del cordless giusto, visto che li tengo tutti a portata di mano accanto al lavabo. Al momento indosso un paio di calzoni neri Armani, una camicia bianca Armani, una cravatta rossa e nera Armani. Macdermott mi fa sapere che Hamlin desidera aggregarsi. Ho fame. C’è una pausa.
– E allora? – chiedo, raddrizzandomi la cravatta. – Va bene.
– E allora? – sospira McDermott. – Hamlin non ci vuole andare, al 1500.
– Perché no? – Chiudo il rubinetto.
– C’è stato ieri sera.
– E allora... che cosa stai cercando di dirmi, McDermott?
– Che andremo da qualche altra parte, – mi fa.
– Dove? – chiedo sospettoso.
– Hamlin propone da Alex Goes to Camp, – mi dice.
– Aspetta. Devo plaxarmi –. Mi sciacquo la bocca con l’antiplacca e nello specchio esamino l’attaccatura dei capelli, poi sputo il Plax. – Oppongo il mio veto. Cassato. Io ci sono stato la settimana scorsa.
– Lo so. Anch’io, – dice McDermott. – Inoltre, è cheap. E allora dove andiamo?
– Hamlin non ha una prenotazione di riserva, cazzo? – ruggisco, irritato.
– Ehm, no.
– Telefonagli, e procuratevene una, – dico, uscendo dal bagno. – Io non trovo piú la Zagat.
– Resti in linea o ti richiamo? – mi domanda lui.
– Richiamami, fesso –. Riattacchiamo.
Trascorrono alcuni minuti. Il telefono trilla. Non filtro nemmeno. È di nuovo McDermott.
– Allora? – dico.
– Hamlin non ha alcuna prenotazione di riserva e vuole invitare Luis Carruthers, e in tal caso mi piacerebbe sapere se verrà anche Courtney, – mi fa McDermott.
– Luis non viene, – dico.
– Perché no?
– Perché no –. Gli domando: – Come mai vuole invitare Luis?
C’è una pausa. – Aspetta, – dice McDermott. – È sull’altra linea. Glielo chiedo.
– A chi? – Un brivido di panico. – A Luis?
– A Hamlin.
Mentre resto in attesa, mi sposto in cucina e tiro fuori una bottiglia di Perrier dal frigorifero. Sto cercando un bicchiere quando avverto un click.
– Senti, – dico a McDermott quando è di nuovo in linea. – Non voglio tra i piedi né Luis né Courtney, perciò vedi di dissuaderli o comunque sbarazzatene. Usa il tuo charme. Sii charmant.
– Hamlin deve portare a cena un cliente texano e...
Lo interrompo. – Un momento, questo non ha nulla a che fare con Luis. Che se la spassi Hamlin, con quella checca.
– Hamlin vuole invitare Carruthers perché deve vedersela con l’affare Panasonic, e Carruthers ne sa molto di piú rispetto a lui. Ecco perché vuole invitarlo, – mi spiega McDermott.
Taccio incassando la notizia. – Se Luis viene lo uccido. Giuro su dio che lo uccido. Lo uccido, cazzo.
– Gesú, Bateman, – mormora McDermott, preoccupato. – Sei un vero filantropo. Un saggio.
– No. Sono solo... – Esito, confuso, irritato. – Sono solo... una persona ragionevole.
– A me piacerebbe soltanto sapere se insieme a Luis verrà anche Courtney, – si chiede di nuovo McDermott.
– Dí a Hamlin di invitare – oh, merda, non lo so –. Esito. – Dí a Hamlin di andarci da solo, a cena col texano –. Esito ancora, rendendomi conto di qualcosa. – Aspetta un momento. Questo vuol dire che siamo tutti... invitati da Hamlin? Voglio dire, pagherà lui, visto che si tratta di una cena di lavoro?
– Sai, a volte penso che tu sia davvero intelligente, Bateman, – mi dice McDermott. – Altre invece...
– Oh, merda, che cosa cazzo sto dicendo? – mi domando ad alta voce, seccato. – Tu e io possiamo anche permettercela, una cena di lavoro, cazzo. Gesú. Non ci vengo. Punto e basta. Non ci vengo.
– Nemmeno se Luis non viene? – mi chiede.
– No. Nada.
– Perché no? – frigna. – Abbiamo una prenotazione al 1500.
– Io... voglio... guardare... il Cosby Show.
– Oh, Cristosanto, registratelo, testa di cazzo.
– Aspetta –. Mi sono reso conto di qualcos’altro. – Credi che Hamlin... – mi interrompo, imbarazzato: – si procurerà un po’ di coca per... il texano, magari?
– Che cosa ne pensa Mr. Bateman? – mi fa McDermott, lo stronzone sofisticato.
– Hmmm. Ci sto pensando. Ci sto pensando.
Segue una pausa, e McDermott attacca a canticchiare: – Tic-tac, tic-tac, – poi dice: – I minuti passano. È ovvio che Hamlin non si presenterà a mani vuote.
– Chiama Hamlin, chiamalo... chiamalo sull’altra linea, – farfuglio, controllando il Rolex. – Muoviti. Magari riusciamo a trascinarlo al 1500.
– D’accordo, – mi fa McDermott. – Resta lí.
Sento quattro click, e poi Hamlin che mi dice: – Bateman, è consentito indossare calzini scozzesi con un abito serio? – Cerca di scherzare, ma non è per nulla divertente.
Sospirando in silenzio, a occhi chiusi, rispondo impaziente: – No, Hamlin. Sono troppo sportivi. Guastano l’immagine dell’uomo d’affari. Si possono indossare con un abbigliamento casual. Tweed e roba simile. Allora, Hamlin?
– Bateman, – mi fa lui, – ti ringrazio.
– Luis non viene, – gli dico. – Ma tu sei il benvenuto.
– Non c’è problema, – dice. – Non viene nemmeno il texano.
– E perché? – chiedo.
– Huei, ssiva tuttiquanti avvedere i Bee Jee Bees, mhanno spifferato chessono uncasino new wave. Incompatibilità culturale, – mi spiega Hamlin. – Ho deciso di mettere il texano in quarantena fino a lunedí. E ho subitaneamente, nonché agilmente, se posso aggiungerlo, rivisto i miei programmi. Ho trovato una scusa. La malattia di papà. Un incendio nel bosco. Roba del genere.
– E che mi dici di Luis? – chiedo sospettoso.
– Sarà Luis a cenare con il texano, stasera, cosa che mi toglie da un sacco di impicci, socio. Io lo vedrò lunedí da Smith and Wollensky, – dice Hamlin, compiaciuto di sé. – Perciò è tutto a posto.
– Aspetta, – azzarda McDermott, – questo significa che non viene nemmeno Courtney?
– Abbiamo perso o stiamo per perdere la nostra prenotazione al 1500, – sottolineo. – A parte che tu, Hamlin, ci sei stato ieri sera, no?
– Già, – dice lui. – Hanno un carpaccio passabile. La selvaggina è discreta. I sorbetti sono okay. Ma andiamo da qualche altra parte, e, ehm, poi muoviamo alla ricerca della, ehm, puledra perfetta. Signori?
– Mi piace, – dico, contento che per una volta Hamlin se ne sia uscito con una buona idea. – Ma che ne dirà Cindy?
– Cindy deve partecipare a una festa di beneficenza al Plaza, qualcosa...
– Il Trump Plaza, vorrai dire, – puntualizzo distratto, mentre finalmente apro la bottiglia di Perrier.
– Sí, il Trump Plaza, – dice. – Qualcosa a proposito di alberi e biblioteche. Una raccolta di fondi per gli alberi, o per una foresta, – dice, incerto. – Mah, non ne ho idea.
– Allora dove? – domanda McDermott.
– Chi disdice al 1500? – chiedo.
– Tu, – fa McDermott.
– Oh, McDermott, – frigno. – Fallo tu.
– Un momento, – dice Hamlin. – Decidiamo dove andare, prima.
– D’accordo –. McDermott, ...